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Autore: Beatrix Bonnie    08/12/2014    2 recensioni
Lupus gli gettò un'occhiata di sottecchi. Un mago che non trovava pericoloso un Basilisco o aveva difficoltà ad individuare le minacce, oppure aveva un senso sadico del divertimento. In entrambi i casi, Lupus non voleva certo beccarsi una punizione dal suddetto mago senza prima essersi assicurato del fatto che non l'avrebbe dato in pasto al demoniaco serpente. «E voi non gli ordinereste mai di attaccare uno studente, giusto?» chiese per precauzione.
Cosa c'entra un marmocchio cencioso con la Camera dei Segreti del grandioso Salazar Serpeverde? E perché il mago decide di nascondere nella scuola un pericoloso Basilisco?
La risposta a queste domande sta celata dentro il giovane Lupus, ladro provetto, astuto e ambizioso, con un passato misterioso e una dote straordinaria: sa parlare latino.
La storia si è classificata prima al contest "Noi amanti degli O.C. - Lunga vita al Personaggio Originale".
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Godric, Nuovo, personaggio, Salazar, Serpeverde, Serpeverde
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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Capitolo II





Scuola di magia e stregoneria di Hogwarts,
da qualche parte in Scozia.
Anno Domini 980


La ragazzina entrò nella stanza come un tornado. «Madre!» chiamò, la voce rotta dall'ansia. «Madre, avete visto Merlino?»
La strega, che stava insegnando al telaio ad armarsi da solo, si voltò tranquilla verso la figlia. «Non lo vedo da stamattina.»
La ragazzina cominciò a frugare in ogni angolo della stanza, in modo sempre più frenetico. «Se quell'idiota di Percevall ha davvero fatto qualcosa al mio Merlino...» La minaccia rimase sospesa nell'aria.
«Eccolo!» gridò, tirando un sospiro di sollievo. La bestiola se ne stava pigramente acciambellata sotto la cassapanca dei vestiti. «Vieni fuori» lo incitò la ragazzina, allungando il braccio perché il serpente potesse attorcigliarsi attorno.
Adelayde Serpeverde aveva ereditato dal padre la capacità di parlare il Serpentese. Gli altri allievi di Hogwarts temevano quella sua capacità, convinti che avesse a che fare con la Magia Oscura; a meno che non fossero stati scelti per entrare nella casa di suo padre, ovviamente. In quel caso la ammiravano e invidiavano insieme. Ad Adelayde non dispiaceva tutta quella popolarità, anche se non era certo la più invidiata tra i figli dei fondatori: Helena Corvonero era più grande di lei, più bella e più intelligente, la piccola Rosemary Tassorosso era paffuta e amata da tutti, mentre i tre figli di Godric avevano un'energia travolgente e un'aurea carismatica che certamente a lei mancavano. Lei era smilza, pallida e con il viso spigoloso come quello di suo padre. E aveva un serpente di nome Merlino come animale da compagnia.
«Quell'idiota di Percevall ha detto che aveva sperimentato la sua pozione restringente su Merlino» si lagnò Adelayde. Adorava mettere il broncio, perché così la gente la lasciava in pace.
Sua madre le diede un buffetto. «Percevall è un burlone, lo sai.»
«Percevall è un idiota!» replicò Adelayde. Sua madre era sempre così tranquilla e buona con tutti; a volte pensava che, se avesse avuto l'età per frequentare Hogwarts, sarebbe stata scelta da Tosca Tassorosso.
Adelayde sospirò. «Devo andare a parlare con mio padre.» Lasciò le sue stanze con l'aria sconsolata, dirigendosi verso lo studio di suo padre. Tutto ciò che riguardava i Serpeverde aveva a che fare con i sotterranei: Adelayde adorava percorrere quel dedalo di corridoi bui e silenziosi, il cui unico rumore era dato dai cupi suoni provenienti dal fondale del lago. Delle volte si perdeva per ore a guardare le sue acque verdastre e le creature che lo abitavano. Inoltre, c'era il considerevole vantaggio che gli altri studenti, in particolare quelli di Godric, raramente si avventuravano nei sotterranei.
Arrivata allo studio del padre, bussò prima di entrare, ma a rispondergli fu la voce di un ragazzo. Aprì la porta con aria perplessa, per ritrovarsi davanti un marmocchio cencioso, con la faccia sporca e un buco tra i denti. «E tu chi diavolo sei?» gli sputò addosso.
Quello non si fece intimidire dalla sua scortesia. «Mi faccio chiamare Lupus» rispose, fingendo di darsi un'aria importante.
Adelayde lo ignorò. «Dov'è mio padre?» chiese, guardandosi attorno, come se si aspettasse di vederlo sbucare da dietro uno scaffale.
«Oh, il mago con la barba lunga è tuo padre?» si informò Lupus, allegro.
«Sì.» Il tono era glaciale e sembrava sfidarlo a dire qualcosa di scortese nei loro confronti.
«Be', è andato a parlare con gli altri, sai» rispose Lupus con tono risaputo. Anche se lui non aveva la più pallida idea di chi fossero “gli altri”. «Mi ha detto di aspettarlo qui.» Ma dopo quella precisazione, gli venne in mente un'altra cosa. «Ma quindi anche tu parli la lingua dei serpenti?» domandò, soddisfatto della sua sagacia.
«Sì.» Un altro monosillabo.
Lupus non si curò della sua freddezza. «Anche io, sai, parlo una seconda lingua» rivelò, come se la cosa potesse dargli chissà quale importanza. «Parlo latino. È la lingua degli Antichi Romani.»
«So cos'è il latino» sbottò Adelayde. Chi si credeva di essere quel marmocchio, per darle lezioni di storia? Lei era una che aveva studiato, certe cose le sapeva. Mentre lui puzzava peggio di un caprone: magari era uno dei Nati Babbani tanto cari a Godric. Forse suo padre era andato a parlare con gli altri per farlo buttare fuori da scuola. «Com'è che uno straccione come te sa parlare latino?» gli domandò con un leggero tono di scherno; tanto lui poteva essere così ignorante da non accorgersi nemmeno che lo stava prendendo in giro.
Lupus fece balenare un sorrisetto furbo. «Ho un sacco di virtù nascoste.»
Adelayde gli piantò addosso i suoi glaciali occhi grigi. «Dimostramelo.»
Lupus scavalcò agilmente la sedia della scrivania, per avvicinarsi alla ragazzina. «Si vis audire me qui latinam linguam loquor, osculum volo.»
Adelayde aggrottò le sopracciglia. «Cos'hai detto?» indagò sospettosa.
Lupus sfoderò uno dei suoi migliori sorrisi. «Se vuoi sentirmi parlare latino, devi darmi un bacio.»
«Non ci penso nemmeno!» esclamò schifata Adelayde, indietreggiando di un passo. «Sei lurido e puzzi.»
Lupus ficcò il naso dentro la tunica e annusò. «Un po' hai ragione» fu costretto ad ammettere.
Adelayde gli riservò una smorfia, poi fece per andarsene.
«E adesso dove vai?» la fermò Lupus.
«A cercare mio padre.»
Lupus si affrettò a seguirla. «Vengo anche io!»
Adelayde si fermò in mezzo al corridoio per lanciargli un'occhiataccia. «Ma non ti aveva detto di aspettarlo in studio?»
Il ragazzino sfoderò di nuovo il suo sorriso sdentato. «Ehi, io sono Lupus. Non faccio mai quello che mi viene detto.»
Adelayde alzò gli occhi al soffitto, ma fu costretta ad accettare che il tizio cencioso la seguisse. Insieme si incamminarono verso i piani superiori, in direzione della stanza circolare che usavano sempre come una sorta di sala delle discussioni, dove prendevano le decisioni importanti riguardo alla scuola. Lupus la tempestò di domande a proposito del castello, della magia e di tutto quello che gli passava per la testa. Adelayde rispondeva usando il minor numero di parole possibili. Fu costretta ad ammettere con se stessa che il ragazzo era sveglio, vispo e con un intelletto vivace. Ma non l'avrebbe mai detto ad alta voce.
«Questa scala sale da sola, come per magia!» commentò estasiato Lupus, quando Adelayde pronunciò la parola d'ordine – che conosceva perché gliela aveva rivelata il padre – per accedere alla Sala Circolare.
«Muoviti.» La ragazzina gli diede uno spintone per farlo salire sulla scala di pietra. Girarono e girarono, finché non arrivarono ad un pianerottolo dove si trovava un grosso portone di legno pregiato, che era stato lasciato socchiuso. Dall'interno, si sentivano distintamente le voci di due adulti che parevano litigare.
«Hai intenzione di stare qui ad origliare?» sussurrò Lupus, sgranando gli occhi.
«Sssh!» gli fece segno Adelayde, premendo l'indice sulla bocca.
«Oh, be'» commentò Lupus, stringendosi nelle spalle. Così i due ragazzini si acquattarono a terra e presero ad ascoltare.
«Sei assolutamente incoerente!» stava dicendo una voce squillante, con un tono piuttosto alterato.
«Non sappiamo nulla sulle origini del ragazzino» replicò un'altra voce più pacata. Sembrava proprio quella del padre di Adelayde.
Lupus ebbe la spiacevole sensazione che stessero parlando di lui.
Il primo interlocutore scoppiò in una risata forzata. «Appunto, potrebbe essere uno dei tanto odiati figli di Babbani.»
Adelayde sibilò proprio come un serpente. «Quell'idiota di un Godric!»
L'insulto soffocato non sfuggì alle orecchie attente di Lupus. Quel tizio doveva proprio stargli simpatico!
«Io non odio i figli di Babbani» replicò Salazar, la cui pacatezza sembrava sul punto di incrinarsi. «Dico solo che dovremmo essere più selettivi nel decidere chi istruire.»
«E scegliere solo quelli di nobile stirpe?» La provocazione era partita dal tizio con la voce squillante di nome Godric. Lupus pensò che doveva essere un mago molto coraggioso o molto stupido per divertirsi a stuzzicare qualcuno che teneva come animale da compagnia un Basilisco.
Salazar sbuffò. «E scegliere solo quelli istruiti, colti e con spiccate doti magiche.»
«Quindi nobili» provocò ancora una volta il mago coraggioso. O stupido.
«Godric, per favore.» Ad intervenire era stata una donna, dalla voce calda e accogliente. Sembrava trepidante di preoccupazione.
«Grazie, Tosca.» Salazar era ritornato calmo e ragionevole. «Vi ho già spiegato mille volte come la penso al riguardo» disse ai suoi ascoltatori. «Quasi tutti i figli di Babbani sono analfabeti. Godric, quel tuo Ethelbert, per esempio: come faccio ad insegnargli a distillare pozioni, quando non sa contare più in là di dieci perché non ha abbastanza dita?»
Probabilmente Godric fece per dire qualcosa, ma Salazar non glielo permise. «Per non parlare delle loro famiglie» continuò. «O devo ricordarvi il motivo per cui abbiamo applicato degli Incantesimi Repelli Babbani al castello?»
Adelayde rabbrividì: era solo una bambina quando era successo, ma se lo ricordava come se fosse stato ieri. Il padre di uno degli studenti si era rifiutato che il figlio gli venisse portato via per essere istruito come stregone, per cui aveva chiamato a raccolta tutti gli uomini del suo villaggio e insieme avevano assaltato il castello con pietre e fiaccole, gridando che erano dei mostri, dei figli di Satana e che dovevano morire tra le fiamme. Era stata una notte terribile e per anni Adelayde non era più riuscita ad addormentarsi senza incubi.
«Le tue sono solo scuse per scacciare dal castello tutti coloro che tu non ritieni degni di studiare qui!» tuonò Godric, facendo trasalire i due ragazzini nascosti dietro la porta. «Che fine ha fatto il mago appassionato che voleva creare una scuola dove istruire tutti i giovani maghi dell'Inghilterra?»
«Sono ancora qui.» Il tono di Salazar era tagliente come una lama affilata dai folletti.
«No, tu sei solo un vecchio brontolone che si mette in testa assurde idee sul sangue puro» rispose Godric, duro e spietato. «Salvo poi contraddirti da solo per un ragazzino di cui non sai nemmeno il nome... e questo solo perché tu usi la scusa del sangue puro per ammettere solo gli studenti che vanno bene a te!»
«Non è vero!»
Lupus si rese immediatamente conto che la discussione stava degenerando. E, per quanto fosse curioso di sapere cosa stesse succedendo, desiderò immensamente essere da tutt'altra parte che non nascosto dietro la porta di una stanza in cui due maghi pericolosi stavano litigando.
«Ah no? Secondo te dovremmo ammettere solo studenti colti, intelligenti, ben dotati, ambiziosi... quelli sono i TUOI studenti, Salazar! Perché non puoi accettare che io possa valutare anche altre qualità oltre al fatto di saper leggere il latino?» gridò il mago dalla voce squillante.
«Perché una scuola dovrebbe essere fatta per istruire, Godric! Che cosa posso insegnare ad uno che non sa nemmeno scrivere il suo nome?» replicò Salazar, ormai perso ogni segno di pacatezza.
«Il coraggio, la lealtà, gli incantesimi di difesa!» Il tono di Godric lo faceva somigliare terribilmente ad un qualche dio del tuono e del fulmine. «Non tutto passa per i tuoi amati libri, Salazar!»
«Una scuola che insegna gli incantesimi a persone che non saprebbero nemmeno riconoscerli se li vedessero scritti in un libro non credo che sia quella dove vorrei insegnare.»
Il gelo calò nella stanza. Perfino Lupus rabbrividì.
«Oh, Salazar....» mormorò sconsolata la donna che era intervenuta prima.
Per un po' l'uomo non le rispose. «Non so come proprio tu possa accettare questo, Priscilla» commentò alla fine.
«Ci sono altre forme di intelletto che vanno al di là del saper leggere o scrivere, Salazar» rispose un'altra voce femminile, più fredda e distaccata. «Non dovremmo escludere a priori una tipologia di studenti. Ci sono tante cose che potremmo insegnare anche ai figli di Babbani.»
«Bene. Se la pensate tutti così, forse non sono più il benvenuto tra voi.» Il tono del mago era mortalmente serio.
«Salazar, non dire queste sciocchezze!» proruppe accorata la strega dalla voce calda.
Salazar, ancora una volta, la ignorò. «Vi chiedo solo di permettere al giovane Lupus di studiare qui» continuò. «Tra i miei studenti, ovviamente.»
Adelayde lanciò a Lupus uno sguardo sorpreso. Il ragazzino, sentendosi chiamato in causa, ritirò la testa tra le spalle, come se temesse di essere accusato di qualcosa.
«E tu cosa farai?» gli chiese la strega preoccupata.
«Io? Andrò a cercare delle prove per dimostrarvi che ho ragione.»
«Ragione su cosa?» indagò quella di nome Priscilla, sospettosa.
I due ragazzini sentirono dei passi avvicinarsi a loro. «Sul fatto che gli studenti migliori sono quelli di nobili origini» rispose Salazar, la voce talmente vicina che doveva essere dall'altra parte della porta.
«Sta per uscire!» sibilò Adelayde e, veloce come un rettile, afferrò la manica di Lupus e se lo trascinò dietro in una rocambolesca fuga giù dalle scale di pietra. Ritornarono in corridoio appena in tempo: riuscirono a mescolarsi al gruppo di studenti che si era radunato fuori dalla Sala Circolare, probabilmente attirato dalle grida, cosicché nessuno avrebbe potuto accusarli di aver origliato.
Salazar scese le scale inseguito dagli altri maghi, finché tutti e quattro non si trovarono di fronte gli occhi curiosi dei loro studenti.
«Salazar, ti prego di ripensarci.» La voce calda apparteneva ad una strega con il viso paffuto e benevolo e grandi occhi gentili.
«Signore, cosa succede?» intervenne un giovanotto allampanato, con le guance incavate e le palpebre pesanti.
«Cygnus.» Salazar si voltò verso il suo giovane assistente, uno dei primissimi studenti che aveva preso sotto la sua ala protettiva ad Hogwarts. «Affido a te la direzione dei miei allievi.»
Il giovanotto lo scrutò con aria perplessa. «Per quale motivo, signore?»
Salazar fece guizzare i suoi occhi grigi attraverso i corridoi, dalle faccette ansiose degli studenti, a quella accorata della strega paffuta e a quella astiosa del grosso mago barbuto con la casacca rossa con ricamato un grifone. «Perché io devo lasciare Hogwarts» annunciò infine, prima di allontanarsi a grandi passi, in un turbinio di mantello grigio.
Scoppiò il caos. Gli studenti presero a vociferare, la notizia si sparse veloce come un soffio di vento, mentre tutti si chiedevano cosa fosse accaduto per indurre il mago a quella decisione.
Lupus approfittò del pandemonio che si era venuto a creare per inseguire Salazar senza essere visto. Sgattaiolò alle sue spalle silenzioso come un serpente, pedinandolo fino al suo studio, dove l'uomo cominciò a radunare alcune delle sue cose sulla scrivania. Solo quando fu sicuro che nessuno li aveva seguiti, pensò di rivelarsi, ma il mago lo precedette.
«So che sei lì, Lupus» gli disse, senza nemmeno voltarsi.
«Vi ho seguito, signore» rispose Lupus, sperando di non essere troppo impertinente. «Non volevo dirlo davanti a tutti gli altri.»
«Dirmi cosa?» Finalmente Salazar smise di trafficare con i libri per voltarsi verso di lui.
Lupus fece un passo avanti. «Che non dovete andarvene per colpa mia. Me la sono cavata da solo fino ad adesso, riuscirò a cavarmela ancora.» Non gli sembrava giusto che il mago dovesse lasciare la sua scuola perché aveva litigato con gli altri sul fatto di ammetterlo o meno. Gli sarebbe piaciuto poter studiare magia in quel castello così accogliente, ma poteva benissimo tirare avanti come aveva sempre fatto. Forse non sarebbe tornato dal vecchio falegname, ecco, quello no. Però poteva andare alla ricerca degli Antichi Romani e magari scoprire qualcosa sulla sua famiglia.
Salazar si chinò su di lui e gli mise le mani sulle spalle. «Lupus, hai tutte le caratteristiche che cerco in uno studente: intelligenza, scaltrezza, cultura, ambizione, un po' di codardia e soprattutto tacito eroismo. Te ne mana solo una e io dimostrerò di aver ragione.»
Lupus non ebbe il coraggio di chiedere quale fosse la caratteristica che gli mancava.
«Apprezzo molto chi sceglie di essere eroico senza sbandierarlo davanti agli altri, ma questa volta non ci sarà bisogno del tuo sacrificio silenzioso.»
Salazar lo guardò con intensità. «Ho un compito da svolgere. Così potrò sbattere in faccia a Godric il fatto che avevo ragione.»
«Che gli studenti migliori sono quelli di nobili origini?» si azzardò Lupus, ricordando come si era conclusa la conversazione di prima.
Salazar si raddrizzò e gli rivolse un sorriso pieno di orgoglio. «Che gli studenti migliori sono quelli come te.»










Carissimi,
ecco qui il secondo capitolo della mini-long che ho scritto per il contest Noi amanti degli O.C. – Lunga vita al Personaggio Originale!, indetto da Emilia zep.

Ecco, avete visto entrare in scena in questo capitolo un sacco di gente nuova: il mio OC Adelayde e nientepopodimeno che i fondatori! Su i figli dei fondatori ho da fare una precisazione: l'unica di cui abbiamo notizia è Helena, ma considerando i Gaunt, che sono eredi di Salazar, e gli Smith, che sono discendenti di Tosca, immagino che almeno loro due abbiano avuto figli. Così ho deciso di regalare anche a Godric una discendenza (che si perderà nella storia!).
Quanto a Godric, so di averlo caratterizzato in modo un po' bizzarro, ma me lo immagino così: un grande mago, lesto di bacchetta, e di buon cuore, ma anche irascibile, litigioso e impulsivo. L'esatto opposto di Salazar, insomma. Credo comunque che i due fossero buoni amici, almeno all'inizio, e che poi la situazione sia peggiorata per la maggiore iracondia di Godric e la testardaggine di Salazar nel voler rifiutare studenti analfabeti. Ho cercato di far esporre a quest'ultimo le sue ragioni sul rifiuto dei Nati Babbani, anche pensando alla società del X secolo. Avanti, chi non sarebbe d'accordo con lui? ;)
QUI, intanto, godetevi la mia rappresentazione dei fondatori, all'epoca della fondazione di Hogwarts!

Nel prossimo e ultimo capitolo, scopriremo dov'è andato Salazar... e avremo notizie sulla famiglia di Lupus!
Grazie a tutti!
A presto,
Beatrix B.

   
 
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