You're my end and my beginning
« Cause all of me
Loves
all of you
Love
your curves and all your edges
All
your perfect imperfections
Give
your all to me
I'll
give my all to you. »
{Questo capitolo ha
una dedica (o forse più di una), perché
è
il più figo.
Al mio carissimo Daniel, che mi minaccia per colpa di Jade;
a Mariangela, che sta facendo il conto alla rovescia dal primo capitolo;
alla Gre, che è in terre sconosciute e mi manca tantissimo
e a Beta, che mi fa incazzare, non mi fa dormire e mi fa fare incubi.
Spero di non avervi
delusi, godetevelo e
buona lettura.
Settimo
capitolo
Quei giorni
erano passati in un lampo - il fine settimana incombeva quasi su di
lui, con
tutta l’ansia per quell’appuntamento che non
avevano ancora organizzato - e si
trovava a scarabocchiare sull’agenda, mancava davvero poco
alla chiusura e di
pazienti non ne vedeva da almeno mezz'ora.
La sua vita
sembrava aver preso nuovamente una giusta - e tranquilla - piega: Louis
si
stava comportando civilmente - e stava rispettando stranamente i patti
- e del
suo amico non aveva più visto nemmeno l’ombra.
Era così distratto
nel muovere la penna contro il foglio, riempiendolo di strani segni -
figure
geometriche perlopiù -, quando sentì suonare il
cellulare, che stava appoggiato al
centro della scrivania e che prese immediatamente, rispondendo senza
guardare
lo schermo.
Riconobbe
immediatamente la voce di Jade, che gridava il suo nome sopra il rumore
della
musica assordante, e ricambiò il saluto con uno
altrettanto caloroso.
- Scusa
per il casino!- gridò ancora
lei, ridendo alla battuta di qualche sua amica prima di allontanarsi,
cercando
un posto più appartato e con
meno interferenze. - Una mia amica deve
esibirsi stasera, stanno facendo le ultime prove.-
continuò a spiegargli,
abbassando gradualmente il tono di voce nell’allontanarsi
presumibilmente dal palco.
- Una delle tue
belle coinquiline?- le domandò, sentendo
la risposta affermativa ed aggiungendo quindi: - Dille da parte mia che
spaccherà tutto, ne son
convinto. Anche se non l’ho mai sentita, sì.- continuò alle lamentele
della ragazza sul suo basarsi
sul niente.
Stava per chiederle
a quando voleva fissare l’appuntamento,
perché ormai erano quasi
arrivati alla fine della settimana, ma lei lo
anticipò, dicendogli: - Puoi passare di
qui. Anticipiamo ad oggi, se vuoi.-
- Per sentire la tua
amica?-
- Sì,
per
uscire come amici. Non era quello che volevi?- lo prese
chiaramente in giro
lei, un tono di voce leggero che anticipava una risata trattenuta. - Perrie, la mia coinquilina e migliore amica,
si esibisce con la sua band al Brooklyn Bowl. Ci vieni?-
Liam restò in silenzio, non
dandole immediatamente una risposta e pensando a
tutto quello che aveva da fare non appena fosse tornato a casa, e si
strinse
nelle spalle, mormorando: - Finché non mi fai giocare
a bowling, va bene tutto.-
- Quindi
è
deciso?- chiese
conferma lei, aggiungendo un frettoloso: - E
possiamo trovarci per le sette e prendere qualcosa qui da mangiare. Ti
assicuro
che è
tutto delizioso.-
- Per le sette.-
ripeté tra sé e sé, quasi a farsi il
promemoria nella testa. - Va
bene, ci sarò. Ci troviamo all’ingresso o
direttamente dentro il locale?-
- Ti
metto nella lista, passa
nel backstage e dì che sei con Jade.- la sentì dire,
facendogli poi un saluto veloce e ripetendogli l’orario prima di
riagganciare.
Erano le sei di sera
quand’era arrivato a casa
- Louis l’aveva
seguito fino al sottopassaggio della metropolitana e l’aveva
riempito di domande sul motivo della sua fretta - aveva già contattato
la signora Hall, chiedendole il favore di controllargli Aileen per
qualche
oretta, e si era fatto un doccia nel minor tempo possibile,
preparandosi poi a
tempo record.
La vecchia vicina
sarebbe rimasta a casa sua, controllandogli la
bambina, finché non fosse tornato,
promettendole che non avrebbe fatto più tardi
della mezzanotte. Doveva solo mangiare qualcosa, ascoltare qualche
canzone e
scambiare delle chiacchiere con Jade; sarebbe stata una serata
tranquilla con
un'amica, tanto per staccare dal ritmo frenetico lavorativo.
Aveva quindi detto
il proprio nome a quell'omone all'ingresso - occupava
seriamente tutto lo spazio della porta -, ricordandosi di citare Jade e
il
fatto che fosse "inserito nella lista" - gli sembrava di essere in
uno di quei film in cui la ragazzina di turno cercava d'infiltrarsi nel
pub in
cui si esibiva la sua band preferita -, e poi gli rivolse un cenno
veloce,
entrando nel locale e cercando di tenere a mente le indicazioni per
raggiungere
il backstage.
Fu Jade -
fortunatamente, perché si era già perso - a trovarlo,
appoggiando una mano sulla
propria spalla e facendolo sussultare, e si lasciò guidare fino in una
piccola stanzetta - un
salotto con divanetti bianchi - dove venne accolto e presentato a fin
troppa
gente. Dopo dieci minuti aveva dimenticato i nomi della maggior parte
di loro,
ricordando solo qualche iniziale o angolatura del viso.
Accettò immediatamente la
proposta di Jade di andare a mangiare qualcosa,
pensando solamente a quanto sarebbe stato positivo allontanarsi da quel
chiasso
- l'ultima volta che era stato ad una festa al college si era conclusa
con una
chiamata di emergenza.. decisamente brutti ricordi -, e prese posto di
fronte
alla ragazza, prendendo tra le dita il menù e dandogli una
semplice e veloce occhiata.
- Scusa per i miei
amici.- iniziò a parlare lei,
rompendo dopo qualche minuto
quel silenzio. - Possono essere invadenti, casinisti la maggior parte
delle
volte e..-
Non riuscì a trattenersi oltre
e scoppiò a ridere, scuotendo
insistentemente la testa e
agitando appena una mano per cercare di bloccarla.
- Non sono
abituato.- sussurrò, sporgendosi verso
di lei e parlando come se
fosse un segreto solo loro. - Era da tantissimo tempo che non uscivo.
Nessun
problema, nessuna preoccupazione. Mi sento quasi leggero, sai?- ridacchiò, muovendo
la mano sopra la propria testa come ad indicarle con i gesti quel che
diceva.
- Quindi stasera
devi rilassarti?- gli chiese, stringendo i denti sul
labbro inferiore in un modo squisitamente seducente. - La voce di Pez è una
meraviglia, poi possiamo giocare a bowling.- continuò a parlare
mentre gli sfiorava la mano con le dita, gli occhi fissi nei propri e
le labbra
arricciate in un sorriso a metà tra il divertito e
l'innocente.
- Non ti piace
proprio giocare a bowling?- insistette alla smorfia di
lui e al successivo borbottio, che aggiunse a mo' di spiegazione: -
Sono una
vera schiappa, un imbarazzo ambulante!-
Liam, al contrario
di quello che si aspettava, si era divertito
durante quella serata; avevano mangiato e parlato, con la voce di
quella
ragazza bionda in sottofondo - che aveva una forza incredibile a
giudicare
dagli acuti -, avevano persino giocato a bowling verso la fine. Inutile
dire
che si era fatto stracciare in modo a dir poco disumano da Jade, che
gli aveva
tenuto - volontariamente, a sentir parlare Liam - nascosta quella sua
predisposizione nel colpire i birilli.
Aveva riaccompagnato
sia Jade che Perrie a casa, dimostrando per l’ennesima
volta di essere un vero gentiluomo - come gli aveva ripetuto Jade,
prima di
schioccargli un bacio piuttosto rumoroso contro la guancia -, e poi era
tornato
a casa, ringraziando mille volte la signora Hall e insistendo per
pagarle
quelle ore in cui aveva controllato la piccola.
Si era cambiato in
abiti più confortevoli, un
paio di pantaloni della tuta
grigi e una maglietta bianca, e stava per mettersi a letto, quando il
suono del
campanello attirò l’attenzione e lo
risvegliò immediatamente. Chi
poteva essere a quell’ora? Era
ormai l’una passata e l’unica cosa che
riusciva a pensare era che la
vicina si fosse dimenticata qualcosa e fosse venuta a ritirarlo, ma era
impossibile
che lo disturbasse a quell’ora. Solitamente
sarebbe ripassata la mattina
dopo, o nel pomeriggio.
Forse è
urgente, pensò Liam
mentre s’incamminava verso l’ingresso, dando una
veloce sbirciata nella
stanza di Aileen per accertarsi che stesse ancora dormendo.
Ed era la terza
volta, contò mentalmente, che si
trovava davanti all’uscio di
casa propria una persona inaspettata; sempre lui, sempre quel ragazzino
che
sembrava esser diventato la sua persecuzione.
Stava per sbattergli
la porta in faccia, perché una
persona normale non poteva presentarsi a casa sua e pretendere di
essere
accolto con così tanto calore -
soprattutto quella persona, quel ragazzino -, ma restò immobile
con le dita strette alla maniglia d’ottone e gli occhi
fissi su quello che teneva le
braccia strette al petto. Aveva il labbro e il sopracciglio spaccati,
con del
sangue che gli colava lungo lo zigomo, e un occhio pesto.
- Che..- si schiarì la voce, rendendosi
conto di averla più acuta del
normale. Perché era sorpreso dal
trovarselo davanti, non per la preoccupazione. - Che
è successo a
quello?- chiese, indicandogli lo skate che teneva tra le braccia, quasi
come se
fosse la cosa più importante della
sua vita.
Si spostò per farlo passare,
capendo il suo cenno e pensando di non poterlo cacciare
in quelle condizioni, e ascoltò quello che gli
mostrava i due pezzi dello skate
e farfugliava con una smorfia: - Hanno pensato di farmela pagare in
questo
modo.-
- Fartela pagare?- s’interessò Liam, sentendo uno
strano brivido nel vederlo
portarsi una mano al labbro spaccato e nel sentirlo gemere di dolore.
Si
avvicinò quindi di un passo,
stando quasi all’erta sui suoi stessi
movimenti, e strinse le
dita sul suo polso per allontanargli la mano dal viso e dalla ferita. -
Che è successo,
Zayn? Chi voleva fartela pagare? Per cosa? Ti sei cacciato nei guai?-
iniziò a
domandare velocemente, ripetendosi nella testa che erano solo domande
di
circostanza e non erano legate a una vera e propria preoccupazione. Cioè, era
normale essere preoccupati nel trovarsi davanti una persona uscita da
una lotta
e coperta di sangue.. ma non stava pensando al proteggerlo, stringerlo
piano
tra le braccia e quant’altro. No, non ci
stava pensando. E il fatto che
si stesse avvicinando sempre più, facendogli quasi
da scudo con il proprio
corpo, non significava nulla.
Roteò gli occhi al
commentino sull’averlo chiamato per
nome, preferendo non
iniziare una discussione e scoprire la verità, e strofinò il pollice contro
il suo polso, concentrandosi
per non pensare al calore della sua pelle o alla sua delicatezza.
Quando lo guardò con un’occhiata
significativa, Zayn soffiò fuori un:
- Non ho bisogno di un papà protettivo.-
comportandosi quasi come un gatto
ferito, quegli artigli che aveva tirato fuori per difendersi.
- Io penso tu ne
abbia bisogno invece.- insistette il castano, senza
distogliere l’attenzione dai suoi
occhi freddi e fieri. - Altrimenti non saresti
qui.- aggiunse con fare ovvio, il pollice che premeva contro il
tatuaggio per
nessun motivo in particolare.
Socchiuse gli occhi,
facendosi attento, quando il più piccolo
rispose: - Ero nel quartiere accanto, volevo solo nascondermi da
qualche parte
nel caso volessero darmi una seconda passata. E non son venuto fin qui
per
trovare protezione in te.-, parlando a denti stretti e iniziando a
roteare il
polso, quasi a volersi liberare della stretta.
- Ti sei
contraddetto con una sola frase, quanto sei..-
- Cosa sono?-
- Bambino, sei un
bambino.- gli rispose immediatamente Liam, non
fermandosi nemmeno un secondo a pensare mentre spostava le dita dal
polso allo
stringergli il mento, per potergli far sollevare il viso e controllare
meglio
la situazione. Cercò di ignorare il
calore che sentiva espandersi
nel petto, assieme al battito accelerato del cuore, per colpa di quegli
occhi
che lo scrutavano pensierosi e delle dita che si stringevano alla sua
maglia
quando premeva troppo forte contro un livido fresco.
- Ho quello che ci
serve, seguimi.- mormorò poi, con
una certa freddezza e distacco nella voce, allontanandosi verso la
cucina senza
curarsi del ragazzino che aveva lasciato alle spalle, che l’aveva
seguito immediatamente senza proferir parola.
Liam non si era
nemmeno voltato verso di lui, da quando aveva varcato la
soglia della cucina, gli aveva indicato la sedia su cui sedersi e poi
si era
allontanato verso il bagno, prendendo la scatolina dei cerotti, la
bottiglietta
marrone dell’acqua ossigenata e
dei batuffoli di cotone, tornando poi da quello che
stava seduto sullo sgabello e appoggiando il tutto sull’isola della
cucina.
Il ventiseienne piegò le labbra in un
sorrisino quando, nell’aprire la
bottiglietta, vide il moretto rabbrividire e stringere più forte lo
skate che teneva ancora tra le braccia.
- Puoi anche
lasciarlo, non ti servirà a nulla ormai.-
ridacchiò,
indicandogli la tavola divisa a metà con il batuffolo
che teneva tra le dita. - E
ora fai il bravo.- sussurrò, facendo il giro
dell’isola e
fermandosi di fronte a quello che lo studiava in silenzio, stringendo
le dita
libere sul suo mento e iniziando a medicargli il labbro. Si sarebbe
messo
sicuramente a ridere, per il versetto sorpreso e di dolore dell’altro, ma
si trovò lui stesso a
lamentarsi quando sentì le unghie di quello
incidere sulla pelle del
braccio.
Si allontanò velocemente da lui,
guardandolo male e
abbassando lo sguardo sui segni di mezzaluna che gli rovinavano la
pelle, e poi
gli puntò contro il
batuffolo, sibilando: - Mi hai fatto male, idiota.- e
restando sorpreso quando il moretto gli rispose: - E tu ne hai fatto a
me!-
- Non sono io ad
averti conciato così.- ribatté con fare ovvio,
tornando vicino a lui e
passando a pulirgli la guancia sporca di sangue. Perché
sicuramente in quel modo non avrebbe rischiato un’altra graffiata
simile. - Sto solo cercando di
mettere a posto questo casino, faccio in fretta.. se non mi attacchi più in quel
modo.- insistette, lasciandosi tirare per la maglia e trovandosi
incastrato tra
le sue gambe aperte.
- Ma fa male, Liam.-
lo sentì ripetere in un
lamento, le dita che teneva
strette alla sua maglietta e il labbro gonfio e rosso. E lui non stava
pensando
a come avrebbe potuto rovinare quel ragazzino, a come poteva stringere
le dita
tra i suoi capelli e distruggere ulteriormente quelle belle labbra. - E
mamma
non faceva come te.-
- Non sono tua
madre.- borbottò il castano,
cercando di riprendersi da quel
piccolo momento di trance senza attirare troppo l’attenzione. - E ho
fatto un corso di pronto
soccorso quando andavo al liceo, è una stronzata
questa.. se solo la smettessi di
piagnucolare.- aggiunse subito dopo, premendo il cotone, imbevuto di
acqua
ossigenata, contro il sopracciglio del ragazzo, sorridendo intenerito
nel
sentirlo farfugliare e stringere più forte la presa
sulla stoffa della maglietta.
- Io.. io non sto
pia-piangendo ma.. cazzo, brucia!- concluse con un
gridolino il minore, facendolo spaventare ed obbligandolo a sporgersi
verso il
corridoio per controllare che Aileen non si fosse svegliata.
-
Tra poco passa.- sussurrò con un
tono di voce dolce, ripetendosi che non sarebbe cambiato nulla tra loro
due dopo
quel giorno.
Aveva poi continuato
a medicarlo, senza ulteriori impedimenti, ed
aveva cercato con tutto se stesso d'ignorare le dita del moro; dallo
stringere
la maglietta era passato in poco tempo allo sfiorargli la pelle del
bassoventre, premendo poi le dita contro l'ombelico per nessun motivo
in
particolare. L'aveva sentito fare un versetto disgustato, quando aveva
passato
la lingua sul labbro nel suo solito tic - ne aveva riso tra sé e sé Liam,
gongolando tutto divertito e ripetendosi che se l'era cercata -, e poi
si era
trovato tutto il palmo contro il proprio stomaco, con quegli occhi che
bruciavano sul viso.
Premette forse con
troppa forza - non era una vendetta quella,
assolutamente no - contro il suo labbro inferiore, stringendo il
proprio tra i
denti per trattenere il risolino al suo verso sorpreso e sofferente, e
appoggiò il
batuffolo vicino alla bottiglietta sul ripiano accanto a loro,
sollevandogli il
mento con due dita per intrecciare i loro sguardi.
- Ora me lo vuoi
dire che ti è successo?-
E, va bene, forse il
tono di voce che stava usando - il comportamento,
lo sguardo e tutto quanto - aveva una sfumatura seducente, ma era solo
per
curiosità, voleva solo sapere
chi l'aveva fatto e il motivo che si celava
dietro tutto quello. Nulla di più, nulla di meno. E
sapeva che l'unico modo per
ottenere delle risposte - o semplicemente la sua attenzione - era
comportarsi
in quel modo, flirtare con lui per avere in cambio informazioni; ed era
uno
sforzo, non ci stava prendendo gusto.
Inarcò un sopracciglio,
quando il moretto sembrò essersi
perso nel suo piccolo mondo tra le nuvole, e si avvicinò
ulteriormente a lui; solo per ottenere le risposte, non perché c'era
quella calamita che lo attirava a lui.
Gli sollevò ulteriormente il
viso, riducendo ulteriormente
gli spazi tra i loro corpi, e ripeté: - Chi ti ha fatto
del male?-, vedendolo
allungare quasi il collo con quello sguardo perso.
- Chase.- lo sentì rispondere con un
filo di voce, arrossendo
appena quando i suoi occhi guizzarono fino alle proprie labbra. - Non..
Non gli
ho pagato delle robe che ho comprato.- aggiunse velocemente il moretto,
scuotendo la testa per riprendersi e mettendosi dritto con la schiena.
- Cosa? Che hai
comprato? Sei.. sei nei guai?- chiese dopo qualche
minuto di silenzio, pensando che ormai era inutile nascondere quanto
fosse
realmente preoccupato per lui. Ma solo perché aveva una bambina
da proteggere e,
quell'istinto paterno, gli aveva portato all'esasperazione alcuni lati
del
carattere.
Restò sorpreso, quando
gli rispose: - Non sono fatti tuoi.-, e fece quasi
un passetto indietro, venendo trattenuto dalle dita del più piccolo
che gli stringevano la maglia. - E non son venuto qui perché devi
proteggermi. So difendermi da solo.- lo sentì insistere,
prendendolo nuovamente contropiede
da quell'improvviso cambio di comportamento. Sembrava quasi si stesse
difendendo da lui, ma gli impediva allo stesso tempo di allontanarsi e
mettere
spazio tra loro.
Liam scosse
solamente la testa, decidendo di non rispondere a
quell'ennesima provocazione, e poi spalancò gli occhi nel
vederlo ridurre le distanze. E
poteva deviare il percorso, inclinare il viso o qualsiasi altra cosa
per
evitarlo, ma restò immobile e lasciò che le loro labbra
s'incontrassero in quel
bacio leggero.
Si allontanò appena - troppo
tardi, decisamente troppo tardi
- ma restò ad una distanza per
cui le loro labbra si sfioravano ad ogni respiro,
un silenzio piacevole tra loro e il cuore che gli batteva nelle
orecchie e
nella gola.
Non riusciva a
spiegarselo il motivo, ma spostò una mano
sulla sua guancia, strofinando il pollice contro lo zigomo - quel
livido che
nei giorni seguenti avrebbe assunto i più svariati colori -,
e si passò la lingua
sulle labbra per inumidirsele, sfiorando di conseguenza quelle del
ragazzino
che sospirò in un modo che gli
fece attorcigliare tutte le interiora. E quello
che era passato lungo la sua schiena non era un brivido di piacere,
assolutamente no.
Non aspettò oltre ad annullare
nuovamente la distanza,
decidendo di non pensare a nulla se non a quel contatto piacevole - se
non
calcolava l'odore e il sapore pungente per via della medicazione -, e
continuò a tenere
quella mano sulla sua guancia - il palmo contro la sua pelle e il
pollice che
strofinava insistentemente - mentre gli separava le labbra con la
lingua e
gemeva nel sentirlo succhiare con una lentezza esasperante.
Si separarano dopo
qualche minuto, entrambi con un'indecisione e una
debolezza chiaramente leggibile nei loro occhi, e Zayn fu il primo a
riprendersi, difendendosi con un: - Era solo un ringraziamento.- che
fece
chiudere immediatamente a riccio il maggiore, portandolo ad annuire ed
ettichettare quel bacio come un incidente senza alcun significato.
- Sei.. Sei sicuro
di voler tornare a casa?- chiese subito dopo,
dandosi dell'idiota mille volte all'occhiata spocchiosa del minore, che
si
sporse verso di lui e gli domandò in un bisbiglio: -
Già ti
arrendi? Bastava un semplice bacio?-
- Volevo solo essere
gentile.- sibilò il più grande, rialzando
nuovamente tutti gli scudi ed
allontanandosi dal suo corpo. - Ma tu non meriti nemmeno quello.-
aggiunse con
una frecciatina mirata, prendendolo per un braccio e raggiungendo
l'ingresso a
grandi passi. - Cerca qualcun altro la prossima volta che finisci nei
guai. Gli
stronzi non sono i benvenuti.- concluse con un tono di voce velenoso,
spingendolo oltre l'uscio e sbattendogli la porta in faccia.
Si era lasciato
fregare, continuava a ripetersi nella testa, e ora
quel ragazzino l'aveva capito che non gli era indifferente; aveva
abbassato le
difese e l'aveva fatto entrare, non doveva succedere più.
Quella notte non
aveva quasi chiuso occhio, aveva dormito sì e no due orette,
e continuava a
passarsi la lingua sulle labbra - dandosi dell’idiota
più e più volte -,
arrossendo nel riuscire a sentire l’odore pungente
dell’acqua ossigenata.
Si fermò
ad uno
Starbucks, dopo aver accompagnato Aileen a scuola, e prese un americano
per
cercare di tenersi sveglio; fortunatamente il venerdì aveva
solo la mattina, il
pomeriggio poteva recuperare il sonno prima di andare a ritirare la
bambina.
Sperava solamente non ci fossero ulteriori problemi, quella giornata
stava
iniziando sicuramente con il piede sbagliato - per non parlare delle
occhiaie
scure che gli circondavano gli occhi, accompagnate da due borse fin
troppo
evidenti -.
Aveva appena
finito il caffè americano - aveva chiesto il grande, tanto
era disperato - e
aveva buttato il bicchiere di plastica nel cestino, quando intravide
Louis
fermo ad aspettarlo, le braccia incrociate e un’espressione
seria in viso
mentre parlava animatamente con.. sollevò gli occhi al
cielo, dopo aver
riconosciuto il ragazzino seduto sugli scalini, e sospirò
sconfitto, capendo
che prima o tardi l’avrebbe dovuto affrontare. E si diceva
spesso “via il
dente, via il dolore”, no?
Più si
avvicinava al duo - dei suoi incubi,
aggiungeva nella testa -, più sentiva Louis inveire contro
il moretto, parlando
di quel Chase che aveva nominato a casa sua e aggiungendo qualcosa sui
soldi
che poteva prestargli.
Era appena
arrivato di fronte a loro, cogliendo il: - Non ho bisogno dei tuoi
soldi, Lou!
Non ho bisogno di tuo padre che mi ripete quanto io sia una cattiva
influenza
per te! E so cavarmela da solo!- del ragazzino che si era alzato in
piedi per
fronteggiare l’amico, e strinse la mano attorno al suo
braccio, studiando con
cura i lividi e la sua espressione confusa.
- Non dovresti
essere qui.- bisbigliò, risalendo con lo sguardo fino ai
suoi occhi, e infilò
le chiavi in tasca prendere le chiavi e passarle a Louis, chiedendogli
il
favore di aprire al posto suo. - Dovresti tornare a..-
- Non ti ci
mettere anche tu, Payne!- esclamò l’altro,
scuotendo il braccio con forza e
liberandosi dalla presa del maggiore. - Non ho bisogno della tua
preoccupazione, non sei mio padre! E non mi serve la tua pena.- lo
sentì
insistere, ogni parola che usciva da quella bocca era intrisa di un
veleno
potentissimo. O forse era lui ad aver preso troppo a cuore quella
situazione,
si stava aprendo troppo e Zayn lo stava solamente ferendo; doveva
semplicemente
indossare nuovamente la corazza, difendersi da lui e non lasciarsi
colpire.
Il castano si
strinse nelle spalle, non trovando per qualche minuto le parole giuste
da dire,
e poi mormorò: - Era solamente un consiglio, non sei
così bello da vedere con
tutti quei lividi.-
Non
riuscì a
trattenere il brivido, sentendolo ribattere con: - Ieri sera ero
conciato anche
peggio. Ma niente di tutto questo ti ha impedito dal ficcarmi la lingua
in
gola.-, e poi scosse la testa, spingendo la spalla contro la sua nel
superarlo.
- Sei già
ai
miei piedi, ammettilo!-
Si voltò
nel
momento in cui varcò la soglia dello studio, tenendo una
mano stretta alla
maniglia mentre ribatteva: - Io mi farei qualche domanda su chi
è caduto ai
piedi di chi, Malik.- per poi sbatterla e superare un Louis con
un’espressione
curiosa e confusa.
Angolo
Shine:
Nulla da
aggiungere, se non che finalmente
abbiamo il bacio Ziam. (E da qui, di sicuro, le cose non diventeranno
più
semplici)
A venerdì
prossimo!