Venti settembre: mani bucate.
Ho le mani bucate e l’acqua
mi gronda sulle gambe; c’è la
derisione infantile e pubblica
perché quanto traspare non è mai
il tutto, il complesso; viene colta
un’unica sfumatura e spesso gli
occhi ingannano – nulla è come
sembra; e intanto la follia imputridisce
e la memoria cade a pezzi, si sbriciola.
Ingannano anche tutti i sensi, l’empatia è condanna,
e all’improvviso tutto cambia e muta, si distorce:
la luna è viola e buia - sembra inghiottita da
gole oscure e cieche; il cielo livido sanguina
rosso tanto quanto una ferita slabbrata ed
aperta esala l’ultimo respiro; un Cristo in croce
che spira tra le clavicole ossute, tese, e mani nodose.
Aperti sono anche i miei palmi;
e vorrei che qualcuno mi trovasse
e riuscisse a rialzarmi giusto il tempo
necessario per tornare in piedi; però
non credo le sabbie cesseranno di
dilaniarmi i muscoli delle gambe.
Magari verrà la pioggia e trasformerà
in polvere e fango anche me.
Ho le mani bucate e l’acqua
mi gronda addosso - non c’è riparo alcuno
ed il freddo penetra dentro, contundente,
e strappa il respiro dai polmoni in piccoli
e tenui morsi singhiozzanti – angosciosi.
*