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Autore: La sposa di Ade    14/01/2015    2 recensioni
Fuga e inseguimento. Preda e predatore.
Sembra semplice, sembra poco più che un gioco.
Ma è quando si scopre il vero volto della vittima che le cose si complicano, è quando si scoprono i motivi di tali azioni che i cuori tremano.
Un conflitto tra razze e ideali, tra ciò che è giusto e ciò che è necessario.
[In revisione] [Possibile continuo]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 4 - Umanità

Quella a cui giungono è una piccola locanda rustica; conta giusto due piani dal tetto basso, appare come una struttura avvolta dall'abbraccio di moltissimi altri edifici molto più grandi e imponenti. L'oste è gentile e saluta la donna come se non fosse diversa dal chiunque altro, e non fa domande quando la vede portarsi appresso un volto sconosciuto.

Mentre la vede sedersi sul letto pochi passi davanti a lui Reynard si dice di nuovo che sarebbe meglio ucciderla, perché è consapevole che il bisogno di qualcuno che si fidi di noi, che ci desideri, di qualcuno di prezioso, è una cosa ben difficile da sopprimere. Si può imparare a convivere con il dolore, con il rimorso, con il disgusto, non con la nostalgia.
Invece si china e le copre gli occhi con una mano. Non la sente irrigidirsi né sobbalzare, ma star ferma dov'è, candida e pienamente fiduciosa, con una punta d'indifferenza che fa male più di tutto il resto: come se, dopotutto, vivere o morire non faccia molta differenza, e quindi se ne starebbe là, tra le sue mani, e se lui lo volesse si lascerebbe schiacciare.
Reynard piega il capo quel tanto che serve a posare le proprie labbra su quelle di lei. Dolci, fresche come acqua lieve, quelle labbra non hanno nulla di inebriante o di seducente: sono solo delicate, sottili, ali di farfalla, come le sue ciglia contro il palmo delle mano che si chiudono e poi si spalancano, ali di farfalla, mentre trattiene il respiro e lui sente quel soffio sulla bocca, ali di farfalla, farfalla.
L'altra mano gliela passa tra i capelli, districandone i nodi con gentilezza, fino a posarla sul collo. Due dita contro la spina dorsale, medio e indice, appena sotto la prima vertebra; il pollice che preme su un punto vitale. Basterebbe stringere un po' la mano. Serrarla. Cadrebbe come nel sonno, e non si accorgerebbe nemmeno di lui che le taglia la gola. Sarebbe dormire. Sarebbe un sollievo, no? ... per lei che, come lui, è un'assassina con il terrore del sangue e di ciò che è stato.
Lei deve aver capito cosa sta per accadere, ma non si muove. Forse non le importa. Forse, come tanti altri, ha deciso che va bene anche così.
"Non ho intenzione di ucciderti." Sussurra, quasi a se stesso.
La mano di Reynard scioglie la stretta lieve attorno al collo e risale tra i capelli, accarezzandoli con delicatezza. La sente premere verso di lui con il viso, per cercargli di nuovo le labbra con le proprie: trovatele, sembra assaggiarle con cautela, come non sapesse bene cosa farne, prima con la bocca, poi con la punta del naso, gentilmente, e infine di nuovo con le labbra.
Reynard pensa che aveva creduto che non avrebbe mai ricevuto un bacio così. Reynard pensa che aveva creduto che si sarebbe portato quella mancanza nella tomba, insieme a tutte le altre, e adesso che la sperimenta si domanda come può aver fatto senza per tutto quel tempo: perché le labbra sono calore, e anche il profumo è calore, i capelli sono calore, e il modo in cui lei lo cerca è calore.

Quando si stacca da lei, dopo quelli che forse sono stati cinque secondi, forse cinque minuti, più probabilmente cinque secoli, la ragazza alza una delle sue mani pallide e se la posa sulle labbra: due dita, con incertezza, come se volesse sentire anche con i polpastrelli com'è il sapore che le è rimasto addosso.
Non le vede gli occhi, perché glieli copre ancora con la mano, ma la sente distintamente arrossire: è un calore, una vampa, che sale sulle guance e gli scalda le dita posate sulla sua pelle.
"Maeve" E' la prima volta che la chiama per nome. E' la prima volta che la chiama in qualunque modo, a dire il vero, e la vede sussultare appena, prima che mormori:
"Sì...?"
Vorrebbe sfiorarle le labbra di nuovo. Vorrebbe toglierle la mano dal viso e chiederle di guardarlo, mentre la bacia, per vedere cosa le passa negli occhi. Vorrebbe stare puramente così, un altro po', per godere di quel calore vergognoso ed imbarazzato che gli accarezza la mano.
"Chiudi gli occhi."
Le ciglia gli sfiorano il palmo, di nuovo, abbassandosi docilmente.
"Adesso ti lascio andare. Tu non devi aprirli finché non sono uscito. Mi hai capito?"
Lei stacca le dita dalle proprie labbra, tutto ad un tratto, e le solleva di scatto per stringere il polso che le copre il viso: è veloce, registra oziosamente Reynard, tanto che l'ha vista a malapena muoversi. Lei gli stringe il braccio per un attimo, quasi volesse trattenerlo, prima di lasciare ricadere la mano sul materasso.
"Hai capito quel che ti ho detto?"
Lei annuisce. Reynard si china ancora, dopo un attimo di perfetta immobilità, e si ferma con le labbra ad un soffio dalle sue: la vede dischiudere le proprie, il respiro come un sibilo appena percettibile, quasi aspettasse qualcosa. Ma lui piega la testa e si allontana, lasciandola semplicemente andare.
Obbediente all'ordine ricevuto, Maeve ha gli occhi chiusi. Non voleva essere guardato, Reynard, né leggerle in viso quel
rimani che sa essere dipinto nei suoi occhi perlacei: sarebbe stata una sferzata di nostalgia che non ha voglia di tollerare, adesso. Indietreggia lentamente, e si chiude la porta alle spalle.
Tentenna nel fare il passo successivo. Avverte ancora il suo calore avvolgerlo come una soffice comperta, la avverte mentre, con infinita calma e lentezza, si corica a letto.
È come se il suo sangue cantasse. Sente la sua anima anche ora, lo cosparge di stanchezza e lo riempie di una strana sensazione. È come se fossero collegati, ora, Reynard vede in modo diverso, si trova a sperare di poter rivedere l'alba, quando in realtà non ha mai prestato attenzione a certe cose. Reynard si sente vivo e paradossalmente l'urgenza, il tempo che è agli sgoccioli, perde completamente importanza, perché capisce che lei ha scelto di lasciarsi morire pur di assaporare la vita.
Reynard capisce di non riuscire a rinunciare, non ancora, a quelle sensazioni che sono come un fuoco tiepido in mezzo a una tormenta. Allora attende, attende fino a che non avverte il respiro della donna farsi sempre più profondo e il suo cuore fin quasi a fermarsi.
Sblocca la serratura con un lieve comando mentale, antico retaggio dei loro capostipiti, delle prime Lamie; grande e potente popolo di cui ormai non restano che rovine e vaghi ricordi.
Si avvicina lentamente al letto della donna e quasi si sente un vigliacco a muoversi in quel modo, in silenzio, a notte fonda, nella disperata speranza di non farsi notare. Perché in quel momento sa di non poter soppotare la nostalgia e il rimpianto che quegli occhi simili a perle gli avrebbero fatto provare.
Si siede accanto al suo corpo pensando che almeno avrebbe potuto trovare un modo per dirle addio. E grazie.
Per ringraziarla non trova altro modo se non quello di essere sincero; dire come un tempo stavano le cose, come sono in quel momento, e forse come saranno andate a finire, nella migliore delle ipotesi. Quello è l'unico modo che ha per iniziare a stabilire un lieve legame mentale. E in fondo, è l'unica cosa che sente di poter condividere con lei.
Appoggia la schiena al muro, continuando ad osservare il volto particolare di Maeve; è disteso, sereno. Reynard non ricorda una sola notte in cui provò il lusso di abbandonarsi a un sonno profondo.
Non sa se lei lo sente, non sa se ha abbastanza energie da riuscire a carpire i suoi pensieri, un po' come lui sta facendo in quel momento, non sa quanto tempo rimane loro ancora.
Perché avverte il canto del suo sangue farsi sempre più flebile e lontano, l'anima -il suo essere- consumarsi sempre di più, come un'antica fiamma.
Socchiude gli occhi, accarezzando con la mente quella assopita di Maeve.
Per un attimo avverte il silenzio, una muta consapevolezza da parte di entrambi di essere entrati in contatto, poi i pensieri iniarono a fluire, a volte coerenti, come un botta e risposta, ma la maggior parte divagavano, andando a collegarsi con eventi passati e idee future.

Volevi essere sincero, eppure mi stai lasciando vedere tutto, tutto quello che è dentro di te, tutto quello che provi, tutto quello che senti. Anche in questo momento. Perché?

Forse perché voglio che tu sappia.

Ci sono cose che forse dovrei già sapere, e ci sono cose che volutamente ignoro.
... Lo sai, ho preso questa scelta perché ero stufa, sentivo un peso sul cuore. Ora lo senti anche tu, vero? Lo hai sempre sentito forse. Ma per me era troppo da sopportare.
Avevo bisogno di vivere davvero.

Noi non possiamo vivere, Maeve.
Io non posso vivere, loro non vogliono, e forse neanche io. Non dopo aver compreso che la vita è ben diversa da quella che è stata la mia esistenza fin'ora.
Siamo fragili come carta, lo siamo sempre stati, siamo la rivoluzione di chi ama ma non ha il coraggio di abbandonare le armi.
Siamo troppo forti, Maeve, e la violenza distrugge. Sfalda. La violenza non ama. E non abbiamo il tempo di crederci umani, di crederci possibili.
Non c'è tempo.
Lo sai?

Noi non siamo violenza. Possiamo essere qualcos'altro, se lo vogliamo. Io l'ho scoperto solo grazie a Rabanastre, grazie a Rhia.
Ma l'ho scoperto comunque troppo tardi.

L'abbiamo scoperto troppo tardi.



La vede svegliarsi, socchiudendo appena gli occhi per poi richiuderli subito dopo, sente l'aria tiepida dell'alba che le riempie i polmoni e poi vede i suoi occhi, che come lucide perle d'argento riflettono la luce mattutina mentre si puntando su di lui.
"Sei ancora qui."
"Dovrei andarmene, a dire il vero, me ne sarei già dovuto andare da tempo."
"Ma tu puoi ancora scegliere." Dice lei dopo qualche attimo di silenzio. "Non vuoi vedere anche te la Torre Tagliavento?" Le labbra della donna si stirano in lieve sorriso.
Il tempo non è molto. Ma come lei si volta verso di lui, quel tempo, quello che resta, perde importanza. Perché nei suoi occhi legge tutto; legge ciò che lui stesso ha visto quella notte, legge ciò che lei ha vissuto in quel periodo di pace e vita. "Ad ogni modo, questo è il mio regalo. Voglio che li tenga tu, i miei ricordi, che qualcuno ricordi ancora come è vivere, cosicché io possa esistere ancora in coloro che conoscono la gioia della vita, quella vera." Non c'era altro da dire. Tutto ciò che si sarebbe potuto perdere nell'aria sotto forma di flebili parole era segnato a fuoco nelle loro menti, per sempre.

*

Torna a casa con il cuore lieve, Reynard, ed è una sensazione che aveva quasi dimenticato, quella, dopo anni trascorsi nella propria personale casa degli orrori, costruita nella testa dal suo dovere intollerabilmente atroce, un pensiero alla volta, un mattone alla volta.
Quel dovere ineluttabile oggi non gli appare più tale: è una possibilità, sfumata.
Reynard sa d'aver fallito una missione, per la prima volta in tutta la sua vita, e il pensiero lo riempie di una gioia sorda e cieca, assoluta, luminosa.
"Ma tu puoi ancora scegliere."
Quella parola,
potere, posso, sa sulle sue labbra di luce e libertà. E' una parola fatta di vento. Scioglie le catene del dovere, quel posso, rendendolo libero di nuovo.
Maeve è viva: Reynard l'ha lasciata vivere.
Reynard ha fatto fallire una missione.
Reynard sarà punito, forse, e la cosa migliore è che non gliene importa assolutamente niente.
La missione fallita di Reynard concede la grazia a una minima parte del suo clan.
La missione fallita di Reynard scatenerà una guerra e gli costerà la vita.
Forse.
Forse non è detta l'ultima parola.
Reynard adesso spera che Maeve possa aiutarlo.
Reynard adesso sa di non essere solo a fronteggiare il suo dovere troppo grande, troppo inevitabile.
Perché c'è Maeve, adesso, con lui: e anche il dovere gli sembra più lieve.





Eccoci finalmente. Spero che questo 'viaggio' vi sia piaciuto :) Ah, per chi se lo stesse chiedendo il capitolo è tutto in corsivo perchè è scritto al presente ^^
Vi ho fatto aspettare un po' per l'ultimo capitolo, ma dovevo prendere una decisione:
Questa storia avrà un proseguimento, ma per ora preferisco metterla su Completa e lavorare sui possibili capitoli successivi. Quando avrò una trama ben delineata e i personaggi non brancoleranno più nel buio allora posterò il proseguo. Modificando adeguatamente il rating e tutto il resto. Cambierò presto anche il layout della pagina, perché così non mi convince molto e boh, direi basta ^^
Ma per ora la storia resterà un po' a decantare, diciamo :)
Spero quindi di risentirvi presto :)

  
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