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Autore: Hiraedd    04/10/2014    6 recensioni
A volte capita che il Capitano Grifondoro si ritrovi tra le mani uno strano enigma chiamato Dorcas Meadowes, che in sei anni gli ha rivolto la parola tre volte al massimo, tutte nel giro dell’ultima settimana.
Può anche capitare che un Serpeverde solitario e innocuo inciampi in una maschera che non nasconde solo un volto, ma un mondo intero. Perchè Benjamin odia Caradoc Dearborn, sia chiaro, e quegli occhi dorati non gli fanno alcun effetto. Forse.
Oppure può succedere che il Caposcuola sia innamorato da anni della sorellina del proprio migliore amico, che ha perso la testa per un Auror di stanza in Polonia, e abbia una fottuta paura che Edgar lo scopra e lo torturi perché no, quelli che fa verso Amelia sono tutto fuorché casti pensieri d’amicizia.
Per fortuna, però, che c’è Hestia Jones, deputato diario segreto degli studenti del settimo anno, che tutto osserva nonostante, a conti fatti, non distolga nemmeno per un secondo lo sguardo dal suo adorato fidanzato, il Prefetto Sturgis Podmore.
*
Siamo ad Hogwarts, è l’autunno 1969 e la guerra è già più vicina di quanto non sembri.
*
Altri personaggi: Gideon Prewett, Kingsley Shacklebolt, Sturgis Podmore, Amelia e Edgar Bones.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Benjy Fenwick, Caradoc Dearborn, Dorcas Meadowes, Fabian Prewett, Hestia Jones
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'oltre il fuoco comincia l'amore'
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CAPITOLO 17
 

 
 
<< E fu così che rimasero in tre. La gita ad Hogsmeade più triste della storia >> sbuffò Caradoc Dearborn appoggiandosi allo scaffale dei lecca lecca di Mielandia con aria affranta.
 
<< Sai, Dearborn, non è che la cosa entusiasmi nemmeno noi, a dire la verità >>.
 
Fabian Prewett, forse addirittura più triste del compagno, tuffò le mani nel contenitore delle Cioccorane, prendendone una manciata e aggiungendola al cestello delle compere.
 
<< Già, Docco! Cerca di metterti nei panni di Fabian >> esclamò in risposta un allegro Edgar Bones << Bidonato dalla Meadowes. Il che, mi fa pensare, mi rende l’unico della nostra odierna compagnia a non aver mai chiesto a Dorcas di uscire >>.
 
<< Io non sono stato bidonato da nessuno >>.
 
Lo sguardo che Bones rivolse al Grifondoro mentre si dirigeva alla cassa per pagare sapeva di tenerezza e compassione.
 
<< Tranquillo, Caradoc ti capisce. Secondo me in questo rigetto di Dorcas ad accettare gli inviti ad uscire c’entra Fenwick. Insomma, anche se quei due si ostinano a negare, secondo me non ce la raccontano giusta! Stanno sempre insieme, e poi… >>.
 
Prewett, con un sorrisetto ringalluzzito ben stampato sul volto, interruppe le vuote ciance dell’amico per indicare qualcosa oltre la vicina vetrata.
 
<< Beh, non so la Meadowes, ma Fenwick a quanto pare parlava seriamente quando diceva che tra lui e Dorcas non c’è niente >>.
 
<< Cosa…? Non ci credo! >>.
 
Lo stupore espresso da Edgar dovette essere talmente marcato nel tono da incuriosire perfino Dearborn, impegnato com’era a giocherellare con gli scarafaggi di liquirizia  in una ciotola vicino al bancone.
 
Il ragazzo, infatti, aggrottando la fronte distolse l’attenzione dagli animaletti di caramella puntandolo sullo scorcio di strada visibile oltre il vetro.
 
<< Credo che questo faccia di Fenwick il nuovo Caradoc Dearborn di Hogwarts >>.
 
La contestazione, espressa da uno sbalordito Fabian Prewett, attirò l’attenzione di tutti gli studenti assiepati attorno al bancone di Mielandia. Fra quelli in attesa di pagare e quelli intenti a scegliere la merce, si potevano contare almeno una quindicina di persone con lo sguardo ora puntato oltre il vetro.
 
<< Che cosa avete tutti da guardare? Fatevi gli affari vostri! >>.
 
All’abbaio prepotente di Dearborn tutti tornarono alle proprie compere, senza potersi impedire però qualche occhiata curiosa alla coppia oltre il vetro.
 
Fenwick sembrava quasi un normale ragazzo di sedici anni con quel sorriso amichevole stampato in volto e un braccio a sorreggere la mano di Cinthia Rosier.
 
<< Ecco perché due o tre sere fa lei lo ha baciato! >> mormorò Bones rifilando una non troppo gentile gomitata a Caradoc.
 
<< Avete visto la Rosier e Fenwick baciarsi e non avete detto niente? >>.
 
Dearborn arricciò le labbra in una strana smorfia poco gentile, senza distogliere lo sguardo dal vetro.
 
<< Non si stavano baciando! >>.
 
 
*
 
 
Lei sorrideva inclinando il capo verso di lui, che le tendeva il braccio conversando con disinvoltura. Il delicato sorriso che incurvava a lei le labbra arrivava perfino a farle brillare gli occhi, un luccichio ravvivato dal colore roseo delle guance.
 
Sembravano proprio una coppia d’altri tempi, quei due.
 
Edgar lo pensò sul serio, guardandoli.
 
<< Sono proprio una bella coppia, insieme >>.
 
Lo schiocco di una lingua Corvonero, accanto a lui, lo face voltare incuriosito. Caradoc aveva, dipinta negli occhi, una strana espressione che lui non gli aveva mai vista addosso.
 
<< Cos’è, sei geloso? >> lo canzonò ridacchiando << Non eri tu quello che non si sarebbe avvicinato alla Rosier nemmeno armato di Bacchetta di Sambuco? >>.
 
Per la prima volta da che era cominciata la sua amicizia con Dearborn, Edgar ebbe quasi l’impressione di averlo colto di sorpresa. Fu una fugace espressione che gli passò sul viso, una volta che Bones ebbe finito di prenderlo garbatamente in giro, a mettere il Tassorosso in allarme. Un istante, e di nuovo il bel volto del Corvonero era tornato insondabile, al punto che il ragazzo si chiese se non se lo fosse solo immaginato.
 
<< E continuo a sostenerlo, se è per questo. Solo un pazzo si avvicinerebbe volontariamente a Cinthia Rosier… >>.
 
<< Scusate, tornando alla questione del bacio >> si intromise Prewett senza staccare lo sguardo dalla coppia felice << li avete colti sul fatto? Quando? >>.
 
Caradoc Dearborn mise su una smorfia schifata.
 
<< Per Salazar, Fab, da quando sei diventato una vecchia pettegola? >>.
 
Stranito, il Grifondoro abbandonò per un attimo con lo sguardo la coppia oltre il vetro. Caradoc aveva parlato con un tono acido che poco gli si addiceva. Dall’occhiata guardinga che scambiò con Edgar capì di non essere l’unico sorpreso dalla reazione dell’amico. Stampandosi in volto un sorriso sornione batté a Caradoc una pacca giocosa sulla spalla.
 
<< Stai tranquillo, Fenwick ti ha solo battuto sul tempo. Ci sono tante altre belle ragazze a Hogwarts, molto più simpatiche di Cinthia. E comunque, quando Fenwick capirà con che razza di vipera ha a che fare sicuramente cambierà idea e… >>.
 
Prewett si accorse solo in un secondo momento del fatto che ad ascoltarlo fosse rimasto soltanto Bones. Caradoc, nuovamente disinvolto, aveva voltato le spalle alla vetrata e si era avvicinato alla cassa per pagare. Edgar approfittò della distanza tra loro e il Corvonero per rivolgere un cenno del mento a Fabian.
 
<< Non capisco perché si ostini a negare questo interesse per la Rosier. Ultimamente reagisce così male che è evidente in modo quasi imbarazzante >>.
 
 
*
 
 
<< Posso aiutarvi, ragazzi? >>.
 
La voce gentile dell’unico commesso del negozietto di Statchy and Sons, a Hogsmeade, li accolse non appena i due si richiusero la porta della bottega alle spalle.
 
Benjamin vide Cinthia, accanto a sé, lanciare uno sguardo di sufficienza sulla merce esposta. La osservò arricciare il naso e poi ricomporsi, rivolgendo la propria attenzione al ragazzo che aveva loro rivolto la parola.
 
<< Stiamo cercando qualcosa da regalare ad una ragazza per il suo ventiquattresimo compleanno >>.
 
Il commesso, un ragazzo dai capelli rossi e la pelle lentigginosa che non doveva avere più di venticinque anni, annuì con un atteggiamento esuberante ed entusiasta che da solo bastò a far quasi saltare i nervi a Benjamin.
 
<< Avete preferenze sul tipo di indumento da regalarle? >>.
 
Fenwick rifletté per qualche attimo ma, prima che potesse aprire bocca, la sua accompagnatrice intervenne.
 
<< Benjamin preferisce regalarle qualcosa di utile, ha detto. Quindi un mantello, suppongo. Oppure qualche accessorio tipo sciarpe o manicotti. Escluderei le vesti, per il momento, e opterei per qualcosa di elegante e di buona fattura, tessuto ricco ma non sfarzoso, niente di pacchiano con strass o colori imbarazzanti quale il rosa intenso o il verde oliva. Grazie >>.
 
La ragazza aveva parlato nel tono disinvolto e fermo di chi è abituato a dare ordini, iniziando nel frattempo a guardare con più attenzione alcuni abiti esposti all’interno del negozietto. Era davvero piccolo, formato dall’ingresso e da una sala grande la metà della capanna di Hagrid, e dalle occhiate che Cinthia stava rivolgendo alla merce Benjamin riuscì a intuirne la scarsa qualità.
 
Era per quello che, quando giorni prima Dorcas gli aveva annunciato di essere impegnata per il sabato e che quindi non avrebbe potuto accompagnarlo a comprare il regalo di Jodie, lui aveva chiesto all’unica altra persona di Hogwarts che pensava di poter sopportare, di accompagnarlo nell’uscita per essere aiutato con l’arduo compito.
 
Di regali per donne non si intendeva minimamente e non aveva voglia di sopportare il broncio offeso di sua sorella quando sarebbe stato a casa per Natale. Cinthia gli era parsa quindi la scelta migliore.
 
Cinthia Rosier era vista dalla maggior parte dei ragazzi di Hogwarts come una bellissima ma velenosissima ragazza, punto di vista, il secondo, che Benjamin non condivideva totalmente. Certo, Cinthia di rado concedeva qualcosa di più che un sorriso gelido e una frase tagliente, eppure con lui era sempre stata gentile. Aveva pure sentito mormorare da Alecto Carrow –miglior amica della Rosier- voci riguardanti una possibile cotta e lui stesso.
 
Quando aveva proposto quell’uscita a Cinthia lo aveva fatto senza altre intenzioni oltre quella di trovare un regalo per sua sorella. D’altronde, era cosa universalmente nota che le donne amassero, in linea generale, fare compere.
 
Aveva posto una sola condizione all’acquisto del regalo: doveva essere qualcosa di utile, che sua sorella potesse usare anche nei lunghi periodi di ricerca di campo che svolgeva con la squadra in giro per il mondo. E dal momento che in quel periodo Jodie stava eseguendo le sue ricerche in Siberia, cosa di meglio di un mantello o una sciarpa?
 
Quando le aveva espresso le sue ragioni, Cinthia aveva arricciato le labbra poco contenta, ma aveva annuito e insieme si erano diretti in quel negozietto.
 
Cominciava a chiedersi, dopo solo un’ora dall’inizio dell’uscita, se fosse stata una buona idea chiedere a Cinthia di accompagnarlo.
 
<< Benedetto Salazar, hanno delle chincaglierie davvero orribili qui dentro! >>.
 
Il commento della ragazza riportò i pensieri di Benjamin al negozio, dove Cinthia si stava aggirando con sguardo sempre più disgustato tra una stampella e un manichino. Il commesso, probabilmente spinto dalle richieste della Serpeverde alla ricerca di qualcosa di meglio, era scomparso nel magazzino adiacente alla sala, lasciandoli soli nell’angusto spazio.
 
<< Sono così pessimi? >>.
 
Dallo sguardo condiscendente che si vide rivolgere, Benjamin seppe di aver mostrato tutto il suo poco gusto con un solo commento.
 
Vide Cinthia affondare la mano all’interno di una grossa cesta di vimini piena di quelle che sembravano marionette. In realtà quelle marionette erano guanti, e lo si evinceva unicamente dal cartello appeso al cesto che recitava “guanti famosi a soli cinque falci l’uno. Forma la tua coppia”. La ragazza ne prese uno sollevandolo ad altezza occhi per poterlo meglio osservare.
 
<< Bontà del cielo, questa dovrebbe essere Priscilla Corvonero in tutta la sua proverbiale bellezza? Che cosa rozza. E poi toccalo, questa è lana scadente. Non ci infilerei una mano dentro nemmeno se pagassero in galeoni il mio peso! >>
 
A lui non sembravano così male. Però, lui di cose del genere non si intendeva per niente.
 
<< Vedo che ha notato i nostri guanti famosi! >> esclamò il commesso di ritorno dal magazzino, le braccia ingombre di merce e un sorriso divertito sul volto << Sono molto simpatici, non è vero? Vanno a ruba tra i ragazzini di Hogwarts, i più piccoli. Ci sono anche diversi professori di Hogwarts, il Preside, il Ministro della Magia e alcuni giocatori di Quidditch >>.
 
Con una smorfia chiaramente schifata Cinthia lasciò ricadere il guanto che teneva in mano nella cesta, evitando poi di dire alcunché.
 
<< Dunque, abbiamo queste sciarpe di lana intrecciata molto calde in diverse tonalità pastello, guanti a diversa lunghezza in camoscio e manicotti di pelliccia d’ermellino. In pendant con questo manicotto abbiamo anche il mantello, di velluto nero bordato anch’esso di pelliccia e… >>
 
Il campanello posto all’ingresso per segnalare l’entrata di nuovi clienti trillò deciso, costringendo il commesso e i due ragazzi a voltarsi verso la porta.
 
Benjamin non era mai stato più contento di vedere Prewett, Bones e Dearborn in vita sua.
 
 
*
 
 
<< Già che siamo qui vorrei entrare un attimo da Stratchy and Sons. Mi serve un nuovo paio di guanti, visto che il gatto di Peter mi ha mangiato quelli vecchi>>.
 
Edgar puntò deciso verso il negozio nominato, trascinandosi dietro Fabian Prewett per l’angolo del mantello. Caradoc, sovrappensiero, li seguì stranamente docile.
 
<< Il gatto di Peter Callaghan? È quello brutto con le zampe corte, vero? >>.
 
Bones aprì la porta del negozio con un sorrisetto saputo in volto, annuendo.
 
<< Fenwick, Rosier! Anche voi qui? >>.
 
Benjamin Fenwick, di poche parole come sempre, li salutò con un cenno del capo; la ragazza, imperturbabile, rivolse ai tre nuovi arrivati un lungo sguardo e, senza degnarli di una maggiore considerazione, tornò a rivolgersi al commesso del negozio.
 
La bottega non era molto grande ma tutto sommato dignitosa, decise Fabian.
 
Allungò una mano per raggiungere il mantello di velluto che vestiva il primo manichino sulla destra, e per un attimo ne godette il contatto. Poi, temendo di rovinarlo, si allontanò di nuovo.
 
Un giorno avrebbe potuto permettersi un mantello come quello. Lo avrebbe regalato a Molly, perchè con quel colore così scuro non avrebbe stonato con i suoi capelli e le avrebbe anzi fatto risaltare gli occhi.
 
All’improvviso la sua attenzione e quella dei suoi compari, anch’essi impegnati a guardarsi attorno, venne attratta dallo sbuffo spazientito di Cinthia
 
<< Ah, non puoi regalare a tua sorella uno scialle di lana così scadente, Benjamin! >> sbottò strattonando appena un ampio scialle azzurro senza particolari fronzoli.
 
<< Il commesso ha detto che è Cachemire, non credo sia così scadente >>.
 
Il secondo sbuffo di Cinthia proruppe addirittura più forte del primo.
 
<< Costa solo sette galeoni, a tua sorella dovresti fare un regalo più prezioso. Se regalassero a me una cosa del genere probabilmente la brucerei. Mi sorprende, per questo prezzo, che questa lana non puzzi ancora di pecora >>.
 
L’uscita infelice della ragazza venne incassata in modo magistrale dal commesso, che non perse il sorriso nemmeno quando lei lasciò cadere su uno degli scaffali lo scialle senza ripiegarlo, come schifata.
 
<< Mi faccia sentire se almeno la pelliccia di quel manicotto è sufficientemente morbida… come credevo, grezza come fosse fatta di setole di maiale, infatti! Non è vero, Benjamin? >>.
 
Cercando di far buon viso a cattivo gioco, il commesso le porse l’ennesimo articolo, un mantello.
 
Mentre la ragazza saggiava con mani decise la morbidezza del velluto Fabian notò che l’acidità di Cinthia pareva mettere in imbarazzo il suo accompagnatore. Non aveva mai visto Fenwick in imbarazzo, anche se a voler essere proprio onesti non è che lo avesse guardato molto nei cinque anni precedenti.
 
<< Siete alla ricerca di un regalo per tua sorella, Benjy? >>.
 
Edgar, che doveva essersi accorto parimenti del disagio in cui versava il ragazzo, doveva aver deciso di impicciarsi negli affari dei due Serpeverde per provare a smuovere la tensione palpabile nel negozio.
 
Bones aveva sempre avuto buon cuore, d’altronde.
 
Fabian no; d’altronde era stato Fenwick stesso a decidere di uscire con la Rosier, il cui orribile carattere non era certo cosa tenuta nascosta.
 
Se esci con una vipera non puoi certo sorprenderti se inizia a mordere.
 
Fenwick sembrò improvvisamente molto sollevato del fatto che qualcuno che non fosse Cinthia gli avesse rivolto la parola. Fu celere quindi a rispondere.
 
<< Martedì è il suo compleanno, si >>.
 
<< E quanti anni compie? È più grande di noi, giusto? >>.
 
<< Ne compie ventiquattro, Bones, è stata Prefetto Serpeverde durante il nostro primo anno >> si intromise Cinthia annuendo in direzione del commesso porgendogli indietro il mantello << Questo può andare. Non è il miglior velluto che mi sia capitato di vedere in vita mia ma a quanto pare qui dentro bisogna accontentarsi >>.
 
Caradoc, che da quando avevano lasciato Hogwarts aveva si e no biascicato un paio di frasi, al commento scettico della ragazza arricciò le labbra.
 
<< Quello è un ottimo velluto, dovresti smettere di parlare con il solo scopo di dare aria alla bocca, Rosier >>.
 
Fabian e Edgar non poterono fare a meno di lasciarsi sopraffare dallo stupore. Non accadeva spesso che Dearborn si rivolgesse a qualcuno con un tono così tagliente, non il vanesio e sciocco Caradoc Dearborn che a Hogwarts tutti conoscevano.
 
<< Il corvo che fa notare al merlo quanto è nero >> ribattè sullo stesso tono la ragazza, guardandolo negli occhi con aria perfida.
 
Il Dearborn parve non sentire neanche la provocazione, poiché diede le spalle a tutti e si concentrò su una cesta piena di quelle che a Fabian, ad un primo sguardo, parvero marionette. Erano guanti, in realtà, lo diceva un cartello appeso alla cesta con su scritto “guanti famosi a soli cinque falci l’uno. Forma la tua coppia”.
 
<< Sai >> le si rivolse il ragazzo selezionando accuratamente due marionette e tornando a voltarsi << Non potevi scegliere un regalo più banale di quel pezzo di velluto >>.
 
<< Non capisco, Dearborn. Prima mi rimproveri per la mia obiezione sulla qualità del tessuto e poi mi dici che comunque è orribile? Non si direbbe tu sia di gusti così complicati >>.
 
Caradoc scrollò le spalle, porgendo al commesso i guanti da lui scelti e una manciata di monete.
 
<< Non ho detto che non mi piace il mantello, ho detto che il regalo è banale. Quando ricevo qualcosa in regalo mi piace pensare che chi me lo ha regalato abbia pensato innanzitutto a me, prima che a se stesso e ai soldi che poteva spendere. Quando si dice “basta il pensiero”… per quanto riguarda i miei gusti, invece, qualcosa di oggettivamente bello non è detto debba piacere per forza >> mormorò guardando la ragazza e inclinando il capo, come ad ispezionarla attentamente << Ti posso assicurare, anzi, che anche la bellezza può stomacare >>.
 
Il commesso e gli altri presenti assistevano alla discussione come fossero ad una partita di Quidditch. La pluffa passava da una parte all’altra indecisa su quale fosse l’anello giusto in cui segnare il punto.
 
Prewett non aveva mai visto il proprio amico così preso da una discussione. Caradoc sprecava di rado il proprio tempo per discutere con qualcuno, eppure lì la situazione era diversa.
 
Sembrava quasi una sfida.
 
Quasi volesse mettere un maledetto punto da qualche parte per affossare la Rosier. Strano. Nei mesi e negli anni precedenti Caradoc non aveva mai dimostrato di essere infatuato della Rosier, ma nemmeno di non sopportarla.
 
Cinthia parve incassare con eleganza l’ultimo commento. Sorrise beffarda all’indirizzo dell’acquisto di Caradoc.
 
<< Hai davvero comprato quegli orribili mostriciattoli? Più che guanti sembrano calzini spaiati. Chi dovrebbero rappresentare? >>.
 
Infilando i guanti nelle mani Dearborn li mostrò alla ragazza.
 
<< Ovviamente sono Silente e la McGrannitt, chi ti sembrano? Ho sempre tifato per loro… >>
 
<< Benedetto Salazar, tu regaleresti davvero una tale oscenità a un tuo parente? >>.
 
Non erano così brutti, anzi. Fabian Prewett sorrise appena guardando il cappello da strega della marionetta McGrannitt stare ritto sulla punta delle dita del suo amico. In attesa di poter regalare un mantello lussuoso a Molly, per Natale avrebbe potuto regalarle una coppia di quei guanti.
 
<< Mi parrebbe un regalo più mirato e meno banale del mantello >> annuì Caradoc osservando tutto soddisfatto i suoi guanti << Forse potrebbero essere adatti alla Jodie che mi ha descritto Benjamin tempo fa >>.
 
Fenwick, muto spettatore del battibecco tra i due contendenti, aggirò Jodie e il commesso per prendere uno dei guanti dalla cesta e rimirarlo. Era rimasto sorpreso, si vedeva, dalla svolta presa dagli eventi. Eppure non parevano dispiacergli, anzi, tutt’altro. Non aveva quella luce di interesse negli occhi, poco prima, quando aveva visto il mantello.
 
Cinthia si irrigidì ulteriormente vedendo il proprio accompagnatore non fare quasi più caso a lei. Caradoc la guardò in volto sfacciato.
 
<< Si, decisamente le regalerei questi >>
 
<< Per fortuna per Jodie non riceverà niente di così orribile. Il suo regalo non è un problema che ti riguardi. Si vede che sei proprio negato ad occuparti di cose simili. Hai già ampiamente dimostrato di essere totalmente incapace di prenderti cura di un fratello, non è vero, Caradoc? >>.
 
Prewett vide distintamente le mani di Caradoc uscire dai guanti e correre verso la tasca in cui teneva la bacchetta. Per fortuna Edgar, più sveglio di lui o forse più lungimirante, sembrava pronto.
 
Bones afferrò Dearborn per una spalla con una mossa gentile ma ferma. Pareva calmo, Edgar, ma quando puntò il suo sguardo su Cinthia non aveva proprio nulla del gentile Tassorosso che era abitualmente. Caradoc deglutì un paio di volte, si scrollò via dalla spalla la mano dell’amico e uscì velocemente dal negozio.
 


 
******
 


 
Quando quello stupido Club dei Duellanti era stato messo in piedi, Benjamin aveva maledetto diverse volte il nome di ogni singolo membro della Patria dei Bellocci.
 
Riunione dopo riunione il Serpeverde aveva avuto però modo, se non di ricredersi completamente, di ammettere per lo meno a se stesso gli effetti positivi che quegli incontri avevano su Dorcas.
 
Quando alla fine di giugno era capitato quel che era capitato al padre di Dorcas, uno dei più grandi timori di Benjamin era stato quello di vedere la propria migliore amica ritrarsi ancor più lontana dal mondo, isolata nella propria ancor più serrata solitudine.
 
Fenwick era rimasto piacevolmente stupito, quindi, dal fatto che nei due mesi trascorsi dall’inizio della scuola Dorcas fosse riuscita a fare ciò in cui aveva mancato in cinque anni di scuola ad Hogwarts: instaurare legami di pur debole complicità con altre persone oltre a lui. In altre parole, fare amicizia e socializzare.
 
Quel giovedì sera, guardando Dorcas impegnata in una fitta conversazione con il Caposcuola Grifondoro, Benjamin Fenwick dovette definitivamente ammettere di aver peccato di superficialità giudicando il Club dei Duellanti come un semplice capriccio di Podmore, Shacklebolt e compagnia cantante.
 
<< Se non lo avessi visto con i miei occhi non ci avrei creduto, ma a quanto pare stai sorridendo vedendo Kingsley parlare con Dorcas. Pensavo non ti facesse piacere saperla amica della… come è che la chiami? La Patria dei Bellini? >>.
 
Il Serpeverde sobbalzò quando una voce gentile si intrufolò tra i suoi pensieri. Voltandosi incontrò con lo sguardo il volto di Amelia Bones.
 
<< Credevo non ti piacessero Kingsley e gli altri >> puntualizzò la ragazza quando Benjamin non diede segno di voler rispondere alla prima domanda.
 
Tutto quello che ottenne fu un secondo sguardo da parte del giovane, che riportò l’attenzione sulla Meadowes.
 
Tuttavia Amelia pareva proprio aver voglia di conversare, poiché non si diede per vinta.
 
<< Cinthia Rosier ti ha lanciato diverse occhiate di fuoco, stasera, te ne sei accorto? No, non il fuoco della lussuria; quello dell’ira, piuttosto. Peccato, mi eravate sembrati una bella coppia >>.
 
<< Mai stati una coppia >>.
 
Il tono indolente fece sorridere la Tassorosso, con l’atteggiamento di un gatto davanti ad un topolino.
 
<< Tutto quel camminare a braccetto per Hogsmeade, ridacchiando come due innamorati, facendo morire verdi di invidia metà dei ragazzi di Hogwarts che avrebbero voluto essere al tuo posto dice il contrario! >>
 
<< Sei stata gentile a far intendere sottilmente, senza tuttavia dirlo chiaramente, che mentre tutti i ragazzi mi invidiavano per essere a braccetto con lei nessuna ragazza invidiava lei per avere me accanto >>.
 
Il sorriso di Amelia si arricchì di una sfumatura sorniona.
 
<< Andiamo, Fenwick! Sai benissimo di avere un carattere orribile senza che te lo dica io. Come, per altro, sai benissimo che a Hogwarts chiunque ti trova inquietante >>.
 
In segno di ironica riconoscenza Benjamin chinò lievemente il capo.
 
<< Comunque devi averla davvero fatta grossa per indisporre in quel modo Cinthia. Di solito reagisce come una regina dei ghiacci. L’ultima volta che l’ho vista tanto arrabbiata Pix le aveva rovesciato in testa tre boccette di inchiostro per scherzo >>.
 
Il ragazzo cercò con lo sguardo Cinthia Rosier nella sala, ma prevedibilmente doveva essersene andata velocemente quando, pochi minuti prima, la riunione era stata sciolta. Gli aveva parlato di quanto detestasse la confusione giusto il sabato precedente mentre insieme si incamminavano per Hogsmeade.
 
<< Ha fatto tutto da sola >> chiuse la questione monotono, riportando lo sguardo su Amelia.
 
La ragazza sospirò.
 
<< Ad ogni modo torniamo al discorso di prima. Sembri giudicare positivamente il fatto che Dorcas si stia inserendo nel gruppo dei Bellini >>.
 
Un sorriso divertito dispiegò le labbra del Serpeverde.
 
<< Patria dei Bellocci, Bones. Se tu e Dorcas volete ridere alle mie spalle, curatevi almeno di farlo in modo appropriato. Non vedo comunque perché non dovrebbe farmi piacere vederla fare amicizia con voi. Se lei è felice a me va bene >>.
 
Il sorriso sornione che Amelia aveva adagiato sulle labbra mutò in un atteggiamento serio che nell’immaginario di Fenwick poco si adeguava alla spensierata ragazza Tassorosso. Il cambiamento fu repentino e Benjamin le rivolse ancora una lunga occhiata prima si seguire con gli occhi la direzione del suo sguardo.
 
<< Dorcas è una strega brillante e un’ottima persona. Mi sono pentita di non essermi avvicinata prima a lei >> la sentì mormorare. Dopo un attimo di silenzio riprese il suo atteggiamento malizioso << Comunque era davvero scocciata che tu andassi a Hogsmeade con Cinthia, sai? Non so dirti se abbia funzionato come mossa per farla ingelosire, ma… >>.
 
<< Di che diamine stai parlando, Bones? Per quale motivo dovrei fare ingelosire Dorcas? >>.
 
Sentì Amelia osservarlo intensamente, ma la sua attenzione venne velocemente attratta da qualcun altro.
 
<< Circola la voce secondo la quale tu e Dorcas avreste… >>
 
<< La maggior parte delle volte le voci non sono altro che voci, Bones >> la interruppe distrattamente << Adesso sono stanco e voglio andare a dormire >>.
La ragazza sembrò sorpresa dal suo comportamento.
 
<< Ma non stavi aspettando Dorcas? >> domandò perplessa, indicando la Corvonero ancora impegnata in una conversazione con Kingsley. Benjamin, che aveva già iniziato a muoversi in direzione della porta, si voltò disinvolto.
 
<< E per quale motivo dovrei aspettarla? Sa arrivarci da sola fino alla torre. Buonanotte, Bones >>.
 
 
*
 

Il giovedì era davvero una giornata terribile, per lo meno nella settimana standard di Caradoc Dearborn.
 
La mattinata iniziava con due ore di Erbologia seguite da due Incantesimi mentre le lezioni del pomeriggio continuavano con Aritmanzia e, per finire con qualcosa di molto leggero, Rune Antiche. Normalmente, finite le lezioni e prima di cena, avrebbe potuto schiarirsi la mente da tutto quello studio volando nell’allenamento della squadra di Quidditch, ma a causa delle lamentele di suo padre quell’appuntamento era saltato. Per rimpiazzare quell’ora buca in cui avrebbe potuto semplicemente stendersi sul letto a guardare il soffitto, Hestia aveva insistito sui benefici dello studio in biblioteca per completare i compiti della giornata.
 
A cena, quella sera, era entrato in Sala Grande praticamente strisciando sui gomiti.
 
<< Dearborn, aspetta >>.
 
<< Fottuto Salazar >>.
 
Quando era stanco, aveva scoperto di recente, diventava scurrile. E visto che a chiamarlo era Benjamin Fenwick –a giudicare dal tono monotono- sentiva di avere tutto il diritto di imprecare a suo piacimento.
 
<< Ho detto aspetta, Dear… >>.
 
<< Ti ho sentito, Fenwick! >>  brontolò continuando a camminare e sperando di poterlo seminare << Ma sono stanco, ho avuto una giornata pesante a coronare una settimana ancora più pesante e il coprifuoco ormai è passato. Qualunque cosa tu debba dirmi, sono abbastanza sicuro che possa aspettare domani >>.
 
C’era soltanto una cosa che poteva collegare lui a Benjamin Fenwick, e cioè quello che era successo ad Hogsmeade il sabato precedente tra lui e Cinthia.
 
Non aveva voglia di parlare di quello. Non con Fabian, o Edgar, o Sturgis. Con nessuno. E soprattutto, non con Fenwick.
 
<< Potrebbe, immagino, ma non… Oh, maledizione, Caradoc fermati! >>.
 
Si fermò.
 
Qualunque cosa spingesse Fenwick a sbraitare in un corridoio di notte, imprecando e chiamandolo per nome forse valeva la pena di essere ascoltata.
 
<< Che c’è? >>.
 
Quando si voltò notò che Fenwick aveva avuto il buongusto di mostrarsi vagamente imbarazzato.
 
Il percorso verso la torre di Corvonero li aveva portati in un corridoio meno buio del resto della scuola, schiarito dalla luce della luna che penetrava da una delle vetrate.
 
<< Volevo chiederti scusa per quello che è successo da Stratchy and Sons, Sabato. Cinthia si è mostrata gratuitamente cattiva e… >>
 
A Caradoc venne da ridere. Istericamente, di quelle risate che sanno a metà di lacrime e a metà di pazzia. Era per questo che non aveva voluto parlarne con nessuno.
 
<< Punto primo, non capisco perché ti stai scusando, dal momento che qualsiasi cosa sia stata detta tra me e Cinthia tu non hai praticamente aperto bocca. In secondo luogo, davvero ti stupisce che la Rosier sia stata… come hai detto? Gratuitamente cattiva? Credo sia la cosa che le riesce meglio dopo spellare cuccioli di foca vivi per trarne pellicce. Non mi stupisce, la cosa, e ti posso assicurare che sentirla parlare così non mi ha sorpreso. Punto terzo, complimenti per la celerità con cui mi vieni a chiedere scusa al posto della tua sposina, proprio come si addice ad un perfetto gentiluomo purosangue. Felicitazioni per il lieto evento, spero che tu sappia con che razza di vipera hai a che fare. Auguri e figli maschi >>.
 
Si era fermato, si era voltato e aveva parlato guardandolo negli occhi con quello che sperava risultasse uno sguardo rabbioso e risoluto.
 
Era arrabbiato, ma lo era sempre quando qualcuno che non aveva assolutamente il diritto di farlo tirava in ballo la sua vita privata, come aveva fatto il sabato precedente Cinthia Rosier a Hogsmeade. E per quale motivo, poi? Ne aveva parlato con un tale sprezzo e un tale odio che per un attimo, per un singolo attimo era tornato ad avere otto anni, terrorizzato e dolorante. Era talmente arrabbiato che ancora dopo cinque giorni non riusciva a pensarci senza tremare d’ira.
 
Vide Fenwick sospirare e poi alzare le mani quasi come se lo stesse minacciando con una bacchetta.
 
<< Deponiamo le armi, ti va? D’altronde, se come hai detto io non ho niente di cui scusarmi tu non hai nulla di cui accusarmi >>.
 
Dearborn ci ragionò su per qualche istante.
 
<< Questa è logica spicciola e io sono stanco e voglio andare a dormire, quindi tagliamo corto. Buonanotte >>.
 
<< Aspetta, Dearborn. Non era di questo che volevo parlare >> lo bloccò nuovamente Fenwick abbassando le mani e frugandosi nelle tasche della divisa.
 
Alla fine ne estrasse un paio di fogli spiegazzati. Mentre Caradoc ancora si chiedeva, con la mente connessa più al materasso del baldacchino che lo attendeva che non alle bizze di Fenwick, che cosa diavolo volesse il Serpeverde, Benjamin gliene tese uno.
 
<< Ho mandato il regalo a mia sorella. Il suo compleanno è stato martedì e stamattina mi è arrivata la risposta. Il regalo le è piaciuto davvero, ma ha capito che non è stata tutta farina del mio sacco, perché a quanto pare è il primo anno che azzecco un regalo per lei. Mi ha chiesto di ringraziare chiunque mi abbia suggerito quei guanti, dice che non se ne separerà mai più >>.
 
 
*
 
 
Benjamin vide Dearborn deglutire nella penombra vicino alla vetrata. Sembrava davvero stanco, Caradoc, e per un attimo Fenwick pensò che avrebbe anche potuto parlargli il giorno successivo con tutta calma, quando era più riposato, invece che inseguirlo per il castello a tarda serata quando l’altro ragazzo sembrava desiderare solo un ripiano orizzontale su cui abbandonarsi al sonno.
 
Poi il Corvonero allungò la mano per prendere il foglio che lui stesso gli aveva teso.
L’immagine che vi era stampata sopra non aveva la migliore definizione del mondo, ma gli aveva strappato un sorriso quando quella mattina, aprendo la lettera, se l’era ritrovata in mano. Nella foto sua sorella sorrideva davanti alla macchina fotografica dell’accampamento con le mani infilate in due guanti a muffola particolari: quello di destra raffigurava niente meno che Albus Silente e quello di sinistra la Professoressa McGranitt. Jodie li muoveva come marionette avanti e indietro nella foto, corredando il tutto di sorrisi maliziosi. A mano, in basso sulla foto, stava scritto “anche io tifo per loro”.
 
Dearborn, prima solo mezzo addormentato, guardava adesso la fotografia con un sorriso stranito dipinto sulla faccia. Aveva ancora tracce di sonno sul volto, ma ora pareva mettere a fuoco ciò che vedeva.
 
Alla fine Benjamin decise che qualcuno doveva parlare per spezzare quello strano silenzio.
 
<< Io non ho capito quello che vi siete detti tu e Cinthia. O forse farei meglio a dire che ho capito di cosa parlavate ma non conosco i dettagli >> ritrattò cercando le parole giuste. Probabilmente non esistevano: il dolore atroce che aveva visto guizzare sul volto di Caradoc alle parole di Cinthia non se lo sarebbe dimenticato mai, e per sempre sarebbe stato indescrivibile << Non so perché abbia detto quella cosa orribile sul fatto che tu sia incapace di prenderti cura di un fratello, ma quella foto testimonia che non è vero. Jodie non avrebbe mai reagito così davanti al mantello che mi aveva consigliato Cinthia >>.
 
Dearborn continuava a guardare quella fotografia con attenzione quasi maniacale, e Benjy capì di doverlo chiarire, come si fa con un bambino.
 
<< è merito tuo se a Jodie è piaciuto il regalo, grazie >>.
 
Il Corvonero alzò lo sguardo ma, a causa della poca luce, non riuscì a vedervi niente riflesso. Non sapeva nemmeno lui cosa aspettarsi, in realtà, quando gli aveva teso quella foto. Andò nel panico improvvisamente, Benjy, perché a quello non aveva pensato.
 
Un sorriso? Un grazie?
 
E invece fu un abbraccio, ma quello lo capì solo dopo.
 
Dearborn era più basso di lui di qualche centimetro ma più spesso, in qualche modo. Le spalle più larghe, le braccia più forti. Si irrigidì all’improvviso, perché non era abituato a nessun tipo di contatto fisico, figurarsi quello con un ragazzo maschio della sua età.
 
<< Grazie >> sentì sussurrare Caradoc.
 
<< Ma… io ho solo… non so nemmeno cosa… >>.
 
Benjamin non seppe far altro che rimanere lì, immobile, a balbettare. Perché davvero non sapeva di cosa parlavano effettivamente Cinthia e Caradoc in quel negozio, sapeva solo che quelle battute avevano fatto male a Dearborn e gli era sembrato ingiusto assistere al dolore del ragazzo schiacciato dalla lingua biforcuta della Rosier, ingiustificatamente crudele.
 
Sentì Dearborn annuire e poi lo vide allontanarsi. All’improvviso ebbe freddo, quando Caradoc mise un metro di spazio tra se e lui.
 
<< Lo so che non sai. Proprio per questo, grazie >>.
 
Mentre lui stava lì fermo, quasi schiantato dallo stupore e da quel brivido, Dearborn si era girato e se ne era andato, in silenzio.
 
Ancora immobile, lo guardò lasciare il corridoio fino a quando il rumore dei suoi passi si spense e la sua figura non si confuse nel buio.
 
 
FINE PRIMA PARTE
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
NOTE:
 
so di essere terribile ad aggiornare, con attese di mesi tra un capitolo e l’altro e che giustamente mi odierete. Mi dispiace davvero, prometto che cercherò di trasformare l’attesa di mesi in attesa di settimane. Purtroppo di più non posso fare.
 
Questo capitolo segna la fine della prima parte; il giorno in cui pubblicherò il nuovo capitolo pubblicherò anche l’introduzione alla seconda parte che dovrebbe essere di non più di quindici capitoli (non vorrei superare i dieci capitoli in realtà, ma non si sa mai). Alla fine ci sarà l’epilogo.
 
Questa, come le altre storie collegate a questa, non rimarrà incompiuta. Sono cosciente di avere tempi biblici, ma non ho alcuna intenzione, in ogni caso, di smettere di pubblicare. Se vorrete continuare a leggere mi farà piacere, ma capirò nel caso in cui non riusciste più a tenere il filo del racconto, proprio a causa dei miei tempi.
 
Per quanto riguarda questo capitolo ero indecisa se fare dell’ultima parte un capitolo a se stante, ma poi ho deciso di lasciarla incorporata a questa. Spero di aver scelto bene =)
 
Grazie a tutti quelli che pazientemente seguono, recensiscono, preferiscono e ricordano e anche a chi continua a leggere in silenzio. Grazie anche a quelli che hanno lasciato questa storia a causa dei miei tempi per avermi comunque seguito fino a qui.
 
Buona lettura,
Hir
 

 
   
 
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