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Autore: Kane_    20/01/2015    3 recensioni
In un'era dilaniata dalle guerre fratricide e vanagloriose, i regni umani erano in continua lotta tra loro per contendersi le aspre ed anguste terre dell'entroterra continentale, sotto gli occhi vigili e disgustati delle altre razze, che mai si erano permesse di interferire con l'autodistruzione umana fin dalle Guerre Razziali.
Nessuno reputava quelle continue lotte di potere come una vera e propria minaccia, fino a quando un oscuro ed ormai dimenticato sovrano non si spinse troppo oltre, dando luogo ad una piaga che avrebbe spazzato via tutto il mondo dei viventi.
Alexander, un ragazzo come tanti, dopo aver scoperto il suo straordinario potere sulla natura e sui viventi, vedrà la propria infanzia sgretolarsi davanti al dramma della guerra che invaderà tutto il continente ed abbandonerà il suo isolato e tranquillo villaggio d'origine per fronteggiare l'immensa minaccia che si appresta a distruggere tutta la vita senziente.
Il suo destino, però, è già stato tracciato...
Genere: Drammatico, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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(Ruscello al margine della foresta, dove Efheriel incontrerà il misterioso ragazzo che lo minaccerà)



 
Era ancora buio quando Alexander si svegliò, e, come al suo solito, si prese tutto il tempo possibile per riprendere con calma il possesso del proprio corpo e dei propri pensieri. Quando finalmente si sentì in pieno controllo di sé e decise che era ormai ora di alzarsi, il sole già illuminava il suo laborioso villaggio, proiettando lunghe e statiche ombre per le strade.
Era ancora relativamente presto per gli abitanti del posto e molti di questi ancora dormivano beatamente nei loro letti, ma per Alex e per gli altri ragazzini quello era il momento più movimentato della giornata. 
Dopo essersi vestito, il ragazzo si fiondò fuori dalla porta, in direzione della piazza del villaggio. Come di consueto, fu il primo ad arrivare, ma gli altri suoi coetanei non si fecero aspettare. Una volta al completo, i ragazzi radunati in quella piazzetta superavano la trentina, suddivisi in più gruppetti. Alex era insieme ad altri tre ragazzi, e insieme decisero di avviarsi verso la pianura ai margini della foresta.
"Mi hanno detto che tu sei il più abile dell'intero villaggio." fece uno di loro, una volta arrivati: "Evidentemente non hai mai avuto il dispiacere di misurarti con me..."
Alexander non disse una parola: il suo interlocutore aveva almeno tre anni in più di lui, era molto più alto e muscoloso, ma agli occhi del giovane quello era solo uno dei tanti sbruffoni che aveva già incontrato fin troppe volte nella sua vita.
"Beh, non hai niente da dire? Muoviamoci, non voglio che questa pagliacciata duri a lungo!" disse quindi lo sfidante dai capelli neri e ricci e dagli occhi color antracite. Estrasse la propria spada dal fodero, una vera spada, di ferro ed affilata come un rasoio, puntandola contro Alexander.
"Vacci piano," disse con calma un suo accompagnatore, con tono annoiato: "è pur sempre un ragazzino, potresti fargli male"
Prima che l'arrogante ragazzo di fronte a lui potesse controbattere, Alex aveva già tirato fuori la propria spada di legno da un involucro ricavato dalle pelli di alcuni vecchi vestiti. Con rapidità, sferrò un potente colpo dall'alto verso il basso, cogliendolo di sorpresa. Il suo avversario fece appena in tempo a parare col piatto della spada ed ebbe l'occasione di guardare dritto negli occhi del giovane: erano vuoti, un abisso che non lasciava spazio ad alcuna emozione. 
"Hai finito di chiaccherare?" chiese con una voce fredda e distaccata, ben diversa da quella allegra e sprizziante che aveva di solito, restando immobile a ricambiare gli sguardi indagatori del suo avversario.
"Dannato marmocchio!" gridò d'impeto il ragazzo dai capelli ricci, e prese ad indirizzare verso Alex una serie di fendenti precisi e veloci, che però mancarono tutti il loro bersaglio tra l'incredulità dei presenti.
Il ragazzino saltava, si abbassava, schivava di lato e si prendeva gioco del proprio avversario, arrivando alle volte a stargli proprio dietro senza che lui se ne accorgesse: "Sei lento" disse tra i denti, e sferrò un unico fendente che andò a colpire la parte posteriore del ginocchio su cui il suo avversario aveva riposto tutto il peso del proprio corpo, facendolo cadere rovinosamente a terra.
Lo sconfitto ebbe solo il tempo di battere gli occhi prima che Alexander si posizionasse sopra di lui, con la punta della propria spada puntata alla sua gola: "Tutto qui? E pensare che sembravi così deciso..."
Non posso credere di aver perso contro un marmocchio... pensò per prima cosa il ragazzo, non più arrogante come prima. Dopo essersi rialzato, prese la propria arma, la rinfoderò e gettò a terra un piccolo sacchetto che, impattando contro il terreno, fece un rumore metallico inconfondibile. Poi si allontanò senza dire una sola parola, seguito dai due amici.
"Certo che è davvero troppo facile far soldi duellando contro questi imbranati..." mormorò tra sè e sè Alexander.
Dopo aver contato le monete vinte da quello scontro, il ragazzo si preparò a legare il sacchetto alla cintura, quando udì una voce avvicinarsi dai margini della foresta: "Certo che sei veloce..."
Quando si girò in direzione della voce le parole ricche di orgoglio e di fierezza del proprio successo gli morirono in gola: di fronte a lui c'era una ragazza che non aveva mai visto al villaggio, più bassa di lui, dai corti capelli rossi, viso rotondeggiante e coperto all'altezza dell'occhio sinistro da una benda che però lasciava quello destro. Un'iride di un azzurro così chiaro da sembrare fatto di ghiaccio si posò su di lui, studiandolo attentamente. Alex non potè non rimanere affascinato da quella steppa gelida tanto che non notò che la ragazza fosse vestita come un uomo. E che una spada di vero ferro le pendeva lungo il fianco ed un'altra lungo la schiena.
"Beh? Ti sei addormentato?" fece ad un certo punto lei, con un tono di voce quasi aggressivo.
Quando Alex si riscosse ritrovò le parole perse poco prima: "Gli arroganti come lui sono all'ordine del giorno da queste parti, si credono i migliori, ma alla fine soccombono tutti contro di me."
"Anche tu non scherzi in quanto ad arroganza, però" gli fece notare la giovane.
"Un giorno forse arriverà qualcuno in grado di battermi, ma quel giorno fino ad ora non è ancora arrivato"
"Forse invece sarà proprio oggi..." disse quindi lei, sfoderando l'arma sul fianco, con un sorriso inquietante e divertito.
"Non ho mai duellato con una ragazza, sicura di non aver paura di rovinarti le unghie?" disse beffardo Alex, evitando però il suo sguardo intenso e concentrato su di lui.
"Divertente, ma se pensi di combattere con quel pezzo di legno penso che avrai vita breve" controbattè, sfoderando la seconda spada e porgendola al giovane
Il ragazzo afferrò con decisione l'elsa, lasciando cadere la sua arma di legno, e la fece roteare per aria, costatandone la buona fattura: "Che se ne fa una ragazza di due spade?"
"Solitamente preferisco combattere con entrambe, ma non voglio metterti troppo in svantaggio..."
Non era più tempo di esitare. Alexander puntò per qualche istante i propri occhi concentrati su quello libero della ragazza per prepararsi al combattimento, ma non riuscì a non distoglierli subito dopo.
Ma che ti prende, razza di cretino? si chiese mentalmente. Nonostante questa incertezza, si mise comunque in posizione di combattimento e i due si accordarono sul regolamento: il primo che sarebbe caduto, che avrebbe perso l'arma o che fosse stato ferito avrebbe perso ed avrebbe rinunciato al sacchetto di soldi appena ottenuto da Alexander.
Questa volta fu il suo avversario il primo a colpire: un fendente tagliò l'aria, così veloce che il ragazzo fu costretto a pararlo piuttosto che a schivare come al suo solito.
Dopo una serie di altrettanto rapidi e potenti colpi dell'avversaria, si trovò con le spalle prossime ad un albero solitario fuori dalla foresta.
Concentrati, Alex, riprenditi e vendi cara la pelle. 
Superato lo stupore per la forza e l'abilità della ragazza, anche Alexander cominciò a colpire, riguadagnando terreno importante e muovendosi lateralmente per evitare di dare le spalle ad eventuali ostacoli.
Il combattimento durò diversi minuti senza che nessuno dei due riuscisse a prevalere sull'altro, finchè la ragazza, con un colpo lento e di grande potenza, non fece tentennare Alex per quel tempo necessario per fare un balzo all'indietro: "Te la cavi davvero bene" disse, asciugandosi la fronte sudata, per poi prendere a guardarsi intorno.
"Anche tu, devo dire. Non ho mai combattuto contro qualcuno in grado di tenermi testa" replicò Alex, mentre una goccia di sudore gli colava lungo il viso.
Quando la ragazza constatò che non ci fosse nessuno intorno, prese la benda e la alzò, scoprendo l'occhio sinistro.
Appena Alexander lo vide notò che, a differenza dell'altro, questo era di un verde splendente, come quello delle pianure selvagge in una giornata di piena estate, e ne rimase nuovamente incantato.
Accorgendosi dello sguardo insistente del ragazzo lei guardò in un'altra direzione, come se si vergognasse di quella sua particolarità: "Azzardati a dirlo a qualcuno e la mia spada ti trapasserà da parte a parte" intimò. Non ci stava a perdere contro quel ragazzo pieno di sé, la sua unica possibilità di vincere era quella di sfruttare la terza dimensione. Per quanto le desse fastidio mostrare i suoi occhi disuguali era anche lei troppo orgogliosa per accettare la sconfitta.
La differenza si fece subito notare: i colpi della ragazza si fecero più precisi e veloci, osava di più attaccando, ma si dimostrava anche ben preparata in difesa. Eppure, nonostante tutto, anche questa volta Alexander riuscì ad adattarsi e a prevedere le sue mosse.
Sembrava che quel combattimento non potesse mai finire, quando i due furono così vicini da sentire il respiro affannoso dell'altro sul proprio viso.
Questa volta, Alex non riuscì a fare a meno di guardarla dritto negli occhi: da una parte il ghiaccio, dall'altra la foresta, entrambi profondi come solo l'oceano poteva essere.
Fu un trionfo di emozioni che decise le sorti del combattimento: la ragazza si allontanò di scatto e menò un altro fendente che il ragazzo parò così male che gli cadde la spada a terra, trovandosi quella della giovane puntata al collo, che lo guardava madida di sudore e con un sorriso trionfante: "A quanto pare, ho vinto io" constatò di lì a poco.
Alex era incredulo. Io sconfitto? Non è possibile! Non si mosse per qualche istante, il tempo necessario per la ragazza di rinfoderare l'arma e di buttarsi a terra per riposarsi.
"Sei stato un valido avversario, comunque" disse lei, con aria distaccata.
Dopo qualche secondo in cui il ragazzo cercò di riprendersi, arrivò la sua risposta: "Hai vinto solo per una mia distrazione!"
"E se anche fosse?" chiese quindi lei: "In una vera battaglia, che tu ti distragga o meno, se perdi muori, quindi accetta la sconfitta."
Aveva ragione. Alexander abbassò lo sguardo e si sentì umiliato, slegò il sacchetto dalla propria cintura e il suo primo istinto fu di lanciarglielo in faccia, ma il suo corpo decise per lui. La sua mano si mosse a rallentatore e  gli porse il premio in maniera quasi educata: "E va bene" disse con aria rassegnata.
Lei lo prese ben volentieri e fissò il giovane per qualche istante: "Come ti chiami?"
"Scusa?" chiese lui, ancora intontito per la sconfitta.
"Il tuo nome, ne avrai uno, no? Mi interessa conoscere il nome del ragazzo che mi ha dato filo da torcere." ci fu qualche istante di silenzio, poi aggiunse "Io sono Aerith, se ti interessa saperlo"
Dopo qualche altro lungo attimo di silenzio, il giovane disse in modo secco e inespressivo: "Io Alexander"
"Piacere, Alexander" disse lei con noncuranza, rimettendosi la benda: "Te l'ho già detto, ma tengo a ripetertelo: non permetterti di dire a nessuno di ciò che hai visto, sono stata chiara?"
Lui non rispose, e lei accettò il silenzio come risposta affermativa. Quando finalmente si riscosse, Alexander le porse la spada: "Questa è tua" disse semplicemente.
"Tienila pure" rispose lei guardandolo e slacciando anche il fodero: "Hai solo quel legnetto, sono sicura che questa ti tornerà molto più utile, e poi ogni volta che la guarderai ricorderai il sapore della sconfitta. Forse farebbe bene alla tua arroganza."
Il ragazzo prese il fodero e lo legò intono alla vita, infilandoci dentro la spada, stupito da quell'inaspettato regalo. Chiunque fosse, trovava quella ragazza davvero strana: "Di dove sei? Non ti ho mai vista da queste parti."
Questa volta fu lei ad esitare: "Sono arrivata da poco, non mi vedrai spesso in giro per il paese" affermò infine, quindi si alzò e si congedò da lui senza troppe reverenze. Alex la seguì con lo sguardo finchè non la vide scomparire nel folto della foresta. Rimase a fissare il punto in cui l'aveva vista sparire, immerso in un turbine caotico di pensieri contrastanti. Poi, quando finalmente si riscosse si rese conto che ormai era mezzogiorno passato da un pezzo. Con un rapido scatto prese la strada per il villaggio, sperando di non tardare per il pranzo.

Efheriel uscì di casa all'incirca un'ora dopo il ragazzo e, mentre il duello si consumava, lui era già intento a studiare la foresta e gli effetti che questo aveva su di lei. Fin dall'inizio gli fu chiaro che i propri sospetti non erano infondati: senza la presenza di Alex, la foresta lo riconosceva come elfo, e quindi come proprio custode e figlio.
Era intento ad esplorare un'altra zona della foresta, quando un'ombra lo urtò, sbilanciandolo e facendolo cadere.
"Mi scusi!" disse una voce frettolosa e quasi femminile, che già si allontanava senza prestare attenzione alle condizioni dell'elfo.
Dannati maleducati si limitò a pensare Efheriel, che si rialzò pulendosi i vestiti dalla polvere.
Quando arrivò al limitare opposto a quello da cui era partito, decise che era ora di fare una sosta per mangiare. Tirò fuori dal proprio sacco un tozzo di pane e del formaggio di capra e si avvicinò ad una roccia che dava su un ruscelletto e, dopo essersi seduto, cominciò a mangiare.
Fu colto di sorpresa da una voce alle sue spalle: "Dammi subito quel sacco, subito!"
Quando si girò, vide quello che molto probabilmente era un ragazzino, lo stesso che poco prima lo aveva urtato, incappucciato e col viso coperto da uno strano panno che gli puntava una spada proprio sotto il mento.
"Sai che quell'arnese può far male?" chiese l'elfo, per nulla impaurito.
"Se non mi dai quello che voglio, sarai tu a darmene conferma" rispose d'impulso la voce attutita dal panno.
Efheriel esaminò per qualche istante quel ragazzo di fronte a sé: i suoi vestiti erano logori, era molto magro e uno degli stivali che indossava aveva uno squarcio non indifferente, rattoppato frettolosamente con un pezzo della casacca, a testimoniarlo un brandello mancante della manica di questo. Quel poco che trapelava dalla sua pelle era appunto quel braccio muscoloso quanto bastava per poter usare senza problemi la spada.
Quando sentì un inconfondibile lamento proveniente dalla sua pancia, l'elfo non ebbe più alcun dubbio: "Sei affamato?" disse con voce tranquilla e posata.
"A te che te ne importa, eh?" rispose di rimando il suo interlocutore, innervosito.
"Non c'è bisogno di puntarmi addosso la tua spada, non mi incuti la minima paura" spiegò quindi con calma, per poi porgergli il sacco con dentro qualche altro pezzo di pane e qualche frutto di bosco raccolto durante il viaggio: "Se hai fame mangia, io ne posso fare anche a meno, alloggio momentaneamente poco lontano da qui". Quando l'individuo di fronte a lui afferrò il sacco, aggiunse: "Nessun ragazzo della tua età dovrebbe aver fame."
Il ladro rimase stupito dal gesto dell'elfo, anche se, a causa del panno che gli copriva il viso, non riuscì a cogliere il dettaglio delle orecchie a punta. Si allontanò correndo senza dire una sola parola per mangiare ciò che gli era stato concesso nel proprio nascondiglio.
Efheriel finì l'ultimo tozzo di pane che gli era rimasto in mano, per poi riprendere la strada di casa.

Quando Alex si trovò di fronte alla porta di casa, ancora stordito dalla sconfitta e da quella misteriosa ragazza, non si accorse delle fragranti risate provenienti dall'interno. Entrò quasi in punta di piedi, come si addice ad un ladro, e si limitò quasi a sussurrare: "Sono a casa"
Quando si ritrovò nella stanza da pranzo, però, il suo sguardo si riaccese e si dipinse sul suo viso un sincero ed energico sorriso: ad attenderlo c'era, oltre a suo padre, una donna vestita di una lunga tunica bianca dai bordi dorati, dai lunghi capelli castani raccolti in un'elaborata treccia e con dei penetranti occhi blu cielo. Un ragazzo sui vent'anni in uniforme da soldato sedeva alla sua destra, i capelli corti dello stesso colore della donna, gli occhi neri e la corporatura robusta di chi ha passato molto tempo negli accampamenti militari.
"Mamma, Seth, siete tornati!" esclamò, correndo incontro ad entrambi e avvolgendoli tra le braccia.
Tra abbracci e carezze, gli occhi del padre caddero nel fodero che pendeva dal fianco del ragazzo: "E quella?" chiese con aria sospettosa.
Preso alla sprovvista, Alex prese qualche secondo per pensare a qualche scusa plausibile per coprire la sua vergognosa sconfitta: "Me l'hanno regalata" disse infine.
"Chi?" controbattè l'uomo.
"Ehm... l'ho ottenuta come ricompensa in un duello..." si limitò a dire, per poi aggiungere balbettando: "Che ho vinto, ovviamente"
"L'hai vinta o te l'hanno regalata?" suo padre cominciò a mostrarsi nervoso, timoroso che il ragazzo l'avesse rubata da qualche parte.
"Sono sicuro che se l'è guadagnata" intervenne Seth: "Alex non è così disonesto da andare a rubare spade in giro" si avvicinò al ragazzo ed appoggiò una mano alla sua spalla: "Vero?"
"Non mi permetterei mai" disse l'interessato, approfittando di quell'occasione per uscire dal pasticcio in cui si era cacciato.
L'uomo lo scrutò per qualche istante, dubbioso, poi scrollò le spalle e si sedette nuovamente a tavola, mentre la madre di Alex cominciava a servire la cena nei piatti.
Dopo aver tirato un sospiro di solievo, anche il ragazzo si accomodò e cominciò a mangiare, ascoltando i racconti dei lunghi viaggi compiuti dagli ospiti.
"Come mai siete tornati fin qua?" chiese ad un certo punto Alex.
"Io sono in libera uscita" cominciò Seth: "È  da molto che non subiamo attacchi da nessun fronte, sembra quasi che finalmente sia arrivata la pace anche per i regni umani, quindi ho deciso di fare un salto a trovarvi, e strada facendo ho incontrato mamma."
"Io sono solo di passaggio" affermò la donna: "Devo recarmi alla capitale per la seduta dei sacerdoti: è mio dovere, visto che sono stata scelta per presenziare a nome della mia comunità."
Sua madre era una figura di spicco e motivo di grande orgoglio per tutto il paesino. Era una delle più potenti sacerdotesse delle terre conosciute, incredibilmente dotata nell'arte della guarigione. Aveva scoperto la sua vocazione a dodici anni e a diciotto si era votata a Sharath, dio della luce e del sole. Da allora non aveva fatto altro che girare per gli accampamenti per guarire i feriti in tempi di guerra e visitare gli ospedali civili in tempo di pace.

Una volta finito di mangiare, Seth ed Alex uscirono insieme, in direzione della stessa pianura in cui, qualche ora prima, il ragazzo aveva assaporato per la prima volta la sconfitta.
"In guardia!" intimò l'uomo, cominciando a menare dei fendenti contro Alex.
Per il ragazzo era un giochetto non farsi colpire: conosceva a memoria ogni sua singola mossa, come muoveva le gambe e le braccia che davano forza al pesante spadone che utilizzava a due mani.
Quando Alexander fu stanco di giocare, approfittò di un colpo orizzontale troppo basso dell'avversario e si buttò contro di lui, sbilanciandolo con un calcio per poi farlo cadere rovinosamente a terra.
Il combattimento, come previsto, non durò più di un minuto. La superiorità di Alex era schiacciante anche contro quel soldato e il pensiero del ragazzo non sfiorò minimamente l'idea che, probabilmente, Seth non si impegnava fino in fondo per provare a batterlo, per non togliergli quella soddisfazione.
"Ottimo lavoro" disse quindi rialzandosi lo sconfitto, mentre si spolverava i vestiti.
Il suo sguardo cadde sulla spada del ragazzo, e il suo viso si fece interrogativo: "Come l'hai ottenuta quella spada? A me puoi dirlo..."
Ad Alex venne un brivido di timore: "Come fai a dire che prima ho mentito?" chiese, mettendosi sulle difensive.
"Avanti, sono tuo fratello, per me non hai segreti!" disse, arruffandogli i capelli con una mano.
"Beh... è stato un regalo, questo è vero..."
"Di chi?" insistette dunque lui.
"Me l'ha lasciata uno, dopo avermi sconfitto. Mi ha detto che se continuo ad allenarmi con un pezzo di legno non andrò da nessuna parte."
Seth lo guardò curioso: era sicuro che, prima o dopo anche Alex sarebbe stato sconfitto, ma si aspettava una ferita più ampia nell'orgoglio, invece nei suoi occhi non leggeva rabbia o sconforto, solo un'espressione indecifrabile, di chi non sapeva cosa provare: "Uno chi?" chiese dunque.
Una ragazza-maschiaccio con due occhi fenomenali pensò il ragazzo, ma preferì evitare l'umiliazione di ammettere di essere stato sconfitto da una femmina: "Un forestiero, non l'avevo mai visto da queste parti... avrà avuto la tua età, ed aveva anche i tuoi muscoli, ma che dico! Aveva i muscoli di un bufalo e... e..." il ragazzo prese a balbettare, fino ad aggiungere infine: "E niente, è andata così."
Seth lo guardò storto: era più che chiaro che nemmeno Alex stesso riusciva a capire che cosa provare, sembrava combattuto da più emozioni che non gli davano tregua e che lo lasciavano senza più la lucidità di esprimerne uno solo con chiarezza. Comprendendo che quella discussione non avrebbe portato da nessuna parte, fece finta di credergli e riprese in pugno la spada: "Beh, questo significa che devi ancora migliorare, quindi rimettiti in guardia e non perdiamo altro tempo!"
I due ripresero ad allenarsi con ancora più decisione ed intensità, fino a quando il sole non fu nuovamente basso all'orizzonte.


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Eccoci qua, al terzo capitolo della mia prima originale!
Scusatemi per il capitolo un po di passaggio, ma avevo bisogno di un pretesto per presentarvi tre personaggi che saranno fondamentali nel corso della storia, e non ho trovato modo migliore di questo.
Lo so, lo so, ho ancora molto da imparare, non sono perfetto e non pretendo di esserlo, e mi rendo conto di quanto questo capitolo, sotto il punto di vista narrativo, è un pugno in un occhio... ha qualcosa che non mi piace, ma non riesco proprio a comprendere cosa. Mi auguro solo di migliorare col tempo e di presentarvi sempre avventure migliori.
Vorrei inoltre aggiungere una cosa: in via privata e anche tramite EFP c'è chi mi ha chiesto riguardo alla mia FF su Code Geass: tranquilli ragazzi, non me ne sono dimenticato, non lascerò morire così Daniele e tutti gli altri. Il mio obiettivo è raggiungere la parità di capitoli tra le due storie e, successivamente, pubblicarne di nuovi in maniera alternata, per aggiungere un po di varietà. Ogni tanto in mezzo ci infilerò qualche OS (su di una sono già al lavoro, ma me la sto prendendo comoda), ma in ogni caso non mi sono dimenticato di nessuno...
In ogni caso, vi ringrazio per essere arrivati a leggere fino a queste righe e vi rimando al prossimo capitolo. Sinceramente non so ancora di preciso cosa accadrà, questa storia avrà un avvio abbastanza lento, ma ho già qualche piccola idea.
Lasciate pure una recensione e fatemi sapere cosa ne pensate!
   
 
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