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Autore: Schully    27/02/2015    1 recensioni
Capitoli in revisione.
Mi sono messa a pasticciare dopo un finale di metà stagione mooolto deludente... se vi piace sognare forse questa storia fa per voi... premetto che l'ho scritta e pubblicata... non le ho dato il tempo di riposare sono troppo arrabbiata se c'è qualcosa da aggiustare dite son tutta orecchi.
Genere: Angst, Drammatico, Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beth Greene, Carol Peletier, Daryl Dixon, Rick Grimes, Un po' tutti
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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I never give up…
 
 


Sono sola su questa terrazza già da un po’, il sole caldo che mi scotta la fronte e mi acceca lo sguardo ha passato lo zenit da un pezzo, mi sento incredibilmente triste e anche arrabbiata. Il rapporto che avevo faticosamente creato con Daryl si sta sgretolando sempre più ogni giorno che passa, come le rocce colpite lungamente dall’acqua. Mi sento un tantino impotente, vorrei spaccare tutto; tiro un calcio alla ringhiera arrugginita e l’unico risultato che ottengo è che adesso mi fa anche male l’alluce del piede destro. Perfetto, mi dico, saltellando su quello buono. Un flash mi coglie alla sprovvista e un altro pezzo del puzzle va al suo posto. Ricordo di essermi fatta male alla caviglia, ricordo Daryl che cavallerescamente mi portava in braccio a fare colazione, ricordo come batteva forte il mio cuore nel sentire le sue braccia intorno a me.  Prima che l’agente Gorman mi rapisse, credevo di aver scalfito la superfice della sua armatura, di aver fatto finalmente breccia nella sua anima. Ora cosa mi è rimasto? Nulla, niente.
Non mi parla, non mi guarda neanche. Quella di poco fa è la conversazione più lunga che abbiamo fatto negli ultimi dieci giorni. Ammetto di essere spiazzata, tutti gli altri sono entusiasti del mio risveglio ma Daryl… sembra… boh? Non lo so nemmeno io cosa sembra, però non è felice; qualcosa lo logora dentro ed io mi dannerei l’anima per sapere cos’è.
Non so perché, avevo dato per scontato che al mio risveglio avremmo avuto il nostro lieto fine, forse mi sono fatta davvero troppi film mentali su di noi, imbranata come sono, forse ho frainteso i segnali. Ho scambiato la sua rettitudine, il suo costante sforzo di proteggermi per qualcosa di più.
Qualcosa che volevo vedere a tutti i costi. Cosa mi rimane del mio sogno? Solo l’amaro in bocca.

È tornato a essere scostante, distaccato, come lo era i primi giorni alla fattoria; quando cercava strenuamente Sophia, la figlia di Carol.  Otis l’aveva già trovata in realtà, ma noi non potevamo saperlo, erano lui, mio fratello maggiore e mio padre che si occupavano di mettere i “malati” nel fienile. Io, Patricia e Maggie dovevamo solo occuparci a turni di nutrirli: Patricia azzoppava un paio di galline ed io o Maggie le buttavamo in mezzo ai vaganti dall’alto. Non avevamo nemmeno bisogno di vederli bene. Era tutto così semplice. Ne arrivavano pochi nelle vicinanze della fattoria, credevamo di essere al sicuro, credevamo che una parte del governo fosse sopravvissuta e fosse già all’opera per trovare una cura, credevamo in un sacco di cose. Che illusi!
Mi ricordo Daryl a quei tempi, aveva ancora i capelli corti e si aggirava con quell’aria da finto duro. Mi aveva colpito fin da subito, come una piccola stalker lo spiavo in silenzio.  Sapevo di non essere alla sua altezza, ero una ragazzina di diciassette anni, conoscevo i miei limiti. Mi facevo i miei film in silenzio su chi potesse essere stato in passato… sognavo. Non l’avevo detto a nessuno, nemmeno a Maggie, cui ero solita raccontare tutto, ma dopo che mi ero ripresa dal mio tentativo di suicidio, Daryl era diventato il mio “interesse” principale, la mia via di fuga dalla realtà, quasi fosse una rock star. Era sempre imperscrutabile, e questo se possibile m’incendiava di più. Quando Sophia uscì da quel fienile, per la prima volta vidi nel suo sguardo un barlume dell’anima che cercava di nascondere, e questo mi affascinò totalmente.
Il dolore nei suoi occhi mi aveva fatto capire quale anima gentile e tormentata si nascondeva dietro ai suoi sguardi cupi e alla sua durezza. Daryl Dixon possedeva più sfaccettature di quanto credessi. Un diamante grezzo, ma non per questo meno prezioso ai miei occhi. Ora però ho perduto tutto questo, Daryl si sta allontanando sempre di più. Non solo da me, però. Ed è questo che mi preoccupa ulteriormente. Si è isolato da tutti, scambia giusto due parole in più con Rick, perché deve aggiornarlo sulle provviste che trova, ma questo è tutto.
So da quello che mi ha raccontato Carol che quando Dawn mi ha sparato, lui l’ha uccisa senza nessuna esitazione, e so bene che non gli piace uccidere altri esseri umani, poi si è chinato sul mio corpo disperato e mi ha sollevato delicatamente per portarmi fuori da questo ospedale maledetto. So che mentre dormivo mi è stato sempre accanto, ma mi domando se sia stato mosso solo dal senso di colpa per non aver fatto abbastanza contro il governatore, per non aver salvato mio padre e tutti gli altri. Per una sorta di risarcimento nei miei confronti.
Mentre vagabondavamo insieme alla ricerca degli altri, mi ero quasi convinta di piacergli un pochettino, vedevo che ogni tanto mi guardava con una strana luce negli occhi. Ed ero così felice, mi beavo di quei momenti che fomentavano la mia illusione. Anche prima, mentre mi parlava con tono duro, mi è sembrato di cogliere quella stessa luce, però a questo punto la cosa mi confonde maggiormente, non so cosa aspettarmi. Perché si comporta così? Non so darmi una risposta, l’unica certezza che ho è che io non mi arrendo, sono diventata forte, qualsiasi cosa sia accaduta a Daryl, io lo riporterò indietro, lo riporterò da me, a costo di impiegarci una vita intera.
Papà nel mio coma mi ha detto che io e Daryl siamo destinati a stare insieme, io ci credo, credo veramente che l’animo di mio padre abbia valicato i confini del tempo e dello spazio per venire in mio aiuto e credo anche l’abbia fatto per farmi sapere che approva. Non posso sicuramente deluderlo, io non mi arrenderò mai.
 

∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞
 

Le botte che mi ha dato Abraham ancora si fanno sentire, nonostante i lividi si siano notevolmente attenuati, dal nero cupo sono passati a un viola chiaro misto al verde marcio. Sfido io che Judith piange quando mi vede, faccio spavento, mi rendo conto mentre mi guardo allo specchio nella mia stanza. Non biasimo Abraham per avermi pestato come l’uva, me lo sono meritato punto e basta. Abbasso lo sguardo sul mio corpo, sono uno spettacolo pietoso, grasso e flaccido con un taglio di capelli ridicolo e ricoperto di lividi, sbuffo al riflesso di me e mi butto sul letto.
Sono una pessima persona. Ho inventato una balla enorme per pararmi il culo e sopravvivere, però la cosa sorprendente è in quanti ci abbiano creduto. Prima di tutto questo casino, le persone non credevano particolarmente in me, anzi è per questo che sono finito a fare il professore di scienze in uno squallido liceo, nessuno era disposto a darmi fiducia. Per la “Cintura di Orione”, sono un laureato dell’M.I. T!  
Non un laureato con lode, però mi aspettavo che conclusa l’università avrei trovato un lavoro strepitoso, invece ogni volta che proponevo un progetto mi sentivo rispondere che era troppo teorico, troppo difficile da realizzare, nessuno era disposto ad investire. A che serve, dico io, prendere una laurea in fisica teorica e vari dottorati, se poi non ti fanno teorizzare? Le più grosse scoperte scientifiche del passato, spesso, sono scaturite da un’idea folle. Maledetti dirigenti, con le loro belle scrivanie laccate e i loro quadri costosi alle pareti, mi hanno segato il futuro con la loro mediocrità, ma io avrei potuto fare grandi cose.
Invece mi sono ritrovato a fare l’insegnante, uno stipendio di trentamila dollari l’anno, un muto non ancora estinto per una catapecchia che cade a pezzi… a proposito, chissà se è ancora in piedi? Un’assicurazione sanitaria scadente e neanche una fidanzata che mi allietasse le giornate tediose tra casa e lavoro. Poi, buumm, la fine del mondo, i morti che non muoiono, anzi tornano per cibarsi di te. Ed io lo confesso, sono andato nel panico, in tutti i miei film mentali mi sono sempre visto come l’eroe, come quello che fa la cosa giusta, ma una volta messo di fronte all’evidenza mi sono dimostrato il più vile tra i codardi, altro che eroe!
Ho fallito.
“Luke skywalker” dei miei stivali, la “Forza” mi ha abbandonato, sono solo il più sfigato dei nerd. Ora devo fare i conti con questo, la frittata è fatta. Ho confessato il mio peccato. Ed ora è il momento di voltar pagina, di tirare fuori le palle Eugene, mi dico. Il momento di diventare quello che avrei sempre voluto essere, dopotutto sono un uomo intelligente, e che cribbio! So tante cose, i miei studenti erano fortunati ad avermi, tutto sommato sono stato un buon insegnante, è il momento di mettere a frutto il mio cervello. Mi alzo dal letto, sono depresso e quando sono depresso mi viene fame, non posso stare qui sdraiato senza far nulla, devo agire.

Comincio a girovagare per i corridoi in cerca d’ispirazione, una domanda si risveglia nel mio cervello: cosa ha permesso a quest’ospedale di resistere finora? Analizzo oggettivamente la situazione. Mi serve per mettere le cose in prospettiva. Passo dopo passo procedo con la mia analisi di cosa ha permesso al Grady di prosperare in questi quasi tre anni, mentre altre strutture simili sono crollate su loro stesse. Be’, come prima cosa ho notato la posizione, non troppo dentro alla città con viali larghi e dritti, situato in quella che si definirebbe una periferia tranquilla, esposto quasi totalmente a sud per cogliere più sole possibile, ampio e ben strutturato con due cortili interni protetti da recinzioni abbastanza solide. L’altezza da una buona visuale sui dintorni. Altro punto a suo favore: la corrente elettrica qui funziona ancora, in tutti gli ospedali sono presenti generatori d’emergenza, però necessitano di grandi quantità di carburante.
L’elettricità al Grady è ancora presente perché chi lo ha progettato è stato lungimirante, dotandolo di un impianto fotovoltaico e delle pale eoliche. Tutto sommato, con i materiali giusti e un po’ di attrezzatura, credo che riuscirei a costruirli, ci vorrebbe del tempo, certo, però ne sarei in grado e forse potrei insegnare anche a chi vorrà imparare ciò che so, la conoscenza è importante. Ovviamente prima avremmo bisogno di un posto sicuro, questa decisione comunque non spetta a me.
Il Grady sopravvive grazie alle medicine, io ho un dottorato in chimica e bio-chimica, vale lo stesso di prima, con le attrezzature giuste potrei fare molto. Al momento non possiedo tutto questo, il mio tentativo di rendermi utile si sta rendendo infruttuoso e comincio un pochino a scoraggiarmi, “per Orione!” Non devo cedere, dai Eugene, pensa. Due agenti passano parlando alla loro ricetrasmittente. Le comunicazioni… come ho fatto a non pensarci subito? Questa è una cosa che posso sistemare! Appena arrivati, ho notato un ripetitore sul tetto del Grady: probabilmente, se è uno di quelli piccoli, ha una portata di circa duecentocinquanta miglia; è sicuramente grazie a quello che gli agenti riescono a comunicare tra loro per tutta Atlanta, amplifica il segnale dei loro walkie talkie che altrimenti sarebbe udibile solo per pochi isolati. Basterebbe trovare i ripetitori standard, che di solito sono montati su torri in cemento e sono facili da individuare, infatti a tre isolati da qui ce n’è già uno, l’ho notato mentre venivamo, è stata la prima cosa che ho visto dopo aver ripreso i sensi sull’autobus dopo le botte di Abraham. Hanno una portata maggiore rispetto a quelli piccoli che venivano montati sui tetti delle strutture cittadine, di solito si aggira sulle cinquecento miglia. Ripristinarne uno alla stessa distanza, miglia più o meno, lungo il nostro percorso vorrebbe dire mantenere i contatti con questo posto, vorrebbe dire persino captare altre comunicazioni; in un certo senso sarebbe come ripristinare un pezzo di civiltà. Dovrebbe tornare utile a lungo andare, anche in vista del parto di Maggie, avere un dottore alla radio che ci guida non sarebbe male.
Dovrebbe essere facile rimetterli in funzione, di solito funzionano con un piccolo accumulatore alimentato da un pannello solare. Praticamente inesauribile. Il vero problema è l’usura, senza manutenzione qualche collegamento si sarà ossidato e forse dovrò sostituire qualche filo. Magari dovrò fare qualche modifica, visto che sono nati per i cellulari, ma supportano bene anche le onde radio. Niente che non possa gestire, posso far conto su quello che ho trovato ieri nel locale manutenzione. Ci sono un sacco di attrezzi e pezzi di cavo elettrico dei relè… per “Orione”, Eugene!  Potrebbe funzionare! Potresti fare qualcosa di utile per il gruppo e non solo, alla fine sarebbe utile per tutti!
Devo parlarne con gli altri, devo riconquistare la loro fiducia e il loro perdono. Delle persone sono morte per colpa mia, non sarà facile, ma io non mi arrendo.
 
Continua…
 
   
 
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