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Autore: Marguerite Tyreen    13/10/2014    0 recensioni
Salisbury è il luogo del leggendario scontro finale tra Re Artù e Mordred, ma è anche il titolo del disco preferito di Linda.
Linda, che ha conosciuto per caso Beatrice all'uscita di un teatro e se ne è innamorata da subito, senza volerlo, senza prevederlo. Linda, che però è sposata e si porta dentro un segreto che nemmeno suo marito conosce.
Così, in un'estate piovosa, una quieta provincia del nord-est farà da sfondo alla battaglia tra il dolore del passato e le paure del futuro. Come una moderna Salisbury.
***
"Ma credi che sia semplice? Io devo tornare alla mia vita normale, alle mie fotografie insignificanti, alla mia storia con Lorenzo, altrettanto insignificante. E come posso farlo, dopo aver capito che è ancora possibile tutto questo?"
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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E così siamo arrivati alla fine della storia! é_è
Grazie, davvero, di cuore, a tutte voi che mi avete accompagnata in questa avventura! Tanti bisous <3 <3 <3
Marguerite.





 

Epilogo.
Can you imagine us?

 

There's a line in a rhyme
I was going to send to you
It says: “all that is to be
Will surely be”

 

Padova, luglio 2014.


«I was only seventeen, I feel in love with a gipsy queen. She told me: hold on! Her father was the leading man, said: you're not welcome on our land. And then as a foe, he told me to go.»
Dopo anni, lo stregone era sempre là, nella sua selva di tasti. I capelli neri, come un morbido sipario di seta, gli coprivano parzialmente l'espressione estatica di quel volto spigoloso che – assieme alla musica – tanto l'aveva colpita da ragazzina.
Le vibrazioni che le arrivavano erano sempre le stesse, quando l'Hammond tremava sotto i colpi energici delle mani. Se non si fosse trovata nella prima fila e non fosse riuscita a scorgere, con la luce diretta, la trama di rughe che segnava il viso del musicista inglese dietro gli occhiali, Linda avrebbe potuto anche credere che il tempo si fosse fermato. E, forse, intravvedere in una immaginaria sovrapposizione di piani, la bambina che era stata, da qualche parte tra la folla.
«How I want my gipsy queen! Will she still be torn between her father and lover? One day I will go to him, strong enough to fight and win: the kind of a man that he'll understand.»
Hensley afferrò il microfono e sorrise composto al pubblico: - God bless you all! Thank you and good night! - poi sparì dietro al palco, con un'ultima sferzata dei riccioli neri che oscillarono sotto i riflettori.
Linda rimase a guardare la gente disperdersi nel parco e l'organo abbandonato nell'improvviso, irreale silenzio. Istintivamente si assicurò che il vinile che aveva portato con sé fosse ancora al suo posto, nella borsetta e non avesse sofferto troppo nella calca. Magari, se avesse avuto sufficiente pazienza, sarebbe riuscita a scambiare due parole con il pianista.
- Linda? - una mano sulla spalla la fece sussultare.
- Bea?
Lei, con gli occhi sgranati e i capelli arruffati come la prima volta, la fissava senza troppa incredulità: - Allora ce l'ho fatta.
- A fare che? - cercò di rispondere, prima di venire soffocata nel suo abbraccio.
- A trovarti. Ho studiato, non vedi? Salisbury, gli Uriah Heep, Ken Hensley: ed eccoti qua. Ho immaginato che saresti assolutamente venuta, e a venti minuti da casa mia, per giunta!
- No, aspetta: sei venuta al concerto solo perché sentivi che ci sarei stata anch'io?
- E per chi altri? Il signore inglese è bravo, ma...
- Come accidenti hai fatto?
- Intuito. - rise, come se la nostalgia di quei mesi fosse svanita tra le sue braccia, dalle quali non intendeva scostarsi – Nessuno rinuncia a vedere l'idolo della propria adolescenza. E, a quanto pare, nemmeno i suoi ferri del mestiere.
Linda le sfiorò la gota, sistemandole un ricciolo dietro l'orecchio: - O io sono disastrosamente prevedibile, o mi hai capita più tu in una decina di ore che tanta gente in quarant'anni. - cercò di tenere ferma la voce, ma si accorse che le tremava – E se non mi avessi trovata?
- Avrei visto un bel concerto. - le batté la mano sulla spalla per sdrammatizzare, prima di liberarsi di malavoglia dalla stretta.
- Perché, Bea?
- Perché non riesco a smettere di pensarti, Linda. E lo so che potresti dirmi che non ho alcun diritto di farlo, dato che si è trattata di una sola notte. Ma non è una questione di diritti, non c'è nulla di razionale nel fatto che non so dimenticarti. È successo qualcosa di inspiegabile, quella sera, di magico, che non accade spesso. Che non era mai accaduto a me.
- Bea...
- Lasciami finire, per favore: è da due mesi che avrei voluto parlarti in questi termini, ma non sapevo come fare, senza metterti nei guai. Ti sembrerà strano che sia una professoressa di matematica a tirare in ballo le suggestioni con un'artista, ma credo di provare qualcosa per te.
- Mi dispiace, Bea. - le prese una mano e la strinse convulsamente, senza più controllare il pianto, incurante della gente che continuava ad affaccendarsi, a discutere e a bere birra – Non doveva succedere. E no, non voglio dire che lo rimpiango, soltanto che hai messo in discussione tutto il mio mondo.
- E tu il mio. L'hai stravolto, in positivo. Cerchiamo di rimettere insieme i pezzi, allora, di costruire qualcosa di nuovo.
- Mi sono raccontata bugie talmente a lungo, soprattutto sul conto di Lorenzo, che ho finito per crederci, almeno finché tu non hai squarciato il velo.
- Non sono sicura di averti fatto del bene, eppure tu ne hai fatto a me.
- Mi hai mostrato che i sentimenti esistono ancora, anche se ho passato anni a soffocarli. E' stata una benedizione e, allo stesso tempo, una condanna: adesso vivere con Lorenzo sarà quasi impossibile.
- E allora vieni via con me, Linda.
- Non credo sia la scelta giusta. Ho paura di amarti per un riflesso. Non lo meriteresti.
- Chi siamo per giudicare i motivi che stanno dietro all'amore?
- Non posso lasciarlo, Bea.
- Non puoi lasciarlo solo perché il sentimento tiepido che vi lega ti ricorda la differenza con la potenza di ciò che ti univa a lei? Ma come puoi non desiderare un futuro? Forse dovresti voltare pagina, qualsiasi cosa ti sia successa.
- Forse non voglio.
- Scusami.
- Scusami tu. No, vedi, Bea, non c'entri: il meccanismo è troppo sottile e io ci sono troppo dentro. A un certo punto ti tagli i capelli, smetti di suonare le tue canzoni, butti gli spartiti, nascondi le fotografie e provi ad andare avanti con la tua vita facendo finta che lei non ci sia mai stata. Ma prima di andare a dormire, quando abbandoni le tue difese, senti tutto il peso della sua assenza. Ed è così che voglio vivere. Non voglio abituarmi a quel peso, fino a non sentirlo più. E' l'unico modo in cui posso ancora averla, perché ancora l'aspetto.
- Non riesco a capirti fino in fondo, Linda. Magari ti manca solo il coraggio di dirmi che è stata davvero un'avventura e che ora non vuoi complicazioni.
- No! - le unghie quasi le segnarono la pelle – Non pensarlo, per favore.
- Allora è che io sono un asintoto e tu un'asse, Linda, e io posso solo avvicinarmi a te senza sfiorarti.
- Non sono mai stata brava in matematica, ho sempre preferito la musica. - tolse dalla borsa il vinile di Salisbury e glielo porse – Tieni.
- Linda, non...
- Sì, tienilo. Mi ha accompagnata per una vita. Ha molta importanza per me.
- Appunto. E non vorrei che...
Le chiuse le mani sul disco: - Mi piacerebbe che lo conservassi tu, per ricordarti di me, così saprai che non è vero che sono un'asse e che, per una volta, almeno mi hai sfiorata. Anzi, che mi hai raggiunta e che, anche se non resto, mi possiedi, Beatrice. - tacque a lungo eppoi: - Mi accompagni alla macchina, ora?
- E il tuo tastierista?
- Ci sarà un'altra occasione. - concluse, senza amarezza.
- Torni a casa, Linda?
- Non subito; sai che non guido di sera.
- Posso restare con te?
- No, ti prego. Salutiamoci adesso, non prolunghiamo il tormento.
- Posso darti almeno un bacio?
- Quello sì.
Il parcheggio era deserto. Beatrice ne approfittò per premerla contro la portiera chiusa dell'auto e lambirle le labbra con forza, mentre le tratteneva il viso nei palmi. Linda rispose afferrandole i fianchi e stringendola al seno disperatamente, quasi ne fosse andata della loro salvezza se avesse allentato la presa. Nemmeno l'aria passava tra i loro corpi e nulla poté frapporsi in quell'istante, né i muri della mente né le paure.
- Non lasciarmi andare via, Linda. - la supplicò sulla sua bocca.
- Devo, Bea. Abbi cura di te, di ciò che sei.
- Allora vai. Ti voglio bene, Linda. - la baciò di nuovo, questa volta rapidamente, prima di sospingerla con dolcezza – Vai, ora!
Beatrice scomparve, com'era arrivata. Chiusa nell'abitacolo, Linda vide i fari di una macchina rischiarare per un momento lo spiazzo.
Era tutto finito, ormai. E lo sarebbe stato in maniera ancor più definitiva l'indomani mattina, quando sarebbe stata l'ora di rientrare a casa, quando lei sarebbe rimasta con la sua solitudine. Ma già ne sentiva il peso: sentiva l'aria mancare e comprimerla, impietosa quanto il dolore, quanto il nodo alla gola che sciolse con la testa reclinata sul volante.
Cercò di asciugarsi gli occhi.
Anch'io ti voglio bene, Beatrice.


I've never really thought
That I would lose myself
And now I'm going faster
Than anybody else.

 

 



***

Credits:

Per la citazione iniziale e finale: Uriah Heep, Salisbury

Per la citazione nel testo: Uriah Heep, Gipsy

Per le ispirazioni musicali: Rush, Different strings / Van der Graaf Generator, Out of my book / The Moody Blues, Nights in white satin

   
 
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