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Autore: SignoraKing    17/09/2014    2 recensioni
Un’intera nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel mio silenzio
ho scritto
lettere piene d’amore
Non sono mai stato
tanto
attaccato alla vita.
(Veglia - Giuseppe Ungaretti)
[Questa storia partecipa al contest "This is war" di ManuFury]
Genere: Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Oradea era silenziosa, i palazzi erano stati evacuati da tempo e le strade deserte sembravano far parte di un sogno. Il sole stava tramontando e tingeva la città di arancione e rosso, rendendo tutto più irreale.

Sopra alcuni palazzi in periferia si trovavano dei militari intenti a controllare i confini, però niente si muoveva.
Sull’edificio più alto due ragazzi sorridevano lievemente, uno controllava la strada e l’altro gli raccontava barzellette per passare il tempo. Quasi tutti i tiratori cercavano un modo per sentirsi a proprio agio, ma solo loro due ci riuscivano davvero.
«Sai cosa mi diceva sempre mio padre? Prima che morisse intendo.» Sava rise della propria frase, riuscendo però a non fare rumore. L’altro scosse lievemente la testa. «Diceva: “La guerra fa bene finché non sei tu a combattere e finché non sei tu a morire.” Lo ripeteva così tante volte.» Silenzio. Poi un sospiro.
«Ma non si riferiva a questa guerra. No. Lui intendeva quella tra le famiglie. Quella per cui è morto.»
Rimase un po’ in silenzio e poi, come se non avesse detto nulla, parlò di nuovo.
«Qualche giorno prima che morisse mi disse una cosa, una cosa che mi è rimasta impressa. “Il villaggio brucia, la vecchia si pettina.” Mi è rimasta impressa perché non l’avevo capita. L’ho capita solo quando mi sono arruolato. Lo vedi quell’incendio?» Indicò un fuoco dove i serbi poche ore prima avevano buttato le bombe. «Da qualche parte qualcuno lo sa e se ne frega, cerca un modo per uscirne bene e sembrare un eroe. Mentre là qualcun altro muore, perché la vecchia non ha saputo aiutarli. Ogni tanto mi pento di essere qui a combattere, ma non c’è nient’altro che io possa fare per mantenere mia moglie e mio figlio.» Un altro sospiro, tremante, si sentiva ansioso. Sentiva che qualcosa di brutto sarebbe successo. «Ho paura, Iancu.»
Il compagno si voltò di scatto allarmato. «Di cosa?»
«Di non rivederli.»
«Sava, io ti porterò fuori di qui. Tu rivedrai Filip e Ariana. A costo di morire, manterrò la mia parola.» Aveva la voce ferma, ma manteneva un volume basso. Sperò di essere risultato sicuro, perché dentro non lo era.
La radio incominciò a mandare un basso richiamo, Sava la prese e schiacciò un piccolo pulsante, subito una voce metallica attaccò un discorso.
“Gruppo J! I serbi ci hanno attaccati dal vostro lato, dovete subito raggiungere il campo. Siamo in minoranza, abbiamo bisogno di rinforzi. Ci hanno fatto credere che avrebbero fatto un attentato in città, ma stanno bombardando i campi provvisori. Andate subito là.”
La voce si interruppe, ma tutti avevano in testa il messaggio subliminale che c’era nell’ultima frase.
Andate. Lui è al sicuro. Lui è lontano.
Sapevano che stavano andando a morire, ma sapevano anche che poteva essere importante che loro trattenessero i serbi per un po’. Così andarono incontro alla loro morte, consci e sicuri del loro destino.


Angolo della scrittrice

Dato il livello pessimo di questo capitolo non dovrei definirmi tale, ma non importa.

Spero che non vi stiano sanguinando gli occhi e che riusciate a vedere lo schermo per lasciarmi una piccola recensioncina.

   
 
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