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Autore: MissKiddo    04/03/2015    1 recensioni
Isabel Sanchez Torrès è la figlia del torero più famoso ed acclamato di Spagna. L'unico problema? Lei odia la corrida. Non capisce come possa piacere tale vigliaccheria. Per queste ragioni i rapporti con i suoi genitori sono difficili.
Ma dopo un terribile incidente riuscirà a sistemare le cose nella sua famiglia? E se il posto di suo padre venisse preso da un affascinante ragazzo dagli occhi blu? Lei potrà innamorarsi di un ragazzo che segue le orme di suo padre? Non vi resta che scoprirlo leggendo la storia, vi aspetto.
Tratto dalla storia:
Finalmente la corrida era giunta alla terza ed ultima parte: “Tercio de muleta”. Ruben stava sudando, aveva perso molte forze per tenera a bada il toro. Per fortuna le corse mattutine avevano aumentato la sua capacità polmonare. Il toro era sfinito, presto sarebbe arrivata la sua ora. Ruben prese la spada, fissava gli occhi del toro, provava rispetto per l'animale. Si era battuto con orgoglio e forza, ma doveva ucciderlo.
[CAPITOLO BONUS MATRIMONIO ALL'INTERNO!]
Genere: Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo 1

Famiglia alle strette

 

L'aria era fresca, l'autunno stava arrivando facendo appassire lentamente la vegetazione che, fino a pochi mesi prima, era rigogliosa. Le foglie ormai secche venivano trasportate dal vento lungo le strade. Era ancora buio, il sole non era sorto. In lontananza si potevano udire i passi delle persone mattiniere che andavano a fare jogging per tenersi in forma.
Isabel, a differenza di quelle persone, era ancora sotto le coperte, il tepore era dolce e confortevole. I capelli biondi erano legati malamente ed erano l'unica parte del suo corpo scoperta. La sua camera era in disordine, come al solito. L'armadio era aperto e si potevano intravedere i vestiti ripiegati alla bell'e meglio. La scrivania era ricoperta di ombretti, rossetti e altri oggetti che le servivano per truccarsi.
Quando compì vent'anni decise che sarebbe andata via di casa, lo desiderò con passione quando spense le candeline. Data la sua testardaggine dopo due mesi fece avverare il suo desiderio e andò ad abitare nel piccolo appartamento in cui stava dormendo. Ormai viveva lì da due anni e non poteva desiderare di meglio, aveva la sua indipendenza, il suo lavoro, che non le fruttava molto, ma almeno non doveva chiedere i soldi ai suoi genitori.
Stava ancora dormendo profondamente quando qualcosa balzò sul suo letto e iniziò a miagolare insistentemente. Aprì un occhio e vide che era Dalì, il suo gatto color fuliggine. Dalì la fissava con i suoi occhi luminosi, aveva sicuramente fame.
«Dalì, non potresti mangiare più tardi questa mattina? Lo sai che il sabato sera lavoro fino a tardi al pub» disse Isabel mentre si rannicchiava sotto al piumone con la voce ancora impastata per il sonno. L'altro si limitò a miagolare di nuovo, Dalì non accettava proteste, aveva fame e voleva il suo cibo, subito. Isabel si alzò per metà rimanendo seduta sul letto, fissò Dalì per alcuni secondi, lui sostenne il suo sguardo facendole capire che non avrebbe smesso di miagolare finché la sua ciotola non fosse stata riempita dai croccantini che amava tanta.
«E va bene, va bene, andiamo a prendere la tua pappa» disse infine Isabel alzando le braccia al cielo.
Una volta arrivati in cucina il cibo per gatti fu messo in una piccola ciotola. Dalì mangiò con voracità mentre la sua padrona l'accarezzava distrattamente sulla testa. Isabel sbadigliò mentre si preparava del caffè forte, erano appena le sei e mezza e lei era tornata dal pub alle quattro del mattino. Aprì la credenza e osservò le tazze che vi erano esposte, ne aveva almeno trenta. Le tazze erano una delle sue più grandi passioni. Le collezionava da quando aveva dieci anni, ma il resto della sua collezione era rimasta nella casa dove era cresciuta. Per quella mattina ne scelse una a forma di cupcake e la riempì di liquido scuro. Andò nel piccolo salotto e si sedette sul divano gustandosi il caffè. Chiuse gli occhi ascoltando i rumori che provenivano dalla strada, ricordò che era domenica e una smorfia le si dipinse sul viso. La domenica, in Spagna, si svolgeva la corrida. Anche quando era piccola non riusciva a capire come potesse piacere un gioco del genere, vedere morire un povero toro indifeso la faceva inorridire. E adesso che era cresciuta continuava a pensare che non doveva esistere un tale massacro insensato. Ma la cosa che le faceva più male era che suo padre, Diego Sanchez Torrès, fosse il torero più famoso di Spagna. Lei che odiava così tanto la corrida proveniva da una famiglia che per generazioni aveva ucciso tori. Si vergognava delle sue origini. E proprio per questo motivo aveva sempre avuto rapporti difficili con i suoi genitori, ogni domenica litigava con suo padre e lo supplicava di non andare, di lasciare quel lavoro così orrendo. Ma ovviamente non successe mai, e questo causò il lento allontanamento di padre e figlia. Sospirò e continuò a bere il caffè ma lo squillo del telefono la fece sobbalzare. Prese la cornetta e si chiese chi potesse mai essere a quell'ora del mattino.
«Si?»
«Isabel, sono la mamma. Scusa se ti ho svegliato» Amanda era calma, non chiamava sua figlia da quasi due mesi dopo l'ennesimo litigio.
«Ciao, mamma. Non preoccuparti ero già sveglia, Dalì voleva mangiare»
«Hai fatto di nuovo le ore piccole al pub? Lo sai che per te vorrei di meglio, non mi piace il posto in cui lavori» Isabel alzò gli occhi al cielo, aveva sentito quelle parole almeno un milione di volte.
«Lo so, e so anche che con i vostri soldi sporchi di sangue vorreste di meglio per me, ma preferisco guadagnare soldi puliti»
«Tuo padre fa un lavoro onesto. Lo dici come se uccidesse persone, o spacciasse droga» Amanda capì che se non si fosse calmata la chiamata sarebbe degenerata in una nuova litigata. Anche Isabel lo pensò, decise di cambiare discorso.
«Come mai mi hai chiamata?»
«Vorrei invitarti per pranzo, cosa ne dici?» le sembrò strano quell'invito ma accettò lo stesso, in fondo voleva bene ad entrambi i suoi genitori. Non le avevano mai fatto mancare niente, e le avevano sempre dimostrato grande affetto, anche se non condivideva le loro idee.
«Ci vediamo più tardi» rispose infine. Si salutarono e chiuse la chiamata. Dalì saltò sul divano, la ciotola era ormai vuota.
«Sentito? Sono stata invitata a pranzo nella magione Sanchez Torrès, che fortuna!» esclamò ironicamente Isabel mentre accarezzava il micio.

 

Il pub dove lavorava Isabel si chiamava “Cerveza pub”. Dopo la telefonata di sua madre si era lavata e vestita in fretta e aveva deciso di passare al pub. Parcheggiò la sua piccola auto poco lontano e corse verso la porta sul retro. Iago, il proprietario, stava lavando per terra. La sala era completamente vuota e le sedie erano state disposte sopra ai tavoli.
«Sei un capo efficiente!» esclamò Isabel. Iago alzò lo sguardo e sorrise, i lunghi capelli castani gli caddero sulla viso e con un soffio li fece tornare al loro posto.
«Magari avessi una barista efficiente quanto me»
«Ehi, io sono la migliore» Isabel si sedette sul bancone del bar fissandolo. Osservava le braccia muscolose lavorare lentamente.
Si erano conosciuti due anni prima, lei era in cerca di lavoro e dopo l'ennesimo buco nell'acqua aveva incontrato lui. Probabilmente l'aveva assunta solo per il suo aspetto fisico dato che, per un lungo periodo, lui le aveva manifestato il suo interesse. Ma dopo aver rifiutato molte volte di uscire con lui erano diventati buoni amici, e forse, adesso si pentiva di aver rifiutato i suoi inviti.
«Cosa ci fai sveglia a quest'ora chica?» chiese infine Iago.
«Dalì mi ha svegliata all'alba, forse avrei dovuto prendere un criceto, che dici? Ma comunque non è l'unica cosa che è successa. Mia madre, la signora Sanchez Torrès mi ha invitata per pranzo!» Iago fischiò e si fermò posando il suo sguardo su di lei.
«E non sei felice? Io mi chiedo come tu possa vivere in quello schifo di appartamento e lavorare in questo schifo di pub quando potresti avere tutto quello che vuoi con tutti i soldi che hanno i tuoi»
«Il mio appartamento potrà anche fare schifo, ma il pub... no. E lo sai. Comunque abbiamo affrontato questo discorso molte volte, non voglio essere comprata. Mio padre ha tutti quei soldi perchè uccide»
«Isa, non esagerare. Uccide tori non bambini innocenti»
«Più o meno è la stessa cosa» rispose lei con un gesto della mano. Iago scosse la testa, era inutile discutere con lei se si trattava dei suoi genitori.
«Ci vediamo stasera. Adesso devo andare, mi aspetta una bella giornata»
«Portami quelle cose che mangiano i ricchi» urlò lui vedendola andare via.
«Ti porterò una fetta di torta»
«Sei la chica migliore!»

 

Ogni volta che Isabel tornava nella casa in cui era cresciuta si stupiva di quanto fosse grande. Arrivò davanti al cancello dove qualcuno dietro ad un citofono con telecamera gracchiò qualcosa. Dopo pochi secondi il cancello si aprì lasciandola passare.
«Non sia mai che io sia una terrorista» disse sorridendo.
La strada saliva sulla collina dove vi era situata la villa. Ai lati si estendeva il giardino dove da piccola amava giocare. In cima alla collina lasciò la macchina davanti alla porta principale. Scese con calma ed osservò l'enorme fontana in cui da bambina vi era caduta. Ogni cosa in quel posto le riportava alla mente la sua infanzia, e ciò non le dispiaceva. La casa era ancora tutta bianca, e per i suoi gusti era ancora troppo appariscente. Se ne stava ferma ad osservare la finestra della sua vecchia camera quando la porta si aprì. Amanda era ancora una bella donna, non dimostrava affatto i suoi quarantotto anni. I lunghi capelli biondi, che Isabel aveva ereditato, erano legati in uno chignon perfetto. Indossava un completo totalmente bianco, sul collo portava un foulard, anch'esso bianco, che il vento faceva fluttuare nell'aria. Sugli occhi aveva dei grandi occhiali scuri. Tipico di mia madre.
«Isa! Cosa fai lì impalata vieni qui» disse Amanda abbracciando sua figlia.
«Buongiorno, mamma. Ti trovo in ottima forma, come sempre. Vedo che non hai cambiato i gusti, sempre troppo pacchiani» rispose Isabel sorridendo.
«Avanti, smettila di dire sciocchezze, mia cara. Entriamo, Consuelo ci ha preparato tante cose buone» le due entrarono. L'ingresso era luminoso e vi era un gradevole profumo floreale, probabilmente era gli stessi fiori del giardino. Andarono nella sala da pranzo, la tavola era apparecchiata minuziosamente. Consuelo entrò nella sala portando un vassoio pieno di tramezzini, Isabel le sorrise. Faceva la donna di servizio per i Torrès da almeno vent'anni.
«Signorina Isabel, che piacere vederla» disse baciandola sulla fronte, un gesto che faceva sempre quando lei era piccola. Isabel stava per rispondere quando suo padre entrò nella stanza. Non era molto alto ma emanava la sua autorità da tutti i pori. I capelli erano ormai brizzolati ma i suoi occhi verdi, gli stessi occhi verdi che aveva la figlia, erano luminosi e attenti. La bocca era contornata dai baffi anch'essi quasi bianchi. Sorrise vedendo sua figlia, lo sguardo si addolcì un poco.
«Non saluti tuo padre?»
«Hola papà. Come ti senti oggi?» Isabel si avvicinò e lo abbracciò. Ricordò di quando era piccola, di quando le veniva naturale abbracciare l'uomo che amava di più al mondo.
«Molto bene. Mi sento informa per affrontare la corrida di oggi pomeriggio» Isabel fece una smorfia.

 

La famiglia ormai al completo si accomodò sulle sedie intorno al tavolo. Consuelo portò il cibo e loro mangiarono in silenzio.
«E dimmi Isa... vivi ancora in quell'appartamento?» chiese Diego continuando a mangiare la sua carne.
«Si, e credo che rimarrò in quell'appartamento per molto tempo. Adesso che ho verniciato le pareti è molto carino, certo è un po' piccolo, ma non pretendo molto.»
«Incredibile, mia figlia che vive in quel buco sporco e ammuffito»
«Non esagerare, Diego. Non è male l'appartamento, e non voglio discussioni a questa tavola» Amanda non voleva che il pranzo venisse rovinato per l'ennesima volta.
«No, mamma. Fallo parlare, ormai sono abituata. So che voi per me avevate progettato molte cose, ma vorrei essere io a progettare il mio futuro. Se questo ancora non vi è chiaro non so come dirvelo»
«Progettare il tuo futuro significa lavorare in quel posto? Come si chiama... “Cerveza pub”? Mia figlia in una simile topaia. Disonori la nostra famiglia...» non riuscì a finire la frase. Isabel si alzò di scatto facendo cadere la sedia.
«Disonoro la famiglia? Solo perchè non voglio i tuoi soldi? Solo perchè voglio essere io a decidere della mia vita? Non siamo più negli anni cinquanta! E l'unico che disonora la famiglia sei tu e il tuo lavoro!» Diego la fissò negli occhi, non accettava un simile comportamento da sua figlia.
«Non ripeterlo mai più! Dicendo queste sciocchezze farai rivoltare tuo nonno nella tomba!»
«Adesso basta! Non potete litigare ogni santa volta!» Amanda alzò la voce, ma dopo pochi secondi si massaggiò le tempie doloranti. Vedere suo marito e sua figlia litigare in quel modo, le faceva venire mal di testa.
«Hai ragione. Allora non continuare ad invitarmi a questi pranzi inutili. Io vi voglio bene, ma dovete smetterla. E tu papà finirai ammazzato un giorno di questi...» Isabel si bloccò a metà.
«Potrebbe anche succedere, ma non smetterò mai di onorare questa tradizione così importante per noi» Diego aveva il respiro affannato, stava diventando troppo vecchio per questi litigi.
«Se finirai ammazzato darò ragione al toro!» Isabel prese la sua borsetta e corse verso la porta d'ingresso. Sul viso di Diego si dipinse una smorfia di tristezza, che si tramutò subito in rabbia.
«Non tornare mai più!» urlò con tutto il fiato che aveva in gola. Poi si rivolse a sua moglie rimasta quasi paralizzata sulla sedia. «Hai sentito cosa ha detto?»
«E tu hai sentito cosa hai detto? Quando imparerai ad accettare le decisioni di tua figlia? È una ragazza intelligente e capace» Diego non rispose, rimase in silenzio fissando la sedia ormai vuota e rovesciata. Si stava facendo tardi e lui doveva prepararsi per la corrida. Non era il momento di pensare ai suoi problemi famigliari, la corrida veniva prima di tutto.


Isabel corse verso la macchina piangendo. Suo padre le aveva appena detto di non tornare mai più e così avrebbe fatto. Perché non poteva avere una famiglia come tutte le altre? Avere un padre amorevole e pieno di fiducia nella propria figlia? Non avrebbero mai smesso di litigare, questo lo sapeva bene. L'unico modo per andare d'accordo era non vederli più, almeno suo padre.
Accese la macchina e vide sua madre dallo specchietto retrovisore che si stava avvicinando, non aspettò. Partì lasciandosi alle spalle quella casa piena di ricordi ma anche piena di rabbia.
Guidò ripensando alle parole di suo padre, di tanto in tanto dovette fermarsi e asciugarsi le lacrime che non le permettevano di vedere. Arrivò al pub in orario, guardandosi allo specchio vide che i suoi occhi erano gonfi e rossi.
Iago stava sistemando le sedie e presto avrebbe aperto ai clienti. Il locale era sempre pieno la domenica, e per tutti quelli che non potevano andare a vedere la corrida dal vivo potevano vederla sulla grande TV attaccata alla parete del pub.
«Il pranzo non è andato bene?» chiese appena vide Isabel. Lei non rispose, andò dietro il bancone e indossò il grembiule blu che usava quando serviva ai tavoli.
«Se vuoi oggi non accenderò la TV» continuò lui sottovoce.
«Accendila pure! Che si fotta!» calde lacrime le solcarono di nuovo il viso, non poteva trattenersi. Iago andò verso di lei e l'abbracciò.
«Non c'è bisogno di piangere. Non prendertela ogni volta, sai come è fatto tuo padre, non si possono cambiare le persone» ed era vero, assolutamente vero.
«Io purtroppo lo spero ogni volta, io gli voglio bene...» iniziò di nuovo a singhiozzare.
«Devi imparare a volergli bene nonostante tutti i suoi difetti» si guardarono negli occhi, Isabel si rese conto di quanto Iago fosse importante per lei, era il suo unico vero amico. Si asciugò le lacrime e cercò di sorridere.
«Va bene, va bene... sono calma e pronta a lavorare. Almeno avrò la mente occupata»
«Così mi piaci chica!»

 

Presto il locale si riempì e Isabel faceva avanti e indietro nella grande sala. La loro birra era una tra le migliori e tutti volevano berla. La TV era accesa, tutti aspettavano l'inizio della corrida. Lei era l'unica che evitava di guardare in alto, non voleva vedere suo padre.
Appena iniziò gli uomini al bancone iniziarono ad urlare. Perché nessuno capiva quanto fosse stupida quell'usanza. Isabel sospirò lavando i bicchieri.
«Non pensarci» le disse Iago da dietro.
«Non ci sto pensando, è che non vorrei vederlo»
Appena Diego entrò nell'arena ci fu un boato, tutti sapevano che lui era il migliore nonostante la sua età. Dopo poco entrò anche il toro, era molto grande e nero, i muscoli ben definiti. Iniziò a sbuffare dal naso osservando il torero.
Isabel non resistette a quello spettacolo e si rifugiò nello stanzino del pub, non voleva neanche ascoltare tale stupidaggine. Rimase immobile, intorno a lei sentiva solo le urla degli uomini ormai ubriachi. Si posò le mani sulle orecchie e pregò che finisse presto.
Dopo pochi minuti sentì un silenzio assordante, le urla non c'erano più. Sentiva solo borbottare. Uscì dalla stanzino e tornò nella sala. Aveva un brutto presentimento, ma voleva esserne sicura. Le facce degli uomini non le piacquero, era successo sicuramente qualcosa. Iago cercò di impedirle di guardare la TV ma ormai lei stava vedendo. Suo padre era sdraiato nella sabbia dell'arena che ormai era diventata rossa. Il toro l'aveva ferito. Per un attimo le sembrò di svenire, gli occhi le si appannarono di lacrime. Era stata lei, era tutta colpa sua, le aveva augurato di morire! Rimase immobile per alcuni secondi, Iago stava parlando ma lei non sentiva più niente, nelle orecchie aveva solo un ronzio fastidioso. Senza dire niente uscì dal pub diretta alla macchina. Doveva andare da sua padre, non voleva perderlo.

 

Angolo autrice:
Salve a tutti! Cosa ve ne pare della mia nuova storia? Fatemelo sapere tramite una recensione, mi farebbe molto piacere. Vi aspetto al prossimo capitolo!
PS: 
I capitoli usciranno ogni Lunedì e Sabato.

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