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Autore: Shine_    12/09/2014    10 recensioni
Liam Payne ha ventisei anni, uno studio da dentista nel centro di Brooklyn e una vita molto più complicata di quel che sembrerebbe. Le cose sembrano andare sempre peggio quando, volendo fare un favore ad un amico di vecchia data, assume come stagista un ragazzino arrogante e pieno di sé, con amici altrettanto particolari.
Dal testo:
Si era vestito lentamente, allacciandosi con cura la camicia, mentre pensava all’identità di questo strano ragazzino di quasi diciotto anni che avrebbe passato con lui tutti quei mesi estivi. Sperava solamente di non finire in casini più grandi di lui.
[Ziam; una leggera sfumatura di Lirry in qualche capitolo e punk!Louis che non ci abbandona mai]
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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You're my end and my beginning

 

« Cause all of me
Loves all of you
Love your curves and all your edges
All your perfect imperfections
Give your all to me
I'll give my all to you.
»

 

{Questo capitolo ha una dedica (o forse più di una), perché è il più figo.
Al mio carissimo Daniel, che mi minaccia per colpa di Jade;
a Mariangela, che sta facendo il conto alla rovescia dal primo capitolo;
alla Gre, che è in terre sconosciute e mi manca tantissimo
e a Beta, che mi fa incazzare, non mi fa dormire e mi fa fare incubi.

Spero di non avervi delusi, godetevelo e buona lettura.

 

 

Settimo capitolo

 

Quei giorni erano passati in un lampo - il fine settimana incombeva quasi su di lui, con tutta l’ansia per quell’appuntamento che non avevano ancora organizzato - e si trovava a scarabocchiare sull’agenda, mancava davvero poco alla chiusura e di pazienti non ne vedeva da almeno mezz'ora.

La sua vita sembrava aver preso nuovamente una giusta - e tranquilla - piega: Louis si stava comportando civilmente - e stava rispettando stranamente i patti - e del suo amico non aveva più visto nemmeno l’ombra.

Era così distratto nel muovere la penna contro il foglio, riempiendolo di strani segni - figure geometriche perlopiù -, quando sentì suonare il cellulare, che stava appoggiato al centro della scrivania e che prese immediatamente, rispondendo senza guardare lo schermo.

Riconobbe immediatamente la voce di Jade, che gridava il suo nome sopra il rumore della musica assordante, e ricambiò il saluto con uno altrettanto caloroso.

- Scusa per il casino!- gridò ancora lei, ridendo alla battuta di qualche sua amica prima di allontanarsi, cercando un posto più appartato e con meno interferenze. - Una mia amica deve esibirsi stasera, stanno facendo le ultime prove.- continuò a spiegargli, abbassando gradualmente il tono di voce nellallontanarsi presumibilmente dal palco.

- Una delle tue belle coinquiline?- le domandò, sentendo la risposta affermativa ed aggiungendo quindi: - Dille da parte mia che spaccherà tutto, ne son convinto. Anche se non lho mai sentita, sì.- continuò alle lamentele della ragazza sul suo basarsi sul niente.

Stava per chiederle a quando voleva fissare lappuntamento, perché ormai erano quasi arrivati alla fine della settimana, ma lei lo anticipò, dicendogli: - Puoi passare di qui. Anticipiamo ad oggi, se vuoi.-

- Per sentire la tua amica?-

- Sì, per uscire come amici. Non era quello che volevi?- lo prese chiaramente in giro lei, un tono di voce leggero che anticipava una risata trattenuta. - Perrie, la mia coinquilina e migliore amica, si esibisce con la sua band al Brooklyn Bowl. Ci vieni?-

Liam restò in silenzio, non dandole immediatamente una risposta e pensando a tutto quello che aveva da fare non appena fosse tornato a casa, e si strinse nelle spalle, mormorando: - Finché non mi fai giocare a bowling, va bene tutto.-

- Quindi è deciso?- chiese conferma lei, aggiungendo un frettoloso: - E possiamo trovarci per le sette e prendere qualcosa qui da mangiare. Ti assicuro che è tutto delizioso.-

- Per le sette.- ripeté tra sé e sé, quasi a farsi il promemoria nella testa. - Va bene, ci sarò. Ci troviamo allingresso o direttamente dentro il locale?-

- Ti metto nella lista, passa nel backstage e dì che sei con Jade.- la sentì dire, facendogli poi un saluto veloce e ripetendogli lorario prima di riagganciare.

 

 

Erano le sei di sera quandera arrivato a casa - Louis laveva seguito fino al sottopassaggio della metropolitana e laveva riempito di domande sul motivo della sua fretta - aveva già contattato la signora Hall, chiedendole il favore di controllargli Aileen per qualche oretta, e si era fatto un doccia nel minor tempo possibile, preparandosi poi a tempo record.

La vecchia vicina sarebbe rimasta a casa sua, controllandogli la bambina, finché non fosse tornato, promettendole che non avrebbe fatto più tardi della mezzanotte. Doveva solo mangiare qualcosa, ascoltare qualche canzone e scambiare delle chiacchiere con Jade; sarebbe stata una serata tranquilla con un'amica, tanto per staccare dal ritmo frenetico lavorativo.

Aveva quindi detto il proprio nome a quell'omone all'ingresso - occupava seriamente tutto lo spazio della porta -, ricordandosi di citare Jade e il fatto che fosse "inserito nella lista" - gli sembrava di essere in uno di quei film in cui la ragazzina di turno cercava d'infiltrarsi nel pub in cui si esibiva la sua band preferita -, e poi gli rivolse un cenno veloce, entrando nel locale e cercando di tenere a mente le indicazioni per raggiungere il backstage.

Fu Jade - fortunatamente, perché si era già perso - a trovarlo, appoggiando una mano sulla propria spalla e facendolo sussultare, e si lasciò guidare fino in una piccola stanzetta - un salotto con divanetti bianchi - dove venne accolto e presentato a fin troppa gente. Dopo dieci minuti aveva dimenticato i nomi della maggior parte di loro, ricordando solo qualche iniziale o angolatura del viso.

Accettò immediatamente la proposta di Jade di andare a mangiare qualcosa, pensando solamente a quanto sarebbe stato positivo allontanarsi da quel chiasso - l'ultima volta che era stato ad una festa al college si era conclusa con una chiamata di emergenza.. decisamente brutti ricordi -, e prese posto di fronte alla ragazza, prendendo tra le dita il menù e dandogli una semplice e veloce occhiata.

- Scusa per i miei amici.- iniziò a parlare lei, rompendo dopo qualche minuto quel silenzio. - Possono essere invadenti, casinisti la maggior parte delle volte e..-

Non riuscì a trattenersi oltre e scoppiò a ridere, scuotendo insistentemente la testa e agitando appena una mano per cercare di bloccarla.

- Non sono abituato.- sussurrò, sporgendosi verso di lei e parlando come se fosse un segreto solo loro. - Era da tantissimo tempo che non uscivo. Nessun problema, nessuna preoccupazione. Mi sento quasi leggero, sai?- ridacchiò, muovendo la mano sopra la propria testa come ad indicarle con i gesti quel che diceva.

- Quindi stasera devi rilassarti?- gli chiese, stringendo i denti sul labbro inferiore in un modo squisitamente seducente. - La voce di Pez è una meraviglia, poi possiamo giocare a bowling.- continuò a parlare mentre gli sfiorava la mano con le dita, gli occhi fissi nei propri e le labbra arricciate in un sorriso a metà tra il divertito e l'innocente.

- Non ti piace proprio giocare a bowling?- insistette alla smorfia di lui e al successivo borbottio, che aggiunse a mo' di spiegazione: - Sono una vera schiappa, un imbarazzo ambulante!-

 

 

Liam, al contrario di quello che si aspettava, si era divertito durante quella serata; avevano mangiato e parlato, con la voce di quella ragazza bionda in sottofondo - che aveva una forza incredibile a giudicare dagli acuti -, avevano persino giocato a bowling verso la fine. Inutile dire che si era fatto stracciare in modo a dir poco disumano da Jade, che gli aveva tenuto - volontariamente, a sentir parlare Liam - nascosta quella sua predisposizione nel colpire i birilli.

Aveva riaccompagnato sia Jade che Perrie a casa, dimostrando per lennesima volta di essere un vero gentiluomo - come gli aveva ripetuto Jade, prima di schioccargli un bacio piuttosto rumoroso contro la guancia -, e poi era tornato a casa, ringraziando mille volte la signora Hall e insistendo per pagarle quelle ore in cui aveva controllato la piccola.

Si era cambiato in abiti più confortevoli, un paio di pantaloni della tuta grigi e una maglietta bianca, e stava per mettersi a letto, quando il suono del campanello attirò lattenzione e lo risvegliò immediatamente. Chi poteva essere a quellora? Era ormai luna passata e lunica cosa che riusciva a pensare era che la vicina si fosse dimenticata qualcosa e fosse venuta a ritirarlo, ma era impossibile che lo disturbasse a quellora. Solitamente sarebbe ripassata la mattina dopo, o nel pomeriggio.

Forse è urgente, pensò Liam mentre sincamminava verso lingresso, dando una veloce sbirciata nella stanza di Aileen per accertarsi che stesse ancora dormendo.

Ed era la terza volta, contò mentalmente, che si trovava davanti alluscio di casa propria una persona inaspettata; sempre lui, sempre quel ragazzino che sembrava esser diventato la sua persecuzione.

Stava per sbattergli la porta in faccia, perché una persona normale non poteva presentarsi a casa sua e pretendere di essere accolto con così tanto calore - soprattutto quella persona, quel ragazzino -, ma restò immobile con le dita strette alla maniglia dottone e gli occhi fissi su quello che teneva le braccia strette al petto. Aveva il labbro e il sopracciglio spaccati, con del sangue che gli colava lungo lo zigomo, e un occhio pesto.

- Che..- si schiarì la voce, rendendosi conto di averla più acuta del normale. Perché era sorpreso dal trovarselo davanti, non per la preoccupazione. - Che è successo a quello?- chiese, indicandogli lo skate che teneva tra le braccia, quasi come se fosse la cosa più importante della sua vita.

Si spostò per farlo passare, capendo il suo cenno e pensando di non poterlo cacciare in quelle condizioni, e ascoltò quello che gli mostrava i due pezzi dello skate e farfugliava con una smorfia: - Hanno pensato di farmela pagare in questo modo.-

- Fartela pagare?- sinteressò Liam, sentendo uno strano brivido nel vederlo portarsi una mano al labbro spaccato e nel sentirlo gemere di dolore. Si avvicinò quindi di un passo, stando quasi allerta sui suoi stessi movimenti, e strinse le dita sul suo polso per allontanargli la mano dal viso e dalla ferita. - Che è successo, Zayn? Chi voleva fartela pagare? Per cosa? Ti sei cacciato nei guai?- iniziò a domandare velocemente, ripetendosi nella testa che erano solo domande di circostanza e non erano legate a una vera e propria preoccupazione. Cioè, era normale essere preoccupati nel trovarsi davanti una persona uscita da una lotta e coperta di sangue.. ma non stava pensando al proteggerlo, stringerlo piano tra le braccia e quantaltro. No, non ci stava pensando. E il fatto che si stesse avvicinando sempre più, facendogli quasi da scudo con il proprio corpo, non significava nulla.

Roteò gli occhi al commentino sullaverlo chiamato per nome, preferendo non iniziare una discussione e scoprire la verità, e strofinò il pollice contro il suo polso, concentrandosi per non pensare al calore della sua pelle o alla sua delicatezza.

Quando lo guardò con unocchiata significativa, Zayn soffiò fuori un: - Non ho bisogno di un papà protettivo.- comportandosi quasi come un gatto ferito, quegli artigli che aveva tirato fuori per difendersi.

- Io penso tu ne abbia bisogno invece.- insistette il castano, senza distogliere lattenzione dai suoi occhi freddi e fieri. - Altrimenti non saresti qui.- aggiunse con fare ovvio, il pollice che premeva contro il tatuaggio per nessun motivo in particolare.

Socchiuse gli occhi, facendosi attento, quando il più piccolo rispose: - Ero nel quartiere accanto, volevo solo nascondermi da qualche parte nel caso volessero darmi una seconda passata. E non son venuto fin qui per trovare protezione in te.-, parlando a denti stretti e iniziando a roteare il polso, quasi a volersi liberare della stretta.

- Ti sei contraddetto con una sola frase, quanto sei..-

- Cosa sono?-

- Bambino, sei un bambino.- gli rispose immediatamente Liam, non fermandosi nemmeno un secondo a pensare mentre spostava le dita dal polso allo stringergli il mento, per potergli far sollevare il viso e controllare meglio la situazione. Cercò di ignorare il calore che sentiva espandersi nel petto, assieme al battito accelerato del cuore, per colpa di quegli occhi che lo scrutavano pensierosi e delle dita che si stringevano alla sua maglia quando premeva troppo forte contro un livido fresco.

- Ho quello che ci serve, seguimi.- mormorò poi, con una certa freddezza e distacco nella voce, allontanandosi verso la cucina senza curarsi del ragazzino che aveva lasciato alle spalle, che laveva seguito immediatamente senza proferir parola.

Liam non si era nemmeno voltato verso di lui, da quando aveva varcato la soglia della cucina, gli aveva indicato la sedia su cui sedersi e poi si era allontanato verso il bagno, prendendo la scatolina dei cerotti, la bottiglietta marrone dellacqua ossigenata e dei batuffoli di cotone, tornando poi da quello che stava seduto sullo sgabello e appoggiando il tutto sullisola della cucina.

Il ventiseienne piegò le labbra in un sorrisino quando, nellaprire la bottiglietta, vide il moretto rabbrividire e stringere più forte lo skate che teneva ancora tra le braccia.

- Puoi anche lasciarlo, non ti servirà a nulla ormai.- ridacchiò, indicandogli la tavola divisa a metà con il batuffolo che teneva tra le dita. - E ora fai il bravo.- sussurrò, facendo il giro dellisola e fermandosi di fronte a quello che lo studiava in silenzio, stringendo le dita libere sul suo mento e iniziando a medicargli il labbro. Si sarebbe messo sicuramente a ridere, per il versetto sorpreso e di dolore dellaltro, ma si trovò lui stesso a lamentarsi quando sentì le unghie di quello incidere sulla pelle del braccio.

Si allontanò velocemente da lui, guardandolo male e abbassando lo sguardo sui segni di mezzaluna che gli rovinavano la pelle, e poi gli puntò contro il batuffolo, sibilando: - Mi hai fatto male, idiota.- e restando sorpreso quando il moretto gli rispose: - E tu ne hai fatto a me!-

- Non sono io ad averti conciato così.- ribatté con fare ovvio, tornando vicino a lui e passando a pulirgli la guancia sporca di sangue. Perché sicuramente in quel modo non avrebbe rischiato unaltra graffiata simile. - Sto solo cercando di mettere a posto questo casino, faccio in fretta.. se non mi attacchi più in quel modo.- insistette, lasciandosi tirare per la maglia e trovandosi incastrato tra le sue gambe aperte.

- Ma fa male, Liam.- lo sentì ripetere in un lamento, le dita che teneva strette alla sua maglietta e il labbro gonfio e rosso. E lui non stava pensando a come avrebbe potuto rovinare quel ragazzino, a come poteva stringere le dita tra i suoi capelli e distruggere ulteriormente quelle belle labbra. - E mamma non faceva come te.-

- Non sono tua madre.- borbottò il castano, cercando di riprendersi da quel piccolo momento di trance senza attirare troppo lattenzione. - E ho fatto un corso di pronto soccorso quando andavo al liceo, è una stronzata questa.. se solo la smettessi di piagnucolare.- aggiunse subito dopo, premendo il cotone, imbevuto di acqua ossigenata, contro il sopracciglio del ragazzo, sorridendo intenerito nel sentirlo farfugliare e stringere più forte la presa sulla stoffa della maglietta.

- Io.. io non sto pia-piangendo ma.. cazzo, brucia!- concluse con un gridolino il minore, facendolo spaventare ed obbligandolo a sporgersi verso il corridoio per controllare che Aileen non si fosse svegliata.

 - Tra poco passa.- sussurrò con un tono di voce dolce, ripetendosi che non sarebbe cambiato nulla tra loro due dopo quel giorno.

Aveva poi continuato a medicarlo, senza ulteriori impedimenti, ed aveva cercato con tutto se stesso d'ignorare le dita del moro; dallo stringere la maglietta era passato in poco tempo allo sfiorargli la pelle del bassoventre, premendo poi le dita contro l'ombelico per nessun motivo in particolare. L'aveva sentito fare un versetto disgustato, quando aveva passato la lingua sul labbro nel suo solito tic - ne aveva riso tra sé e sé Liam, gongolando tutto divertito e ripetendosi che se l'era cercata -, e poi si era trovato tutto il palmo contro il proprio stomaco, con quegli occhi che bruciavano sul viso.

Premette forse con troppa forza - non era una vendetta quella, assolutamente no - contro il suo labbro inferiore, stringendo il proprio tra i denti per trattenere il risolino al suo verso sorpreso e sofferente, e appoggiò il batuffolo vicino alla bottiglietta sul ripiano accanto a loro, sollevandogli il mento con due dita per intrecciare i loro sguardi.

- Ora me lo vuoi dire che ti è successo?-

E, va bene, forse il tono di voce che stava usando - il comportamento, lo sguardo e tutto quanto - aveva una sfumatura seducente, ma era solo per curiosità, voleva solo sapere chi l'aveva fatto e il motivo che si celava dietro tutto quello. Nulla di più, nulla di meno. E sapeva che l'unico modo per ottenere delle risposte - o semplicemente la sua attenzione - era comportarsi in quel modo, flirtare con lui per avere in cambio informazioni; ed era uno sforzo, non ci stava prendendo gusto.

Inarcò un sopracciglio, quando il moretto sembrò essersi perso nel suo piccolo mondo tra le nuvole, e si avvicinò ulteriormente a lui; solo per ottenere le risposte, non perché c'era quella calamita che lo attirava a lui.

Gli sollevò ulteriormente il viso, riducendo ulteriormente gli spazi tra i loro corpi, e ripeté: - Chi ti ha fatto del male?-, vedendolo allungare quasi il collo con quello sguardo perso.

- Chase.- lo sentì rispondere con un filo di voce, arrossendo appena quando i suoi occhi guizzarono fino alle proprie labbra. - Non.. Non gli ho pagato delle robe che ho comprato.- aggiunse velocemente il moretto, scuotendo la testa per riprendersi e mettendosi dritto con la schiena.

- Cosa? Che hai comprato? Sei.. sei nei guai?- chiese dopo qualche minuto di silenzio, pensando che ormai era inutile nascondere quanto fosse realmente preoccupato per lui. Ma solo perché aveva una bambina da proteggere e, quell'istinto paterno, gli aveva portato all'esasperazione alcuni lati del carattere.

Restò sorpreso, quando gli rispose: - Non sono fatti tuoi.-, e fece quasi un passetto indietro, venendo trattenuto dalle dita del più piccolo che gli stringevano la maglia. - E non son venuto qui perché devi proteggermi. So difendermi da solo.- lo sentì insistere, prendendolo nuovamente contropiede da quell'improvviso cambio di comportamento. Sembrava quasi si stesse difendendo da lui, ma gli impediva allo stesso tempo di allontanarsi e mettere spazio tra loro.

Liam scosse solamente la testa, decidendo di non rispondere a quell'ennesima provocazione, e poi spalancò gli occhi nel vederlo ridurre le distanze. E poteva deviare il percorso, inclinare il viso o qualsiasi altra cosa per evitarlo, ma restò immobile e lasciò che le loro labbra s'incontrassero in quel bacio leggero.

Si allontanò appena - troppo tardi, decisamente troppo tardi - ma restò ad una distanza per cui le loro labbra si sfioravano ad ogni respiro, un silenzio piacevole tra loro e il cuore che gli batteva nelle orecchie e nella gola.

Non riusciva a spiegarselo il motivo, ma spostò una mano sulla sua guancia, strofinando il pollice contro lo zigomo - quel livido che nei giorni seguenti avrebbe assunto i più svariati colori -, e si passò la lingua sulle labbra per inumidirsele, sfiorando di conseguenza quelle del ragazzino che sospirò in un modo che gli fece attorcigliare tutte le interiora. E quello che era passato lungo la sua schiena non era un brivido di piacere, assolutamente no.

Non aspettò oltre ad annullare nuovamente la distanza, decidendo di non pensare a nulla se non a quel contatto piacevole - se non calcolava l'odore e il sapore pungente per via della medicazione -, e continuò a tenere quella mano sulla sua guancia - il palmo contro la sua pelle e il pollice che strofinava insistentemente - mentre gli separava le labbra con la lingua e gemeva nel sentirlo succhiare con una lentezza esasperante.

Si separarano dopo qualche minuto, entrambi con un'indecisione e una debolezza chiaramente leggibile nei loro occhi, e Zayn fu il primo a riprendersi, difendendosi con un: - Era solo un ringraziamento.- che fece chiudere immediatamente a riccio il maggiore, portandolo ad annuire ed ettichettare quel bacio come un incidente senza alcun significato.

- Sei.. Sei sicuro di voler tornare a casa?- chiese subito dopo, dandosi dell'idiota mille volte all'occhiata spocchiosa del minore, che si sporse verso di lui e gli domandò in un bisbiglio: - Già ti arrendi? Bastava un semplice bacio?-

- Volevo solo essere gentile.- sibilò il più grande, rialzando nuovamente tutti gli scudi ed allontanandosi dal suo corpo. - Ma tu non meriti nemmeno quello.- aggiunse con una frecciatina mirata, prendendolo per un braccio e raggiungendo l'ingresso a grandi passi. - Cerca qualcun altro la prossima volta che finisci nei guai. Gli stronzi non sono i benvenuti.- concluse con un tono di voce velenoso, spingendolo oltre l'uscio e sbattendogli la porta in faccia.

Si era lasciato fregare, continuava a ripetersi nella testa, e ora quel ragazzino l'aveva capito che non gli era indifferente; aveva abbassato le difese e l'aveva fatto entrare, non doveva succedere più.

 

 

Quella notte non aveva quasi chiuso occhio, aveva dormito sì e no due orette, e continuava a passarsi la lingua sulle labbra - dandosi dell’idiota più e più volte -, arrossendo nel riuscire a sentire l’odore pungente dell’acqua ossigenata.

Si fermò ad uno Starbucks, dopo aver accompagnato Aileen a scuola, e prese un americano per cercare di tenersi sveglio; fortunatamente il venerdì aveva solo la mattina, il pomeriggio poteva recuperare il sonno prima di andare a ritirare la bambina. Sperava solamente non ci fossero ulteriori problemi, quella giornata stava iniziando sicuramente con il piede sbagliato - per non parlare delle occhiaie scure che gli circondavano gli occhi, accompagnate da due borse fin troppo evidenti -.

Aveva appena finito il caffè americano - aveva chiesto il grande, tanto era disperato - e aveva buttato il bicchiere di plastica nel cestino, quando intravide Louis fermo ad aspettarlo, le braccia incrociate e un’espressione seria in viso mentre parlava animatamente con.. sollevò gli occhi al cielo, dopo aver riconosciuto il ragazzino seduto sugli scalini, e sospirò sconfitto, capendo che prima o tardi l’avrebbe dovuto affrontare. E si diceva spesso “via il dente, via il dolore”, no?

Più si avvicinava al duo - dei suoi incubi, aggiungeva nella testa -, più sentiva Louis inveire contro il moretto, parlando di quel Chase che aveva nominato a casa sua e aggiungendo qualcosa sui soldi che poteva prestargli.

Era appena arrivato di fronte a loro, cogliendo il: - Non ho bisogno dei tuoi soldi, Lou! Non ho bisogno di tuo padre che mi ripete quanto io sia una cattiva influenza per te! E so cavarmela da solo!- del ragazzino che si era alzato in piedi per fronteggiare l’amico, e strinse la mano attorno al suo braccio, studiando con cura i lividi e la sua espressione confusa.

- Non dovresti essere qui.- bisbigliò, risalendo con lo sguardo fino ai suoi occhi, e infilò le chiavi in tasca prendere le chiavi e passarle a Louis, chiedendogli il favore di aprire al posto suo. - Dovresti tornare a..-

- Non ti ci mettere anche tu, Payne!- esclamò l’altro, scuotendo il braccio con forza e liberandosi dalla presa del maggiore. - Non ho bisogno della tua preoccupazione, non sei mio padre! E non mi serve la tua pena.- lo sentì insistere, ogni parola che usciva da quella bocca era intrisa di un veleno potentissimo. O forse era lui ad aver preso troppo a cuore quella situazione, si stava aprendo troppo e Zayn lo stava solamente ferendo; doveva semplicemente indossare nuovamente la corazza, difendersi da lui e non lasciarsi colpire.

Il castano si strinse nelle spalle, non trovando per qualche minuto le parole giuste da dire, e poi mormorò: - Era solamente un consiglio, non sei così bello da vedere con tutti quei lividi.-

Non riuscì a trattenere il brivido, sentendolo ribattere con: - Ieri sera ero conciato anche peggio. Ma niente di tutto questo ti ha impedito dal ficcarmi la lingua in gola.-, e poi scosse la testa, spingendo la spalla contro la sua nel superarlo.

- Sei già ai miei piedi, ammettilo!-

Si voltò nel momento in cui varcò la soglia dello studio, tenendo una mano stretta alla maniglia mentre ribatteva: - Io mi farei qualche domanda su chi è caduto ai piedi di chi, Malik.- per poi sbatterla e superare un Louis con un’espressione curiosa e confusa.

 

 

 

Angolo Shine:

Nulla da aggiungere, se non che finalmente abbiamo il bacio Ziam. (E da qui, di sicuro, le cose non diventeranno più semplici)

A venerdì prossimo!

   
 
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