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Autore: reby    16/09/2014    6 recensioni
[...] Erano cambiati tutti.
I tempi che li avevano visti digiprescelti e bambini insieme erano passati, esperienze mai dimenticate ma già lontane.
I lineamenti dei visi più marcati, più adulti.
Ma erano come la frutta maturata precocemente: all’ apparenza, come tutti si aspettano, liscia, succosa, perfetta. Ma dentro.. dentro lo zucchero, la vita non aveva fatto il suo naturale corso, lasciando un retrogusto amaro troppo forte per sembrare normale.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Mimi/Matt, Sora/Tai, TK/Kari
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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You are the hole in my head

You are the space in my bed

You are the silence in between what I thought

And what I said

 

You are the night time fear

You are the morning

When it’s clear

When, it’s over you’ll start

 

You’re my head

You’re my heart

 

Florence and the machine – No light no light

 

 

Un solo sasso può dividere un intero specchio, renderlo di minuscole schegge che prima facevano parte di un’unica superficie liscia e che invece dopo quell’unico lancio, quell’unico forte impatto, era cambiata per sempre.

Non puoi tentare di rimetterne a posto i pezzi, non puoi fare proprio un bel niente.

La soluzione c’è, è una sola: comprare un nuovo specchio.

 

 

Era il finire del ventitreesimo giorno di luglio.

Un tramonto rosso sangue si perdeva dietro l’orizzonte del grande parco di Hikarigaoka, dal quale Sora lo stava osservando rapita.

Osservava i bambini giocare tra l’erba e le mamme chiacchierare tranquille. La vita nel suo vecchio quartiere scorreva come sempre.

Guardò l’orologio. Stava aspettando Joe che si era appositamente liberato prima dai soliti impegni universitari per aiutarla a rifinire le ultime cose per la sua festa.

Perché tra qualche ora Sora avrebbe compiuto ventitré anni.

L’idea della festa era stata di Mimi ovviamente. Lei non si era dimostrata né entusiasta né contraria, un po’ come faceva ultimamente. Accettava gli eventi così come la vita li proponeva al suo sguardo.

Vide Joe spuntare dal viale e agitare un braccio in segno di saluto. La sua tracolla trasbordava di libri mentre lui quasi cadeva in una rientranza del terreno.

- Scusa il ritardo, dannata metropolitana – esordì trafelato, gettandosi sulla panchina accanto a lei.

Sora gli sorrise. – Tu e la metro di Hikarigaoka non andate molto d’accordo*-.

Joe scosse il capo. –Direi proprio di no. Allora, dovrebbe essere tutto pronto e la torta arriverà alle 23.00 in punto. A te sta bene?-

La ragazza sospirò, tornando a guardare davanti a sé. Improvvisamente si era scurita e Joe si rese conto tardi del perché.

- Sora…- mormorò.

- Si Joe, è davvero perfetto. Anzi grazie per l’aiuto che mi stai dando, sul serio- si voltò a guardarlo e poggiò una mano sul suo ginocchio, stringendolo in segno di riconoscenza.

Ripresero a parlare, ma il ragazzo capì bene dove la mente della sua amica si trovasse in quel momento.

Era lontana di un anno, quando nella sua vita c’era ancora l’unica persona che avesse mai amato e che probabilmente avrebbe amato fino alla fine.

Scava come le onde del mare sugli scogli, man mano che avanza la terra si ritrae sempre più. Corrode, il passato, corrode fino in fondo in silenzio, avanza strisciando come la marea di notte.

 

 

Rewind

 

24 Luglio, un anno prima.

Ventidue candele accese davanti a lei le restituivano immagini in penombra dei suoi più cari amici pronti a festeggiarla.

“Il desiderio mi raccomando!” esclamò Mimi sovrastando le voci degli altri e facendola ridere.

Il suo sguardo era calamitato in quello di Taichi, proprio di fronte a lei, che la guardava con una scintilla – la solita, mai sopita scintilla- divertita negli occhi mista ad un senso di pienezza che solo lui le dava.

Mentre le ultime note dell’improvvisata canzoncina augurale finivano, la festeggiata pensò a quel pomeriggio, quando aveva fatto l’amore con lui in camera sua, in silenzio e sospirando.

Quel ti amo sempre impacciato nonostante quasi gli otto mesi di coppia fissa, era stato il regalo più bello.

Quando soffiò le candeline, Sora aveva solo una cosa da desiderare: che tutto quello non cambiasse mai.

 

 

Play

 

Non era stata accontentata.

Solitamente, dimenticava presto i desideri espressi al momento del soffio delle candeline ma quell’anno era diverso.

Quando tutto era crollato, si era sentita quel desiderio marchiato a fuoco sulla pelle come indelebile segno dell’egoismo del tempo.

A volte le mancava come manca il respiro sott’acqua.

Era una sensazione avvolgente, all’inizio: si sentiva intorpidita, intontita, inconsapevole della realtà. Poi tornava la mente, tornavano i sensi, tornava il dolore e l’asfissia.

Si aggrappava a ciò che le rimaneva con le unghie, se lo faceva bastare perché cazzo, aveva ancora chi le voleva bene.

L’aveva rivisto.

Non era quello il vero problema: i problemi venivano dopo. Si ripresentavano sottoforma di sensazioni che la facevano oscillare da stati di quieta sopravvivenza di giorno a lucida consapevolezza di notte.

Ne taceva gli aspetti crudi, andava avanti facendo leva su tutte le cose belle che le erano rimaste.

La crepa c’era, la crepa si allargava ma lei continuava a buttarci su l’argilla.

Un anno in più, tra qualche ora.

Un anno in più che l’avrebbe allontanata in modo simbolicamente definitivo da un’età che le aveva fatto solo male.

E’ da egoisti voler cancellare tutto? Da quando lei era diventata così? Preferire di non aver vissuto niente per non avere nostalgia di nulla.

Riemerse dai suoi pensieri e trovò Joe a fissarla in silenzio. Abbassò lo sguardo, sentendosi quasi colpevole.

-Non ti preoccupare- sentì mormorare l’amico, - non puoi controllarti sempre, Sora-.

Lei sospirò e Joe riprese a parlare. – Ho sempre avuto una mente razionale, e questo lo sapete tutti. In ogni situazione mi sforzavo sempre di pensare più al lato pratico che alle implicazioni sentimentali e simili, ma…- fece una pausa, quasi a soppesare le parole, consapevole del loro potere. – Ma quando vedevo quello che condividevate tu e Tai ho messo in discussione più di una volta il mio modo di pensare-, ammise alla fine.

Sora sollevò lo sguardo su di lui, sorpresa. Joe ricambiò la sua occhiata dietro le grandi lenti. Fece un piccolo sorriso. – Non fare quella faccia. Osservarvi per me era… speciale. Non so come, ma faceva sentire completo anche me, faceva sentire completi tutti perché tutti sapevamo che era giusto e…beh, bello-.

Sora allungò una mano sul suo braccio e lo strinse forte. Quelle parole le stavano facendo bene e male allo stesso tempo, ma sentirle da Joe, da una delle persone più sincere e genuine, era qualcosa di prezioso.

-Non so come tu faccia ad andare avanti, anche se il tuo andare avanti è spesso lento e pieno di crepe. Hai vissuto la pienezza e adesso stai attraversando il vuoto ma non ti sei arresa. Hai una grandissima forza dentro di te ed io volevo solo ricordartelo-.

Lo abbracciò di slancio senza pensarci due volte. Sulla sua spalla Joe aveva gli occhi lucidi ma finalmente era riuscito a dirglielo. Sentirsi mormorare nell’orecchio grazie fu la migliore prova di quanto le sue parole fossero riuscite ad arrivare al cuore dell’amica.

 

 

 

Quando Yamato bussò a quella porta, le nocche gli sembrarono roventi già al primo tocco.

Non si aspettava niente, in realtà. Mimi l’avrebbe ucciso se avesse saputo le sue intenzioni per quell’afoso pomeriggio e per questo aveva deciso di tenerla all’oscuro.

Sapeva di trovarlo in casa, a quell’ora non usciva mai, lui. Forse non si era ancora svegliato.

Attese paziente per una manciata di minuti ed infine sentì la chiave girare nella toppa dall’altro lato e la porta si aprì lentamente davanti a lui.

L’interno era buio, non riuscì a distinguere perfettamente i contorni della figura davanti a lui, ma poteva ripercorrerne i tratti ad occhi chiusi per quanto bene lo conosceva.

Conosceva, appunto. Il passato era d’obbligo perché del ragazzo che lo guardava senza battere ciglio non sapeva niente.

Spalancò di più la porta e gli voltò le spalle. Era il suo modo di invitarlo ad entrare.

L’ultima volta che Yamato aveva messo piede in casa Yagami era da poco finito il funerale.

Era tutto perfettamente in ordine, pulito ed incredibilmente immobile.

Tai era in abito formale, in silenzio come sempre in quei giorni, le stampelle vicino a lui e Sora gli carezzava la testa assorta.

Era l’ultima scena che aveva di quella casa, l’unica forse degna di essere ricordata.

Adesso era un posto completamente diverso. Tai aveva acceso la luce, visto che le tapparelle erano tutte serrate e non passava nemmeno un filo di luce e il puzzo di fumo era insopportabile. Lo vide mentre apriva una birra e cominciava a berla, senza nemmeno chiedergli se ne volesse una anche lui. A giudicare dalla quantità di bottiglie sparse sul pavimento, non doveva essere nemmeno la prima.

- Hai intenzione di parlare o sei venuto solo a contare le birre?-

Yamato lo ignorò. – Sai che giorno è oggi-.

Lo sentì ridacchiare. – E allora?-

-Non fare la parte dello strafottente, non freghi nessuno-, gli rispose il biondo puntando gli occhi nei suoi. – E allora potresti anche venire, stasera-.

Tai ricambiò il suo sguardo. – E hai fatto tutta questa strada per venire a dirmi questa stronzata?-

L’altro lo ignorò nuovamente.- Non mi frega se non vuoi farti vedere dagli altri, ma a lei lo devi. E da qualche parte in quello che ti rimane nel cervello, lo sai anche tu-.

Taichi sbatté la birra sul tavolo con violenza e si avvicinò a lui con grandi falcate. In un attimo gli fu addosso, le mani ad arpionargli il colletto della camicia bianca. –E tu chi cazzo sei per venire qui a dirmi cosa devo a chi, mh?-

Yamato ridacchiò sarcastico. Si era immaginato quella reazione, l’aveva vista e affrontata già troppe volte. – Sono lo stupido che crede ancora in te, coglione-.

Nonostante se l’aspettasse, la violenza con cui il pugno di Tai lo colpì sulla guancia lo lasciò tramortito. Non si fece pregare e gli restituì il favore un attimo dopo.

-Che cazzo stai facendo della tua vita, me lo dici?- gli urlava pugno dopo pugno. Tai, sicuramente reduce da una sbronza, sembrava non rispondere a dovere.- Quando la smetterai di accusarti?-, domandò ancora sbattendolo con la schiena contro il muro.

Tai si toccò la guancia e ritrasse subito le dita per il dolore.

Matt si sentiva la faccia scoppiare e le nocche ardere ancora di più. Rimasero fermi uno di fronte all’altro, ansimando, ascoltando solo i respiri della loro rabbia.

-Va via, Matt-.

Forse fu il modo in cui lo disse, sussurrandolo, che colpì Matt dritto al cuore.

Si girò verso la porta e mentre aveva la mano sulla maniglia si fermò, quasi in procinto di dire qualcosa. Avvertì lo sguardo di Taichi sulla sua nuca ma alla fine uscì senza più voltarsi indietro.

 

 

 

 

Si era defilata dalla sua stessa festa con la scusa di andare in bagno. Era andato tutto bene: le risate, la torta… quest’anno niente desiderio.

Il suo pensiero volava agli assenti, li vedeva negli occhi di tutti, quella sera.

La busta da lettera che aveva trovato nella cassetta quando era rientrata a casa pesava più di qualsiasi pietra e forse sarebbe riuscita a colmare la distanza di uno di loro. Recava l’indirizzo di Kyoto e sapeva che a Kyoto risiedevano solo due persone di sua conoscenza.

E lei non la sentiva da mesi.

Tk diceva che stava migliorando, la sua schiena era ormai quasi completamente guarita, nonostante qualche dolore che ogni tanto tornava a tormentarla. Il problema era il resto.

Si sedette sul bordo della vasca e con dita incerte aprì la busta.

Una foto uscì fuori e Sora la prese al volo prima che toccasse terra.

Sorrise.

Ritraeva lei e Hikari qualche anno prima, si abbracciavano sotto il viale dei sakura** fioriti.

Era un giorno qualunque, ricordava quel momento. Erano usciti tutti e tre a fare una lunga passeggiata, per inaugurare quella stagione così magica. Taichi si era fermato all’improvviso, aveva chiesto a sua sorella di passargli la sua macchinetta e click, aveva scattato. Era una foto così genuina e semplice e allo stesso racchiudeva una parte del suo cuore. Lei e Tai non stavano ancora insieme, in quel periodo. Avevano aspettato così tanto e adesso…

Sora sospirò. Girò la fotografia e riconobbe subito la scrittura di Kari.

 

“Buon compleanno, Sora.

Io sono lì, vicino a te, batto le mani mentre spegni le candeline ed esprimi il tuo desiderio.

Sorridi.

A presto,

Hikari”

 

 

Sorridi.

La sensibilità di Kari non smetteva mai di stupirla, anche a distanza.

Un lieve bussare alla porta la riportò alla realtà di colpo, ma non se ne dispiacque. –Arrivo-.

-Apri Sora-, mormorò Mimi e lei avvertì una nota di agitazione nella sua voce.

La padrona di casa infilò la busta nella tasca e si affrettò ad aprire.

La faccia di Mimi parlava da sola. –Cosa…-

-C’è Tai fuori-, sospirò. Vide la sua migliore amica spalancare gli occhi. – Ha un labbro spaccato e un livido enorme sulla guancia. Molto simile a quello che sta sfoggiando Matt stasera-, aggiunse assottigliando gli occhi.

-Vado… vado di là-, mormorò la festeggiata e Mimi annuì senza aggiungere altro.

Quando aveva visto Tai dietro la porta d’ingresso non credeva ai suoi occhi.

Il primo impulso era stato quello di spingerlo via e di piazzargli uno schiaffo. Solo dopo, quando lui aveva alzato la faccia, aveva notato lo zigomo gonfio.

-Non avvisare nessun altro. Mi mandi Sora? Aspetto qui,- aveva concluso guardandola senza espressione.

E per una volta Mimi Tachikawa restò senza parole.

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Note:

* Mi riferisco al noto incidente della metropolitana di Tokyo.

** I sakura sono ovviamente i bellissimi ciliegi giapponesi che fioriscono verso marzo/aprile.

 
SPAZIO AUTRICE:

Ebbene si, in punta di piedi ma sono tornata.

E’ passato più di un anno dall’ultimo aggiornamento, e dire che non era mia intenzione far passare così tanto tempo è superfluo ormai. In questo anno sono successe tante cose, eventi che mi hanno cambiata non so ancora se in bene o in male, altre cose per fortuna positive si che mi hanno aiutata a risollevarmi poco alla volta. Non voglio stare ad ammorbarvi, perciò io vi chiedo scusa per l’attesa e spero che in qualche modo sia riuscita a farmi perdonare con questo capitolo. Ho voluto dare una parte di rilievo a Joe perché ahimè, l’ho sempre bistrattato nelle mie storie e lo sapete. Lo so, è chiuso sul più bello ma non sono riuscita a trattenermi. La storia credo si concluderà prima del previsto, non voglio tirarla per le lunghe anche se non so dirvi ancora bene in quanti capitoli. Spero di ritrovare tutti voi che mi avete sempre seguita.

A presto!

Sabrina

 

 

 

   
 
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