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Autore: SignoraKing    13/09/2014    1 recensioni
Un’intera nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel mio silenzio
ho scritto
lettere piene d’amore
Non sono mai stato
tanto
attaccato alla vita.
(Veglia - Giuseppe Ungaretti)
[Questa storia partecipa al contest "This is war" di ManuFury]
Genere: Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La strana somiglianza tra una stanza d'ospedale e la concezione di paradiso è impressionante, ma non bisogna farsi ingannare. In ospedale si soffre e si muore, mentre in paradiso si sta sempre bene.

L'uomo spalancò gli occhi, si guardò attorno spaesato.
La testa gli pulsava e ad ogni respiro fitte dolorose gli percorrevano il torace.
Si sollevò leggermente, ma le fitte aumentarono di intensità e gli attraversarono tutto il corpo e subito ricadde sui cuscini emettendo un debole gemito.
Non riusciva a capire cosa gli fosse successo, i ricordi erano deboli bagliori nella sua mente, solo una cosa era fresca e nitida: due occhi verde smeraldo vuoti, morti, ma ancora pieni di uno strano bagliore, che riflettevano la notte e le sue stelle.
«Signor Cassian,  si è svegliato.» Un grosso uomo era entrato nella stanza e Iancu, preso com’era a cercare una posizione che non gli facesse male, non si era reso conto del suo arrivo.
Il nuovo arrivato era un energumeno scuro  che indossava una divisa militare che sembrava essere stata ritagliata da un tendone da quanto era grossa. Nonostante stesse sorridendo, incuteva un timore reverenziale che il ragazzo non aveva mai provato.
«Bene, ora inizierà una terapia per risvegliare i ricordi. Abbiamo bisogno di ogni informazione riguardo a quello che è successo  in quel campo.» Detto questo se ne andò, non lo salutò, ma Iancu non ci fece caso. Stava pensando a quelle parole.
“Ma se fra cinque minuti avrò già dimenticato il mio nome, come posso recuperare ricordi lontani?”

I giorni passavano e Iancu lavorava con dottori e psicologi per riacquistare la memoria. Procedeva lentamente, ma non per veri e propri problemi: era lui stesso ad essere spaventato all’idea di ricordare tutto, aveva paura di ricordare a chi appartenevano quegli occhi verdi. Eppure non poteva rifiutarsi, da lui dipendeva tutto, a quanto aveva capito.

«Signor Cassian, mi hanno riferito che ha recuperato la memoria. Mi dica perché si trovava in quel posto insieme agli altri tiratori scelti.»
E così, con calma, Iancu raccontò tutta la storia. Parola dopo parola, pensiero dopo pensiero, il racconto prese forma e nonostante potesse sembrare inventato era vero dall’inizio alla fine, ed era quello a renderlo ancora più angoscioso.

«Io e Sava eravamo su uno degli edifici della periferia di Oradea, dove dovevamo essere. Controllavamo i movimenti di alcuni Serbi. Si pensava che volessero attentare alla sicurezza della città per poi entrare nel nostro Quartier Generale, e con ragione, aggiungerei. Però era tutto silenzioso, non c’era nessuno in giro. Dopo un’ora passata a controllare il nulla ci hanno chiamati. Hanno detto che l’esercito Serbo ci aveva attaccati e che eravamo nei guai. Quasi tutti i soldati di terra* erano stati uccisi e noi dovevamo andare a dare una mano. Ci era sembrato strano, ma gli ordini sono ordini capo. Siamo arrivati con gli altri tiratori, erano scesi tutti dalle loro postazioni. La cosa mi ha reso ansioso, pensare che tutte le risorse erano lì e che nessuno controllava la città mi preoccupava, ma sono un soldato fedele agli ordini e ho combattuto per la mia città. I serbi erano molti di più, noi servivamo solo a prendere tempo. Quando ci avevano chiamato ci avevano riferito qualcosa riguardo alla tattica che stavano utilizzando, ma ora non lo ricordo.
Ricordo solo che uno dopo l’altro siamo stati feriti tutti, mi ricordo la mia gamba che sanguinava e che non riuscivo più a muovermi. Poi credo di essere svenuto, il resto lo sapete.»
Iancu aveva tralasciato le emozioni, non erano cose che si addicevano ad un militare, però aveva pensato a tutto, lo aveva rivissuto per la centesima volta e anche questa volta gli occhi gli si annebbiarono dalle lacrime ripensando ai suoi compagni. Desiderò di essere stato colpito al cuore invece che alla gamba e alla spalla. Si strofinò gli occhi con il lenzuolo e così facendo scoprì la gamba amputata, visione che lo fece stare ancora peggio.
L’uomo, vedendo lo stato del ragazzo, decise di aspettare fuori dalla stanza. Non voleva riferirgli subito quello che era successo ad Oradea in quegli ultimi giorni.


Angolo della scrittrice

Ciao a tutti.

So che è ancora peggio del primo capitolo, ma non uccidetemi.

Lasciate una recenzioncina, anche con critiche, così posso migliorare <3

Alla prossima,

SK


   
 
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