Capitolo
VI
Era
svenuta, forse, o entrata in uno stato di trance da cui si era
ripresa molto lentamente.
Intorno a lei non era cambiato nulla, se
non le immagini alla televisione che ora mandava in onda un talent
show i cui concorrenti, conduttori e spettatori erano felici, lontani
dal dramma di cui di certo avano sentito al notiziario, pensando
magari si trattasse dell'ennesimo suicidio dovuto alla crisi
economica e del lavoro.
E pazienza, forse avevano speso qualche
parola contro i politici ma poi erano tornati subito alle loro gioie
personali, a ciò che li portava a non voler fare la stessa
fine di
quell'uomo.
Claudia, invece, si sentiva strana, in un certo senso
non aveva neanche realizzato quello che era successo, non poteva
credere che Oscar, il suo migliore amico per tanti, tantissimi anni,
se ne fosse andato in quel modo.
Era vero, lo aveva fatto già
una volta, durante il loro ultimo incontro, quando l'aveva lasciata
su quella panchina, sola e persa come si sentiva in quel momento. Ma
era diverso, e non solo per via della ineluttabilità della
morte.
Spense la tv e il cellulare, così come le luci della
camera e del bagno.
Si mise a letto, gli occhi sbarrati fissavano
il buio e la mente vagava e lavorava per concetti semplici, parole
banali ma dolorose come coltelli.
Oscar. Morte.
Suicidio.
Iniziarono a scendere lente e calde, le lacrime sul suo
volto, alternate ai singhiozzi, ai ricordi, alle domande senza
risposta.
Si addormentò piangendo e passò una seconda notte
difficile, svegliandosi spesso.
Sempre sudata, sempre tormentata
da quello che era successo, dall'assurdità di come poco
prima era
stata felice di sentire la voce di suo figlio e poco dopo tutto il
suo mondo era crollato.
Sentì il bisogno di qualcosa, di
qualcuno che la calmasse, qualcuno a cui aggrapparsi in quelle ore,
ma era totalmente sola.
Quando suonò la sveglia, che aveva
impostato ben prima di tutto quello, si trovò ben lontana
dall'essere riposata e pronta a partire, svolgendo così
tutte le sue
azioni in modo meccanico e con la testa da un'altra parte.
In
stazione comprò “Il Messaggero” nella
speranza di avere qualche
notizia in più sulla morte di Oscar, ma non ebbe subito il
coraggio
di aprire il quotidiano.
Prese svogliatamente un secondo caffè e
si avviò verso il binario per prendere posto e cercare di
riposare
ancora, perché la stanchezza, tanto fisica quanto mentale,
sembrava
impedirle di stare in piedi.
Guardava con ansia l'orologio, erano
appena le otto e lei desiderava fossero già le nove, ora in
cui
avrebbe potuto telefonare a Davide.
Aveva bisogno di lui, di
abbracciarlo, di parlarci.
Aveva bisogno di suo marito, del suo
amore.
Non sapeva se l'uomo avesse sentito la notizia o meno, ma
in ogni caso l'unica persona che voleva al suo fianco era lui.
Avrebbe dovuto inoltre parlare con suo padre, dopotutto Oscar era
stato, per un periodo, come un terzo figlio per lui, ma non erano di
certo discorsi da fare al telefono.
Provò a distrarsi ascoltando
un po' di musica, guardando fuori dal finestrino e pensando ad altro,
ma non era semplice allontanare tutti i ricordi che le saltavano alla
mente in quel momento.
Ricordi che erano rimasti nascosti per
dieci anni, tornati raramente prima di quella terribile notizia ma
ancora vivi e nitidi nella sua memoria.
Dalla sera prima non
aveva avuto nessun contatto con il mondo esterno a lei, eccezione
fatta per l'uomo alla reception dell'albergo, un paio di commesse in
stazione e il controllore sul treno.
Così, quando lo riaccese,
dovette mettere il telefonino subito in modalità silenziosa
per
colpa dei numerosi squilli.
Diverse mail, un paio di sms dai
parte di colleghi romani, uno da uno di Torino, tre chiamate perse da
suo padre e ben cinque da parte di Davide.
Capì subito che non ci
sarebbero state molte parole da dire; quelle telefonate spiegavano,
con buone probabilità, che anche loro sapevano.
Telefonò al
marito mentre il treno lasciava Porta Garibaldi e gli ultimi
passeggeri saliti a Milano prendevano posto.
Il magistrato
rispose dopo soli due squilli, e il tono della sua voce non nascose
l'ansia con cui aspettava quella chiamata.
Ma Claudia fu di poche
parole, avrebbero di certo parlato meglio di persona.
- Hai
impegni di lavoro questo pomeriggio?- Gli chiese semplicemente.
-
No, non importanti.- Rispose Davide.
Aveva capito, dai suoi
silenzi, dalle sue pause e dal suo tono basso e cupo, che la moglie
volesse chiedergli una cosa sola.
- Puoi venire a prendermi in
stazione?-
- Sì, amore, stai tranquilla.-
Nessuno parlò di
Oscar, nessuno dei due fece riferimenti espliciti, ma capivano
entrambi il motivo di quella telefonata.
Si salutarono dopo
qualche altro attimo di silenzio e Claudia ne approfittò per
chiamare suo padre.
Anche con lui scambiò poche parole, tra cui
l'assurda domanda “come sta?”.
- Hai bisogno di qualcosa,
tesoro? Vuoi che venga da te quando arrivi?-
- No, papà, stai
tranquillo. Mi viene a prendere Davide e andiamo a casa. Avrei voluto
tornare a lavoro, questo pomeriggio, ma francamente non me la sento.-
- Fai bene, devi riposare.- Sospirò il signor Oreste.
Poi
aggiunse la frase che tutti pensavano ma che nessuno aveva ancora
esplicitato – Io non riesco ancora a crederci.-
Questa volta fu
Claudia a sospirare e commentare con un semplice –
già.-,
lasciando cadere il discorso e, dopo poco, salutando anche lui.
Spense di nuovo il cellulare e appoggiò la testa al
finestrino.
Non aveva più pianto, dalla sera prima, e anche se
le sarebbe piaciuto sfogarsi in quel momento non fu in grado di
farlo.
Non era solo la vergogna di piange in pubblico, era
proprio che il dolore che teneva dentro sembrava non voler uscire in
nessun modo.
Rimase così a lungo, ferma a guardare il mondo che
le scorreva intorno.
Fu scossa da una delle hostess del treno
diverso tempo dopo, quando già avevano superato Bologna.
-
Signora si sente bene?- Le chiese cortesemente.
- Sì, la
ringrazio.- Rispose Claudia rimettendosi a sedere con ordine e
ringraziando la donna.
Accese il tablet e controllò la posta
elettronica cercando di riprendere i contatti con la parte del mondo
non interessata da quello che era successo.
Rispose alle mai del
lavoro e scrisse a un collega dicendo che aveva avuto un impegno per
il pomeriggio e che sarebbe tornata solo il giorno successivo.
In
fine si mise a sfogliare le foto che teneva sul dispositivo
elettronico.
Erano foto di famiglia, alcune ancora lì
dall'estate precedente.
Avrebbe dovuto sistemarle e sceglierne
qualcuna da fare stampare.
Col passare degli anni, in un mondo
sempre più informatizzato e digitalizzato, anche lei e
Davide si
erano convertiti alle macchine fotografiche digitali con le loro
memorie enormi e gli scatti quasi illimitati, ma per Claudia era
ancora molto importante far uscire alcune di quelle immagini,
certamente le più belle, dall'hard disk o dalla memory card.
Le
piaceva riempire casa di fotografie, poter girare nelle stanze e nel
corridoio guardando le immagini di suo figlio che cresceva o
dell'amore sempre forte che scorreva tra lei e il marito.
Vedere
la sua vita felice in quelle foto la tirò un po' su, l'idea
che il
mondo non si fermasse neanche in momenti così drammatici
l'aiutò a
tentare di ragionare a mente più lucida su quello che
sarebbe stata
la sua vita da quel momento in poi.
L'assenza fisica di Oscar era
tale da parecchio tempo, ma la consapevolezza della sua morte sarebbe
stata un difficile fardello con cui vivere, una ferita che non si
sarebbe mai chiusa.
Ma doveva continuare a vivere, forse anche
per lui che aveva rinunciato a farlo.
Quando arrivò a Roma trovò
il marito sulla banchina del binario ad attenderla.
Non
disse nulla, si limitò a sprofondare tra le sue braccia.
Non
pianse, non singhiozzò, non fece null'altro, semplicemente
ribadì
il suo desiderio di andare a casa.
Anche il viaggio di ritorno fu
silenzioso, ma ad ogni semaforo rosso l'uomo staccava la mano dal
cambio e cercava quella della moglie come a dire che lui c'era, era
lì e le sarebbe rimasto accanto in ogni caso.
Claudia non parlò
neanche una volta tornata tra le mura domestiche, andò sul
letto a
riposare senza riuscire a ricordare da quanto non dormiva davvero.
Si addormentò in fretta, e Davide la accarezzò e
baciò
dolcemente sulla fronte prima di andare a finire di scrivere un
documento per il lavoro.
Lui Oscar lo aveva conosciuto poco, ci
era uscito qualche volta, naturalmente assieme a Claudia, ma non
erano mai stati considerabili amici.
Di certo però sapeva quale
fosse stato il rapporto tra l'uomo, ai tempi solo un ragazzo, e sua
moglie, potendo così solo immaginare cosa provasse in quel
momento
la sua amata.
Si concentrò sul suo lavoro e si accese un
sigaro.
Non fumava spesso, anche perché Claudia era molto
contraria, ma ogni tanto gli piaceva gustare in bocca il sapore di un
buon sigaro o di un buon tabacco da pipa.
Lo calmava, lo
rilassava, e in quel momento ne aveva bisogno.
All'ora di pranzo
si chiese se non fosse il caso di svegliare la donna, ma quando la
vide con in volto un'espressione tranquilla, ben lontana da
ciò che
provava da sveglia in quella giornata, decise di lasciarla riposare.
Accese
la radio mentre preparava e pranzava, mettendosi ad ascoltare musica
sinfonica, un altro modo utile a rilassare i nervi.
Dopo ave
mangiato si mise anche lui a riposare, stringendo dolcemente la vita
della moglie per averla più vicina, quasi a volerla
proteggere da
qualcosa.
La donna si svegliò verso le quattro, e la prima cosa
che fece fu accarezzare il marito addormentato proprio come aveva
fatto lui con lei qualche ora prima.
Ovviamente Claudia non
poteva saperlo, ma le venne in mente il pensiero fatto il giorno
prima, quando all'ora di pranzo aveva sentito alla televisione del
suicidio senza poter immaginare quanto la riguardasse da vicino e la
mente era corsa alla sua più grande fortuna, la sua
meravigliosa
famiglia.
Restò qualche minuto accoccolata al suo amore, dopo
che anche lui si fu risvegliato, e lo fece ancora in silenzio, fino a
che non le venne un'idea.
- Andiamo a prendere Guido a scuola?-
Domandò a voce bassa.
- Sei sicura? Te la senti, amore.-
-
Sì, stare con mio figlio mi farà bene. Vedere
lui, gli altri
bambini, la vita che in ogni caso continua... tutto questo adesso non
può farmi che bene.-
Sospirò stirandosi e alzandosi dal
letto
Ci sperava davvero di sentirsi meno triste tenendo tra le
braccia suo figlio, proprio come era successo quella mattina sul
treno quando si era messa a guardare le fotografie sul tablet.
-
Dovresti dirlo a tuo padre, in ogni caso, oggi sarebbe dovuto andare
a prendere lui Guido all'asilo.- Stava per aggiungere un
“come al
solito” ma lo omise appena in tempo.
Non voleva essere una
cattiveria, sarebbe stata una semplice constatazione, ma in quel
momento Claudia gli pareva così fragile che ogni parola
poteva
essere di troppo.
- Non gli diciamo nulla, gli farà piacere
vederci. E poi magari possiamo fare un giro, portare Guido al
parco... non so, non ho voglia di stare chiusa in casa.-
-
Tranquilla, va bene.- Le sorrise.
Poi la donna andò a farsi una
doccia e prepararsi.
Alle cinque, come tutti gli altri genitori,
erano davanti all'asilo.
Trovarono il signor Oreste già lì, e
l'uomo appena li vide abbracciò la figlia, la quale
però non disse
nulla, rimandando ogni discorso, certamente triste, ad un altro
momento.
Il sorriso che comparve sulla faccia di Guido quando
vide la mamma, il papà e il nonno tutti insieme fu pari solo
a
quello che aveva la mattina di Natale quando apriva i regali posti
sotto l'albero.
Saltò in braccio al padre correndo, e subito
dopo Davide passò il bambino tra le braccia della moglie,
che se lo
strinse al petto per qualche minuto prima di sistemarlo
sull'armadietto per cambiarlo.
- Lo sai che ho fatto un disegno
di te a Torino? Solo che l'ho fatto ieri e adesso è a casa-
Disse il
piccolo mentre la madre gli metteva un giacchettino di jeans.
- Va
bene, amore, a casa me lo farai vedere. Adesso pensavamo di andare a
prendere un gelato al laghetto, ti va?-
- Sì, sì! Viene anche il
nonno?-
- Certamente.- Sorrise la donna, e vide sulle labbra del
suo bambino la sua più grande vittoria, una
felicità che sperò lui
potesse conservare ogni giorno della sua vita.
Uscirono dalla
scuola materna ancora ridendo e si avviarono in macchina verso il
laghetto dell'Eur, dove passarono tutti insieme un bel pomeriggio
alla fine del quale, mentre tornavano a casa, presero delle pizze da
asporto per evitare a Claudia di doversi mettere a cucinare.
Soltanto dopo cena, quando Davide andò a mettere a letto il
figlio, il signor Oreste ebbe la possibilità di parlare con
sua
figlia iniziando dalla dolorosa domanda già fattale quella
mattina
al telefono.
- Come stai?-
La donna stava sistemando gli
ultimi piatti appena lavati e il padre sedeva al tavolo già
sparecchiato con davanti a sé ancora la tazzina del
caffè.
Claudia
si sedette a pochi centimetri da lui, si sistemò i capelli
dietro le
orecchie e, forse per temporeggiare, si versò un bicchiere
d'acqua.
Solo dopo aver bevuto rispose alla domanda del padre.
- Sono
confusa, papà. Più che triste, più che
arrabbiata o non so che
altro mi sento confusa. Saranno ventiquattro ore che ho saputo di
Oscar e guarda quante cose ho già fatto; sono tornata da
Torino,
quattro ore e settecento chilometri di viaggio, sono andata a
prendere mio figlio all'asilo, l'ho portato al parco, siamo tornati a
casa, abbiamo cenato. Lo vedi che vita faccio, come siano anni che il
mio tempo libero si è ridotto al minimo indispensabile
necessario
alla mia sopravvivenza nervosa.
Eppure, in tutto questo, oggi non
ho tolto neanche un attimo il pensiero da Oscar e dal suo gesto.
Per
anni è stato il mio migliore amico, una delle poche persone
di cui
mi fidassi oltre te e Gianluca.
Poi, d'improvviso, a causa della
mia scelta ci siamo persi, e i credevo che sarebbe stato
così per
sempre
Eppure ieri, da ieri, è come se questi dieci anni non
siano mai esistiti, mi pare quasi di aver ricevuto la notizia della
sua morte poche ore dopo averlo salutato per l'ultima volta.
Sono
confusa. Per via di quello che è successo o per via della
mia vita
intera, non lo so, ma sono confusa.-
Respirò e tossì come per
liberarsi il petto da qualche peso, poi bevve di nuovo. Aveva parlato
in modo concitato, e alla fine era rimasta senza fiato.
Così le
ci volle qualche secondo prima di poter replicare la domanda e
chiedere al padre come stesse a sua volta.
Lui alzò le spalle e
fece un cenno di incapacità a rispondere, Claudia non
riuscì ad
interpretarlo in maniera differente, e non fece un discorso molto
diverso da quello della figlia.
- Sono abbastanza scosso anche io.
Ieri sera, dopo aver visto il telegiornale, sono stato a lungo
indeciso sul telefonarti o meno, ma poi ho capito che alla fine le
possibilità erano due; o già lo sapevi, e di
certo via telefono non
sarei riuscito a darti conforto, o ancora non sapevi nulla e non sono
notizie che si possono dare in quel modo, anche se forse pure saperlo
dalla televisione non è il massimo.-
Commentò.
- Certe
notizie sarebbe meglio non riceverle e basta, certe cose sarebbe
meglio non accadessero, punto, ma che importanza ha? Non possiamo
nulla su questi eventi.- Aveva risposto la donna.
- Già... in
ogni caso, quando mi sono poi ritrovato a televisione spenta, prima
di andare a letto, o provato la tua stessa sensazione di
confusione.
Anche se sicuramente non sono mai stato legato ad
Oscar quanto lo eri tu, e sarebbe stato strano il contrario,
è
inconcepibile pensare che un ragazzo che ho praticamente visto
crescere tra le mura di casa mia se ne sia andato in questo modo. Se
quindici anni fa mi avessero detto una cosa simile non ci avrei mai
creduto.-
- D'altra parte immagino non avresti neanche creduto a
qualcuno che ti avesse detto come sarebbe andata la mia, di vita.
Vedi, papà, è come dicevo prima, non abbiamo
possibilità di
decidere praticamente nulla, nel bene e nel male.-
Dopo che
Claudia finì di parlare rimasero in silenzio per qualche
minuto,
fino a che Davide non rientrò in cucina.
A quel punto la donna
si alzò e disse che sarebbe andata a dormire.
- Sono stanca, e
domani volevo portare mio figlio all'asilo prima di andare a
lavoro.-
- Torni già a lavorare?- Le domandò il marito
stupito.
Il signor Oreste non disse nulla, ma fece una faccia abbastanza
esplicita, come a dire che forse non sarebbe stato il caso.
- Sì,
mancano poco più di due settimane alle elezioni e non posso
fermarmi
proprio adesso, lo sapete. Poi Guido non sa e non deve sapere nulla
di quello che è successo, e non mi va di farmi vedere triste
da lui.
Nessuno replicò alla sue parole, e in breve il padre
salutò la
coppia per tornare a casa sua.
Claudia si mise subito a letto,
mentre il marito rimase ancora alzato diverso tempo.
La donna si
accorse di non sentirsi di nuovo bene, la schiena le doleva molto
così come il fianco sinistro, e anche la respirazione era
fiacca.
Durante la giornata non si era sentita bene, più a
livello mentale che fisico, ma in quel momento le sembrava che la
situazione fosse improvvisamente peggiorata.
Si addormentò con
difficoltà, e svegliandosi per caso a metà della
notte le venne
spontaneo cercare l'abbraccio del marito marito ancora addormentato,
stringendosi a lui come avrebbe voluto fare nelle due dolorose notti
torinesi.
Il giorno seguente trovò di nuovo la forza di andare
avanti grazie al sorriso di Guido e alla sua gioia nell'essere
accompagnato a scuola dalla madre.
Le aveva consegnato il disegno
fatto un paio di giorni prima e Claudia, dopo avergli dato il libro
comprato per lui a Torino, lo aveva messo in una cartellina dove
teneva diversi fogli di lavoro, nella speranza di ritrovarlo ogni
tanto per caso e sorridere proprio come quando stava con lui.
Amava
suo figlio, era ciò che di più bello aveva al
mondo, il motivo per
andare avanti in ogni situazione.
A lavoro passò una giornata
tranquilla, in quel periodo lo stress maggiore glielo dava la
campagna elettorale.
Verso l'ora di pranzo sentì due deputati
socialdemocratici, uno dei quali suo amico, parlare del suicidio di
qualche giorno prima, e stette ben attenta a non farsi mettere in
mezzo alla discussione, soprattutto per non mostrare l'espressione
addolorata che le si era dipinta sul volto.
Nel pomeriggio, con
una rapida ricerca su internet, aveva scoperto che i funerali si
sarebbero svolti il giorno seguente, e senza pensarci due volte aveva
deciso che vi sarebbe andata.
Da sola, senza nessuno, senza farsi
vedere.
Lo stesso articolo, preso da un quotidiano on-line, diceva
che l'uomo era solo, si era sposato qualche anno prima ma il
matrimonio era durato poco e di figli non ce ne era stata neanche
l'ombra.
Inoltre aveva lavorato a lungo come operaio in una
fabbrica che da poco aveva chiuso e il giornalista, improvvisatosi
psicologo e sociologo, imputava più o meno velatamente a
questo la
decisione di Oscar di togliersi la vita..
Claudia aveva lasciato
perdere quelle affermazioni, da tempo aveva capito e interiorizzato
come i motivi di un sucida non si potessero comprendere né
tanto
meno raccontare, ma sapere che lui non aveva era riuscito a
realizzare nessun sogno, forse perché di sogni non ne aveva
mai
avuti, le metteva ancora più tristezza.
Anche quel giorno riuscì
ad andare a prendere suo figlio, ma tornarono poi direttamente a casa
perché lei era stanca Guido lo aveva capito.
In serata aveva
parlato con il marito spiegandogli che il giorno successivo sarebbe
andata al funerale, per poi passare da casa a cambiarsi e recarsi a
lavoro nel pomeriggio.
- Ma non mi aspettate per cena, farò
tardi, questa settimana ho fatto davvero poco.-
Non era del tutto
vero, non aveva poi così tanto da fare da dovesi fermare
fino a
tardi fuori casa, ma sapeva che tenersi impegnata in quel modo
l'avrebbe aiutata a stare meglio.
Era andata a letto presto anche
quel giovedì, e quando si era svegliata il
venerdì mattina erano da
poco passate le otto e in casa non c'era già più
nessuno.
Aveva
fatto colazione con la televisione spenta e un silenzio tombale
intorno, un vuoto che le riempiva la testa di pensieri.
Si era
preparata come al solito, con la differenza che i vestiti che aveva
scelto non erano quelli che usava quotidianamente, di colori neutri
ma pur sempre chiari.
Era vestita di nero, eccezione fatta per la
camicetta bianca, e, benché sapesse che quello fosse il
colore del
lutto oltre che del suo stato d'animo, non si sentiva a suo agio.
Più che il nero, forse, il problema erano proprio quegli
abiti
così seri e formali, e sì che erano anni che che
Claudia vestiva in
quel modo, per lavoro ma anche nel tempo libero.
Eppure erano due
giorni che gli ultimi dieci anni della sua vita erano stati spazzati
via come da un tornado.
In quel momento le sembrava di avere di
nuovo vent'anni e si vedeva imbranata e fuori luogo in quegli abiti
da donna in carriera.
Se Oscar l'avesse vista non l'avrebbe di
certo riconosciuta.
Ma lui non c'era più, e in fondo aveva smesso
di riconoscerla fin troppo tempo prima, altrimenti le cose non
sarebbero andate in quel modo.
Dopo essersi truccata si era
guardata allo specchio e aveva accettato l'idea che anche in quel
momento la routine era prevalsa sui suoi sentimenti; stava andando a
salutare per sempre una delle persone più importanti della
sua vita
ma si preparava facendo attenzione ai dettagli come se fosse un
qualsiasi giorno, preoccupandosi di essere in ordine almeno fuori,
nascondendo anche a se stessa la confusione che provava dentro.
Si
avviò verso la chiesa, una chiesetta piccola vicino al
quartiere
dove erano cresciuti, con la sua macchina, questa volta facendosi
compagnia con la radio.
Era una bella giornata di sole, faceva
caldo e Roma era come al solito caotica e troppo rumorosa.
La
chiesa era piena ma davvero piccola, e Claudia riuscì a
vedere ai
primi banchi i fratelli e i genitori di Oscar.
Rifletté qualche
minuto, poi decise di non andar da solo a salutarli e porgergli le
sue condoglianze.
Non li vedeva da troppi anni, e di certo in quel
momento il disprezzo di quelle persone per l'apparato statale era a
livelli inimmaginabili.
Ne
era sicura, con ogni probabilità loro sapevano cosa avesse
fatto
lei, in quegli anni, e di certo a quel punto l'avrebbero vista
semplicemente come una personalità politica e non come la
vecchia
migliore amica del loro caro.
Era meglio rimanere nell'angolo in
fondo alla chiesa dove si era messa.
In piedi, appoggiata al muro,
come fosse un fantasma.
Aveva
riconosciuto anche altre persone, gente del quartiere, ed era stata
ben attenta a non farsi scorgere neanche da quelli.
Seguì
l'intera funzione in piedi, e verso la metà sentì
un forte dolore
alla schiena, di nuovo, ma, non potendo far nulla per porgli fine, si
limitò a contorcere il viso in quella smorfia di dolore che
sempre
più spesso la rappresentava.
Riuscì invece a tener nascosti
diversi colpi di tosse che imputò al fresco del luogo sacro,
e si
sentì sciocca nel non essersi portata nulla per coprirsi.
Non
entrava in chiesa da moltissimo tempo, aveva smesso di credere in un
Dio ancora prima della fine delle superiori, ma aveva sempre avuto un
gran rispetto dei Fedeli, soprattutto di quelli che in occasioni di
una drammaticità simile si affidavano alla Religione in
cerca di un
minimo di conforto.
Soltanto mentre la bara si avvicinava
all'uscita Claudia si sporse leggermente verso la navata centrale per
accarezzare dolcemente il legno scuro.
E lo fece con indosso già
gli occhiali da sole, per non farsi notare ma, soprattutto, per non
mostrare gli occhi rossi e le lacrime che iniziavano a scenderle.
Poi si ritrasse indietro e attese che la folla uscisse prima di
allontanarsi anche lei dalla chiesa.
Tornata alla macchina rimase
diversi minuti ferma con il motore spento, rilassando la schiena
appoggiata al sedile e continuando a piangere.
Non voleva farlo,
anche perché doveva guidare, tornare a casa e sistemarsi per
il
lavoro, ma almeno un poco voleva sfogarsi in quel modo.
Le pareva
tutto così assurdo.
Mise in moto dopo poco e si ributtò nel
traffico.
Arrivò a casa che era ormai ora di pranzo, si fece
un'insalata veloce e si cambiò.
Indossò un paio di pantaloni e
una camicetta entrambi chiari, sperando di modificare il suo umore
assieme ai suoi abiti.
Poco prima delle quattro era di nuovo al
suo scranno, impegnata a finire dei lavori per il partito.
Nessuno
notò il suo arrivo e nessuno le fece quindi domande, cosa
che non le
dispiacque affatto.
Rimase
a Montecitorio fino alle nove, ora in cui si accorse che stava
continuando a temporeggiare senza concludere nulla, e si mosse per
tonare verso la sua dimora.
Non aveva fame, in quel periodo le
capitava spesso, ma si prese ugualmente un gelato prima di
riprendere, ancora una volta in quella giornata, la macchina.
Guidò
piano nella notte romana, e allungò lungo le vie del centro,
faceva
giri che neanche era certa di conoscere senza però
preoccuparsi
della possibilità di perdersi, come se neanche quello la
spaventasse.
Continuava a figurarsi nella mentre il corpo del suo
migliore amico nella bara, immaginandolo, perché aveva avuto
la
fortuna di non vederlo, e in testa aveva le solite parole che le
rimbombavano da tre giorni.
Impossibile. Assurdo.
Quando
finalmente entrò nel suo appartamento si tolse le scarpe,
salutò
con un gesto rapido suo marito e corse nella cameretta del bambino
che già dormiva.
Senza fare rumore si sdraiò al suo fianco e
iniziò a coccolarlo.
Quanto le era mancato in quella giornata
così difficile.
Per la prima volta dopo anni Claudia quasi
rimpianse di non avere fede in nessun Dio.
Più di quando quella
mattina aveva pensato a chi dopo quel lutto poteva rifugiarsi nella
Religione, cosa che alla fine non era certo poco, in quel momento
aveva davvero sentito il peso del suo ateismo, perché le
sarebbe
piaciuto chiedere a qualche entità sovrannaturale di
proteggere il
suo bambino e di non fargli provare mai ciò che stava
provando lei.
Ma
la sua parte più razionale, quella che le aveva impedito di
impazzire fino a quella sera, sapeva benissimo che non ci fosse
nessuna divinità ultraterrena capace di salvare chi amava
dai drammi
della vita.
Rimase accanto a suo figlio ancora per qualche minuto,
poi gli diede qualche bacio sulla fronte e, stando sempre attenta a
non svegliarlo, lasciò la cameretta per andare nella sua
stanza e
mettersi a letto.
Si cambiò rapida e, benché mancasse davvero
poco all'estate, si mise sotto le coperte.
Era dolorante, le
pareva di aver male anche a parti del corpo che non credeva potessero
mai dar fastidio.
Cercò a lungo una posizione per riposare
comoda ma quando, parecchio tempo dopo, Davide entrò in
camera non
era ancora riuscita a prendere sonno.
Alla fine si mise su un
fianco e provò a dormire.
Bastarono pochi istanti; nel momento in
cui sentì il marito sdraiarsi nel lato del letto opposto al
suo
grosse lacrime iniziarono a scenderle e in breve cominciò a
singhiozzare.
Lui non disse nulla e la strinse a sé.
Fu lei a
parlare con la voce roca.
- Mi manca Oscar, mi manca da morire.-
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Buonasera
e buon 2015 a tutt* :)
Spero l'anno sia cominciato bene anche a
voi :D
Allooora, cosa possiamo dire su Claudia? Siamo quasi al
primo giro di boa, questo difficile lutto modificherà
ciò che la
protagonista pensa della sua situazione, ma questo basterà
ad
aiutarla? O è troppo tardi? *risata malefica*
Scherzi a parte
nulla, io sono ben avanti nella scrittura quindi potrò
aggiornare
con più frequenza :)
Io ringrazio ancora una volta chi segue, in
qualunque modo, la storia, e se vi va di lasciare una recensione con
commenti/pareri/consigli/correzioni siete ben accett* <3
Buon
inizio settimana,
;Sun