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Autore: vale93    08/12/2014    6 recensioni
«C'era qualcosa di estremamente strano e inquietante nel modo in cui si era comportato Malfoy quel giorno, quasi non fosse stato lui a parlare, ma un ragazzo con le sue sembianze. Rivalutò l'ipotesi di un compagno della serpe imbevuto di polisucco, ma ciò le sembrò ancora più assurdo. Chi mai si sarebbe arrischiato a rubare l'identità al figlio del Mangiamorte più temuto della scuola, e per quale scopo?»
La storia si ambienta durante l'ultimo periodo di apprendistato ad Hogwarts, e non tiene conto degli ultimi avvenimenti riguardanti il viaggio del trio in cerca degli Horcrux nè del fatto che Silente sia stato assassinato. Niente di ciò che avviene nell'ultimo libro ha a che fare con questa fiction, che si propone come uno spaccato sulla vita di due dei più interessanti personaggi della saga, sui quali molti aspetti sono rimasti oscuri.
Sul vero carattere di Draco, sul suo rapporto con gli altri, su quello che può succedere fra due individui ostili nel momento in cui si trovano a interagire in ragione di una scommessa ruota la storia che vi apprestate a leggere, la quale trae il suo titolo dall'omonima canzone di Fabrizio Moro.
Genere: Mistero, Romantico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Blaise Zabini, Draco Malfoy, Hermione Granger, Il trio protagonista | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VI libro alternativo
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Capitolo 15
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Il corridoio era lungo, più di quanto lo ricordasse. I suoi piedi lo percorsero al centro, seguendo le mattonelle, mentre lungo le pareti diversi studenti si fermavano a guardarla.
Li sentì ridere, dirsi qualcosa all'orecchio. Ignorò le loro voci e si sforzò di non notarli. A un tratto qualcuno le si parò davanti, avanzando sicuro fra la folla. Lo vide avvicinarsi sempre di più, come se avesse voluto scontrarla, per poi spostarsi all'ultimo. Si girò con un senso di agitazione addosso e si stupì di incontrare gli occhi di Malfoy, illuminati da una fiamma di ilarità. Non era lo stesso che le aveva camminato contro. Uno scoppio di risa la colpì alle orecchie, e lei girò la testa abbassando lo sguardo.
Il muro era finito.
Restò a fissarlo smarrita non capendo come avesse fatto a non accorgersi di essere ancora lì. Alle sue spalle il corridoio ricominciava allungandosi a ritroso, come all'interno di uno specchio. Si girò, alzando gli occhi dal pavimento: gli stessi studenti di prima parlavano ignari fra di loro, come se non l'avessero ancora vista. Tornò indietro, stringendosi i libri al petto, e di nuovo qualcuno si girò al suo passaggio. Uno a uno, tutti i presenti ripresero a spiarla prima con sospetto, poi sempre più platealmente. Tornarono le risate e le prese in giro soffocate. Alzò gli occhi su di loro, irritata, e fra le cravatte verdi intravide gli occhiali di Harry, e la zazzera rossa di Ronald. Dietro di loro, c'era anche Ginny. Si fermò, sbalordita, e loro presero a bisbigliare sottovoce sorridendo, fissandola insieme al resto della folla di studenti. Improvvisamente, fu come se tutta la scuola si fosse fermata intorno a lei, per ridere di qualcosa di cui non si rendeva conto. Sentì freddo alle gambe e abbassò gli occhi sui suoi piedi. Si accorse di essere senza scarpe, scalza come una pazza o una barbona; e senza il resto dei vestiti.
Aprì gli occhi di scatto. Le pupille dilatate affondarono nel buio, mentre una coltre pesante schiacciò il suo corpo immobile sul letto. Sentì le ossa rigide, come se le avesse tenute in tensione per tutta la notte. Era mattina.

Attraversò il pian terreno lanciandosi discretamente un'occhiata alle spalle. In cuor suo, provò un segreto sollievo nel constatare che nessuno faceva caso a lei, proprio come tutti i giorni. Tirò un sospiro silezioso.
Erano passati anni, ormai, dall'ultima volta in cui aveva avuto un incubo. Credeva di essersi lasciata alle spalle quella fase. Lo specchio l'aveva destabilizzata più del previsto...
A mente rivide la sua lastra scura e irrealmente traslucida spiccare nell'oscurità della stanza. Ebbe un brivido.
Ricordò tutto ciò che sapeva sul suo potere, che aveva ascoltato di nascosto e che aveva imparato da Harry: lui ci aveva visto i suoi parenti, quelli che conosceva in foto e quelli che non aveva mai visto; Ronald se stesso vestito da caposcuola e capitano di Quidditch.
Aveva pensato che potesse mostrare cose impossibili, quando li aveva sentiti per la prima volta, ma adesso sapeva che non era così. Lo Specchio delle Brame rivelava fedelmente ciò che di più profondo e segreto si celava nei desideri di un uomo, ma soprattutto nelle sue paure.
Il timore di Harry era sempre stato quello di non avere nessuno su cui contare. Quello di Ronald di non essere all'altezza dei suoi innumerevoli e brillantissimi fratelli. E il suo, ovviamente, quello di non essere all'altezza di tutti.
Girò l'angolo per la sala dei banchetti, gonfiando il petto con un respiro profondo. Vederli tutti lì, dentro allo specchio, con le loro cravatte verdi e i sorrisi stampati sulle facce, era stato orribile. Quegli stessi occhi che di solito la  fissavano con scherno, quelle bocche da cui non uscivano che insulti.. I loro sorrisi sembravano essere lì per rassicurarla, eppure l'avevano inquietata profondamente. Era davvero questo, quello che si celava in fondo al suo cuore? Credeva di essersi lasciata da tempo quel passato alle spalle. Credeva di non volerlo più.
Chiuse gli occhi. Il volto di Malfoy, dentro allo specchio, la fissò spettrale. Aveva sentito il sangue gelarsi, davanti a quel viso, come sotto a una doccia ghiacciata. Eppure avrebbe potuto aspettarselo.
Dal giorno in cui era arrivata lì, sei anni prima, goffa e impettita come solo una ragazzina estremamente insicura poteva essere, il ragazzo biondo dall'aria strafottente e un intero albero genealogico di sangue puro nelle vene aveva espresso il suo giudizio su di lei prima ancora di presentarsi come si deve: inferiore. Era stato semplice. Se mai aveva creduto di potersela cavare in un mondo completamente nuovo, ci sarebbe comunque stato qualcuno che l'avrebbe sempre e incondizionatamente buttata giù. Era una legge che non poteva cambiare. Ma se non fosse stato per lui, e i suoi insulti, forse, a nessuno sarebbe venuto in mente di ghettizzarla. Lui era stato quello che l'aveva additata per primo. Era naturale che lo specchio gliel'avesse mostrato: lo sapeva.
Riaprì le palpebre, ricordando la luce negli occhi grigi del riflesso. Era naturale che lo specchio le avesse mostrato Malfoy, era naturale che le avesse mostrato tutti gli altri compagni di Serpeverde. Era naturale che si fosse ricordato di ciò che negli anni aveva tentato di soffocare. Ma c'era qualcosa, di profondamente anormale, nel resto.
Un sorriso.
Labbra.
Mano sul fianco.
La pelle si increspò come l'onda del mare sotto a un soffio di vento. Sentì le guance imporporarsi, esattamente come la sera prima, e sprofondò nel disagio. Perchè questo? Perchè lo specchio non si era fermato a quell'apparente riappacificazione, quella fratellanza improbabile ma assolutamente innocua col suo peggior incubo e nemico di sempre?
Sentì le dita stringersi sulla sua pelle come se la avessero toccata sul serio, nella realtà. Eppure stavano solo nella sua testa. Questo non faceva parte delle sue paure, si disse. Nè tantomeno dei desideri. Non faceva parte di lei. Il viso del ragazzo si inclinò leggermente sui suoi capelli, sorridendole malizioso da dentro lo specchio. Deglutì.
Non aveva mai pensato a Malfoy in termini che non fossero di odio o di volontà di rivalsa. Non aveva mai pensato a Malfoy. E sinceramente tremava all'idea di chiedersi perchè avesse visto il suo riflesso toccarla. Quello non sembrava semplicemente un modo per farla sentire a suo agio. Quella non sembrava semplicemente gentilezza. Sprofondò la testa fra le spalle, entrando nella sala a occhi bassi.

Quando la vide entrare abbassò istintivamente lo sguardo, cercando di rendersi il meno visibile possibile. Appena se ne rese conto, lo rialzò, e controllò che nessuno dei compagni se ne fosse accorto.
Portò gli occhi alla sua chioma ricciuta, che avanzava verso il tavolo dei Grifondoro senza degnarlo di uno sguardo; e si sentì ridicolo.
La visione dello specchio era stata quantomeno destabilizzante, per i suoi nervi, e ancora non era riuscito a metabolizzarla. Non voleva incontrarla. Si sedette meglio sulla sedia, fissando il piatto vuoto davanti al suo naso.
La sensazione era quella di un equilibrista in bilico su un filo sottilissimo.
Aveva pensato tutta la notte a quello che era successo. Ci aveva ragionato profondamente, lungamente, ripetutamente. E, arrivata la mattina, aveva trovato la risposta in fondo a se stesso. Non aveva dovuto faticare troppo per scovarla.
Lasciò che l'immagine della ragazza affiorasse nella sua mente stanca, leggermente modificata dal potere dello specchio. Era seria, forse poco più grande di adesso, nei lineamenti. Aveva una certa tranquillità nel volto, una certa pace, che le conferivano una maturità ancor più evidente di quella che già normalmente traspariva dai modi. Era una proiezione. La ragazza che gli stava impalata a fianco non mostrava di certo la stessa posatezza. Eppure in un primo momento non era riuscito a capirlo.
Distratto dalla presenza dell'altra figura, sullo sfondo, che lo guardava con la stessa espressione di pacifica tranquillità, aveva lì per lì creduto che si trattasse di un riflesso. Eppure era evidente, sul suo viso, che non lo fosse. Aveva dovuto spostarla di lato, convinto di vederla sparire, per rendersene conto. Il corpo non si era mosso, restando immobile nella sua posizione dentro allo specchio, davanti alla figura della donna. Entrambe lo guardavano sorridendo e solo allora se ne era accorto: avevano lo stesso sguardo.
Rabbrividì, cercando di frenare l'ondata di panico e al contempo di arrendevole consapevolezza che lo pervadevano dall'interno. Avrebbe dovuto intuirlo già, probabilmente, eppure era come se non ci avesse mai pensato prima.
Non sapeva cosa stesse a significare con precisione, ma era abbastanza intelligente da rendersi conto che qualcosa significava per forza. L'aveva lasciata entrare.
Come poteva, arrivato a quel punto, continuare a far finta di nulla?
Si alzò da tavola seguendo gli studenti verso l'aula di lezione. Sedette al banco, rigido. Di colpo, tutte le facce attorno gli sembrarono scrutarlo, come se avessero potuto leggergli nel pensiero. Che cosa doveva fare?
Inclinò la testa. Aveva visto il sorriso sul suo volto, in quell'immagine. Ma sapeva che era destinato a svanire. Così come quello dell'altra figura. Lui era la causa per tutte e due. Chiuse le mani a pugno, una dentro l'altra.
Che alternative c'erano? Avrebbe dovuto annullare la scommessa, prima dello scadere della settimana? La gita era alle porte e lui sapeva, ricordava bene, quali erano state le sue ultime parole. Entro la prossima uscita.
Oppure poteva fingere di esserci riuscito, rovinarle la reputazione ma in fondo cosa importava? lei non lo avrebbe saputo. E avrebbero potuto continuare a frequentarsi di nascosto, come ora.
Scosse la testa.
Non poteva pensare veramente una cosa del genere. Era una brava persona, in fondo. Lo aveva aiutato con la traduzione della pergamena senza che lui la avesse nemmeno mai ringraziata; si era fidata di lui. Non meritava di essere rovinata a quel modo. Anche se probabilmente non lo avrebbe scoperto. Non meritava che lui lo facesse.
Si passò una mano fra i capelli, sospirando. E allora? Continuare con il piano avrebbe significato distruggere ogni tipo di rapporto con lei. Ma desistere, tirarsi indietro all'ultimo, era impensabile. Una resa da parte sua, oltre che totalmente lesiva per la sua reputazione, sarebbe risultata talmente strana da scatenare i sospetti di tutti, che avrebbero trovato il modo di scoprire qualcosa. E questo avrebbe portato a conseguenze. D'altra parte, dirle la verità non poteva essere una buona idea: non avrebbe capito. Anzi, avrebbe messo in dubbio anche la sua attuale sincerità.
Sentì la pelle formicolare sotto ai vestiti, come in preda a una febbre. Un nodo dentro alla gola si ingrossò sempre di più, soffocandolo. Se avesse mai provato una sensazione simile prima, avrebbe certamente saputo che si trattava di senso di colpa. Ma non lo conosceva, e tutto ciò che sentiva era quel fastidio soffocante alla trachea. Non lo meritava, si ripetè, solamente. Non se lo meritava.

Il pomeriggio lasciò un bigliettino anonimo sul tavolo della biblioteca. Hermione lo trovò al suo posto, una volta entrata. Diceva: Ho dimenticato di dirtelo, non posso venire.
I suoi occhi scuri lo lessero più di una volta, come per capirlo bene, e poi fissarono il legno liscio del banco vuoto.
A cena sbirciò il tavolo dei Serpeverde, per guardare se ci fosse. A tratti lo scorgeva, la zazzera bionda spiccava in mezzo a quella degli altri ragazzi, ma subito dopo spariva, come se si fosse accorta dei suoi occhi. Sembrava che la stesse evitando.
Abbassò la fronte, fissando la tovaglia imbandita della mensa.
Prima dell'inizio del pasto il preside abbandonò il trono di legno sul quale sedeva e comunicò un annuncio sbrigativo agli studenti. In vista delle imminenti partenze per le vacanze, la gita mensile a Hogsmeade era stata di comune accordo anticipata di due giorni, in modo da permettere a ognuno di partecipare. Quel sabato si sarebbero recati al villaggio, per lasciare liberi i partenti di raggiungere le famiglie a inizio settimana.
Hermione percepì una lieve agitazione proliferare fra i posti a sedere. L'avviso aveva scatenato una certa inquietudine e diversi ragazzi cominciarono a parlottare e a sporgersi dai posti. Anticipare a sorpresa un'uscita a Hogsmeade non era certo una cosa da niente: c'era chi ci metteva settimane per trovare il coraggio di invitare qualcuno.
Durante la cena rimuginò sulla visione dello specchio, cercando di analizzarne i particolari. Aveva pensato subito a ciò che da sempre l'aveva spaventata di più, e di conseguenza aveva rappresentato il suo più profondo desiderio: l'essere accettata da chi la disprezzava. Aveva visto i compagni serpeverde guardarla con stima, aveva visto l'emblema delle sue insicurezze sorriderle affabile. Ma non era tutto. C'era quel sorriso, sul volto del ragazzo, che continuava a mandarla in subbuglio. Perchè non riusciva a mandare giù il cibo?
Forse lo specchio era rimasto influenzato dalla presenza di due soggetti da esaminare. Forse lo avevano confuso, e aveva finito col mischiare due visioni differenti. Forse se ci fosse tornata da sola...
Fuori dalla sala venne fermata da una mano, che le si poggiò cautamente sulla spalla.
-Hermione-
Girò gli occhi verso la voce e quelli azzurri del ragazzo l'accolsero macchiati da uno strano sentimento.
-Ron-
-Vieni con me a Hogsmeade?-
Sentì la mente svuotarsi istantaneamente di ogni pensiero, mentre un soffio improvviso le gelava lo sterno.
-Cosa?-
-Con me- ripetè lui lievemente in imbarazzo -Alla gita.-
Fu come se le avessero dato una sberla. Improvvisamente le insinuazioni di Malfoy tornarono a farsi sentire nelle sue orecchie, così come quelle di Cormac. Impallidì. Stava già per aprire bocca e farsi uscire uno sproloquio quando qualcosa alla sua destra attirò la sua attenzione. Il suo timpano percepì le voci di qualcuno mettersi d'accordo sullo stesso proposito: riconobbe Neville, che porgeva un invito identico a Luna. Con la coda dell'occhio vide Harry avvicinarsi impacciatissimo a Ginny. E capì.
-Oh..- rispose, tirando silenziosamente un respiro. Come aveva potuto pensare una cosa tanto sciocca? -Certo.. Sì, mi sembra una buona idea.-
-Ah- fece lui, sbigottito. -Fantastico, sono felice che tu abbia...-
-Tranquillo- lo interruppe sorridendo debolmente. -Ho capito.-
Le guance di Ron sembrarono improvvisamente andare a fuoco, ma Hermione girò la testa verso la rossa, che accettava incredula la proposta del suo migliore amico. Osservò le sue guance tingersi di piacere, e gli occhi chiari esprimere un'inaspettata gratitudine. Sentì il cuore scaldarsi, pungendola come un ago.
Forse era arrivato il momento di pensare a qualcosa che non riguardasse solamente lei. Aveva dimenticato che erano giorni che non riusciva a parlarle? Forse tutta quella confusione la stava veramente allontanando dai suoi amici, come aveva intuito giorni prima. Forse, era arrivato il momento di farsi perdonare.
Dall'entrata della sala, Malfoy osservò la scena in piedi lungo lo stipite. Aveva atteso che lei uscisse, in modo da non rendersi visibile nell'affluire degli studenti, ma poi si era fermato sull'uscio. Li vide allontanarsi silenziosamente verso le scale, accompagnati dal gruppo di Grifondoro. Dentro allo stomaco, una fitta acuta come una spina lo trapassò da parte a parte, bruciandolo.
-Draco.-
Sussultò, sentendosi avvicinare da qualcuno. Blaise lo fissò con i grandi occhi blu macchiati da qualcosa di indefinito.
-Va tutto bene?-
-Certo- rispose, riprendendosi brusco.
Zabini aggrottò le sopracciglia fissandolo serio. -Possiamo parlare?-
-No, no, devo.. ho da fare-
-Ti devo parlare-
-Lasciami in pace.-
Sgranò gli occhi, vedendolo allontanarsi schivo con espressione tetra.
-Pensi di continuare a evitarmi ancora per molto?- gli gridò.
Lui non rispose. Si allontanò, raggiungendo i sotterranei e affrettandosi a sparire dai corridoi.
In quel momento, capì che avrebbe dovuto allontanarli; uno a uno, ogni singola persona presente ai Manici di Scopa il giorno della gita. Non sapeva cosa dire, non sapeva cosa fare, ma era certo, di questo era certo, che avrebbe dovuto evitarli il più possibile. Almeno fin quando non avesse preso una decisione. Si chiuse in camera prima che avesse il tempo di incrociare chiunque fosse. Fuori, un paio di occhi scuri osservarono incuriositi la sua porta.

-Gin-
Si girò, in piedi sulla scala che portava dritta verso il terzo piano. L'intera massa di studenti delle due torri risaliva lentamente verso i dormitori, chiacchierando. L'amica la fissava da basso, i grandi occhi castani lucidi di preoccupazione, i capelli cadenti ai lati del viso.
-Che c'è?-
-Possiamo parlare?- le chiese.
-Di cosa?-
-Beh.. di quello che succede.-
-Ah- sbuffò. Un verso ironico, che somigliava a una risata smorzata. -Adesso ne vuoi parlare.-
-Perdonami, ma neanche tu hai fatto nulla per venirmi incontro.-
La rossa si girò, fissandola seria dall'alto di quello scalino in più.
-Io?- esclamò -Non dovevo essere io a costringerti. Non sono più la tua confidente, a quanto sembra.-
-Che stai dicendo?- si accigliò.
-Oh, non fare la finta tonta adesso- rispose -Non era di questo che volevi parlare?-
-Pensavo avessi qualcosa che non va- disse salendo più su, -Pensavo ci fosse qualcosa che ti affligge!-
-A me?- rise. -Se anche fosse. Perchè dovrei parlarne a una che di suo non mi dice niente?-
Boccheggiò, sgranando gli occhi come se non se lo aspettasse. Ma Ginny non le permise di parlare.
-Prima che tu lo faccia- disse alzando una mano per frenarla, -Ero sveglia l'altra notte- si fermò. -E il segnalibro del tuo libro.. è fermo da un mese.-
Hermione chiuse le labbra sentendo il cuore fermarsi in gola. Incontrollabilmente, le guance si scaldarono sotto pelle, e lei avvertì le punte delle orecchie scottare.
-Io..-
-Non sei obbligata a parlarne. Per questo non ti ho chiesto niente.-
Abbassò gli occhi, sentendosi in imbarazzo. Allora se ne era accorta.
-E' per questo che eri arrabbiata?-
Inarcò un sopracciglio.
-Credevo ti fosse successo qualcosa- tornò a guardarla -Credevo te la fossi presa perchè non sono rimasta con te quella sera..-
Ginny sgranò gli occhi. -Cosa?!- esclamò -Io aspettavo soltanto che tu mi parlassi. Invece di inventare scuse con mio fratello, e sparire nel nulla all'improvviso!-
Strinse le labbra.
-Ci ho parlato la mattina dopo- disse severamente -Avevi detto di dover correggere i suoi compiti. Ma lui non ti ha vista.-
Hermione non ribattè nemmeno, avvilita.
-Pensavo ci dicessimo tutto.-
Restò in silenzio, cercando di metabolizzare l'idea di essere stata tutt'altro che furba, tutt'altro che giusta e tutt'altro che sincera con una delle sue più care e vecchie amiche.
Abbassò gli occhi sulle sue scarpe, deglutendo.
-Ti chiedo scusa- disse dopo un minuto.
La rossa restò in ascolto.
-Ho sbagliato, lo so. Ed erano già diversi giorni che volevo dirtelo. Non volevo tenerti all'oscuro di niente, te lo assicuro, ma... E' tutto molto complicato da spiegare- fece una pausa.
Ginny dall'alto la squadrò accigliata, a metà strada tra il sospetto e la curiosità.
-Devo farti vedere una cosa.- disse poi tornando ad alzare gli occhi. -Lo so che adesso è facile dirti che voglio raccontarti tutto, ma fidati che lo avrei fatto, prima o poi. Ho bisogno di parlarne a qualcuno e, prima di tutto, ho bisogno di portarti in un posto.-
Ginny fece per aprir bocca, ma Hermione la afferrò per un braccio e, appena la scala si mosse per cambiare direzione, saltò svelta sul pavimento del terzo piano, trascinandola.
-Che cosa..- Ginny sgranò gli occhi, sentendosi afferrare. -Ma che ti salta in mente?!- esclamò atterrita guardando la voragine vuota che si spalancava sotto di loro, rabbrividendo al pensiero del volo che avevano rischiato di fare appena due secondi prima.
-Sei impazzita?- disse voltandosi stralunata.
-Non essere esagerata, voli su una scopa tutte le domeniche.-
L'amica boccheggiò sconvolta ed Hermione la prese per mano, portandola con sè all'interno del corridoio illuminato.
-Devi promettermi che non ne parlerai con nessuno- disse guidandola attraverso i corridoi. -Soprattutto con Harry, e con Ron. E' una cosa che ho scoperto che nessuno studente dovrebbe conoscere, Silente l'ha fatta nascondere dopo anni di allontanamento.-
Ginny alzò le sopracciglia, probabilmente credendola impazzita. -Hermione, mi stai facendo preoccupare...-
La riccia scosse la testa, muovendo i boccoli castani, e all'improvviso svoltò in un'aula nascosta, proprio accanto a una corazza.
Al suo interno lo specchio giaceva scuro come quella stessa notte, incassato sul fondo della stanza.
-Ma cosa- Ginny si guardò attorno spaesata, spostando gli occhi dai banchi accatastati al lungo oggetto lucido di fronte a loro.
Hermione ci si era avvicinata silenziosamente, e lo fissava con espressione seria come se ci cercasse qualcosa all'interno.
-Vieni- le disse facendo cenno con un braccio, e lei la raggiunse.
I suoi occhi si fissarono sul proprio riflesso, teso e contrito come quello di non molte ore prima. Accanto al suo, quello della ragazza guardava incredulo il proprio volto. Poi, lentamente, i capelli rossi e gli occhi azzurri svanirono nella nebbia, dissipandosi come fumo. Al suo posto, una coltre vaporosa, inconsistente, e un gruppo di pallidi volti presero forma sullo sfondo, esattamente come quella notte. Vide i loro lineamenti farsi distinti, i loro occhi espressivi, e un corpo accanto al suo spiccare davanti alle loro divise.
Non alzò subito lo sguardo. Improvvisamente, una strana sensazione si fece strada dentro di lei, portandole alla mente un ricordo. Aveva già vissuto una scena simile. Si era ritrovata davanti a uno specchio, in cerca di una qualche visione.. Aveva chiesto di vedere il volto di un ragazzo che avrebbe potuto accompagnarla lì, davanti a quell'acqua, sulla riva di un lago.

Lentamente, sollevò gli occhi verso il volto dentro allo specchio, percorrendo i centimetri della sua divisa fino al colletto bianco, e alla cravatta verde. Il ragazzo la guardò coi lucenti occhi grigi, la stessa espressione ridente e maliziosa sul volto.
Sentì la gola seccarsi come una foglia.
Vide i suoi capelli gialli, i lineamenti sottili, le labbra pallide. Il braccio era fermo lungo il fianco, ma con la testa continuava a chinarsi sui suoi capelli scuri. Deglutì. Il corpo di Ginny, accanto a lei, era immobile. Probabilmente stava avendo anche lei una visione. Avvertì la consapevolezza raggiungerla lentamente da un angolo nascosto nella sua mente, senza fare nulla per fermarla. Lei era lì, ma non era nello specchio. Non la vedeva. Le stava proprio accanto, quasi attaccata, ma nello specchio non c'era. C'era lui, come quando ci era venuta la prima volta.
Abbassò gli occhi.
-Gin..- disse, sussurrando appena il suo nome dalle labbra. L'amica girò la testa a guardarla con una strana aria. -Devo dirti una cosa... Ma prometti di non arrabbiarti.-










Precisazione: avendo meticolosamente tenuto il conto dei giorni nell'arco del mese, il 20 Dicembre, secondo la successione settimanale che ho dato alla fic, sarebbe dovuto cadere di lunedì. Ma, stando al libro della Rowling, in cui non è mai specificato con precisione l'inizio delle vacanze natalizie, che però sembrano collocarsi poco dopo la metà del mese di Dicembre, ho pensato che fosse più logico spostare la gita a sabato 18, in modo da far partire tutti quanti lunedì 20.
Lo so, è solo una storia inventata e mi sto comportando come se Silente si fosse impossessato di me e io dovessi dirigere una scuola, ma mi piace fare le cose in maniera credibile e in più questo mi dà la possibilità di giocare un altro po' col tempo, cosa che nella vecchia versione non avevo fatto.


Passando ad altro, so che questo capitolo non è avvincente come gli altri, che volete vedere interagire H. e D. fra loro, che vi state mangiando le mani in attesa di un bacio, una dichiarazione, uno sconvolgimento epocale, ma mi serviva questo capitolo di passaggio. Nel prossimo penso, se non al 100%, almeno all'80, di soddisfare le vostre aspettative.

Ringrazio le 7 bellissime persone che hanno commentato il capitolo precedente e che mi hanno lasciato tante impressioni, per lo più positive. Penso che la visione di Hermione avesse già lasciato intendere qualcosa, ma che con questo capitolo vi si sia chiarito che la questione va un po' al di là della semplice attrazione o non attrazione per Malfoy. Difficile dare un'interpretazione esatta. A tal proposito vi lascio questa simpatica intervista, in cui fra le diverse domande poste alla Rowling compare quella di che cosa vedrebbe Hermione nello Specchio delle Brame se ci si specchiasse nel sesto libro. La risposta della R. è carina, perchè oltre al riferimento a Voldemort fa intendere che, in quello specifico momento, H. potrebbe ragionevolmente vedere se stessa e un'altra persona insieme. Questo mi ha fatto capire che lo specchio, sebbene riveli solo ciò che di più profondo e viscerale si nasconde nei nostri desideri, è capace anche di cogliere ciò che al momento sta diventando - o è già diventato - un desiderio. Ecco perchè oltre al tema delle sue insicurezze (di cui la stessa R. parla) ho voluto inserire l'ambiguità sulla figura di Malfoy. Paure e desideri si mischiano nel capitolo e si mischiano anche nella figura stessa del ragazzo. 

Ultima cosa e poi giuro sparisco: vi ricordate quando all'inizio della fic, più precisamente all'interno del secondo capitolo, avevo fatto dire a Malfoy: "Se c'è una cosa di cui sono fermamente convinto è che ognuno in questo mondo ha quello che si merita. La feccia verrà trattata come feccia, i signori da signori e le puttane da puttane" ?
Hermione si è guardagnata, se non l'affetto, per lo meno la sua stima, e una sorta di riconoscenza, in queste settimane, e se non è ancora allo stesso livello di Blaise (per cui abbiamo già detto che prova un senso di rispetto, così come per Nott e i genitori), di sicuro non è più al livello di partenza.

Vi lascio e conto di aggiornare prima di Natale, se esami e impegni vari me lo consentono. Un bacio a tutti!

 Vale
   
 
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