Capitolo 2:
Appuntamento
Digito il numero di telefono e aspetto. Sono nervoso. Sono passate due settimane dalla prima volta che ho parlato con Mia. Non ho più parlato con lei da allora. Mi manca.
<< Pronto? >> dice la signora Mari, dall'altra parte del telefono.
<< Pronto? Scusi se la disturbo, signora. Sono Leo. Un amico di sua figlia. >> dico. Forse sono stato un po' troppo formale.
<< Ciao, Leo! Come stai? Mia mi ha raccontato di te. >>.
<< D-davvero? >> mi sfrego la nuca con la mano sinistra, un po' a disagio, un po' lusingato.
<< Si. Sei un bravo ragazzo. >> risponde. << Comunque, come mai mi hai chiamato? >>.
<< Mia mi ha dato il suo numero per contattarla. Lei è in casa al momento? >>.
<< Certo. Cosa vuoi che le chieda? >>.
<< Le può chiedere se è libera Domenica? Vorrei portarla da qualche parte. >> parlare con la madre di Mia mi rende sempre più nervoso. Ma che altro modo avevo di contattarla? Lei non può usare il cellulare...
<< Chiede a che ora vorresti incontrarla. >>.
<< Intorno alle... nove? >> rispondo. Spero che non rifiuti... ho impiegato venti minuti a chiamarla, non riuscivo a trovare il coraggio di premere la cornetta.
<< Dice di no. Lei deve andare in chiesa. >>.
<< C-chiesa? >> me ne ero dimenticato! Io la Domenica non vado mai a messa. Non perché non sia credente, ma perché non sono praticante. Vado giusto a Natale e Pasqua. Certo, non posso dirle questo, farei una brutta impressione! Devo inventarmi qualcosa. << Ah! Giusto! Si, anche io ho vado a messa la Domenica! Si, si, sono credente e amo... andarci... >> Santo cielo! Ma che diavolo sto dicendo?
<< Davvero? Allora che ne diresti di venire con noi? Poi tu e Mia potete andare in giro dopo messa. >>.
Ecco. Mi sono fregato da solo. Ma se il prezzo da pagare per vedere Mia è solo andare a messa... sono disposto a farlo. << Mi farebbe piacere. >> rispondo.
<< Perfetto allora. Ci vediamo alle 8:45 al cortile del palazzo. >>.
<< Va bene. È stato un piacere parlarle, signora. È stata gentilissima. >>.
<< Il piacere è stato mio. >> rispondo, poi riattacco. Rimango a fissare il telefono qualche secondo prima di realizzare veramente ciò che avevo appena ottenuto. Una appuntamento con Mia. Dove avrei conosciuto anche i suoi genitori. Quest'ultima parte mi spaventa un po', ma quando ci sarà Mia al mio fianco, non mi sentirò più spaventato.
<<>>
È Sabato e sono le 8:40. Sono seduto sulla panchina dove solitamente si siede Mia a leggere il pomeriggio. Aspetto impaziente che il viso di Mia compaia insieme a quello dei suoi genitori. Le mani mi sudano e me le asciugo sui pantaloni. Mi sono vestito bene, con una camicia bianca e dei jeans scuri, per fare bella figura. Non voglio certo che i genitori di Amelia mi prendano per un ragazzo... turbolento? Certo, la madre più o meno l'ho convinta, per quanto si possa fare al telefono, ma... ho il terrore di suo padre. Insomma, sarà uno di quei padri: “se sfiori mia figlia anche con mezzo dito te lo taglio”, oppure uno: “bravo ragazzo” poi pacca sulla spalla “continua così e, dopo avermi dato le due capre e le due galline che mi spettano, forse ti darò la mano di mia figlia.”?
Sento dei passi che scendono le scale e mi alzo dalla panchina. Vedo una signora sui quarant'anni che si guarda intorno.
<< Sei tu Leo? >> mi chiede.
<< Si. >> rispondo, e vado verso di lei.
<< Piacere. >> lei mi tende la mano. << Sono la mamma di Mia. >> dice.
<< Piacere di conoscerla, signora. >> rispondo, più cordiale possibile, e le stringo la mano, sperando che le mie non siano troppo sudate. << Amelia dov'è? >>.
<< Adesso arriva. Doveva finire di sistemarsi. >> lei sorride.
<< E suo marito? >>.
<< Oh, beh, lui... non c'è. >> la madre di Mia abbassa lo sguardo.
<< Capisco. Mi dispiace. Ha avuto qualche contrattempo? >>.
<< Si, diciamo così. >>.
Capisco che si sente a disagio e smetto di parlare.
Si sentono di nuovo dei passi scendere le scale.
È lei. È finalmente arrivata. Finisce di scendere le scale e si fa vedere. È più bella che mai. È la prima volta che la vedo senza divisa scolastica. Sembra strano anche a me ma è così.
Indossa un vestito bianco a maniche corte con un cinturino a vita alta, un fiocco tra i capelli ed una piccola borsetta tutti e tre color lilla. Sembra un angelo.
<< Ciao. >> la saluto. Lei si sporge e mi bacia entrambe le guance. Ricambio, ma divento rosso in viso. Lei non sembra accorgersene.
<< A-andiamo? >> azzardo, imbarazzato.
Mia sorride ed annuisce felice. Così ci incamminiamo verso la chiesa.