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Autore: _LilianRiddle_    26/09/2014    6 recensioni
Eccomi tornata con una nuova storia, dopo tanto tempo. Questa volta mi sono dedicata ad una Dramione, un genere che io amo da morire. E' la prima, siate clementi ^^.
Dal testo:
"- Maledizione! – esclamò, preoccupandosi ancora di più vedendo Luna poco lontano da lui, priva di sensi.
S’inginocchiò accanto al ragazzo, che stava tentando, invano, di alzarsi.
- Fermo Malfoy, fermo. – cercò di trattenerlo Hermione, con le mani tremanti e le lacrime agli occhi, troppo preda delle sue emozioni per riuscire a formulare anche il più semplice degli incantesimi di cura.
Il ragazzo la scacciò malamente, tentando ancora una volta di alzarsi.
- Non ho bisogno del tuo aiuto, Mezzosangue. Ce la faccio da solo. – disse tentando di suonare cattivo e minaccioso, respingendo le sue mani.
- Zitto, Draco, zitto. – sussurrò Hermione. Il ragazzo sussultò sentendo il suo nome pronunciato proprio da lei, proprio da quella che avrebbe dovuto insultarlo e picchiarlo come avevano fatto quei ragazzi. E ne avrebbe avuto tutto il diritto, di questo era sicuro.
- Io non mi sono difeso, Hermione. – bisbigliò lui, prima di svenirle tra le braccia. "
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter, Nuovo personaggio, Ron Weasley, Un po' tutti | Coppie: Draco/Hermione, James/Lily, Lily/Severus
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Saving each other - How to save a life'
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Capitolo XVI.
 

L’aveva trovata inginocchiata nel bagno che sputava sangue. Le era corsa affianco spaventata e l’aveva vista pallida come solo i morti possono essere.
Le aveva preso la fronte, le aveva accarezzato i capelli e l’aveva aiutata a lavarsi. L’aveva asciugata, vestita e messa a letto, come faceva quando da piccola aveva la febbre. Ashling non si reggeva neanche in piedi e continuava a tossire nel suo fazzoletto, che ora era completamente ricoperto di sangue.
Le aveva dato una pozione per farla riposare, le aveva posato un bacio sulla fronte e poi aveva sceso le tante scale che la separavano dal salone in cui i suoi ospiti e suo figlio chiacchieravano tranquillamente. Aveva indossato la sua maschera migliore e aveva annunciato che Ashling si sentiva poco bene e che era andata a riposare. Evitò gli occhi del giovane Paciock, che la scrutavano senza crederle, sospettando che ci fosse qualcosa di più e aveva rassicurato Draco che andava tutto bene. Un po’ ci credeva anche lei che sarebbe andato tutto bene.
Avevano cenato, parlato e lasciato che gli elfi sistemassero la tavola e i piatti. Si era recata in cucina per prendere un po’ di Vino Elfico da offrire, quando si era ritrovata Harry Potter con una pila di piatti in mano.
- Dove li metto, questi, signora Malfoy? –
- Appoggiali lì, Harry. Quante volte ti devo dire di chiamarmi Narcissa? Come mai stai sistemando i piatti? Ci sono gli elfi per questo. –
- Oh, lo so, signora…ehm, Narcissa. Volevo chiederle una cosa in privato, se non sono troppo indiscreto. –
La donna gli fece cenno di andare avanti, continuando a scrutare le bottiglie di Vino Elfico che suo marito amava così tanto.
- Ashling non è solo stanca, vero? Oggi… - il ragazzo preso un respiro profondo. – Oggi pomeriggio l’ho vista tossire sangue, in giardino. Io sono preoccupato. E da come evitava lo sguardo di Neville, penso che sia preoccupata anche lei. –
La donna annuì.
- Non so che cos’abbia Ashling. Anche io ho visto quello che hai visto tu, ma non so come interpretarlo. O forse lo so e non voglio accettare la realtà. – Narcissa sospirò. – Per adesso non preoccupiamoci. Magari non è niente, come ha detto Andromeda. Anche se conoscendola… -
La donna non finì la frase, prese una bottiglia a caso e fece un sorriso tirato ad Harry, che si sistemò gli occhiali e la seguì nel salone dove avevano cenato.
Nessuno era tranquillo, quella sera. Tutti cercavano di non farlo vedere e la maggior parte della compagnia si ritirò nelle loro camere più presto del solito.
Quando anche Andromeda fu andata a dormire, Narcissa tornò nella stanza di Ashling. La ragazza era sveglia e leggeva, ma appena la donna entrò nella camera, chiuse il libro e lo nascose nel cassetto del comodino.
Narcissa si sedette di fianco a lei e la guardò. Era dimagrita molto, da quando l’aveva vista a Natale, ma anche allora le sembrava più magra di quanto ricordasse. Era pallida, un velo di sudore le ricopriva la fronte e i capelli sembravano aver perso la loro lucentezza.
- Ashling, dobbiamo parlare. –
La ragazza distolse lo sguardo.
- Io so che qualcosa non va. Fatti aiutare. Che succede? –
- Non puoi aiutarmi, zia Cissy. Nessuno può, a quanto pare. –
La donna irrigidì la schiena.
- Perché tossisci sangue, Lin? –
- Perché sono malata. –
La donna accusò il colpo senza battere ciglio.
- Penso che questo avrei potuto dirtelo anche io. Che cos’hai? –
- Non lo so di preciso. – la ragazza allungò un braccio e riprese il libro dal cassetto. – Ho i sintomi tipici di quella che i Babbani chiamano Tisi. Stanchezza, febbre, pallore. Perdita di peso e di appetito. Adesso tossisco sangue, tra un po’ lo vomiterò addirittura. Eppure al San Mungo hanno detto che è qualcosa di diverso. Di specifico. –
- Di specifico? In che senso? –
- Nel senso che è una malattia che potrebbe venire solo alle persone come me. Che forse è una malattia derivata dai miei stessi poteri. Dalla mia forza magica. –
Gli occhi della donna si riempirono di lacrime.
- Dimmi che ti hanno detto che c’è un modo per contrastarla. – sussurrò.
La ragazza abbassò gli occhi.
- Ashling, quando avevi intenzione di dircelo, eh?! – la donna la guardò spalancando gli occhi. – Tu non ce lo avresti detto! Non lo avresti detto a me, a Draco, a Neville… non lo avresti detto a nessuno! Saresti morta e basta, all’improvviso, sperando che nessuno collegasse mai i segnali! Dannazione, Ashling! –
Narcissa era passata dai sussurri alle urla. La rabbia aveva fatto cadere la sua composta maschera di Purosangue e aveva mostrato i sentimenti che una donna, una madre doveva provare in una situazione del genere. Il senso di perdita era già forte dentro di lei, aggiungendosi a quello che aveva lasciato Lucius.
- Quanto ti manca, Ashling? –
- Secondo il Medimago che ho consultato, non arriverò ai M.A.G.O –
- Un mese. –
- Forse meno, zia Cissy. –
Una lacrima solitaria sfuggì agli occhi chiari di Narcissa, ma la donna ricostruì come meglio poté la maschera d’indifferenza che l’aveva sempre caratterizzata.
- Dobbiamo dirlo a Draco. –
- No! – esclamò la ragazza. – Ti prego, lascia Draco fuori da tutto questo. È troppo fragile, Lucius è morto da pochi mesi… non può sopportare anche questo. –
- Ashling non puoi lasciarlo fuori da questa cosa. Tu peggiorerai e lui spererà che tutto questo non stia succedendo e che presto migliorerai e guarirai. Spererà. E quando morirai farà male il doppio. Devi spiegargli adesso che non c’è nessuna speranza. Che non c’è mai stata nessuna speranza. –
La voce della donna si era spezzata sull’ultima frase, costringendola a voltare il viso verso la finestra, per non mostrare i sentimenti che la stavano dilaniando.
- Zia Cissy… lui non lo accetterebbe comunque, ci spererebbe in qualunque caso. E poi c’è Hermione, lei saprà curarlo, si prenderà cura di lui in un modo che né io né te potremo mai uguagliare. Fosse anche dargli un po’ di speranza. Dobbiamo fargli vedere che c’è ancora bellezza, se gli dicessimo che sto morendo… - la ragazza scosse la testa. – Non glielo dirò. Non posso fargli anche questo. –
- Prima o poi lo verrà a sapere lo stesso, Ashling. Non credere che non abbia già notato che c’è qualcosa che non va. Hai iniziato a peggiorare molto velocemente, dopo Natale. –
- Dopo che ho perso il controllo sui miei poteri, sai, quando l’hanno picchiato… penso che quello sia stato il fattore scatenante di… tutto questo. –
Le due donne stettero in silenzio per lungo tempo, ognuna persa nei propri pensieri, finché Narcissa non si voltò di nuovo verso la ragazza, lo sguardo un poco più spento.
- Lo hai detto a Neville? –
Ashling abbassò gli occhi.
- Ashling, dimmi che non farai quello che hai intenzione di fare! – esclamò allora Narcissa, esasperata. – Non ci puoi allontanare tutti solo perché stai morendo! Cosa pensi, che così sarà più facile per noi? Pensi che in questo modo soffriremo di meno? Sei una povera illusa, se pensi una cosa del genere. –
- Lo sai che ho sempre combattuto battaglie già perse in partenza. –
- Glielo devi. Almeno a lui devi dire la verità. Gli hai fatto promesse che non potrai mantenere. –
La ragazza spalancò gli occhi, scuri e malinconici, e li puntò in quelli azzurri della donna che le aveva fatto da madre per tutta la sua travagliata adolescenza.
- È proprio per quelle promesse che sarebbe stato meglio che io e lui non ci fossimo mai conosciuti. –
- È proprio per quelle promesse che sarebbe stato meglio che entrambi aveste messo da parte l’orgoglio e la paura e aveste accettato prima l’amore che avreste potuto darvi. –
Detto questo, la donna si alzò, le rimboccò le coperte, le posò un bacio sulla fronte ed uscì dalla stanza, scappando dal destino crudele che continuava a punirla per gli errori che aveva commesso nella sua vita.
 
***
 
Dopo le brevi vacanze di Pasqua, passate per lo più a studiare, i ragazzi tornarono ad Hogwarts stanchi ed agitati e i professori non aiutavano di certo, soprattutto con i M.A.G.O così vicini. E i ragazzi così poco pronti. Beh, tutti tranne Hermione, lei era pronta per i M.A.G.O da anni, ormai. E poi, dopo aver affrontato Voldemort, niente le faceva più paura. O quasi.
Le faceva paura il colore pallido di Ashling e il suo tossire sangue. Aveva fatto qualche ricerca, aveva parlato con lei. Avevano convenuto che dire a Draco della sua malattia non era la cosa giusta. Dentro di sé si era data della codarda, ma non aveva il cuore di dire una cosa del genere ad un ragazzo che pochi mesi prima aveva perso suo padre. Ma Draco era tutt’altro che scemo e aveva iniziato a preoccuparsi. A domandare, pur sapendo che non avrebbe ricevuto risposta. O almeno, che nessuno gli avrebbe detto la verità.
Ma la verità trova sempre il modo di venire fuori e di fare male. Era lunedì e loro avevano due ore di lezioni con Lumacorno. Come sempre, Grifondoro e Serpeverde erano accoppiati. Improvvisamente, Ashling iniziò a tossire e a vomitare sangue dentro al suo calderone. Appena tentò di chiedere a Lumacorno se potesse andare in Infermeria, svenne, pallida come un lenzuolo, troppo debole anche solo per parlare. Draco balzò verso di lei, afferrandola appena prima che la sua testa battesse sul pavimento, la prese tra le braccia ed iniziò a correre verso quell’infermeria che quell’anno l’aveva visto così tante volte da aver ormai perso il conto.
- Madama Pince! – urlò, aprendo con un calcio le porta dell’infermeria.
- Oh, la signorina Lloyd. La stendi qui, per piacere. Sapevo che sarebbe peggiorata velocemente, gliel’avevo detto di non stancarsi troppo. Ovviamente non mi ha dato ascolto… - la donna scosse la testa, muovendo la bacchetta sul corpo della fanciulla, ora addormentata.
- Che cos’ha, Madama Pince? –
La donna lo guardò, accostandogli una sedia.
- È una cosa delicata, signor Malfoy. Se la signorina Lloyd non le ha detto niente, io non posso riferirle nulla, mi dispiace. –
Il ragazzo non provò neanche a ribattere. Non ne aveva la forza. Guardò in tralice la ragazza, mentre una mano si appoggiò sulla sua spalla.
Hermione e gli altri lo avevano raggiunto appena avevano avuto il permesso dal professore. Neville, scuro in viso, si mise di fronte a Draco, dall’altra parte del letto.
- Tu sai che cos’ha? – chiese al biondo Serpeverde.
Draco scosse la testa, parlare gli risultava difficile.
Nessuno fiatò, nessuno si mosse per molti minuti. Madama Chips si affaccendava intorno alla ragazza, ma non mandò via tutti come avrebbe fatto di solito. Come avrebbe fatto se fosse stata una cosa da nulla. Continuava a somministrarle la Rimpolpasangue, nella vaga speranza che servisse qualcosa. Sapeva che non c’era nulla da fare, ma tra i Babbani si raccontava che la speranza è sempre l’ultima a morire.
Hermione guardava Draco, triste. Avrebbe voluto dirglielo prima, ma non ne aveva avuto il coraggio. Sapeva che il ragazzo aveva compreso che la situazione era più grave del previsto e aveva paura di destarlo dai suoi pensieri.
Lentamente Ashling riaprì gli occhi. Li teneva socchiusi, come se la luce che illuminava la stanza fosse troppo forte per i suoi occhi stanchi.
- Cosa… cosa ci fate qui? – domandò guardandosi stancamente intorno.
- Che cos’hai? – chiese Draco.
Ashling girò la testa verso di lui. Non avrebbe voluto dirglielo. Aveva lottato tanto per lui, per farlo stare bene. Lo aveva visto soffrire, gli aveva dato una spalla su cui piangere, su cui appoggiarsi. Era stata la sua migliore amica, era stata la migliore sorella che era riuscita ad essere. Era entrata nella sua vita all’improvviso, una vigilia di Natale. Aveva sempre pensato che se ne sarebbe andata altrettanto all’improvviso. Ma non in questo modo. Non avrebbe mai pensato che un giorno, dopo aver tanto lottato per avere un’esistenza felice, quando tutto sembrava essersi sistemato, avrebbe scoperto di essere malata di una malattia incurabile. Di una malattia pressoché sconosciuta.
Qualcosa dentro di lei l’aveva capito molto prima della sua mente. Aveva letto i segnali, riconosciuto i sintomi. Ma era qualcosa di così esponenzialmente impossibile che non ci aveva creduto. Finché non c’era stato niente da fare, finché non aveva avuto altra scelta che accettare la sua imminente morte.
“Non arriverai ai M.A.G.O, se decidi di non provare una qualche cura sperimentale.” Aveva detto il Medimago a cui si era rivolta.
“Se decidessi di provare una di queste cure sperimentali, potrò guarire?” aveva chiesto lei.
“Non lo sappiamo. C’è una discreta possibilità…”
“Dottore. Non sono una stupida. Quanto resisterei se provassi a curarmi?”
Il Medimago aveva sospirato.
“Sei mesi. Un anno, forse, ma stai peggiorando in fretta a quanto ho capito.”
“Soffrirei?”
“Molto.”
La ragazza aveva abbassato gli occhi.
“Non voglio provare nessuna cura, dottore.”
Il Medimago aveva annuito, abbassando il capo sui moduli da compilare.
Ripensandoci, avrebbe potuto perlomeno provarci. Soffrire, per dare alla sua famiglia e ai suoi amici il tempo di abituarsi all’idea della sua morte. Ma sapeva che sarebbe stata solo una tortura per tutti, male gratuito che nessuno meritava. Nessuno si sarebbe abituato al fatto che lei non ci sarebbe stata più, il dolore sarebbe stato lo stesso comunque.
Non riusciva a sopportare il dolore che leggeva negli occhi di Draco. Ma non osava voltare il capo verso Neville. Sapeva che sarebbe stato troppo difficile dire quello che doveva dire guardando Neville.
Così volse i suoi occhi al soffitto e sussurrò:
- Tisi. Morirò, Draco. –
L’ultima cosa che sentì prima di riaddormentarsi fu una sedia caduta e una porta che sbatteva.
 










Note dell'Autrice:
Buonsalve, lettrici di EFP!
Sono abbastanza stupita da me stessa, considerata la velocità disarmante con cui ho postato il nuovo capitolo (insomma, potrebbe sembrare un tempo comunque lungo, ma considerati i miei tempi ho battuto ogni record!)
Che dire, è più breve rispetto agli altri, ma conoscendomi, non volevo caricare troppo la mano, perché, insomma, è una capitolo piuttosto pesante.
E a proposito di questo, la lunga fila di assassini e cecchini che troverò fuori dalla porta domani mattina non fermerà il mio sadismo in alcun modo :33
Spero che vi piaccia, davvero!
A presto, carissime/i
Un bacio,
Lilian.
  
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