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Autore: SaraJLaw    10/10/2014    5 recensioni
I distretti si sono ribellati contro la tirannia di Capitol City, guidati dal 13. Katniss Everdeen e Peeta Mellark sono dei ragazzi normali, che non hanno mai partecipato agli Hunger Games, e che sopravvivono alla distruzione del distretto 12. Costretti ad abbandonare la loro casa e a rinunciare a tutto ciò che avevano, riusciranno a conoscersi e ad amarsi, nonostante gli orrori della guerra che incombe su di loro.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo XII

 

Quelli che seguirono furono giorni difficili. Tutti nel Distretto 13 vennero assaliti dalla paura, tutti iniziarono a domandarsi come avrebbero fatto a combattere contro una Capitol City che, visti i recenti avvenimenti, sembrava avere sempre la meglio su di noi. C'era dolore per la perdita della Squadra 451, gli abitanti del 13 si sentivano scoraggiati ma la presidente Coin e Plutarch Heavensbee misero insieme la flotta degli hovercraft per sferrare un attacco decisivo alla capitale, per dimostrare che i ribelli, nonostante tutte le perdite, non si sarebbero arresi. Avrei tanto voluto andare con loro e andare in battaglia, ma mia madre, Prim e Peeta, riuscirono a farmi cambiare idea. Sapevano che non sarei stata lucida, soprattutto dopo la morte del mio migliore amico. Gale. Ogni volta che pensavo a lui sentivo gli occhi riempirsi di lacrime, sapendo che non avrei più visto i suoi grandi occhi grigi, così espressivi, il suo sorriso così difficile da tirar fuori e in generale il suo essere così forte e combattivo. L'unico lato positivo era che avevo di nuovo Peeta al mio fianco, e il nostro amore che mi aiutava a non sprofondare nel dolore. Non più di tanto almeno. Mi dava un appiglio.

Quando la flotta di hovercraft venne messa insieme, vennero organizzati anche dei gruppi di medici e infermieri per soccorrere i feriti e mia sorella venne inclusa, su sua esplicita richiesta. Ovviamente mi opposi ma nostra madre non fece nulla per impedirglielo, dicendo che quella era la sua vocazione e che come tale noi non avremmo dovuto impedirle di aiutare le persone bisognose, ribelli o capitolini che fossero. Inizialmente mi arrabbiai con entrambe, dissi che non volevo rischiare di perdere un'altra persona, ma Prim fu più testarda di me e alla fine dovetti accettare il suo desiderio.

La accompagnai fino al velivolo, e prima di vederla percorrere la scaletta per entrare l'abbracciai. Oltre a Peeta, mia sorella era l'unica persona con la quali mi sono sempre lasciata andare e, mentre la stringevo tra le braccia, ebbi un brutto presentimento. C'era una vocina, nella mia testa, che mi urlava di non lasciarla andare, di costringerla a rimanere lì sotto. Però ignorai quella sensazione e vidi l'hovercraft partire per dirigersi verso quella che sarebbe stata la battaglia finale della guerra contro Capitol City.

Grazie a Haymitch, con il quale avevo abbastanza confidenza, io e Peeta riuscimmo a seguire le varie fasi dello scontro dal Centro di comando. L'attesa era snervante così decisi di uscire da quella stanza che si stava facendo soffocante per fare due passi nel corridoio. Ero nervosa, preoccupata per Prim, mi maledicevo per non averle impedito di andare laggiù, ma mentre pensavo a quelle cose Peeta uscì di corsa dal Centro di comando e mi venne incontro, sorridendo.

“Sono vivi! Gale è vivo, lo hanno individuato tra la folla degli sfollati capitolini, lui e i sopravvissuti si sono infiltrati!”

Non potevo crederci, eppure era ciò che speravo da giorni. Era una notizia falsa? La 451 era stata attaccata ma erano riusciti a sopravvivere, anche se non tutti? Scoppiai a piangere e allo stesso tempo iniziai a ridere, abbracciando Peeta e baciandolo. Gale era vivo! La gioia che provavo venne subito smorzata dal pensiero di mia sorella però, e dalla consapevolezza che ancora non era finita purtroppo.

“Katniss, che succede?” mi chiese Peeta, alzandomi in volto per guardarmi negli occhi.

Scossi la testa, sospirando. “Ho paura per Prim. Avrei dovuto fermarla, se le succedesse qualcosa io-”

“Non dire così, capito?” mi interruppe lui con decisione.

In quel momento sentimmo delle urla provenire dalla stanza e subito tornammo lì dentro per capire il motivo di tanta agitazione: in poche parole, gli hovercraft dei ribelli avevano lanciato delle bombe su una zona dell'anfiteatro cittadino dove decine di bambini erano tenuti all'interno di un recinto, a mo' di scudo. Eravamo collegati via radio con uno dei velivoli, quindi riuscimmo a sentire la detonazione del primo ordigno e le urla disperate dei piccoli e dei loro genitori. Tuttavia non sapevo che quell'atto così feroce facesse parte di una strategia. Non sapevo che uccidere tutti quei bambini era solo una trappola per far avvicinare i medici. E soprattutto non sapevo che uno di quei camici bianchi che presero fuoco con il secondo rilascio di bombe appartenesse alla mia sorellina.

Non capii più nulla. Sentii il mio grido disperato, le braccia di Peeta che mi impedivano di cadere a terra e poi il buio.

Mi risvegliai il giorno dopo, ma quando ricordai tutto mi pentii di aver aperto gli occhi. Volevo fuggire, volevo solo smettere di sentire quel dolore lancinante al petto, un dolore che mi impediva di respirare. Peeta rimase al mio fianco sempre, non mi lasciò mai da sola, anche quando fui dimessa. Incontrai mia madre ma furono dei momenti tristi e pieni di dolore. Il regime di Capitol City era caduto, Snow era stato giustiziato e Panem era una nazione libera. Ma a me non importava.

Due giorni dopo stavo vagando per il distretto, senza una meta. Mi faceva male entrare nel mio alloggio e avevo lasciato Peeta a riposare nel suo. Entrai in un magazzino praticamente vuoto e mi lasciai scivolare a terra, poggiando le spalle contro il muro. Mi accorsi di Gale solo quando lo sentii sedersi accanto a me. Era stato ferito ma evidentemente poteva camminare. Rimanemmo in silenzio per un po', e fu lui il primo a parlare.

“Mi dispiace, avrei dovuto fare qualcosa.”

La mia voce era così bassa e roca quando risposi. “Non è colpa tua, non devi di-”

Mi interruppi di colpo, un pensiero improvviso mi passò per la mente. E dallo sguardo del mio amico ebbi la conferma. Erano sue quelle bombe, era sua quella trappola: attaccare per attirare altri bersagli da eliminare, uccidere il doppio dei nemici puntando sul fatto che i capitolini si sarebbero diretti tutti verso il recinto dei bambini. L'unica cosa che non poteva sapere era che ad aiutare i sopravvissuti sarebbero accorsi anche i medici dei ribelli, compresa Prim. Non era colpa sua, adorava mia sorella, ma la consapevolezza che il mio migliore amico fosse in qualche modo coinvolto con la sua morte mi fece scattare qualcosa dentro, il desiderio di non vederlo mai più.

Mi alzai e tornai in camera correndo e scoppiai a piangere appena Peeta mi abbracciò.

Un incubo senza fine, ecco cos'era la mia vita.

Haymitch Abernathy ci comunicò che saremmo potuti tornare nel Distretto 12, dove lentamente le persone stavano ricostruendo le loro case. Inizialmente mi opposi all'idea ma Peeta mi convinse, dicendo che non mi avrebbe mai lasciata sola. Andammo ad abitare in una delle case vuote del Villaggio dei Vincitori e piano piano, col passare del tempo, il dolore per la morte della mia sorellina divenne più sopportabile, anche se onnipresente.

Una mattina mi svegliai all'alba, come facevo ogni volta per andare a caccia, e camminai fino al bosco, dove guardai il sole sorgere. Per la prima volta dopo tanto tempo sorrisi. I raggi riscaldavano la mia pelle e per un attimo mi concessi di credere che la vita sarebbe andata avanti; avevo Peeta al mio fianco, sapevo che mi amava più di ogni altra cosa al mondo e io amavo lui allo stesso modo. Mi avrebbe consolato nei momenti difficili e mi avrebbe fatto sorridere per ricordarmi che non dobbiamo mai smettere di lottare per noi stessi e le persone a cui teniamo. E nonostante le perdite che noi tutti abbiamo subito, non avremmo mai dimenticato che i nostri cari non ci avrebbero mai lasciato. Sarebbero sempre stati con noi.

Quindi sì, avrei continuato a vivere.

 

FINE

 

 

 

 

Ciao a tuttiiii!!!! I'm back!!!!!

Lo so, ancora una volta sono imperdonabile e questa volta il ritardo è a dir poco scandaloso O.O PERDONATEMIIIII. Anyway, oddio è l'ultimo capitolo. Non ci credo. Ogni volta che termino una storia è come se il mio cuore si spezzasse, che tristezza :'( Ho deciso di terminare la narrazione qui perché, visto che Katniss non è partita per la capitale, non c'era molto da raccontare e così mi sono concentrata su come lei abbia vissuto la presa di Capitol City e la morte di Prim all'interno del Distretto 13. Spero che il capitolo vi sia piaciuto, davvero :)

Potrei scrivere un epilogo...... Non è detto ma io ve la butto lì, si vedrà ;)

Vi voglio beneeeee!!!!!!! Grazie a tutti <3

Sara

  
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