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Autore: AliceRose    29/11/2008    11 recensioni
Il racconto inizia a New York,qualche mese prima dello scoppio del caso Kira in Giappone. Principalmente si tratta di una storia d'amore, ma in seguito si riallaccerà con le vicende dell' anime,modificandole in parte. Come capirete dal titolo mi è stata ispirata da una canzone secondo me molto azzeccata. Buona lettura!
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri personaggi, L
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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 1. Incontro

L’autunno era decisamente la mia stagione preferita. Questo pensavo mentre camminavo a passo spedito verso Central Park in quello che apparentemente era un normalissimo pomeriggio. Dico apparentemente perché ancora non sapevo che di lì a poco avrei fatto un incontro che avrebbe modificato radicalmente la mia vita. Ma prima che inizi questa storia lasciate che mi presenti: mi chiamo Audrey Miller, come avrete intuito sono newyorkese e quando tutto ebbe inizio avevo ventitre anni. Ero appena uscita da lezione, frequentavo la facoltà di architettura alla Columbia University e prima di tornare nel mio appartamento per dedicarmi allo studio,quel particolare pomeriggio desideravo fermarmi nella mia sala da the prediletta a mangiare una bella fetta di cheese-cake alle fragole. Vi starete domandando come mai mi soffermi su un dettaglio così insignificante, ma presto vi renderete conto che i dolci in questa vicenda hanno un ruolo niente affatto marginale.

Mi trovavo ancora immersa nei miei pensieri quando quasi andai a sbattere contro la porta del locale, ridacchiando per la mia distrazione entrai e subito le mie narici furono invase da un piacevole aroma di torta, crogiolandomi nell’aspettativa di poterne gustare una al più presto, mi feci largo tra la ressa che si era formata intorno al bancone e riuscii ad accaparrarmi uno sgabello.

“Ciao Sue!” Esclamai allegramente all’indirizzo della cameriera.

 “Ciao Audrey, eccoti qui!” mi rispose Sue sorridendo.

“Uscita ora da lezione?” Mi domandò mentre asciugava un piatto.

“Si e ho una gran fame!” Replicai.

 “Bene, cosa ti porto?” Si informò la ragazza.

“Assolutamente la cheseecake alle fragole e una tazza di the” Asserii con convinzione.

Sue mi guardò desolata e annunciò:

 “Mi dispiace, la cheesecake alle fragole è appena finita.”

Una notizia del tutto innocente. Una quisquilia da nulla. Per me era una catastrofe, capace di rovinarmi la giornata. Avevo immaginato di mangiare quella torta per tutto il giorno, il pensiero della cheesecake alla fragola mi aveva sostenuta durante i corsi più noiosi e ora mi sentivo defraudata. Mi oscurai in viso mentre Sue cercava di trattenere una risatina alla mia reazione spropositata e senza accorgermene praticamente gridai:

“Spero che a quell’imbecille che ha mangiato la mia torta, vadano le fragole tutte di traverso!”

“Emh..” bofonchiò Sue.

“Che c’è?” Borbottai stizzita.

Poi dalla sua espressione imbarazzata compresi e desiderai ardentemente sprofondare dalla vergogna.

“Non dirmelo..L’interessato è dietro di me e ha sentito tutto..”

Sue annuì impercettibilmente, mentre di nuovo cercava di trattenere uno scoppio d’ilarità. Io invece in quel momento non avevo molta voglia di ridere, mi sembrava di sentire un paio d’occhi che mi perforavano la nuca, lentamente, mentre il mio colorito volgeva al cremisi mi girai.

La piccola folla di poco prima mentre parlavo con Sue si era diradata e letteralmente appollaiato su una sedia, ad un tavolino poco distante dal bancone un ragazzo mi fissava.

 Si trattava della persona più insolita che avessi mai visto, non tanto nell’aspetto, certamente singolare per via delle profonde occhiaie che contornavano i grandi occhi neri, quanto per l’espressione e la maniera bizzarra in cui stava seduto. Era molto pallido e aveva capelli neri piuttosto lunghi e scompigliati, indossava dei jeans e una semplice maglia bianca, con la punta delle dita teneva sospeso per aria un cucchiaino mentre sul tavolo troneggiava una fetta di cheese-cake alla fragola.

Mi riscossi dallo stato di catatonia che mi aveva indotto l’analisi dello sconosciuto, accorgendomi di essermi nuovamente aggiudicata una brutta figura nello scrutarlo così insistentemente. Aprii la bocca per dire qualcosa ma non uscii alcun suono, nel frattempo il ragazzo continuava a fissarmi.

Mi schiarì la gola e ritentai: “Eeehm..Aaah..Ecco io, io non dicevo sul serio, sai sono cose che si dicono così, per ridere, ma non si pensano..”

 Mi insultai mentalmente per il mio delirante eloquio, il mio interlocutore non aprì bocca, limitandosi a persistere nell’osservarmi, mettendomi seriamente a disagio.

“È solo che sono molto golosa e ci tenevo a quella torta..” Complimenti, questa si che è una giustificazione inoppugnabile mi fece notare una vocina nella mia testa.

 L’individuo rimaneva ostinatamente immerso nel suo mutismo e altrettanto ostinatamente mi fissava.

Sospirai rumorosamente e mormorai:

“Scusami, sono stata una vera cafona”.

“Ne vuoi un pezzo?” Domandò il ragazzo.

Trasalii, non mi aspettavo di sentire la sua voce a quel punto, ne tantomeno mi aspettavo una domanda del genere, restai basita ad osservarlo per qualche istante, combattuta tra cosa suggerivano il buon senso e la buona educazione e tra il mio desiderio di mangiare la torta e anche di parlare con lui che aveva suscitato la mia curiosità. Penserete che sia senza ritegno, beh avete ragione.

“ Si…Grazie.” Risposi titubante e mi accomodai sulla sedia di fronte alla sua.

 Nel mentre, Sue si affrettò a portare un altro piatto con dipinta sul volto un’espressione vagamente stupita.

 Andò esattamente così, conobbi la persona che mi avrebbe sconvolto l’esistenza per via di una fetta di torta.

  
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