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Autore: MissShinigami    17/03/2015    0 recensioni
La storia si svolge in Inghilterra, almeno all'inizio, dei Mezzosangue che non sanno la verità sui propri genitori, altri che sono stati inviati in missione, altri ancora che combinano casini.
Due ragazzi vogliono sovvertire l'ordine del mondo, facendo cadere gli dei ... almeno si pensa ... ma qualcuno gli metterà i bastoni fra le ruote!
Genere: Avventura, Comico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“Cosa hai fatto!?” Greenie era in piedi accanto a Fran.
La figlia di Atena, bianca in volto, la guardò accigliata come se la sua preoccupazione le fosse superflua. “Mi sono lussata la spalla.”
“Ti sei lussata la spalla.” ripeté interrogativa la ragazza guardandola dall’alto in basso.
“Mi sono lussata la spalla.”
“Ah, okay.” disse neutra Greenie. “COME?!” esplose un secondo dopo.
“Tirando sul ponte uno dei guerrieri di terra dal tetto.” spiegò Fran.
La ragazza fece una smorfia strana digrignando anche i denti e iniziò a colpirla con la mano aperta. “CHE TI SEI MESSA IN TESTA! Avrei voluto farlo io … MA CHE DICO? SEI FAVA! NON LO FARE MAI PIU’!!”
“Aiho … Greenie … soffro.” mugolò l’altra, poi le afferrò la mano prima che la colpisse ancora. “Sto bene.” disse con voce ferma e la lasciò andare per dirigersi verso Blackie alla cloche dei comandi.
Greenie la seguì, era ovvio che non ci credesse, sapeva che voleva dimostrare che era tutto a posto ma la sua stretta era stata debole e la mano le aveva tremato. La affiancò pensando a quanto fosse scema sua sorella.
“Blackie, il telefono.” ordinò Fran.
“HEI! CIAO! Fammi capire dov’è il sopra e dove il sotto magari!” si lamentò la figlia di Efesto, ma una volta messasi in piedi le passò l’apparecchio.
La bionda compose un numero e attese. “Non risponde.”
“Chi è?” domandò la ragazza dai capelli scuri e arancioni spolverandosi maglietta e jeans.
“Annabeth. Doveva piazzare gli esplosivi.”
Percy si era avvicinato, aveva lo sguardo preoccupato ed il volto teso nello sforzo di mantenere la chiatta ferma alle coordinate giuste. “E se fosse ferita?”
“Non gufare!” lo rimproverò Blackie.
Fran aveva ancora il telefono all’orecchio. “Noi teniamoci pronti.” fece indicando i comandi.
La figlia di Efesto annuì e iniziò a premere tasti sulla cloche. “Quanta potenza di fuoco vuoi sul bersaglio?”
“Tutto.”
“Tutto?”
“TUTTO!” sbuffò. “La smettete di ripetere quello che dico come fossi pazza? Voglio tutto!” stava quasi urlando. “Facciamo sparire dalla faccia della terra quella cosa!” ringhiò. “Oh! Annabeth!” cambiò radicalmente tono di voce, adesso quasi musicale. “A che punto sei?” guardava a terra mentre ascoltava. Poi sorrise: “Ripetilo, che il tuo ragazzo sennò non ci crede.” abbassò il telefono e premette il tasto del vivavoce.
“Che? Dicevo che ho sistemato tutto e sto bene, mi sono riunita a Clarisse e Irma. Ci stiamo allontanando ulteriormente.”
Esclamazioni di sollievo e gioia riempirono la stanza.
“Aspettate!” li interruppe la figlia di Atena. “Selena e Mason sono ancora sopra.” la sua voce era dura. “Selena è salita sul carro poco fa … Mason l’ha seguita.”
Tutti avvertirono Fran trattenere il respiro.
“La Spirale è quasi pronta, non hanno molto tempo.” la voce della ragazza tradì la sua agitazione. “Per mezzanotte sarà pronta.”

Eris rideva poggiata alla ringhiera del piccolo palco su cui erano, era piuttosto divertita dall’assoluta incapacità di parlare dei ragazzi davanti a lei: Mason sembrava sul punto di vomitare, paurosamente pallido e piantato sul posto, lo vedeva chiaramente che era rimasto sconvolto da quello che gli aveva detto, fare leva sul suo senso di colpa per aver praticamente tradito il suo amico era stata la mossa giusta, anche se lo aveva fatto totalmente per il suo bene e per tentare di evitargli l’ira degli dei, l’importante era che non se lo ricordasse. Rise ancora divertita dal suo pensiero. Selena invece se ne stava zitta con la bocca lievemente aperta per l’incredulità. Una ragazzina come lei, sbattuta in un mondo del genere: doveva essere stato duro, era un miracolo se non era impazzita prima … certo è che Lamia aveva avuto molta presa su di lei. La dea aveva visto e osservato attentamente ogni mossa del suo gruppetto, ognuna di loro aveva un lato oscuro, un punto debole: chi la superbia, chi la solitudine e chi il rancore … ma lei era in qualche modo diversa. Si era sentita tradita da tutto e da tutti. I genitori erano morti lasciandola sola con un fratello che non si era fatto minimamente vivo da quando era sparita durante la gita scolastica, per giunta non sapeva niente della sua vera natura; delle sue amiche una sapeva ma aveva taciuto, all’altra sembrava non importare che il mondo fosse un altro rispetto a quello che era sempre stato e a quello che sarebbe dovuto essere; coloro che aveva conosciuto negli ultimi mesi non approvavano né capivano le sue scelte; il ragazzo che amava sosteneva di non poter essere amato … e lei non era ancora impazzita!
Divertente, molto divertente.
E ora lei se ne stava lì, con i pugni stretti, le braccia lungo i fianchi e lo sguardo fisso su Alec. Nonostante lo shock sembrava proprio sul punto di dire e fare qualcosa. Era partita bene, anche lei aveva tentato di darle man forte ma, dopo quello che suo figlio aveva detto, sembrava essersi scoraggiata. Qualsiasi cosa volesse fare avrebbe dovuta farla in fretta, la Spirale era quasi pronta, brillava sempre più forte grazie all’energia che stava accumulando. Tuttavia: più tempo avrebbe passato in quel suo stato d’indecisione meglio sarebbe stato. Temporeggiare era quello che doveva fare e che stava facendo: gli altri semidei non potevano sferrare un attacco decisivo finché dei loro compagni erano sopra al carro, c’erano già state troppe vittime per lasciare che qualcun altro morisse o fosse lasciato indietro. Più Selena impiegava ad uscire dalla sua immobilità, più speranze aveva che i suoi piani si compissero. Doveva temporeggiare fino a mezzanotte. Adorava temporeggiare.
Sorrise e si staccò dalla ringhiera, ad ogni modo doveva agire anche lei, assicurandosi che nessuno fermasse la Spirale mentre lei se ne allontanava il più possibile per non rimanere coinvolta nel campo magico che ne sarebbe scaturito e che avrebbe tolto agli dei presenti ogni loro potere, e poi voleva farsi ancora qualche risata. Si avvicinò a Selena camminando elegantemente e le parlò piano: “Allora che vuoi fare? Ma forse non ha importanza … neanche lui ti ascolterà.” il tono della voce era modulato appositamente per apparire ed essere comprensivo e confidenziale. “Davvero ci ho provato anche io a fargli avere una vita normale, ma lui non mi ascolta … sono sua madre, vorrei il meglio per lui, vorrei che fosse felice. Ma lui non ascolta nessuno.” finì in un soffio e si allontanò.
Selena la fissò preoccupata, sull’orlo delle lacrime.
Eris le voltò le spalle compiendo un movimento veloce ma aggraziato storcendo la bocca in una smorfia di disgusto e rabbia, quanto le facevano ribrezzo i mortali. Ma quando fu completamente rivolta verso Alec quell’espressione era del tutto scomparsa per lasciare spazio ad un lieve sorriso di approvazione. Con qualche passo fu anche da lui. “Ci siamo quasi figliolo, manca così poco che ho le lacrime agli occhi.” si asciugò teatralmente il volto con il dorso di una mano, i braccialetti d’oro al suo polso tintinnarono. “Mi raccomando, non farti distrarre. Io tra poco devo andare.” gli sfiorò una guancia con la punta delle dita perfettamente curate, provando il compiacimento infastidito che la investiva ogni volta che osservava quel suo figlio mortale. “E quando tornerò potremmo stare finalmente assieme.” quanto le costò dire quelle parole, erano come fiele sulla sua lingua.
Il ragazzo annuì, i riccioli neri gli ballarono sulla fronte. Somigliava terribilmente a suo padre, glieli sistemò scostandoglieli dagli occhi, unico particolare che aveva preso da lei, che di certo avrebbe preferito una femmina. Sospirò e disse: “Vado.” e si voltò a contemplare la Spirale. La struttura era completamente bianca, la luce che emanava illuminava a giorno il palco, roteò la mano e degli occhiali da sole le comparvero tra le dita, li indossò, poi pensò che forse era meglio andare.
“Mamma.” la chiamò Alec.
Nonostante la rabbia che la assalì, Eris si girò verso di lui assumendo un’espressione il più commossa possibile. “Sì?”
“Cosa hai detto a Selena?” chiese lui mentre guardava la ragazzina.
Anche la dea la guardò: aveva il volto rigato dalle lacrime, lo sguardo fisso su di lui e le labbra serrate. Che fosse arrabbiata? Oppure era finalmente impazzita? Sarebbe stato piacevole da vedere.
Eris inclinò la testa di lato, un’idea le era venuta in mente. “Niente, figliolo.” abbassò un po’ la voce per simulare la gravità della confessione e con il reale intento di non farsi sentire. “È lei che ha detto una cosa a me.” pausa ad effetto per caricare la frase successiva. “Dice che è stato stupido venire qui.” cosa che significava tutto e niente.
Poi la dea del caos fece un passo indietro.
“Sei stata una sciocca.” disse suo figlio con quella rabbia che gli aveva sempre visto e che gli si addiceva terribilmente, rompendo la pressione che si era creata lui e la ragazza.
Lei riprese a piangere in silenzio. “Sono venuta qua per te e non fai altro che rifiutarmi.”
Eris sorrise. Un litigio tra innamorati era un vero spasso! Quanto tempo avrebbe acquistato così? abbastanza probabilmente. Rise di gusto, come una bimba a cui veniva offerto un sacchetto pieno di caramelle gommose. Doveva andarsene ma quelle parole erano meglio della musica metal per le sue orecchie.
“Non ti ho chiesto di venire. Non ti ho MAI chiesto niente!”
“Allora perché sei tornato a Brighton?” lo incalzò lei pestando i piedi a terra.
“Avevo bisogno di alleati e lì avevo degli appoggi.” spiegò come se la cosa avesse poca importanza.
Selena abbassò lo sguardo. “Ma sei tornato.”
Alec rimase sorpreso. “Che significa?” chiese con voce rotta.
La ragazza si asciugò le lacrime. “Potevi andare ovunque, conosci tutta Londra, sei qui adesso … potevi andare ovunque.” lo ripeteva come un mantra. “Ma sei tornato a Brighton.” lui non parlava per questo Selena proseguì: “Per questo sono venuta qua io, sono venuta a cercarti. Ero … ero partita con l’intenzione di venirti a salvare …” la voce le tremava terribilmente, c’erano così tante cose che avrebbe voluto digli e che lo avrebbero sicuramente convinto, voleva dirle tutte insieme ma la sua voce era flebile e fragile come una foglia secca strattonata e spinta da un vento burrascoso. Non poteva controllare il batticuore, le gambe che le tremavano e l’esplosione dei pensieri che aveva intesta, e fu costretta ad interrompersi.
Alec scuoteva la testa rabbioso. “SALVATO!? NON HO BISOGNO DI ESSERE SALVATO!” urlò, la sua voce invece riecheggiò paurosamente nell’aria come la prima volta che lo aveva visto nel garage nel vicolo dove nascondeva il carro.
Eris sorrideva malevola e compiaciuta, aveva uno sguardo folle ed emetteva una specie di verso d’esultanza smorzato dalle dita incrociate davanti alla bocca.
Anche Mason questa volta si riscosse e si affiancò a Selena protendendosi in avanti con fare protettivo. “Alec …”
“NO!” Selena svicolò dal braccio del ragazzo. “Alec ti sbagli!” e gli si avvicinò.
Lui tentò di fare un passo indietro ma era arrivato alla ringhiera, era senza vie di fuga.
“Non voglio salvarti Alec!” gli urlò addosso.
“NO?!” ribatté lui alzando il tono di voce più di lei. “ALLORA PERCHÉ SEI QUI?! CON LUI! A TENTARE DI FARMI CAMBIARE IDEA SU TUTTO QUESTO?!”
“A ME NON INTERESSA NIENTE DI TUTTO QUESTO!” Selena urlò con tutto il fiato che aveva nei polmoni, superando il frastuono che lasciava dietro di sé la voce di Alec. Allo stesso tempo un tuono sconquassò il cielo e fece tremare l’aria tutto intorno a loro.
Sopra al Socrates Sculpure Park iniziarono a riunirsi nuvole temporalesche grigio scuro.
“Oh-oh … qui si mette male.” schioccò con la lingua Eris mentre osservava il nugolo scuro sulla sua testa. All’improvviso di voltò e saltò giù dal carro con un’agilità sorprendente.
“Madre!” urlò Alec sorpreso e spaventato dalla reazione della dea, indeciso se seguirla.
Mason scartò di lato, scostandosi dai due ragazzi, e scattò all’inseguimento.
“NO!” stava invece urlando Selena. “TU ADESSO RESTI E MI ASCOLTI!” la ragazza afferrò Alec per un braccio costringendolo a guardarla, un lampo illuminò il cielo ed un altro tuono sostenne la sua voce. “NON MI INTERESSA PIU’ NIENTE! VORREI CHE LO CAPISSI!! Se sono qui è per te, SOLO PER TE!!” continuava ad urlare ma più che in collera, sembrava forte e decisa, assolutamente risoluta, sapeva esattamente ciò che voleva dire e finalmente ora poteva dirlo, riusciva a dirlo, e nessuno l’avrebbe fermata. “Gli dei, i semidei, le famiglie che ci sono capitate non hanno importanza! Non mi importa neanche se stanotte il potere degli dei finirà o meno, neanche se finisse il mondo mi importerebbe qualcosa. Ho già perso tutto … ma non voglio perdere te.” le sue parole si confusero piano con il rumore della pioggia che aveva iniziato a cadere, tanto erano diventate tenui e la sua voce flebile. “Sono venuta qui per te e non me ne andrò se non sarai al mio fianco.”
Alec non avrebbe saputo dire se Selena stesse piangendo, ormai la pioggia aveva coperto tutto, bagnando la camicia blu di lei e la maglia nera di lui e facendo loro grondare i capelli. Ma il volto della ragazza era davvero rigato da delle gocce translucide. Le passò una mano sul viso, col pollice sfiorò lo zigomo, lì dove pensava ci fosse una lacrima. Lei rimase ferma, lo guardava con insistenza attendendo una risposta, ma non poté stare immobile. Sollevò la mano e coprì il dorso di quella di lui, facendovi aderire perfettamente il palmo. Rimasero fermi così, sfiorandosi, per quello che sembrò loro un piccolo infinito. Alec prese fiato per rispondere, ma Selena si mosse prima e più in fretta, si sollevò in punta di piedi e lo baciò. Temeva quella risposta, temeva che lui la rifiutasse ancora, che le dicesse di no, che la abbandonasse ancora, e che fosse come quella volta al parco, nel loro posto segreto. Era tutto ciò che aveva desiderato per tutto quel tempo. Era arrivata a pensare che se solo avesse parlato con lui subito, dicendogli quello che provava e che pensava, se avesse potuto stringerlo come stava facendo in quel momento, allora tutto sarebbe stato diverso. Ma aveva anche pensato di lasciar perdere, la paura di un suo ulteriore rifiuto era assoluta tanto da bloccarle ogni muscolo del corpo. Adesso però lui era lì e non la lasciava andare, la sosteneva cingendole la vita, aiutandola a stare alla sua altezza, era presente e consapevole dei suoi sentimenti e dei propri, li stava accettando a cuore aperto e mente sicura. Tutte le sue cattive azioni furono annullate da quel bacio, fu come se si fosse tolto un peso enorme dalle spalle, un peso che non sapeva neanche di avere ma che adesso si rendeva conto gravare sulla sua intera vita. La sua redenzione doveva iniziare in quel momento.
Non si divisero finché il metallo del palco sotto i piedi non iniziò a tremare.
Erano l’una ad nulla dal volto dell’altro.
Alec parlò piano, ma a quella distanza la ragazza poté sentire il suo fiato sulle labbra. “Via …” si scostò da lei senza lasciarle la mano. “VIA!” urlò ancora.
La Spirale aveva completato il caricamento, adesso era del tutto circondata da una luce bianco dorata tanto luminosa da aver cambiato colore al metallo reso incandescente. All’improvviso tutto si spense, il ferro scaldato fumava sotto i colpi della pioggia. La luce si era concentrata nella base della struttura. Subito iniziò a risalire lungo le lamiere tese e tirate dai fili d’acciaio a formare la vera e propria spirale intorno all’asta centrale. La luce, oramai divenuta energia, scaldava e faceva sfrigolare l’aria umida, alla fine fu convogliata nella punta rivolta verso il cielo della Spirale facendola brillare quasi quanto il sole.
Alec e Selena corsero. Si gettarono giù dal carro e continuarono freneticamente a correre il più lontano possibile dal marchingegno, giù per il prato e verso gli alberi in lontananza. Dietro di loro iniziarono a sibilare i fuochi d’artificio, accelerarono il pazzo ma erano ancora piuttosto vicini. Ci fu il suono del metallo colpito da qualcosa di pesante. Poi l’esplosione.
La deflagrazione fu così potete che li fece cadere a terra e rotolare per qualche metro. Le orecchie fischiavano e rombavano, le gambe tremavano assieme al suolo. I ragazzi si sollevarono lentamente.
Pezzi di lamiera e scintille cadevano a terra.
I botti ripresero inaspettati, per un primo istante cedettero che stesse per arrivare un’altra scarica poi, ancora stringendosi la mano, alzarono gli occhi e videro il cielo di New York nonostante la pioggia era infiammato dai colori vivaci e festosi dei fuochi d’artificio.



Selena si svegliò all’improvviso . Si trovava in una stanza a lei poco familiare, in più le tenebre la avvolgevano e non le consentivano di vedere praticamente niente. Ormai completamente sveglia, buttò le gambe fuori dal letto e accese la lampada che aveva sul comodino. Era sola nella capanna di Zeus, al Campo Mezzosangue americano, non aveva fratelli o sorelle, benché le avessero detto che una figlia di Zeus si era unita da non molto alle cacciatrici americane, per cui adesso era chissà dove. Sospirò e sbuffò. Faceva un gran caldo quell’estate, benché ci fossero stati alcuni temporali con lampi e tuoni da far paura. Suo padre doveva essere piuttosto arrabbiato. Si alzò del tutto e si diresse verso l’unico specchio presente in stanza: era pallida, con lo sguardo triste e gli occhi arrossati, delle occhiaie violacee che facevano loro da cornice. Si strofinò la faccia, era del tutto sveglia, anche se si sentiva tutti i muscoli intorpiditi. Guardò fuori verso est: si stava rischiarando, tra forse poco più di un’ora sarebbe sorto il sole sul quinto giorno dalla battaglia di New York e lei sarebbe finalmente partita.
Si voltò verso lo zaino ai piedi dell’armadio e controllò che ci fosse tutto dentro per l’ennesima volta. Poi si ributtò a letto anche se riteneva che non si sarebbe addormentata di nuovo. Ancora qualche ora poi sarebbe partita alla ricerca di Alec negli Inferi. A quel pensiero il suo cuore accelerò i battiti e lo stomaco le si contrasse in una stretta dolorosa, si rannicchiò in posizione fetale nel tentativo di calmarsi.
Le immagini del 4 luglio le tornarono alla mente: la Spirale, Eris e Alec, la morte e metamorfosi di Sue e Sonny … infine il Concilio degli dei che decidevano il loro futuro.
Le parole di Zeus nella sua forma divina le risuonavano continuamente nelle orecchie: “Coloro che hanno combattuto nella guerra e sono morti, verranno ricordati e festeggiati, i rimasti li acclameranno e si occuperanno delle loro spoglie.” poi l’essere che sarebbe dovuto essere suo padre ma che non le era sembrato avere niente di paragonabile all’umano, posò gli occhi su Alec accanto a lei e riprese: “Figlio di Eris, vieni avanti.” lo invitò perentorio Zeus.
Il ragazzo fece qualche passo verso il centro dell’enorme sala circolare in cui risiedevano i troni degli dei, ora tutti occupati dal loro proprietario in forma divina. Selena aveva provato ad allungare una mano per fermarlo o almeno affiancarlo, ma lui l’aveva fermata scuotendo la testa. “Va bene così.” e si era fatto avanti, mani conserti dietro la schiena e testa alta. “Eccomi.”
“Tu sei il principale responsabile di ciò che è accaduto e …”
“NO!” Selena lo affiancò, non poteva credere che gli dei fossero così stupidi e ciechi. “È stata Eris! Eris lo ha manipolato fino a convincerlo a fare quello che lei voleva e che lei desiderava!”
Gli dei non si scomposero ma era facile intuire che non avevano apprezzato l’intervento, e che in generale odiavano essere interrotti, neanche se ad averlo fatto era la figlia del re del Concilio.
Zeus aveva risposto con voce dura e grave: “Lui ha agito per lei. Aveva una scelta, avrebbe potuto scegliere di ignorarla riconoscendo la follia delle proprie azioni, ma non lo ha fatto.” tuonò.
La ragazza stava per ribattere e dire che lui era solo, era stato abbandonato da tutti e che se solo loro avessero agito prima e meglio, conoscendo la natura della dea del caos, niente di tutto quello sarebbe accaduto. Ma Alec la fermò ancora, prendendola per mano e fissandola con i suoi occhi scuri. Lui non era arrabbiato, sembrava invece felice di essere lì. “Selena, non importa che mi difendi.” le sfiorò la guancia. “Ho capito i miei errori, e devo rimediare ad ognuno di essi.” poi alzò la voce per farsi sentire da tutti i presenti. “Sono pronto e disposto ad accettare ogni punizione che vogliate impormi.”
Il dio sollevò un po’ il mento. “Alec Ruins, figlio di Eris, sei destinato a vagare negli Inferi finché non troverai l’uscita o che qualcuno non venga a cercarti.” dichiarò e sollevò una mano gigantesca.
Selena vide che Alec stava iniziando a svanire sotto i suoi occhi, prima lentamente poi sempre più in fretta, quando non rimase altro che un'immagine sbiadita che le sorrideva urlò: "Verrò a prenderti!" "Verró a prenderti." mormorò anche in quel momento rendendosi conto di essersi addormentata. Si alzò gettando uno sguardo fuori dalla porta: ormai il sole era sorto, non sapeva che ore fossero, comunque non voleva aspettare oltre. Doveva partire. Si preparò, controllò per la decima volta lo zaino ed uscí nell'aria mattutina che già si stava scaldando attraversata dai raggi del sole. Raggiunse la Casa Grande, dove sapeva esserci Chirone ad aspettarla. Infatti era sul patio, la sedia a rotelle ferma accanto ad un tavolinetto di legno, su di esso c'erano un paio di fette di pane, burro, marmellata e una bottiglietta di succo alla pesca.
Mentre la ragazza passava in rassegna le cibarie, benché non avesse fame, Chirone parlò: "Sei già pronta." la sua voce era sfumata da una stanchezza millenaria. "Mangia pure." la invitò, poi sembrò pensare a che parole usare e aggiunse: "Se vuoi puoi riprovare a vedere se l'Oracolo di Delfi ha un'Impresa per te ... non penso che a Rachel dispiaccia provare ancora a ..." "No. Non importa, davvero." scosse la testa Selena distogliendo lo sguardo dalla fetta di pane e dal burro che ci stava spalmando sopra. Ecco cosa la attendeva: non un'impresa, nessuna missione, era solo una sua scelta e di nessun altro, sarebbe partita da sola. "Lo farei comunque." Il maestro di molti eroi annuì e lei seppe che lui capiva davvero perché lo stava facendo, magari neanche lui lo approvava ma almeno teneva la cosa per sé. Scosse la testa quando le tornarono in mente i litigi avuti con Ginny, Aurea e Fran; la figlia di Afrodite aveva tentato di dissuaderla anche la sera precendente, la cacciatrice le era stata accanto, anche se non aveva parlato poi molto. Fran invece dopo il secondo giorno di litigi era praticamente scomparsa. "Parto dopo aver fatto colazione." disse Selena alzando la mano con cui teneva il pane e si sforzò di dargli un altro morso e mangiare davvero. "Va bene, prenditi pure tutto il tempo che vuoi." le disse con gentilezza Chirone, poi spinse la carrozzina oltre la soglia della casa.
Selena impiegò molto tempo per finire la sua colazione, lo stomaco chiuso e il nodo alla gola non la aiutavano. Dopo poco che fu lasciata sola si accorse che nella cucina, la cui finestra che dava sul lato del patio in cui c'era lei era aperta, si stava svolgendo una riunione dei ragazzi del Campo Mezzosangue inglese, riconobbe le voci dei suoi amici. Il giorno seguente sarebbero partiti. Javier stava dicendo che avevano aspettato anche troppo, ora che i feriti stavano piuttosto bene avrebbero potuto prendere un aereo per Londra in tranquillità. "Capito tutto?" chiese il ragazzo alla fine un po' esasperato e frustrato. "Sì!" risposero in un coro stonato il gruppo di ragazzi. "Allora potete andare." disse sospirando di sollievo. Si sentirono le sedie spostarsi e i piedi muoversi sul legno, poi la voce di Fran che li fermava: "No! Aspettate! Devo ... devo chiedervi una cosa! Be' in realtà è più una richiesta ..." aveva un tono strano, grave e incerto. "Arriva al punto!" le fece Ginny colpendola alla spalla, ma anche lei sembrava sotto tono, parlava sforzandosi di non sussurrare. "Mi fa ancora male lì. Comunque ..." si schiarì la voce, si sentiva che era in imbarazzo, ma alla fine sospirò e disse tutto d'un fiato: "Sonny mi ha detto che dopo la morte di Phill il Campo è sprovvisto di una figura di riferimento, avrebbe voluto esserlo lei, in realtà era da molto tempo che voleva affiancare Phill nel suo lavoro ... ecco, adesso vorrei essere io ad amministrare il Campo. So di star chiedendo molto e che avrete molto da ridire, capirei anche se mi mandaste subito a quel paese e la cosa finisse qui ... ma ... per favore, vorrei che mi prendeste in considerazione. Sento ..." sospirò. "Sento di dover questo a Sonny e a Phill, che mi ha salvato quando ero cieca e ..." "Coloro che sono d'accordo con Fran e vogliono soprattutto che il suo infinito monologo impanicato cessi adesso dicano 'Sì'!" chiese cantilenante Javier. Risero tutti ma ci fu il coro dei sì.
Selena rimase ferma nell'angolo del patio in cui si era rifugiata mentre i ragazzi uscivano dalla Casa Grande senza notarla. C'erano anche le cacciatrici, benché non avessero aperto bocca. Erano pochi, davvero pochi ... a New York sembravano di più. Le uscì un sospiro tremante mentre ripensava ancora una volta alle battaglie affrontate e agli amici che aveva perso. Quando avevano comunicato la notizia della metamorfosi di Sue e Sonny alle altre lei non c'era, trattenuta sull'Olimpo per il Concilio degli dei, ma Clarisse le aveva raccontato tutto. C'era stato uno strano attimo di silenzio incredulo. Erano riunite nel piano segreto dell'Empire State Building, tra le brande dei feriti e i tavoli ingombri di oggetti, carte e garze. "Com'è potuto succedere?" chiese cupa Fran. "Erano le migliori del gruppo." Clarisse le si era fatta più vicina, zoppicava e anche lei aveva il braccio stretto in un bendaggio rigido. "Quel coso era praticamente imbattibile, mi ha steso con un solo colpo." ammise non senza fatica. "Sue, mentre combatteva, ha addirittura usato la mia lancia, nessuno lo aveva mai fatto prima." sospirò e aggiunse seria: "Erano davvero le guerriere più forti del gruppo."
Ginny aveva iniziato a piangere in silenzio. Non voleva credere a ciò che le avevano detto, a ciò che era successo, non poteva credere che non avrebbe più rivisto sua cugina e la sua amica, non ci riusciva. Il problema era che ci credeva. Credeva al racconto di Clarisse, credeva che loro due avessero combattuto fino alla morte pur di salvare i loro compagno e liberare l'anima di Phill. Non voleva credere alla loro morte, ma credeva al loro sacrificio e questa era la cosa che più la straziava. Urlò e tirò un calcio al tavolo che le stava davanti, facendo cadere a terra tutto ciò che vi era poggiato sopra facendo un gran fracasso, avrebbe dovuto farsi male, considerato che indossava solo delle semplici ballerine, ma quel dolore era niente rispetto a quello che le straziava il petto. Scivolò a sedere su un lettino dalle lenzuola appallottolate tenendosi la testa tra le mani.
Aurea le si sedette accanto passandole un braccio intorno alle spalle. Stava in silenzio, le era già capitato di perdere delle compagne o addirittura di vederle morire davanti ai suoi occhi. Neanche un'ora prima era stata avvertita da Galene della morte di Alicia e Theodora, era stato un brutto colpo, soprattutto per le che era il capo e avrebbe dovuto essere presente e proteggerle. Ma quello era peggio, molto peggio. La morte in battaglia era la prima compagna di una cacciatrice, lo aveva accettato quando era diventata una di loro, l'eterna giovinezza aveva un prezzo. Col passare del tempo si era dimenticata come fosse avere amici mortali, le cacciatrici in fondo avevano un modo diverso do vivere la vita di tutti i giorni. Quando aveva conosciuto Sonny, nonostante le diversità, aveva piano piano ricordato com'era essere sempre a contatto con la realtà mortale; poi aveva conosciuto le altre e con tutte loro aveva stretto una forte amicizia, erano le sue compagne e come tali erano divenute immortali con lei. Non aveva mai pensato di poterle perdere, ma era accaduto, e adesso faceva male. Rimase accanto a Ginny scossa dai singhiozzi, nonostante anche lei avesse iniziato a piangere e tremasse.
Fran era rimasta in piedi davanti a loro.
Clarisse le posò una mano sulla spalla. “Mi dispiace.” disse con voce ingentilita.
La ragazza annuì lievemente. “Mh.” fissando il vuoto con l’occhio vacuo, come se cercasse qualcosa che sapeva non avrebbe mai più ritrovato. Aggrottò la fronte, questa cosa non le tornava. Era un ragionamento inconsistente che portava a niente, era inutile. Sentì il bisogno di rialzare il tavolo fatto cadere da Ginny, ma non si mosse e restò lì a fissarlo come fosse di vitale importanza.
Nessuna di loro si spostò, neanche quando la figlia di Ares le lasciò sole, finché Selena non fu di ritorno dall’Olimpo e le aggiornò su quello che era accaduto durante il Concilio degli dei ed il verdetto finale su Alec, poi disse loro della sua decisione. Avevano iniziato a litigare da quel momento.
La figlia di Zeus rannicchiata sotto la finestra sul patio della Casa Grande stava osservando il mare in lontananza mentre ancora ricordava quella mattina, erano passati neanche cinque giorni ma sembrava molto di più. Completò il suo pensiero pensando a quanto fosse strano il tempo. Si alzò pulendosi le briciole di pane dai jeans e dalla maglietta chiara, raccolse lo zaino da terra e scese per l’ultima volta quei pochi gradini, in breve fu sulla strada che l’avrebbe condotta fuori dal Campo.
Il silenzio la accompagnò fino all’arco d’ingresso, nascosto tra gli alberi ed i pini marini secolari.
Una volta lì sentì dire: “Eccola.”
Selena sollevò lo sguardo dal terreno umido e dal fogliame aghiforme caduto a terra: le sue amiche la stavano aspettando.
Ginny si fece avanti lentamente, era ancora quasi completamente bendata, indossava un leggero vestito bianco, pareva una camicia da notte e probabilmente era l’unica cosa che davano in infermeria. Le si potevano vedere le braccia fasciate e parte del collo, si intuiva bene che la medicazione le copriva gran parte del corpo. All’inizio aveva detto ridendo che sembrava una mummia, ma si vedeva che era preoccupata per le ferite che si era procurata. Quando Aurea l’aveva soccorsa aveva molti pezzi di vetro conficcati nella schiena e nelle braccia, per fortuna non erano andati in profondità e lei aveva perso i sensi a causa dell’esplosione o sarebbe stato difficile farle le manovre per estrarli.
La cacciatrice la affiancava, era ancora vestita di tutto punto, non sembrava neanche si fosse cambiata dal giorno prima quando c’era no stati i funerali dei semidei caduti e delle cacciatrici, ma almeno lei sembrava essere ormai in perfetta salute, niente medicazioni o ferite, solo se uno sapeva dove guardare si potevano scorgere macchie scure dove c’erano stati i lividi. Però Selena sapeva che durante lo scontro doveva essersi rotta qualche costola e che ancora le facevano male, si intuiva dalla piccola linea che le solcava la fronte proprio in mezzo agli occhi così da farla sembrare sempre preoccupata per qualcosa. Ma delle due era quella sicuramente più abituata alle battaglie.
“Parti allora.” disse Ginny un po’ titubante.
Selena annuì e prese fiato per parlare.
“No, no, no! Non sono qui per convincerti a restare! Davvero!” alzò le mani in segno di resa la ragazza mora.
“Siamo venute per salutarti.” le disse Aurea sfiorandole il braccio.
La ragazza le guardò e di getto le abbracciò forte, tanto che entrambe si lamentarono per il dolore.
“Sta attenta e non fare sciocchezze.” le raccomandò la cacciatrice.
“E se puoi, fatti sentire! Non sono in che modo, ma trovalo! Manda un piccione.” aggiunse Ginny.
Selena allora rise lievemente. “Certo, ci proverò.” rispose tenendole ancora strette.
Si separarono e la ragazza fu pronta per partire, le superò e si fermò a due passi dall’uscita.
Davanti a lei c’era Fran, non l’aveva vista forse perché fino a quel momento non aveva né parlato né si era mossa. Aveva un’espressione ferma, sembrava quasi esser arrabbiata, incupita dall’abbigliamento completamente nero, come suo solito, sulla maglia vi era solo una frase di una canzone del suo gruppo preferito: It’s just a spark, but it’s enough (
https://www.youtube.com/watch?v=AEm7q5feofk ). Aveva una fascia intorno al collo che le sosteneva il braccio per non fare peso sulla spalla che si era lussata e la guardava con il suo unico occhio scuro mentre sull’altro, di cui oramai non restava che l’orbita vuota, era stata posta una benda quadrata sostenuta da due fili che le attraversavano il volto. “Non dire niente, okay? Sono ancora dell’idea che tu non debba andare, ma dovevo almeno salutarti.” disse parlando bruscamente.
Selena si avvicinò e la abbracciò, la figlia di Atena non reagì subito poi però la strinse con il braccio libero. “Chiedi di Zoe e Bianca, trovale. Se avrai bisogno di aiuto Nico ti troverà … spero.” le sussurrò all’orecchio.

Lei annuì e disse: “Ciao.”
Si divisero e Fran raggiunse Ginny e Aurea, insieme la salutarono ancora poi Selena scomparve tra i tronchi degli alberi.




La storia delle Trote è ufficialmente conclusa, ma la loro vita è proseguita.
Prossimamente l'Epilogo, con tante divertenti sciocchezuole e una non da poco sorpresa, infine un OAV, in cui i personaggi principali della storia vestiranno i panni ad dir poco inappropriati per i loro gusti, almeno per la maggior parte di loro, alcuni si sono divertiti.

  
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