Firenze, maggio 1833
Or poserai per sempre,
La valigia era pronta, tutti i suoi effetti personali impacchettati. Le dispiaceva lasciare Firenze, le passeggiate lungo l'Arno, le chiacchierate nei caffè. Soprattutto, le dispiaceva interrompere quell'amicizia da poco sbocciata e già così florida. Le loro idee filosofiche non potevano essere più diverse, eppure c'era un'intesa armoniosa tra loro, quasi come se fossero due anime innamorate che si erano ritrovate dopo lungo tempo. E ora dovevano separarsi per sempre.
Carissimi,
stanco mio cor. Perì l'inganno estremo,
ch'eterno io mi credei. Perì. Ben sento,
in noi di cari inganni,
non che la speme, il desiderio è spento.
Posa per sempre. Assai
palpitasti. Non val cosa nessuna
i moti tuoi, né di sospiri è degna
la terra. Amaro e noia
la vita, altro mai nulla; e fango è il mondo.
T'acqueta omai. Dispera
l'ultima volta. Al gener nostro il fato
non donò che il morire. Omai disprezza
te, la natura, il brutto
poter che, ascoso, a comun danno impera,
e l'infinita vanità del tutto.
(Giacomo Leopardi, A te stesso)
«Posso salutarvi in un modo del tutto sconveniente ad una signorina perbene che sta per andare a sposarsi?» sussurrò con un nodo alla gola.
Il giovane conte, seduto ai pedi del letto, alzò i grandi occhi blu su di lei, perplesso. «Fate pure.»
La ragazza, allora, si chinò verso il suo viso e depositò sulle labbra semiaperte di lui un bacio delicato. «Forse un giorno ci rincontreremo» gli sussurrò piano. «Ma in un'altra vita, conte Leopardi.»
ecco il brevissimo prologo di una nuova storia che ho scritto per il contest QUESTO è ciò in cui credo.
Non ho molto da dire, se non che spero di avervi incuriositi ad andare avanti. A breve il primo capitolo.
A presto,
Beatrix B.