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Autore: xAlisx    09/11/2014    0 recensioni
La Grande Battaglia contro il Titano Crono si avvicina sempre di più. Dopo la missione nel Labirinto di Dedalo, Percy Jackson e i suoi amici devono affrontare nuove difficoltà per impedire a Crono di diventare troppo forte. Ad aiutarli arriverà una ragazza misteriosa e con lei il gruppo di amici dovrà affrontare tante nuove avventure.
Storia da collocarsi tra "La battaglia del Labirinto" e "Lo scontro finale". Ovviamente, non tiene contro dei fatti de "L'eroe perduto" e seguiti.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Annabeth Chase, Nico di Angelo, Nuovo personaggio, Percy Jackson, Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 11
Faccio una promessa pericolosa
 
Pittsburgh era una città abbastanza caotica, ma Thesis ci condusse in un posto tranquillo per discutere sul nostro piano per affrontare Bellerofonte. Ovviamente, venne fuori che non avevamo affatto un piano e che stavamo andando dal nemico alla cieca. Classico per tutti i semidei – forse un po' meno per i figli di Atena.
«Bellerefonte sembra propenso a tutto meno che a darci l'indizio.» constatò Annabeth con ovvietà.
Le piaceva davvero un sacco palesare l'ovvio con il suo modo da Sapientona. Thesis le lanciò un'occhiataccia, con un misto di fastidio e rabbia.
«Non avrà altra scelta. Questo non è un gioco e Bellerofonte capirà che noi non stiamo giocando.» chiarì la dea, determinata.
«Okay, okay, è inutile scaldarci. Bellerofonte potrebbe essere ovunque, da dove vogliamo iniziare?» domandai, allargando le braccia per indicare tutta la città.
Era sicuramente un posto molto grande per pretendere di trovare facilmente una persona. Come al solito, le imprese erano tutto fuorché facili.
«Dividiamoci.» propose Nico.
Lo guardammo tutti e tre abbastanza contrariati.
«È l'unico modo per sperare di trovare Bellerofonte più in fretta.» si giustificò, grattandosi la nuca in imbarazzo.
«Odio ammetterlo, ma nonostante questo piano faccia schifo, Nico ha ragione. Bellerofonte potrebbe essere ovunque e noi abbiamo solo due giorni per trovare la falce e salvare mia madre. Dobbiamo dividerci.» accordò alla fine Thesis, sospirando rassegnata. «Nico, tu va' con Percy. Io andrò con Annabeth.» aggiunse poi.
Annabeth boccheggiò. Aprì la bocca un paio di volte, prima di riuscire a parlare. «Perché non possiamo andare io e Percy insieme?» chiese finalmente, indicandomi.
«Perché io e Nico possiamo comunicare telepaticamente, quindi dobbiamo per forza fare così.» spiegò Thesis, incrociando le braccia al petto.
Pensai che Annabeth volesse dire qualcos'altro, ma stette zitta e scosse appena la testa.
Guardai Nico e feci un mezzo sorriso. «Andiamo, allora.» dissi, per poi voltarmi verso Annabeth e Thesis.
«Ci rincontriamo qui fra due ore. Se trovate qualcosa, contattami subito.» ci raccomandò la dea, stringendo una mano intorno al braccio del fratello con fare protettivo.
Nico annuì, Annabeth mi regalò uno sguardo rassegnato e a quel punto le ragazze si allontanarono.
 
Girammo per il centro di Pittsbirgh per ore e ore. La gente ci guardava incuriosita dal nostro vagare, ma nessuno ci chiese nulla.
«Stiamo girando senza meta da ore...» constatai io, giusto per dire qualcosa.
Nico m'ignorò, si guardò intorno e partì a razzo verso una viuzza deserta. Dovetti fare uno scatto degno di un corridore per raggiungerlo e vidi che si era fermato davanti ad una gotta. Era alta quasi due metri e tutt'intorno si potevano scorgere, rovinate e vecchie, incisioni in greco antico e immagini degli dei.
«Immagino sia qui.» disse Nico, indicando l'interno della caverna.
Annuii, ma non ero per niente tentato ad entrare lì dentro. Si scorgeva qualche gradino pericolante, poi il resto del tunnel era buio e silenzioso.
Nico si armò della sua spada, così anche io impugnai Vortice e poi presi una torcia dallo zaino. Ci scambiammo un'occhiata e poi cominciammo a scendere verso il buio.
Le scale erano molto più rovinate di quanto apparissero. Dovevamo scendere a tentoni, reggendoci al muro per non rischiare di ruzzolare. Incontrammo ragnatele e topi e tanta tanta polvere. L'aria sapeva di muffa e ringraziai di non soffrire di claustrofobia.
Mi tornò in mente il periodo che avevo passato dentro al Labirinto di Dedalo. I suoi stretti cunicoli non erano tanto diversi da quello in cui eravamo ora, quindi poteva darsi che quella fosse una parte dimenticata dell'enorme costruzione di Dedalo. Se era davvero così, avremmo potuto perderci e vagare dispersi per anni.
Bloccai Nico per la spalla e presi un coltellino dallo zaino.
«Segniamo la strada per tornare indietro.» spiegai.
Poi mi avvicinai alla parete e tracciai una grossa X. Nico approvò e continuammo a camminare.
Procedemmo per metri, tra scalini disastrati, ragni e topi e X tracciate nelle pareti. Quel lungo tunnel sembrava non portare da nessuna parte.
Ci fermammo quando arrivammo davanti ad un bivio.
«Oh, perfetto.» si lamentò Nico.
Le due parti del tunnel sembravano identiche: sporche, anguste e buie.
«Thesis avrebbe di sicuro capito dove andare.» constatai, sbuffando.
Ma Thesis non c'era e io e Nico dovevamo cavarcela da soli. L'idea di separarci non era nemmeno da prendere in considerazione, così stava tutto nel metterci d'accordo per proseguire.
«Lanciamo una monetina?» proposi, sentendomi incredibilmente stupido.
Nico scosse la testa, divertito. «Credo che sia l'unica opportunità che ci resta.» acconsentì, e dovette anche lui sentirsi stupido, perché si grattò la nuca imbarazzato.
Un rumore, però, attirò la mia attenzione. Era un rumore che conoscevo bene. «Lo senti questo rumore?» chiesi a Nico.
Lui aguzzò l'udito e storse il naso. «È acqua?» domandò.
Annuii, convinto e mi diressi verso la parte destra del bivio.
Il rumore dell'acqua divenne via via più forte e il profumo salmastro mi entrò nelle narici dandomi vigore. Arrivammo in uno spiazzo circolare illuminato da delle torce appese al muro. Sul fondo c'era una bella cascata fresca. Feci per avvicinarmi, ma qualcosa mi punse al collo e mi ritrovai per terra senza fiato.
«Avreste dovuto seguire il mio consiglio.» disse qualcuno, arrivando nella caverna.
Notai che anche Nico era steso a terra.
L'uomo che aveva parlato s'inchinò vicino a noi. Aveva i capelli bianchi e lunghi, gli occhi incavati e uno sguardo pieno d'odio.
«Stupidi e presuntuosi mezzosangue. I vostri genitori capiranno il loro errore per non avermi permesso l'accesso all'Olimpo. Voi morirete.» ringhiò con cattiverai.
Quella fu l'ultima cosa che sentii, prima di perdere i sensi.
 
Mi svegliai con un forte mal di testa. Ci misi un po' a mettere a fuoco l'ambiente circostante: ero ancora nella caverna con la cascata e le torce, ma mi trovavo in una prigione incavata sulla parete e chiusa con spesse assi di legno.
Nico era in una gabbia accanto alla mia e riuscivo a vederlo appena. Anche lui iniziava a risvegliarsi.
«Nico, stai bene?» chiesi, sottovoce.
Il ragazzo si affacciò tra le assi come meglio poté e annuì. «Sto bene.»
«Bene, bene, siete svegli.» esordì la voce di Bellerofonte.
L'uomo si posizionò davanti alle nostre celle con un sorriso vittorioso nel volto.
«Dovresti essere morto.» dissi senza nemmeno pensarci.
«Ottimo esordio, ragazzino. Ma non sono uno sprovveduto. Quando Zeus mi ha fatto cadere da Pegaso, qualcuno mi ha aiutato e protetto. Ho delle conoscenze che mi hanno permesso di arrivare dove sono ora: con due semidei tra le mani.» spiegò, indicandoci con fare teatrale.
«Non otterrai nulla uccidendoci.» ringhiò Nico, e alle sue parole la caverna tremò appena.
«Oh, forse non otterrò nulla uccidendo te. Tuo padre è un esiliato esattamente come me. Tuttavia, sei potente, ragazzino, e non vorrei che mi mettessi i bastoni tra le ruote.» ribatté Bellerofonte con ovvietà. «In quanto a te...» aggiunse, prestandomi tutta la sua attenzione.
I suoi occhi erano fiammeggianti di cattiveria, sembravano anime inquiete che non avrebbero mai trovato pace. Un brivido mi percorse la schiena, ma cercai di mostrarmi incurante della situazione.
«Tu sei figlio di Poseidone. Un buon bottino, dire. Anche se sarebbe stato bello avere qui un figlio di Zeus. È sua la colpa della mia caduta.» strepitò l'uomo, per poi tornare a darsi un contegno.
Capii che qualcosa in lui non andava: non erano solo i suoi occhi, ma il suo atteggiamento era di chi non aveva più la ragione. Sembrava un folle impaziente di compiere una missione suicida. Qualunque cosa fosse successa, lui avrebbe fatto tutto quello che era in suo potere pur di dare una lezione a chi l'aveva ridotto in quel modo. Per un attimo provai pena per lui, perché nessuno meritava d'impazzire e diventare un eremita senza affetto, ma quell'attimo passò nell'esatto istante in cui Bellerofonte tirò fuori un coltello dalla tasca interna della sua lercia giacca.
«Mi occuperò prima di te, ragazzino.» disse, rivolto a Nico.
Fece qualche passo verso la sua cella.
Dovevo fare qualcosa prima che fosse troppo tardi. Sentii il panico salire, mentre Bellerofonte spostava le assi che chiudevano la prigione di Nico.
Il rumore scrosciante dell'acqua m'investì come un'onda pura e d'un tratto seppi cosa fare. Mi concentrai sulla fontana, sull'acqua fresca e rigenerante. La debolezza sembrò alleviarsi e l'acqua prese a rispondere ai miei comandi.
«Nico, riparati.» urlai e nello stesso istante indirizzai una grossa quantità d'acqua verso la cella, con tuta la forza possibile.
Bellerofonte fu colpito in pieno petto e lo vidi annaspare mentre cercava di non bere. Nico si era tappato naso e bocca con la giacca e stava nuotando per avvicinarsi alla mia cella.
Feci indietreggiare l'acqua, finché non tornò placida nella fontana. Bellerofonte tossicchiò, fradicio e tremante. Nico mi aiutò a spostare le assi e ad uscire dalla cella.
«Stupidi mezzosangue. Riceverete un castigo con i fiocchi per questo affronto.» gridò Bellerofonte, alzandosi e lisciandosi l'abito.
Alzò le mani e centinaia di vespe uscirono dalle rocce. Ronzarono intorno a Bellerofonte come se fossero dei cuccioli di cane che fanno le feste al padrone. Era raccapricciante la cosa, soprattutto se l'uomo aveva intenzione di scagliarci quegli esseri contro. Non saremmo mai riusciti a evitarli tutti.
«Ti porteremo nell'Olimpo con noi.» dissi d'istinto.
Nico mi fulminò con lo sguardo. «Sei pazzo?» sussurrò.
«Gli dei non ne sarebbero contenti.» mi fece notare Bellerofonte, con una mal celata curiosità.
Ero riuscito ad avere la sua totale attenzione e le vespe – che Annabeth avrebbe precisato si chiamassero tafani – iniziarono a tornare tra le crepe delle rocce.
«Non vado famoso per fare quello che mi dicono gli dei.» precisai, e nessuno avrebbe mai potuto dire il contrario. «Se tu ci darai l'indizio di Persefone, io ti porterò nell'Olimpo come desideri.» conclusi, facendo qualche passo verso di lui e porgendogli la mano.
Lui studiò la mia espressione, guardò Nico – che ero convinto non fosse d'accordo – e poi sorrise, stavolta con un sorriso sinceramente contento. «Affare fatto.» acconsentì, stringendomi la mano.
Annuii, consapevole che la promessa appena fatta avrebbe scatenato le ire degli dei – come se già non avessi problemi con loro.
«“L'oggetto che cerchi è vicino al tuo cuore”.» fece Bellerofonte con noncuranza.
Nico e io lo guardammo senza capire.
«L'indizio. Persefone mi ha detto di dirlo ad una ragazza. Questo è l'indizio che volevate.» spiegò l'uomo, come se fossimo due stupidi. «Ora portatemi nell'Olimpo, altrimenti sarò costretto a richiamare i miei animale.» ci minacciò, sfregiandosi le mani tra loro.
Nico mi prese per la manica della felpa e mi allontanò dall'uomo. «Vuoi davvero portarlo con noi?» chiese, scuotendo la testa contrariato.
«Non abbiamo altra scelta.» risposi, sospirando.
In quel momento, la terra cominciò a tremare.
Bellerofonte gridò indignato. «Mi avete preso in giro.» fece, furioso.
Scossi la testa, ma non feci in tempo a rispondergli. Il soffitto della caverna iniziò a cedere. Grandi massi presero ad atterrarci intorno. Nico mi strattonò per il braccio e iniziò a correre verso l'uscita. Prima di cominciare a scappare, guardai verso Bellerofonte e vidi i suoi occhi fiammeggianti di cattiveria attraversati da un lampo di tristezza.
Poi corsi tra i cunicoli del labirinto. Nico era davanti a me, con la torcia in mano. Arrivammo ai gradini, li salimmo appena in tempo. Non appena la luce del sole ci colpì, la ripida scalinata cedette e quel luogo divenne solo un cumulo di pietre.
 
«State bene?» chiese una voce vicino a noi.
Annuii, e Annabeth mi strinse in un abbraccio che mi fece sentire decisamente meglio.
«Abbiamo l'indizio.» fece subito Nico.
Il volto di Thesis s'illuminò di gioia. «Grazie per averlo recuperato.» disse, sorridendo a me e al fratello.
«Avete scatenato voi il terremoto?» chiesi, ancora con il fiatone.
Le due ragazze scossero la testa.
«Cosa è successo?» chiese Annabeth preoccupata.
Feci spallucce. «Ho fatto una promessa che non potrò mantenere.» dissi.
Afferrai la mia borsa e mi sistemai. «Bellerofonte ci ha detto che l'indizio è...» esordii. «“L'oggetto che cerchi è vicino al tuo cuore”. Ha anche detto che tua madre l'ha dedicato a te in particolare. Probabilmente sapeva che un giorno saresti stata tu a cercate la falce di Ade. Sai cosa significa?» chiesi.
Thesis annuì con fare solenne. «So dove si trova la falce.» disse con decisione.







SPAZIO ALIS: Ogni tanto ricompaio con questa mia long tanto sofferta e sudata. Sono molto affezionata a questa long, a come descrivo Percy e Nico, alla mia Thesis, ma davvero, è difficile scriverla. Perché le idee ci sono, ma come strutturarle è davvero difficilissimo. Anche questo capitolo è stato figurato in un modo, ma è uscito così e non mi paice moltissimo.
Ora Thesis sa cosa cercare, quindi siamo quasi giunti alla fine.
Sperando di riuscire a scrivere tutto il resto, ringrazio chi ancora ha la pazienza di aspettare e leggere e soprattutto chi ancora lascia una recensione. Grazie ^-^
Alis
   
 
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