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Autore: PaleMagnolia    24/10/2008    1 recensioni
Il giovane, benestante Keith Finnegan viene ritrovato, morto, nel garage di casa sua. Nè Richard, l'ex fidanzato, nè la sorella Nicole credono che si tratti di suicidio. Richard indaga in sordina, cercando al contempo di non perdere il posto di protagonista nell'opera Le Corsaire, ottenuto in parte grazie al suo talento e in parte alle raccomandazioni di Keith. Le cose si complicano quando Elizabeth, prima ballerina della compagnia, diventa una presenza troppo assidua nella vita di Richard...
Genere: Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Richard si gettò sul divano con il cappotto ancora addosso

 

Richard si gettò sul divano con il cappotto ancora addosso.

Ricordò quando aveva visto Sweeney Todd: con Keith, al cinema. Cosa indossava, Keith, quella volta? Com’era pettinato? Era allegro, nervoso?

Non se lo ricordava.

D’improvviso, Richard venne preso dalla paura di dimenticare il suo viso; se lo richiamava alla mente, non riusciva a ricomporlo alla perfezione.

Lo vedeva, questo sì, colto nell’atto di fare qualcosa – girarsi verso di lui, sorridere –, ma era un flash di un secondo; se cercava di fermare l’immagine, quella svaniva. Certo, ricordava i suoi capelli – biondi -, il colore dei suoi occhi, la forma dell’ovale; ma non riusciva a comporre questi elementi in un ritratto, una figura salda e immutabile nella sua memoria: il viso di Keith oscillava e scintillava nel ricordo come una monetina gettata in una fontana, che affonda catturando i raggi del sole. Un momento si vede, il momento dopo non c’è più.

Richard pensò, angosciato, che non aveva foto di Keith; nel periodo passato insieme, non c’era mai stata occasione di farne.

Recuperò il telefonino dalla tasca del cappotto e fece il numero di Nicole.

Quando rispose, le chiese, senza nemmeno salutarla: “Puoi darmi una foto di Keith?”

Nicole fu presa alla sprovvista. Esitò un attimo.

“Ma sì, certo.”, disse infine. “Quando vuoi. Vieni alla villa, ti mostrerò quelle che ho.”

Meno di mezz’ora dopo, Richard percorreva il viale di magnolie ed entrava nella villa.

Nicole era seduta sulla poltrona di suo padre, le gambe ripiegate sotto il corpo. Teneva sulle ginocchia una scatola di latta, che aveva contenuto dei biscotti, e ne estraeva delle istantanee colorate.

“Oh, Richard, ciao.”, disse, alzando gli occhi. Battè la mano sulla poltrona accanto alla sua, invitandolo a sedersi. “Guarda cosa ho trovato. Sono foto di Keith al college.”

Richard si sedette e prese una manciata di fotografie dalla scatola. Le sfogliò. Mostravano un Keith sorridente, in divisa da hockey o con la felpa dell’università – il nome della scuola stampigliato in lettere maiuscole, o in costume da bagno, insieme ad altri ragazzi.

Una foto lo colpì più delle altre. Mostrava un giovanissimo Keith – poteva avere diciassette, diciott’anni – con le braccia sulle spalle di un ragazzo dai capelli scuri, gli occhi di un azzurro intenso. Accanto a loro sorridevano Nicole e una ragazzina esile, con lisci capelli castani, e occhi pure azzurri dietro le lenti. I due ragazzi sconosciuti erano chiaramente fratello e sorella, e Richard ebbe la curiosa sensazione di averli già visti.

Avvicinò la foto agli occhi per guardarla meglio: la sensazione di deja-vù su accentuò, ma contemporaneamente anche l’impressione di uno sfasamento, una confusione. Gli pareva di essere davanti a uno di quei giochi di logica che si trovano sui supplementi di enigmistica dei quotidiani, e di dovere trovare le differenze in due figure simili ma non identiche.

“Chi sono questi due?”, chiese infine, volgendo lo sguardo a Nicole.

Lei alzò gli occhi. Indicò con un dito il ragazzo. “Questo era il migliore amico di Keith, John. E la ragazza è sua sorella. Eravamo ad una gara di tiro al piattello, al college. Keith aveva insegnato a me e a lei a tirare.”

“Li conosco?”

“Non credo. Lui è morto anni fa, una brutta storia. Keith fu coinvolto nelle indagini, ma poi se la cavò con un’ammonizione… Sai, era il periodo in cui aveva problemi con la droga, e John è morto di overdose.”

“Oh.” Richard era scosso. Keith non gliene aveva mai parlato.

“Credo che papà gli abbia dato una mano, in quell’occasione. Ci fu un processo, sai, ma Keith riuscì a evitare di parteciparvi. Fu espulso dalla scuola, però, e dopo non è più riuscito a combinare nulla di buono.”

“Capisco. Dev’essere stato difficile.”

“Non quanto lo è stato per i genitori del ragazzo. Credo che la madre si sia uccisa, poco dopo. Soffriva di depressione.”

Richard guardò la foto per qualche istante, in silenzio.

“Come si chiamava, lei?”, chiese infine, indicando la ragazzina.

“Oddio, Richard, non so... Non la conoscevo bene, ci siamo incontrate pochissime volte. Becky - no, Betty, forse.”

Richard sentì la testa girare.

Beth?”, chiese, con una voce che suonò innaturale alle sue stesse orecchie. “Era forse Beth?”

“Sì, credo di sì. Ora che mi ci fai pensare, era proprio Beth. Aspetta, com’era il cognome? Wilkers…?”

Provò un senso di vertigine.

Tutti i pezzi – particolari, somiglianze, coincidenze - che si erano agitati nella sua mente, confusi e sovrapposti, che avevano tormentato i suoi sogni, erano sfilati davanti ai suoi occhi ogni giorno, sfidandolo a comprendere, facendolo quasi uscire di senno; tutti quei pezzi scivolarono al loro posto, naturalmente, incastrandosi l’uno nell’altro senza sforzo. Composero un mosaico perfetto, un'immagine semplice e luminosa, chiara come se fosse sempre esistita; in attesa solo di un movimento che riunisse insieme tutti i tasselli.

“Richard?”, lo chiamò Nicole, preoccupata. “Che hai? Cosa succede? Stai male?”

Richard era pallidissimo. Con lo sguardo fisso davanti a sé, mosse le labbra.

“Portami il numero di cellulare che Benjamin Wilkes ha dato a tuo padre”, ordinò, in un tono che non ammetteva repliche. “Subito.”

 

 

  
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