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Autore: artemisia la fee    01/03/2015    2 recensioni
[Cross-over tra Doctor Who e Supernatural, con una versione umanizzata del TARDIS e dell'Impala]
TARDIS è solitaria, permalosa, strana. Impala è espansivo, solare, divertente. Lei una secchiona studiosa di fisica e astronomia. Lui un meccanico che vive solo per i motori e la musica rock.
Sono diversi, ad un primo sguardo e se le circostanze non fossero state quelle non si sarebbero mai incontrati, eppure è successo.
Perchè infondo tanto diversi non sono, devono solo scoprire cosa li rende uguali, più uguali di quanto non pensino.
*Doctor Who e Supernatural, sono due delle mie serie TV preferite e questa FF (la prima che scrivo, siate clementi) è dedicata non ai loro protagonisti ma al Tardis e all'Impala, perchè lo sappiamo non sono semplici mezzi di trasporto, sono molto di più.
Genere: Erotico, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Altri, Doctor - 10, Donna Noble, TARDIS
Note: AU, Cross-over, Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nella stanza sembrava fosse appena esplosa una bomba. Una bomba fatta di vestiti, scarpe e collane. Anche se a dir la verità, in quella stanza sembrava sempre fosse esplosa una bomba.

Sia che TARDIS fosse sotto esami e riempisse la casa di libri e fogli, sia che non lo fosse. Sia che Donna avesse un nuovo colloquio di lavoro e non sapesse cosa indossare, sia che fosse in casa a far nulla. Il caos regnava sovrano.
"Questo come mi sta?" chiese Donna provando un nuovo abbinamento per un vestito e una giacca.
TARDIS sistemò il cuscino su cui era sdraiata a pancia in giù e allungò i piedi sul letto.
"No, troppo elegante. Stai andando ad un colloquio non ad un matrimonio" commentò storcendo il naso.
Donna si voltò e sbuffando scomparve di nuovo nell'armadio, lanciando il vestito che andò ad accumularsi sulla sedia insieme agli altri.
TARDIS si girò sulla schiena stringendo al petto il cuscino blu e guardò la stanza attorno a lei. Libri, fogli e quaderni erano accatastati ovunque sul pavimento. Aveva dato un esame il giorno prima, dopo aver studiato per settimane e ora poteva prendersi un po di tempo per se stessa. Non era preoccupata per l'esito, sapeva di essere andata bene. 
I giorni dopo gli esami erano sempre dolci e rilassanti, in cui poteva per un attimo riprendere il contatto con il mondo che la circondava e rimettere i piedi per terra.
Anche se lei non li metteva mai del tutto i piedi per terra.
Si tirò su a sedere sul letto e guardò l'enorme poster appeso dietro alla testata. Raffigurava quasi interamente tutte le costellazioni e le stelle, con i rispettivi nomi scritti accanto.
Le fissò intensamente per qualche secondo, poi si sdraiò ancora sul letto sospirando. Allungò la mano oltre il bordo del letto per prendere il libro che stava leggendo. Ma quando ritirò la mano, si ritrovò a fissare il suo block notes, quello blu a spirale, con i pianeti sulla copertina.
I ricordi le esplosero nel cervello come fuochi d'artificio a capodanno. Si ricordò di Impala, dei suoi occhi magnetici, della curva delle sue labbra quando le aveva sorriso con la sigaretta accesa, si ricordò dei tatuaggi che disseminavano la sua pelle, si ricordò della sua voce che la salutava e si ricordò del numero che aveva scritto proprio tra quelle pagine.
Sfogliò il block notes, come impazzita, temendo che lo avesse cancellato per sbaglio o che avesse strappato la pagina. Invece no, era ancora li. Al centro di uno schema sullo spazio-tempo. Tirò un lungo sospiro di sollievo e si portò il block notes al petto.
"TARDIS va tutto bene?"
Lei alzò di scatto la testa e si rimise a sedere. Donna, in piedi al centro della stanza con in mano un vasto assortimento di gonne e pantaloni, la stava guardando come se fosse un alieno appena atterrato sulla Terra.
"Eh?" fece lei "Si certo, tutto bene"
TARDIS guardò il numero scritto sul foglio. Era passata quasi una settimana dall'incontro e non è che lei si fosse dimenticata di lui, ma tra lo studio, l'esame e il lavoro, si era dimenticata di chiamarlo.
Ma dopo tutto quel tempo, quante possibilità ci fossero che lui si ricordasse anche lontanamente di lei. Era un bel ragazzo, affascinante e carismatico, probabilmente lasciava il suo numero a qualsiasi ragazza incontrasse. 
Guardò ancora il numero scritto sul foglio, poi lo allontanò da se avvilita.
"Ehi che succede?" le chiese Donna avvicinandosi.
"Ti ricordi quando, quasi una settimana fa, tu e John mi avete chiesto un passaggio?" le chiese.
"Certo"
"E ti ricordi anche quel ragazzo che mi ha chiesto un'informazione?"
"Si..." disse interrogativa.
"Bé, in realtà non mi ha chiesto un'informazione. Gli ho prestato il cellulare, abbiamo parlato per quasi venti minuti e mi ha lasciato il suo numero"
"Cosa?" urlò Donna precipitandosi sul letto "E l'hai chiamato?"
"No" rispose lapidaria.
"No? TARDIS non si accetta il numero di un ragazzo così carino e non lo si chiama"
"Ma ho dovuto prepararmi per l'esame e non ho avuto tempo di pensare a lui"
"Chiamalo" disse con un tono che non accettava repliche.
"Non posso chiamarlo, è passata una settimana si sarà dimenticato"
"E noi glielo facciamo ricordare" disse prendendo il telefono e lanciandoglielo in mano.
"No" ribatté TARDIS restituendogli il telefono.
"Chiamalo"
"No"
"Allora lo chiamo io" urlò prendendo il block notes dalle mani, correndo in bagno e chiudendosi dentro.
"Donna" urlò tempestando di pugni la porta "Donna, non farlo"
"Troppo tardi" disse aprendo di colpo la porta e mettendole il telefono all'orecchio.
TARDIS lo prese e proprio in quel momento sentì una voce dall'altra parte.
"Pronto?" disse.
Rimase bloccata senza la più pallida idea di cosa dire. Era la sua voce, la voce di Impala.
"Ehm" balbettò "Pr...Pronto?"
"Chi parla?" rispose.
"No, non ce la faccio" urlò e riattaccò il telefono.
"Oh TARDIS" urlò Donna "Quanto sei stupida"
"Non sapevo cosa dire" si scusò.
"Richiamalo e digli che è caduta la line"
"No" protestò.
E proprio in quel momento il telefono squillò. Stava richiamando.
"E' lui, che faccio?"
"Rispondi"
Schiacciò il pulsante verde e portò il telefono all'orecchio.
"Pronto?" disse titubante.
"TARDIS?" disse Impala all'altro capo del telefono "Sei tu?"
"Si" rispose. Si ricordava, si ricordava di lei. Era talmente felice che sentì le gambe cederle e dovette sedersi sul letto.
"Stavo iniziando a pensare che ti fossi dimenticata di me" disse.
"Pensavo la stessa cosa" disse.
"Oh, sei la mia salvatrice come potrei dimenticarmi di te"
"Anche tu mi hai salvato"
"E' vero, il block notes. Come è andato l'esame?"
"Benissimo" 
"Quindi mi hai chiamato perché vuoi ancora sapere quali sono i miei hobby?"
"Si, immagino di si"
"Perfetto, quando ci vediamo?"
"Vederci?"
"Si vederci, o preferisci che te li elenchi al telefono?"
"No, no va benissimo vederci"
"Dove e quando?"
"Non lo so scegli tu"
"No, scegli tu. Mi fido del tuo buon gusto"
"Non saprei" disse.
Si guardò per la stanza in cerca di un'idea. Scandagliò ogni angolo e ogni superficie con gli occhi. Guardò le librerie cariche di libri, la scrivania con il mappamondo carica di fogli e quaderni.
Infine il suo sguardo si posò sul poster di Betelgeuse, la seconda stella più luminosa della costellazione Orione. Accanto al poster aveva attaccato un depliant  dell'Osservatorio Astronomico.
"L'Osservatorio Astronomico" disse, quasi senza pensarci.
"L'Osservatorio?" chiese.
"Si, sempre se ti piace"
"Certo, va benissimo. Quando ti passo a prendere?"
"Ehm, domani sera alle sette?" disse.
"E domani sera alle sette sia" ripeté.
"Ok, allora ci vediamo domani"
"A domani"
Stava per riattaccare, quando la voce di lui la raggiunse per l'ultima volta "Sono felice che tu mi abbia chiamato" disse, poi chiuse la conversazione.
TARDIS posò il telefono accanto a se e sollevò lo sguardo, incontrando gli occhi di Donna che la fissavano in attesa.
"Domani sera andiamo all'Osservatorio" disse trattenendo il respiro, non riuscendo a credere che quello che avesse detto fosse reale.
Donna esplose in urla di giubilo e l'abbracciò saltando sul letto. Poi la trascinò giù e la portò in bagno.
"Donna cosa stai facendo?" chiese senza riuscire a fermarla.
"Devi prepararti" urlò afferrando una spazzola come se fosse un'arma.
"Prepararmi? Ma ci vediamo domani c'è ancora tempo"
"Oh zitta! Il tempo scorre e ci sono troppe cose da fare"
"Ma stavamo scegliendo i tuoi vestiti"
"Chi se ne frega dei miei. Tanto non mi assumeranno neanche questa volta"
TARDIS cercò di opporsi ancora, ma tutto fu vano. Alla fine dovette cedere e lasciò che Donna la trasformasse, con un giorno d'anticipo.


Quella notte TARDIS dormì profondamente. Nonostante l'agitazione e le farfalle nello stomaco le fecero pensare che non avrebbe chiuso occhio, si addormentò con il sorriso sulle labbra.
La mattina dopo si svegliò presto andò in Università a seguire le lezioni del giorno, mangiò un panino al volo chiusa in biblioteca. Al pomeriggio tornò a casa, perché quel giorno non lavorava, cercò di sistemare la stanza e studiò un altro poco.
Con tranquillità si fece la doccia, mangiò un'insalata leggendo un libro e quando mancava solo un'ora alle sette, si fece prendere dal panico.
"Donna" urlò dal bagno "Donna, dove sono le scarpe?"
"Quali scarpe?" rispose.
"Quelle blu"
"Le hai tutte blu!"
Allora corse fuori dal bagno con le mani che tremavano e non riuscivano ad allacciare i bottoni della camicia. 
"Queste scarpe" disse, raccogliendo da terra un paio di stivaletti con il tacco, bassi e blu.
"Cosa stai facendo?" le urlò Donna non appena entrò nella stanza.
TARDIS si guardò intorno confusa e rispose "Mi vesto"
"Ti stai vestendo troppo" urlò e avvicinatasi le slacciò un paio di bottoni della camicia.
"Donna, ma che fai?" cercò di protestare.
"Metto in mostra le tue qualità" rispose.
In quel momento suonarono il campanello.
"E' arrivato" urlò saltando in piedi.
"Niente panico, tu finisci di prepararti io vado alla porta"
Donna sparì in corridoio. TARDIS finì di allacciarsi le scarpe, intanto sentì la porta aprirsi e la sua voce in lontananza.
Si guardò allo specchio e pensò che tutto sommato, non era male. Aveva indossato una camicia blu, saggiamente sbottonata da Donna, e una gonna corta e a vita alta. Si era truccata, cosa che di solito faceva di rado e reso ancora più lisci i suoi capelli neri, anche se ormai avevano talmente tante ciocche blu, che il nero era quasi del tutto scomparso.
Fece un respiro profondo, prese la borsa e la giacca e si avviò lungo il corridoio.
Lui era li, a pochi metri da lei ad attenderla davanti alla porta. Donna era appoggiata allo stipite e parlava con lui. Ma TARDIS non sentiva quello che si dicevano, perché aveva tutta l'attenzione concentrata su Impala.
Era bellissimo, splendente come il sole nonostante i vestiti scuri. Perché a parte la canottiera sostituita con una più elegante camicia, era esattamente vestito come l'ultima volta in cui lo aveva visto.
Quando Impala la vide, smise di parlare e guardandola, lentamente si disegnò un sorriso sulle sue labbra.
"Wow" disse.
TARDIS si sentì arrossire e abbassò lo sguardo. "Ciao" disse ritrovando la concentrazione perduta.
"Bene" intervenne Donna "Allora divertitevi" e presa TARDIS per le spalle la spinse letteralmente fuori dalla porta, che chiuse bruscamente. 
"Pronta?" le chiese porgendole la mano.
"Pronta" rispose prendendola.
Impala la condusse alla sua macchina, quel nero veicolo con un bagagliaio talmente grande che avrebbe potuto contenere un cadavere.
TARDIS gli diede l'indirizzo dell'Osservatorio Astronomico e partirono. Durante il viaggio non parlarono, non esattamente.
Impala accese la radio e la sintonizzò su una stazione che dava vecchi pezzi di musica rock. Lei non era una grande esperta di musica, ascoltava un po di tutto, ma alcune di quelle canzoni le conosceva. Quindi superato l'imbarazzo iniziale, cantarono insieme e a volte abbassava la voce per sentire solo lui cantare, a squarciagola con una sigaretta accesa tra le labbra. 
Non era intonato, anzi al contrario. Però ci metteva così tanta passione ed energia che sarebbe riuscito ad ipnotizzare una platea intera.
Arrivarono all'Osservatorio che il sole era già tramontato, il cielo era quasi senza una nuvola e tirava un leggero venticello che portava aria d'estate.
Impala le prese la mano, lei si augurò che la sua non fosse troppo sudata per l'agitazione e camminarono verso l'ingresso.
L'Osservatorio Astronomico visto da fuori sembrava soltanto un vecchio edificio sormontato da una cupola di vetro, mentre dentro, si trasformava in un posto magico e ultraterreno.
"Buonasera TARDIS" disse qualcuno. Lei si voltò e dietro ad un banco che fungeva da reception era seduto un vecchietto con un cappellino rosso in testa.
"Buonasera Wilfred" lo salutò lei avvicinandosi.
"Era da un po che non ti vedevamo"
"Lo so, sono stata molto impegnata con lo studio"
"Solo lo studio?" l'apostrofò lanciando un'occhiata ad Impala.
Guardò Impala e gli sorrise. "Wilfred ti presento Impala" disse indicandoli "Impala, Wilfred"
"Molto piacere di conoscerla" disse lui stringendogli la mano.
"Piacere mio, giovanotto. Ora non vi disturbo oltre, godetevi il giro. Vi chiederei se volete una guida, ma la nostra TARDIS è più che qualificata"
Il salone principale al piano terra dell'Osservatorio, consisteva in un immenso salone con una riproduzione del sistema solare, che ruotava su se stesso in tempo reale. 
Impala si avvicinò lentamente osservando da vicino ogni pianeta.
"E' una cosa meravigliosa" disse.
"Già è meraviglioso e noi siamo li" disse TARDIS indicando la piccola sfera della Terra "A 149.500.000 km da quella grande sfera infuocata" concluse indicando il sole che splendeva al centro di tutto.
"Mi fa sentire piccolo tutto questo" disse Impala con gli occhi fissi al sole.
"Perché lo siamo" continuò TARDIS sorridendo.
Lei lo guardò, e osservò il modo in cui la luce del sole e dei pianeti gli illuminavano gli occhi e il profilo. Si sentì il cuore leggero e felice, perché lui era li con lei, nel suo mondo fatto di stelle e spazi infiniti. Non scappava, non la guardava come se fosse pazza, anzi ne era affascinato anche lui.
"Quella è la luna" esclamò all'improvviso, indicando una piccola sferetta che ruotava accanto alla terra "Non pensavo fosse così piccola"
"Sembra grande vista da qui" gli rispose.
"Immagino che anche noi sembriamo piccoli visti da, come si chiama questo?" disse indicando una grossa sfera dal colore grigio striato di ocra.
"Quello è Giove"
"Ecco, da Giove. Comunque grazie per farmi sentire così stupido" concluse.
TARDIS lo fissò e tutta la felicità provata fino ad allora svanì in un battito di ciglia.
"Scusami tanto se so più cose di te" ribatté offesa, si voltò e fece per allontanarsi.
"Ehi, TARDIS aspetta" disse lui raggiungendola "Stavo scherzando, scusami"
Lei lo guardò per un attimo, scrutandolo in quegli occhi dorati e sinceri.
"Scusami" ripeté "Non mi fai sentire stupido e anche se lo fosse non mi importerebbe. Sei intelligente e ami tutte queste cose, quindi parlane quanto vuoi perché starei le ore ad ascoltarti"
"Davvero?" chiese titubante.
"Si, anche se probabilmente non capirei una parola"
Lei scoppiò a ridere. "Scusami, tendo ad essere permalosa e suscettibile sull'argomento"
Impala le scostò una ciocca di capelli dietro all'orecchio e disse sorridendole "Non potevi essere perfetta" poi la sorpassò e si diresse verso il muro.
"Ehi quello so cos'è" disse indicando un enorme poster "E' la Via Lattea"
TARDIS gli corse incontro e gli si affiancò, perdendosi nel mare di stelle.
"Certo che la conosci è la nostra galassia" 
"Non la conosco solo per quello, ne ho letto poco tempo fa in un libro sul Giappone"
TARDIS lo guardò, quasi sconvolta.
"Che c'è, anche se non sembra leggo anch'io" commentò.
"Scusami" disse lei "Parlamene, sbaglio o ci siamo visti perché dovevi raccontarmi i tuoi hobby"
"Giusto" fece lui "Mi piace la vecchia musica rock e le vecchie macchine, ma questo mi sembra tu lo abbia già capito. Poi mi piace il sovrannaturale, la mitologia, le leggende, l'esoterismo e tutto quello che ne consegue"
"E io che pensavo di essere quella strana" commentò.
Impala scoppio a ridere "A quanto pare no"
"Quindi credi nei fantasmi?" gli chiese.
"Si" rispose "Lo so cosa stai pensando. Sei una donna di scienza, non credi in queste cose. Io sono solo un pagano superstizioso"
"No, non lo penso. Non credo nei fantasmi ma non penso che tu sia un pagano superstizioso. Però se devo confessarti una cosa, credo negli alieni"
"Alieni? No, gli alieni non esistono"
"Certo che esistono"
"No, non esistono"
"I fantasmi invece si?" concluse sarcastica.
Si fissarono per un attimo, infine scoppiarono a ridere talmente forte che i pochi visitatori notturni si girarono a guardarli.
"Vieni" disse lei prendendolo per mano " C'è una cosa che voglio farti vedere"
 Salirono per una scala a chiocciola che portava al piano superiore, dove sotto una cupola di vetro si apriva il cielo stellato con tanti telescopi puntati verso l'alto.
TARDIS portò Impala davanti ad una teca di vetro piena di oggetti.
"Non sono meravigliosi?" disse guardandoli con il naso a pochi centimetri dal vetro.
"Cosa sono?" chiese lui avvicinandosi per guardarli meglio.
"Sono antichi telescopi in ottone, poi ci sono lenti e cannocchiali, quelli invece sono strumenti che usavano per calcolare lo spostamento delle stelle e dei pianeti. Alcuni di questi oggetti hanno duecento anni o più. Non è meraviglioso?"
"Ti piacciono proprio le cose vecchie. Dovrei iniziare a farmi crescere la barba?" commentò sarcastico.
"Anche a te piacciono le cose vecchie" gli fece notare.
"Colpito e affondato" disse colpevole.
"Però guardali" continuò TARDIS "Loro sono ancora qui, dopo duecento anni ci sono ancora. Mentre noi tra duecento anni non saremo che polvere sotto terra"
"Sempre se non diventiamo fantasmi"
"Ma dato che non lo diventeremo, saremo solo polvere dimenticata. E' per questo che mi piacciono le cose vecchie"
"Non l'avevo mai vista sotto questo aspetto" 
"L'unico aspetto triste è che non si possono usare. O almeno si potrebbe se non fossero delicati e rinchiusi in una teca di vetro"
"Quelli si possono usare?" chiese, indicando i grandi e moderni telescopi.
"Certo. Ti piacerebbe provarne uno?"
"Certo" rispose.
Trovarono un telescopio libero e iniziarono ad esplorare il cielo. TARDIS si divertì a spiegare ogni singola cosa che vedevano, ogni stella e ogni centimetro di cielo.
Impala, per quanto capisse una parola su cinque, si divertì e si meravigliò del cielo. Ma ancora di più rimase affascinato dal sorriso e dalla gioia che pervadeva TARDIS, nel parlare di quel cielo.
"Sai Impala" disse ad un certo punto "Guardare il cielo da un telescopio è bellissimo, ma c'è un modo ancora più bello per apprezzarlo"
"E quale?" chiese lui togliendo l'occhio dall'obbiettivo.
"Vieni" disse lei, prendendolo per mano.
Lo condusse su per un'altra piccola scala e lo portò fuori all'aria aperta, fresca e frizzante della sera, con il vento che le scompigliava i capelli.
Si sedettero su una panchina lungo il balcone che circondava l'Osservatorio, a parte loro e una coppia di anziani con un bambino non c'era nessuno.
Per fortuna l'Osservatorio era in una zona al centro di un parco, così che le luci della città non nascondevano la luminosità del cielo, che con il suo mare di stelle, perse in un'oceano nero e blu, li sovrastava.
"E' questo il modo migliore" disse con lo sguardo perso verso l'alto.
"E' bellissimo" disse Impala, ma non era concentrato sul cielo. Era concentrato su di lei, sui suoi occhi blu che brillavano, sulle labbra rosse che sorridevano.
Le prese il mento con le dita e la voltò verso di se, si guardarono solo per un secondo poi, si baciarono.
Assaporarono l'uno le labbra dell'altra, con il vento che solleticava le guance smorzando il calore che sentivano salire.
Quando si separarono si guardarono negli occhi. TARDIS si perse in quell'oro liquido che la notte aveva reso scuro. Impala si perse nel blu, un blu talmente intenso che mancavano solo le stelle per farlo assomigliare a quello sopra di loro.
Lei abbassò lo sguardo, ridacchiando e appoggiò la guancia sulla sua spalla.
"Cosa c'è?" le chiese.
"Niente, mi è piaciuto" rispose, sentendo ancora il suo sapore sulle labbra.
"Perfetto" rispose ridacchiando anche lui "Forse dobbiamo ripetere" disse e prendendole ancora il mento la baciò un'altra volta, solo con più lentezza e dolcezza.
Impala le circondò le spalle abbracciandola. Inizialmente si sentì in trappola, non era abituata a stare così vicino ad un'altra persona. Ma quando lo guardò negli occhi e sentì la sicurezza e il calore del suo corpo si lasciò trasportare.
"Ti dispiace?" lo sentì chiedere, sventolando nell'aria il pacchetto delle sigarette.
"I polmoni sono tuoi" disse e lo guardò aprire il pacchetto, estrarre la sigaretta e accenderla.
Non amava particolarmente i fumatori ne il fumo. Eppure quando guardava Impala compiere quei semplici gesti, che in qualche modo risultavano magici e sensuali, non poteva fare a meno di apprezzarlo. Perché le piaceva vedere le sue dita che facevano scattare lo zippo argentato, il modo in cui la fiamma gli illuminava fugacemente il viso e il modo in cui la sigaretta pendeva dalle sue labbra, sembrava dover cadere da un momento all'altro eppure non succedeva mai.
"Cosa c'è?" le chiese quando si accorse del suo sguardo.
"Sei...bello" gli disse semplicemente.
Se non fosse stato troppo buio, avrebbe giurato di averlo visto arrossire. "Grazie" disse semplicemente "In teoria dovrei dirti anche io che sei bella?"
"Solo se lo pensi davvero" rispose stringendosi nelle spalle.
"Be allora tu non sei solo bella" disse, poi le si avvicinò e le sussurrò all'orecchio "Sei sexy"
Il respiro le si spezzò in gola, le guance e le orecchie le avvamparono.
"Quando torno a casa ricordami di ammazzare Donna" disse riacquistato il controllo.
"Perché?" chiese.
"La camicia è opera sua"
"Ricordami di mandarle un mazzo di fiori" ribatté ridendo. "Allora, donna dello spazio" continuò "Come mai ti piace così tanto il cielo?"
"Non lo so, è difficile da spiegare" disse guardando la volta piena di stelle "Quando ero piccola le altre bambine volevano diventare delle principesse o delle veterinarie. Io volevo diventare un'astronauta che viaggiava nel tempo"
"E che male c'è?" ribatté "Io volevo diventare un cowboy"
"Non c'è nulla di male" continuò ridendo "Solo che mi faceva sentire diversa dalle altre bambine. Mi è sempre piaciuto il cielo, mi ha sempre affascinato e quando ho scoperto che è più grande, più vasto di quello che vediamo ho desiderato con tutta me stessa studiarlo ed esplorarlo.
E' immenso e meraviglioso, nonostante mi faccia sentire piccola e insignificante, la magia è talmente tanta che non mi importa, perché sono felice e grata di poter ammirare tutto questo. Sono parte di qualcosa, per quanto piccola e invisibile"
"Wow" esclamò Impala "Saresti capace di far sembrare meraviglioso anche un sasso in mezzo alla strada"
"Lo prendo come un complimento" disse sorridendogli.
Rimasero ancora un poco a guardare il cielo. Lei gli indicò le costellazioni, lui si stupì del fatto che riuscisse a distinguerle.
Alla fine arrivò Wilfred a chiamarli per comunicare che l'Osservatorio stava per chiudere.
Il viaggio di ritorno in macchina fu silenzioso, Impala accese la radio ma non cantarono. C'era tensione nell'aria, tensione tra loro due. Sentivano la vicinanza dell'altro come un formicolio sulla pelle.
Erano state dette cose ed erano successe cose quella sera e sentivano che qualcosa era cambiato. Non erano più due sconosciuti che si erano incontrati per caso sui gradini dell'Università. Erano qualcosa di più.
Quando arrivarono a casa di TARDIS e lei scese, Impala la seguì davanti alla porta.
Lei salì un paio di gradini e si voltò a guardarlo. 
"Mi sono trovata bene questa sera" disse.
"Anche io, donna dello spazio" rispose.
"E' diventato il mio soprannome?" chiese sorridendo.
"Credo proprio di si"
"Allora dovrò trovartene uno anche io"
"Non vedo l'ora"
Rimasero un attimo a fissarsi, poi TARDIS lo afferrò per il colletto della giacca attirandolo a se e lo baciò. Fu un bacio lungo e appassionante. Fece scorrere le dita tra i suoi capelli, sentendo sulle labbra la sua lingua e il pungente odore del tabacco. Impala la prese per i fianchi accarezzandole la vita e la tenne stretta a se.
Quando furono senza fiato, si separarono.
"Buonanotte, Baby" gli sussurrò all'orecchio, poi si voltò salì gli ultimi gradini e scomparve dietro la porta.
Impala rimase fermo ancora un attimo, per riassaporare quel momento. Quella notte tornò a casa cantando a squarciagola le canzoni alla radio, con il finestrino abbassato nonostante il freddo della notte.
Si addormentarono entrambi con il sorriso sulle labbra, pensando che infondo tanto diversi non erano.
 




 
  
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