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Autore: Il Conclave    14/03/2015    4 recensioni
Un Imperatore, un Sacerdote, una Principessa, un Generale e una Dea.
Come possono cinque vite separate intrecciarsi e tessere una storia?
Un trono da reclamare, una maledizione oscura da sconfiggere e un tradimento in agguato.
In un mondo in cui amici e nemici si confondono, di chi ti puoi fidare?
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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~ Capitolo 1 ~
~ Blaise ~
 
Un giglio di montagna. Petali del colore delle fiamme, screziati di rosso scuro, arricciati alla punta. Un calice capiente e lunghi pistilli profumati. Al buio sembra brillare, come se il fuoco dei petali ardesse davvero al loro interno.
Il cielo è scuro, madido, pesante. Una sola zona chiara, color porpora, a contatto con l'orizzonte, denuncia la presenza di un sole sanguinante.
Un'ombra nera contro il cielo nero emerge dall'alto della cortina di nuvole. Squarcia il cielo da occidente a oriente, prima di puntare verso il fiore.
A oriente sorge un'altra ombra, una viverna, la quale si lancia tra stridii furiosi contro la prima ombra, più nera del nero.
Il fuoco all'interno del giglio sembra pulsare, come in apprensione, mentre le due figure lottano nel cielo. Non passa molto tempo prima che la viverna abbia la peggio e sprofondi con un sibilo nel mare di nuvole. La fiamma a questo punto erompe dal calice del giglio, come lapilli dal cratere di un vulcano, e da esso emerge un piccolo drago.
Blaise si svegliò nella sua tenda da campo, con impressa nel cervello l'immagine del piccolo drago sovrastato dall'ombra nera. Dato che mancava poco all'alba decise che si sarebbe alzato, vestito e che avrebbe cominciato a svolgere i propri compiti sebbene a quell'ora solo gli scudieri e alcuni soldati di basso rango fossero già svegli e attivi.
Accese la lampada ad olio appesa alla branda e scattò fuori dalla coperta di lana con una rapidità quasi nervosa. Quando la tenue luce arancio si spanse nel piccolo ambiente disegnando soffici ombre e danzanti punti di luce, il colossale mastino accucciato in un angolo della tenda mosse un orecchio e torse il collo in modo da nascondere gli occhi tra la zampa muscolosa e la possente cassa toracica.
Prima ancora di rivestirsi, Blaise snodò il laccio che teneva chiusa la piccola apertura posteriore della tenda, lasciando che l'aria viziata uscisse e che un lieve spiffero fresco penetrasse all'interno. Piegò minuziosamente quanto rapidamente la coperta e la ripose ai piedi della branda, subito prima di drappeggiarsi un ampio mantello di lana di uri sulle spalle, a diretto contatto con la pelle nuda.
 
~ • ~
 
Fu negli abiti tipici dell'antico popolo dello Chéylan che apparve agli occhi dei pochi già attivi nel campo – larghe brache a quadri rossi e blu fermate alla vita da un cinturone di cuoio grezzo con una fibbia a spirale e lungo tutti i polpacci con una striscia di pelle arrotolata stretta a mo' di stivali, torso nudo e spalle coperte dal mantello marrone impreziosito di minerali ferrosi lungo gli orli. Quando si trovava nel suo mondo natale amava distaccarsi dai costumi Enthariani, nonostante dopo lunghi secoli di dominazione pressoché diretta la maggior parte della cultura del suo popolo fosse stata assorbita dal Drago. L'unico aspetto che lo legava all'impero era il bracciale argentato con l'effigie del drago incisa al centro.
Si avviò verso il torrente in fondo alla valle nella quale era stato piantato l'accampamento, deciso a sfruttare l'anticipo per godersi un bagno freddo nelle acque pure che scendevano dai picchi. Attraversò la vasta distesa di tende e i pochi padiglioni seguendo silenzioso come un'ombra lo stretto sentiero scavato nell'erba dell'alpeggio subito dopo aver posto il campo. Incrociò un giovane scudiero proveniente da Aenther, il Mondo Centrale, tutto imbacuccato in un pastrano di lana grezza, che trasportava a spalle un barile dall'aria particolarmente pesante rincagnando la testa nelle spalle per tentare di scaldarsi. Il ragazzo, non appena ebbe notato la pelle nuda del petto di Blaise attraverso la semioscurità, spalancò gli occhi e affondò, se possibile, ancor più la testa nella lana. Il pregiudizio che faceva degli Chéyl selvaggi prossimi a bestie agli occhi della razza umana era radicato almeno quanto quello – tipico dello Chéylan – secondo cui quest'ultima fosse composta da donnicciole senza fegato.
Gli Chéyl, popolo di cacciatori e guerrieri dei passi montani e delle fredde coste pietrose, erano abituati a temperature basse e climi rigidi, e, secondo le tradizioni più antiche, esibivano il torso nudo anche durante la tempesta. Vero era che a quei tempi pochi seguivano la tradizione, uniformandosi ai costumi imperiali: era assai probabile che il giovane Enthariano non avesse mai visto nulla del genere. Blaise si chiese cosa avrebbe pensato nel vederlo nuotare a quell'ora nell'acqua prossima al congelamento.
Subito fuori dalla palizzata eretta – più per permettere una rapida preparazione ai soldati che per una vera e propria difesa – attorno al campo, il fiumiciattolo incontrava un lieve avvallamento, formando così una piccola polla limpida. Questa veniva sfruttata da tutti per i bagni e i lavaggi di indumenti, ed era quindi spesso affollata. Tuttavia Blaise sapeva che fino al sorgere del sole la sua intimità sarebbe stata al sicuro.
La valle si inerpicava verso est su un imponente massiccio, aprendosi la strada attraverso la montagna a partire da una larga valle glaciale, fino a incunearsi tra due affilati picchi rocciosi, il Becco del Falcone e L'urna del Sole, in una stretta forcella detta del Gatto Nero.
Il fondo della valle era coperto di vegetazione – erba da pascoli, cardi, eriche, mirtilli, e una miriade di specie floreali diverse – ma al centro, dove sgattaiolava il torrentello, era solcata da una serpentina di sassi e pietre affioranti, ovvero l'alveo del fiumiciattolo stesso.  Di notte, tutti gli effetti cromatici dell'alpeggio erano assorbiti dal blu cupo dell'atmosfera; ora le prime dita di rosa stavano apparendo nella forcella, dal lato dell'Urna, e i colori cominciavano timidamente a comparire. Blaise emerse dall'acqua e si erse sul bordo pietroso, pronto a immergersi nuovamente nella luce solare.
 
~ • ~
 
«Signori, non un'altra parola.»
Mantenere la calma collettiva in quelle assemblee era spesso una questione complicata. Umani e Varek nello stesso posto per troppo tempo, nonostante entrambe le razze fossero incluse tra le truppe regolari dell'impero, non andavano bene; figurarsi se poi essi dovevano discutere strategie di una guerra le cui modalità non erano proprie né agli uni né agli altri. Dopotutto, erano soldati imperiali. L’elasticità mentale non era il requisito fondamentale che Sua Vanagloria Galerian ricercava nelle sue truppe.
«Silenzio, ho detto!» rincarò, con voce profonda ma senza sbraitare, senza apparire turbato. Pochi occhi lo guardarono, la maggioranza dei presenti nel padiglione continuò a dibattere rumorosamente.
La sua mano era posata sulla pelle morbida tra le orecchie di Valier, il suo mastino. Egli non smise di accarezzarlo pacatamente con i polpastrelli, fino a quando la confusione non lo ebbe irritato oltremodo. A quel punto si limitò a irrigidire la mano e dare un colpetto sulla nuca del cane, il quale balzò in alto, atterrando – con una naturalezza tale da non rovesciare nulla nonostante il proprio peso – tra le carte e i pochi strumenti di scrittura sul tavolo al centro del padiglione. Con un ringhio minaccioso sgomentò i generali stranieri, e ridusse al silenzio quelli che, facendo parte dell'armata di Blaise da tempo, già lo conoscevano.
Quando i generali furono finalmente silenziosi, Blaise si stupì di quanto esiguo fosse il loro numero. Era incredibile quanta confusione potessero fare così poche persone, e quanto numerosi potessero sembrare.
Per pochi istanti, lasciò che le proprie orecchie si godessero il silenzio. Valier smontò dal tavolo con le movenze di un fantasma, spargendo attorno gelide occhiate eloquenti.
«Capitano Fergus» riprese con tranquillità, rispondendo al rappresentante dei Varek che, ponendo la sua obiezione, aveva scatenato il putiferio di poco prima. «Il nocciolo del problema sta proprio qui. I ribelli sono al corrente della schiacciante superiorità di questo distaccamento nei loro confronti. Non si metterebbero mai in condizioni di combattimento congeniali per la legione. E no,» aggiunse, voltandosi verso l'ambasciatore umano prima che questi proferisse parola «l'attacco diretto non è fattibile.»
Il quale ambasciatore, tal Claudius Julius Mairestyn, era uno dei più recenti acquisti del nuovo imperatore, e non era difficile per Blaise capire come mai andassero così d'accordo: era supponente e suscettibile tanto quanto il figlio di Arthurus – che Morean avesse cura del suo spirito.
Claudius, com'era prevedibile, protestò. Erano dodici giorni che non faceva altro, precisamente dal momento in cui aveva messo piede fuori dal portale.
«Mi permetto di dissentire, è da escludersi che la legione faccia da esca! Non siamo stati mandati qui a fare da bersaglio per dei selvaggi. Se quei...» esitazione, occhiata fulminea al volto minaccioso di Fergus e immediato cambiamento di rotta «... voglio dire, se i Varek conoscono l'esatta posizione del loro accampamento, l'attacco frontale resta sempre la strategia migliore!»
Sì, doveva ammettere che, a volte, dover mantenere l'assoluta imperturbabilità propria di un generale era difficile.
«Ambasciatore, se non vi dispiace, ritengo di conoscere il mio popolo meglio di voi. Non riuscireste a cogliere di sorpresa un gruppo di Chéyl neanche con una decina di draghi. Inoltre, dobbiamo riuscire a ingaggiarli in numero, e potete star certo che a fronte di un attacco diretto si guarderebbero bene dal farsi trovare tutti assieme. Come ho illustrato meno di mezza clessidra fa, la strategia che abbiamo ideato io, Jéan e Victor è la meno dispendiosa in termini di vite, tempo e risorse. Il nostro scopo è sradicare la ribellione prima che diventi troppo importante, non giocare...»
«È escluso!» interruppe nuovamente. Valier ringhiò lievemente percependo una leggera tensione nella mano posata sulla sua testa, ma Claudius non si rese conto che la minaccia fosse rivolta a lui, o forse ignorò solamente.
«La vostra cosiddetta tattica è un insulto alle truppe e all'imperatore. Non ci faremo bastonare da una manica di barbari per il divertimento di quattro codardi mezzi nudi che temono un attacco diretto. Siete sudditi di Sua Altezza Galerian anche voi, ricordatevelo!»
Blaise guardava l'ambasciatore negli occhi. Aveva smesso di accarezzare la testa del mastino e questi, interpretando il gesto come un segnale non positivo, ora ringhiava più forte.
«Suppongo che non mi sia necessario tediarvi con una lezione di storia sull'alba dell'impero, dico bene?»
«Che diavolo...?» L'esca aveva funzionato; il borioso umano era troppo orgoglioso di sé e della propria razza per comprendere il riferimento all'umiliazione subita secoli prima dagli umani, e questo lo aveva destabilizzato, rendendolo più vulnerabile.
«Ritengo personalmente che se Chéylan non è una provincia come le altre ma è l'unico alleato di Aenther non lo dobbiamo al caso, non siete d'accordo? E non siete forse d'accordo anche sul fatto che grazie agli attacchi alle spalle i berseker Chéyl, sfruttando il loro territorio, abbiano macellato migliaia di legionari in armatura pesante mentre essi tentavano assalti frontali come quello che voi state proponendo? La vostra tecnica non ha conquistato questo mondo ieri, Mairestyn, né oggi vincerà questi ribelli. Ora scegliete voi, le alternative sono subire un'imboscata a cui siamo preparati, oppure subirla mentre ci affanniamo ad assaltare un villaggio da cui tutti sono preventivamente fuggiti.»
Chiunque altro in quel padiglione si sarebbe astenuto dal proseguire oltre, ma era evidente che Claudius non abbondasse della ormai rara dote della diplomazia. La sua fortuna fu che Blaise al contrario ne era provvisto fin troppo. In seguito si sarebbe complimentato con se stesso per non aver messo mano alla sciabola.
«Capitano, riporterò alla vostra lacunosa memoria due semplici fatti. Il primo, per la sesta volta in due clessidre: conosco le tattiche e le possibilità del mio popolo meglio di qualsiasi generale entheriano. Il secondo invece è più semplice da capire, forse, persino per voi: se a dirigere questa spedizione il nostro venerato imperatore ha posto me, e non voi – Blaise, non Claudius – ritengo che una seppur minima ragione debba esserci.»
L'umano mangiò la foglia e si decise una buona volta a smettere di protestare, senza tuttavia astenersi da un'occhiata furiosa in direzione di Blaise.
«Bene, signori» disse il comandante di spedizione «dato che non ci sono obiezioni sostanziali propongo una votazione. Quanti concordano con me?»
Cinque mani si alzarono nel silenzio generale. Victor, Jéan, Fergus, Ailynn e lui stesso, contro Claudius e il suo secondo, il comandante dell'altra metà della legione imperiale – uno smidollato, incapace di prendere una decisione per conto proprio.
«Non ci sono dubbi» concluse, celando la sua soddisfazione come al solito dietro una maschera algida. «Ora ricapitolerò la nostra strategia nei dettagli.»
Ripescò da sotto la confusione presente sul tavolo una carta geografica delle montagne intorno al loro accampamento.
«Sappiamo che i ribelli conoscono approssimativamente la posizione del campo, per cui sarebbe più che lecito un nostro spostamento di truppe. Fergus ha già mandato in azione le sue spie» Blaise si voltò verso il tarchiato Varek in cerca di conferma e questi asserì «che faranno discretamente trapelare la notizia. Quindi, sposteremo le truppe lungo la Strada dei Serpenti.»
Si fermò per qualche secondo per mostrare sulla mappa la via: niente di più di una strada in terra battuta che si srotolava tra le montagne.
«E qui» proseguì, indicando un punto in cui il percorso si stringeva a causa di due monti molto vicini «prepareremo una trappola. La strettoia tra il Coltello di Pietra e la Corona crea un'ottima posizione per un'imboscata, inoltre il versante del Coltello è molto impervio e pressoché impraticabile per chiunque non sia un Chéyl; noi sfrutteremo questo dettaglio per attirare là gran parte delle forze ribelli e trasformare una situazione di vantaggio per loro in una nostra superiorità schiacciante.
«Dovremo far credere loro che tutto l'esercito si stia spostando lungo la strada. Ovviamente per raggiungere questo scopo lo spostamento avverrà di notte; abbiamo la luna in nostro favore poiché tra quattro giorni sarà oscurata. In realtà la colonna sarà composta solo dalla legione umana e un reparto di Chéyl capitanato da Victor, e sarete divisi in avanguardia, colonna principale e retroguardia. Dovrete disporvi in modo da occupare spazio anche per il resto dell'esercito: l'illusione è tutto.
«Secondo i nostri calcoli l'avanguardia oltrepasserà la terza propaggine della Corona due clessidre prima dell'alba. Ailynn, quando vedrai le torce dei primi soldati dalla postazione dovrai dare il segnale agli altri druidi e alzerete la nebbia. Questo manterrà la copertura.» L'esile maga annuì.
«Io starò sulla Corona con il mio reparto di Chéyl e metà degli astati Varek. Jéan sarà dall'altra parte con il resto dell'esercito. Quando la colonna principale passerà attraverso la strettoia, i ribelli attaccheranno dai due monti – perché lo faranno, sono del mio popolo e so come si comporteranno, Claudius» aggiunse con tono leggermente annoiato anticipando le obiezioni dell'ambasciatore.
«A questo punto scoppierà la battaglia vera e propria, i legionari dovranno solo resistere e ricompattarsi – e questo nessuno meglio di loro lo sa fare –, e quando la carica dei ribelli si infrangerà contro i vostri scudi, io e Jéan scenderemo dietro di loro per coglierli alle spalle. Nel frattempo avanguardia e retroguardia si chiuderanno verso la strettoia per impedire agli eventuali fuggitivi di farla franca. Così voi imperiali combattete su un territorio consono alle vostre abitudini e i ribelli sono sconfitti; siete soddisfatto, Mairestyn?» concluse con ironia velata il generale.
L'umano grugnì qualcosa di incomprensibile.
«Perfetto, ora che abbiamo l'approvazione ufficiale dell'Impero posso dichiarare che la riunione è sciolta. Che Denean vegli sulle nostre imprese.»
 
~ • ~
 
La valle era inondata dal sole del tardo mattino. Il tessuto delle tende, madido dell'umidità notturna, era riscaldato dai raggi dell'astro, e da esse si levavano bianche colonne evanescenti di vapore, sfavillanti di riflessi dorati e giochi luminosi degni delle favole sui folletti e le fate di quei boschi.
Non erano frequenti giornate come quella, nel clima umido e piovoso dell'isola di Denaiar sulla quale si trovavano. Questo lo metteva nella disposizione d'animo adatta a superare la frustrazione dovuta all'immaturo ambasciatore, e perfino il messaggio che aveva ricevuto da un corriere imperiale pochi minuti prima.
Con Valier che trotterellava allegro al suo fianco sinistro, lanciandosi di tanto in tanto contro qualche insetto o qualche piccolo animaletto, e il capitano Victor, il suo secondo, che camminava alla sua destra, il comandante si decise a esporre la situazione.
«Devo partire.»
Parlarne così, alla vigilia di una battaglia così importante, lo metteva a disagio. Non voleva essere un codardo, lasciare che i suoi uomini morissero al suo posto mentre lui si trovava a fare da balia a uno sciocco supponente eccitato per essere seduto sul trono di un imperatore. Si passò una mano tra i capelli rasati sulla tempia, e spostò la lunga cresta da un lato all'altro della testa con un gesto secco, tradendo così la sua soggezione.
L'amico, uno Chéyl alto e affilato – persino per gli standard della razza – dai lunghi capelli biondo-rossicci e due occhi a mandorla di un colore ordinario, lo guardò basito per poi sfoggiare un sorriso perplesso e domandare: «Partire? Dopo la battaglia? Neppure sappiamo come andrà...»
«Oggi» lo interruppe amaro Blaise. «Oggi stesso.»
Quello spalancò la bocca. Era una persona tanto plateale quanto era contenuto e controllato il suo diretto superiore e amico. «E per dove, di grazia?»
«Dal nostro imperiale amicone.»
«Claudius-ti-assedio-io-i-ribelli? È qui, non serve partire per trovarlo!»
Blaise represse a fatica un sorriso, e istintivamente si voltò alle spalle per assicurarsi che il dignitario umano non fosse nei paraggi. Victor si comportava come un adolescente, a volte, ma per fortuna sapeva quando era il caso di fermarsi.
«Dovresti puntare più in alto, mio caro.»
«Più in alto di quello? Stando a lui, impossibile.» Il capitano rise alla propria stessa battuta.
«Probabilmente è così, in effetti. Ma io mi riferisco a Galerian.»
Per poco, Victor non si soffocò. «L'Imperatore-sommo-e-supremo-di-tutti-i-popoli-e-i-mondi-esistenti-ed-esistiti? Sembra che abbia imparato come si cammina a due gambe quindi.»
Prima o poi quell'incosciente avrebbe finito per farsi decapitare – o per lo meno ridurre a giullare.
«Lui. Mi vuole per un gran consiglio.»
Prima che potesse pronunciare una nuova battuta, Blaise lo interruppe.
«Sii serio, ora, per favore. Chiaramente anche gli altri saranno a conoscenza della situazione, e cercheranno di aiutarti. Devo lasciarti il comando.»
«A me?» Sguardo spaesato, come qualcuno che si senta dire "Il cielo si è fatto arancio".
«Sì, so che puoi esserne all'altezza. Devi semplicemente concentrarti.»
E così era. Nonostante la sua giovane età e il suo temperamento turbolento, Victor aveva sempre eccelso per capacità organizzative. Anche quando aveva alle spalle un'esperienza di pochi mesi era riuscito a dare consigli e opinioni di notevole importanza. E non più di una clessidra prima aveva dimostrato anche una dose "normale" di diplomazia, considerando quanto irritante fosse la componente umana dell'assemblea. Forse Fergus avrebbe comandato con più tenacia, Ailynn con saggezza, Jéan con l'esperienza di un uomo vissuto... ma nessuno di loro aveva l'elasticità mentale sufficiente a gestire gli imprevisti – che senza dubbio sarebbero accaduti – quanto lui, e soprattutto nessun altro avrebbe accettato un compito simile assegnato così all'improvviso senza subire un tracollo nervoso.
Infatti, dopo un attimo di intensa attività cerebrale, il volto del giovane tornò a illuminarsi.
«Salute, comandante» esclamò, stringendosi bizzarramente una mano con l'altra.
   
 
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