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Autore: Magali_1982    20/03/2015    2 recensioni
Sette rintocchi.
Tremò ogni singolo componente della cucina ad angolo, i doppi vetri delle finestre, le cornici appese alle pareti. Spaventata, si staccò dal mobile.
Undici rintocchi
Calò il silenzio, il rumore minaccioso e il sottofondo di un colpo di coda partito metri sopra di lei cessò.

Forse tutto iniziò da lì. Un' invasione aliena, la scoperta di mondi mai visti. Una ragazza che si trova a lottare e capire di nuovi il significato di vivere. L' invasione di New York vista non solo dagli Eroi ma anche da chi non crede di esserlo e si comporta come tali. (Prequel di "The List".)
Genere: Avventura, Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Natasha Romanoff, Nuovo personaggio, Steve Rogers, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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" Billow and Breeze, islands and seas,
Mountains of rain and sun.
All that was good, all that was fair,
All that was me is gone... "




 
Era un' altra guerra.
Alla fine contava solo avere quella consapevolezza.
Un' altra guerra. Costellata di battaglie, conflitti, improbabili alleanze.
Cambiavano i nemici, certo.
Le armi non erano più quelle con cui si era addestrato, ovvio.
A voler essere onesti, dal suo arrivo ad Azzano nel Millenovecentoquarantatre, non aveva mai visto le vere e temute baionette tedesche automatiche.
Era il punto in più di vantaggio dato dal disincanto. Una cosa, tra le troppe altre, che non lo sorprendevano.
Il Capitano osservò per pochi istanti i Vendicatori dispiegarsi come da lui ordinato. Aveva preso in mano le redini lasciategli da Iron Man senza battere ciglio o mostrare lo stupore improvviso scatenato dalla suafrase. Poche parole contenenti tutto ciò che lui era in quel momento.
Soldato. Leggenda. Comando.
Sopra la sua testa e quella della Vedova Nera, l' inferno continuava ad animarsi in scenari sempre più angoscianti.
La striscia di cielo incuneata tra i palazzi della Madison era percorsa da flotte di Kitauri, alieni antropomorfi in grado d' innestare il proprio corpo su navicelle generate da altri loro compagni tramutati in veicoli da appendici bioniche di origine sconosciuta. Le loro armi, così come lo erano state quelle dell' HYDRA, possedevano caratteristiche impensabili persino per i reparti più segreti e avanzati di qualsiasi esercito della Terra: proiettavano un raggio termico in grado di penetrare ogni tessuto e annientare il sistema nervoso. Il collasso arrivava nell' ordine della frazione di secondi.
Niente sangue. Una morte pulita.
Per quanto fosse tornato al mondo moderno da meno di una settimana, il Capitano sapeva molto bene che non esisteva una fine simile sul campo di battaglia.
L' ombra macchiava chiunque. Carnefice e vittima.
Le cinghie a cui era assicurato il suo scudo di Vibranio cigolarono, sotto la presa ferrea delle dita strette a pugno.
I suoi sensi videro prima ancora di fargli rendere conto che stava agendo. Portò il braccio indietro, caricò fluido il peso sulla gamba e impresse una traiettoria precisa allo scudo, che volò disegnando una curva. Lungo il tragitto, centrò tre alieni in carica provenienti dall' ingresso del Grand Central Terminal. Recuperò la propria arma e subito dopo fu pronto a ripararsi dietro la carsassa di una macchina. Ce n'erano tante, disseminate lungo il viadotto.
Non era solo.
"Thor si sta dando da fare."
Natasha Romanoff non aveva dato enfasi alcuna alla propria constatazione. Con assoluta calma e rapidità, caricò le sue pistole automatiche con altre cartucce. Un tuono stava brontolando sopra l' Empire State Building, richiamato dal Semi-Dio che li governava. La tempesta prese forma e si scatenò contro il Portale ancora aperto, impedendo l'uscita su New York di nuovi, impressionanti leviatani bio-meccanici.
Se Loki sperava di avere una vittoria facile in virtù delle sue alleanze interdimensionali, presto avrebbe dovuto ricredersi.
Un ferino sorriso d' orgoglio increspò le labbra del Capitano. Stavano impedendo l'espandersi della battaglia; se l'opera di contenimento avesse resistito, ci sarebbe stato il tempo di provare a tornare sulla Stark Tower e togliere energia al Cubo.
"Ragazzi, state per avere visite."
Una freccia esplosiva scagliata dall' alto andò a conficcarsi tra i bulbi oculari artificiali di un Kitauro che stava guidando un altro drappello lungo la strada. Vedendo il loro capo saltare in aria in una pioggia di scaglie di armatura ossea e fibre muscolari artificiali, gli altri lanciarono urla belluine sparpagliandosi.
"Ci pensiamo noi Clint" rispose la Vedova Nera, una mano all' orecchio per essere certa che la comunicazione radio fosse buona.
"Per una volta sono contento di non avere altri inviti. Sono tremandamente occupato quassù."
"Ti sfoltiremo l'agenda." Il Capitano e Natasha si guardarono e in sincrono, uscirono allo scoperto pronti al nuovo scontro.
Quando non rimasero altro che nuove colonne di fumo e altre parti di armatura aliena divelta o crivellata di colpi, l' agente dai capelli rossi fissò l'uomo.
"Non c'era bisogno."
Degli occhi azzurri sotto la maschera di neoprene e fibra di carbonio la fissarono vagamente perplessi.
"Di cosa?"
Nuove pattuglie stavano scendendo in picchiata sopra Park Avenue. Alcuni assaltatori piombarono sulle facciate dei palazzi, scendendole con stridore di artigli, puntando alla strada. Stavano cercando di superare il perimetro tracciato.
"Credi davvero avessi bisogno che mi proteggessi col tuo scudo?"
Romanoff si stava riferendo a quando Hulk, con l'aiuto di Iron Man, aveva abbattuto a mani nude il primo, colossale leviatano vomitato dall' apertura spazio-temporale. Il Capitano doveva impedire ai nemici di conquistare altri isolati. New York doveva reggere a ogni costo ma sentiva di dovere una conclusione alla spia dello SHIELD.
"Certo che non lo credo."
"Allora perché?"
"Adesso siamo una squadra. Per quanto forti, dobbiamo essere sicuri di rimanere uniti e questo possiamo ottenerlo cercando di esserci l' uno per gli altri."
Il tempo delle spiegazioni era finito.
"Stanno cercando sbocchi per arrivare alla Quinta Strada sotto l' Empire. Bloccali qui, io penso agli altri."
Natasha annuì.
Non perché non potesse fare altro ma perché sentiva che quello fosse l' unico gesto possibile. Quando Captain America dava un ordine, si poteva essere certi di essere nel giusto obbedendogli e dando il massimo per portarlo a termine.
Non lo seguì con lo sguardo mentre saltava oltre il parapetto del ponte, atterrando sul tetto barcollante di un autobus.
Doveva aprire di nuovo il fuoco.
Si voltò verso il primo Kitauro e con un balzo gli fu addosso. Una volta morto, la sua lancia sarebbe stata molto utile da usare contro gli altri.




Un ronzio.
Era acuto e persistente, tenuto su una nota infinita e che non si abbassava di tono o sfumava. Partiva da un orecchio, perforava il cervello e si conficcava nell' altro orecchio dove curvava, rimbalzava e tornava indietro.
Andy sentiva di essere compressa tutta in quel cerchio assordante. Il rumore era così forte da coprire quello ben più cacofonico e assordante che montava lungo Lafayette.
Il mondo attorno a lei era tutto rosso. Una cupola scarlatta illuminata da lampi neri.
Non guardare. Non muoverti.Impazzirai.
Il ronzio si avvitava continuamente, come un accordo su una corda di violino sul punto di spezzarsi. Sotto di esso cresceva la marea borbottante del sangue, che sussultava quando i muscoli e le ossa percepivano remotamente nuovi tremori provenienti dalle mura di casa. Sapeva cosa significavano.
Esplosioni.
Bum bum bum.
Anche il suo cuore stava per esplodere?
Bum bum bum.
"Andy!"
Stavano bussando alla sua porta con forza.
Non aprire gli occhi!
Il trillo del campanello elettrico la fece disobbedire. A fatica, la razionalità trovò una breccia e si piantò oltre il muro eretto dal panico.
Era rannicchiata sotto le finestre ancora aperte. Si era accovacciata lì per reazione istintiva ai primi, grossi tamponamenti di veicoli sulla strada e dopo aver osservato attonita verso Nord, verso il cuore di Midtown Manhattan e il cielo sopra i suoi edifici.
E aveva visto che il cielo aveva perso un pezzo.
Un nuovo, forsennato suonare di campanello. Voci che la chiamavano con insistenza e urgenza.
Poteva ancora vedere i colori stinti del tappeto comprato a TriBeCa* nel suo famoso Flea Market e sotto, le assi di legno del pavimento ma ovunque posasse lo sguardo riusciva solo a immaginarsi cosa aveva visto uscire da quello strappo aperto nel blu e nelle nuvole.
Da SoHo potevano sembrare solo punti neri che volavano impazziti planando con ferocia tra la Quinta, dove svettava la mole dell' Empire State Building e le tre Avenues che chiudevano i confini del Grand Central Terminal ma ovunque passavano, sfrecciando tra i grattacieli, si lasciavano dietro ali di edifici sventrati e enormi torri di fumo e polvere.
Come nella storia della Regina Maab e della sua Corte degli Scontenti, la Caccia si era trasformata in una corsa al massacro**. Anche lì c'erano stati mondi vicini come pieghe di una coperta, venuti in collisione a causa dell' intervento di una mano divina che le aveva spianate. Forse non era il momento migliore per elaborare teorie filosofiche sulla veridicità nascosta dietro ogni leggenda e fiaba ma Andy intuì fosse l'unico modo possibile per non cedere a un pianto isterico.
Si tirò in piedi con uno scatto innaturale e corse a far scattare la pesante serratura della porta blindata.
Beatrix e Cole Williams, un' eccentrica e facoltosa coppia proprietaria di diversi locali nel quartiere, si trovarono di fronte alla loro giovane vicina di casa; ebbero il buon gusto di non commentare in alcun modo i capelli raccolti in una crocchia sul punto di disfarsi, il grembiule legato attorno al collo e alla vita sporco di decine di colori. Mrs. Williams adorava Andy ma aveva sempre pensato che nell' ultimo anno si era gettata sul proprio lavoro con un accanimento feroce e autodistruttivo, come denunciavano le occhiaie e il pallore non proprio sano di chi fa a meno di una sana dormita per scelta e da diverso tempo. Una così bella ragazza, con quei favolosi occhi verdi, decisa a espiare una colpa certamente non sua. E pazienza se tale dedizione al proprio talento avevano prodotto splendide tavole, ora appese nel luonge pub a tema liberty aperto da poco su Prince Street.
"Cara, stai bene!"
Beatrix Williams era giunonica e materna come molte altre donne di origini creole. Soffocò Andy in un breve, enfatico abbraccio mentre il marito, magro e azzimato, tossiva nervosamente.
"Cara, comprendo il tuo sollievo ma dobbiamo procedere."
L'urgenza della richiesta venne sottolineata da un' ennesima frenata a catena e uno schiocco sinistro di lamiere che urtavano e si accartocciavano una sugli spigoli dell' altra. L' ennesimo tamponamento, seguito da un infernale concerto di clacson.
"Cole ha ragione cara, dobbiamo assolutamente andare via!"
Andy, ancora frastornata e incapace di ragionare, guardò i coniugi Williams stranita.
Andarsene? Lasciare tutto? Li osservò, accorgendosi dell' assoluta mancanza di bagaglio.
Con qualche cigolio e salto di corrente, il cervello tornò in moto.
"Cosa sta succedendo?"
...Da quanto?
Aveva la sensazione di aver passato diverso tempo rintanata sotto le finestre.
"Ancora non si sa, cara. L'ultima breaking news parlava di un incidente, una fuga di gas dal cantiere non ancora rimosso attorno alla Stark Tower."
Il black out svanì del tutto. Le bugie erano quasi peggio dell' idea di dover abbandonare casa propria per cercare un rifugio.
La rabbia, quella stessa rabbia che poco prima l'aveva portata ad aggredire Nicholas si alzò e aprì di botto delle ali, come fosse stata davvero la strana bestia con cui ormai la identificava.
Non aveva lottato, pianto, gridato contro un cuscino per mesi, disegnato come una forsennata, cercato un perché e uno scopo tra pennelli e tele per credere a una simile sciocchezza e accettarla. Gli eventi potevano pensare di trascinarla nel loro vortice senza darle spiegazioni ma questo non voleva necessariamente dire che lei si sarebbe arresa.
Si era sempre opposta. Aveva sempre combattuto, anche quando sapeva di andare contro la sconfitta.
Il volto contratto e dispiaciuto di un ragazzo dai capelli scuri emerse su tutto, piombando nel presente col suo carico di ricordi di fuoco e perdita.
Aveva promesso a se stessa di smetterla di andare contro i mulini a vento, di prendere fiato raggomitolandosi tutta attorno al suo dolore per non perdere altri pezzi di cuore e orgoglio. La resa era durata fin troppo.
Afferrò quel fiotto di bile e ribellione, pronta ad attaccare; fin da bambina, questa ostinazione era stata la sua forza.
Giù, a testa bassa, per mettere un altro passo davanti all' altro.
"E' ridicolo!" Si voltò verso il soggiorno. Afferrò il telefono, andò a staccare la spina del carica batterie. "Persino il più rincretinito dei complottisti del Tea Party capirebbe cosa sta succedendo!"
Prese una borsa e cacciò dentro quanto aveva raccolto. Si guardò intorno e prima di rendersene conto aveva già in mano un quadernetto di fogli bianchi e una busta con alcune matite dentro.
Le prime sirene della Polizia cominciarono a far sentire il loro lamento.
"Cosa altro potrebbe essere stato, allora?"
Andy fissò Mr. Williams quando tornò di fronte a lui. Sospirò.
"Avete abbastanza coraggio e follia per capire di essere di fronte a qualcosa di molto più grande di noi?"




"Sbaglio o prima ho sentito un tono ammirato nella voce?"
La Vedova Nera sibilò qualcosa nella sua lingua madre. Occhio di Falco sentì perfettamente l' imprecazione grazie alla comunicazione radio, così come udì perfettamente l' impatto della suola dello stivale di Natasha contro la faccia da mollusco di uno dei Kitauri che aveva appena abbattuto.
"Ti sembra il momento?"
L' agente sfoderò una delle sue pistole e aprì il fuoco riparandosi dietro un SUV con le ruote all' aria.
"Piace anche a te ma non lo vuoi ammettere."
"Non osare passare per fervente americano, Barton!" Altri Kituari caddero a terra, centrati da una pioggia di proiettili. "Lo so benissimo che sei di origini inglesi."
Sentì una risata strozzata nelle orecchie e poi il famigliare sibilo della corda rilasciata di un arco in fibra di carbonio.
Era stato l' agente Coulson a introdurle il dossier sul ritrovamento del Capitano Rogers nei ghiacci dell' Artico. Come agente dello SHIELD, aveva letto la vecchia documentazione d' archivio sulla nascita dell' agenzia, nota con un altro nome dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale.
La Riserva Scientifica Strategica aveva puntato gran parte delle proprie risorse per finanziare la realizzazione della formula che il Professor Erskine aveva portato con sé durante la fuga dalla Germania Nazista. Lo scopo finale era la creazione di un esercito efficente, composto da Soldati Perfetti in grado di contrastare il regime del Terzo Reich e chi lo proteggeva nell' ombra.
Si erano ritrovati con un solo uomo.
Un uomo giusto, ben più valido delle truppe avute in mente.
Semplicemente, stava toccando con mano la verità dietro la leggenda. Forse con l' affinità di un animo già spezzato e rimesso insieme, aveva avvertito una frattura simile anche in Steven Rogers e lo vedeva pronto a proteggerla col proprio scudo.
Perché adesso era giusto così.
Adesso serviva la risoluzione di un guerriero a cui il mondo aveva portato via tutto senza che lui potesse viverlo.
Occhio di Falco, una volta ogni tanto, si era sbagliato, pensò Natasha mentre si preparava a fronteggiare corpo a corpo un altro alieno.
L' ammirazione non c'entrava niente.
Si trattava di empatia e sicuramente era strano provarla per qualcuno totalmente all' opposto di lei.
"Invece di pontificare, vedi di proteggere la colonna di civili che i pompieri stanno formando all' entrata della metro della Quarantaduesima!"
"Dovresti davvero salire più in alto, Nat. Avresti una visione migliore."
Clint Barton incoccò una nuova freccia dopo averla programmata per dotarla di una piccola granata incendiaria a scoppio ritardato. La puntò verso il basso, tenendo intanto d'occhio su nuove pattuglie volanti pronte a piombare sui cittadini inermi e indifesi.
La punta si conficcò al centro esatto della nuca glabra del pilota. Dal tetto, l' esplosione che segnò l'attivazione della bomba sembrò quasi buffa all' arcere, anche se il risultato fu quello desiderato. Tra le persone in fuga, vide baluginare qualcosa d'argentato.
"Ottimo lavoro."
"E' sempre un piacere, Capitano."
Un lampo rosso e oro sfrecciò sopra la testa dell' agente, quasi più veloce della saetta che andò a colpire un altro veivolo Kitauri. Tutta la squadra poté udire il rimbrotto divertito e offeso di Iron Man.
"Dal momento che il nostro Semi-Dio di fiducia ama anticiparmi, trasmetto il bollettino di guerra numero Sette. C'è uno squadrone che ha intenzione d' invitare a cena Romanoff."
Steve valutò per un attimo la posizione degli altri compagni.
"Temo dovranno aspettare. Il mio nome è il primo sul suo carnet."
Corse per tornare indietro e si accorse che la carcassa dell' autobus dove era atterrato prima era finito contro una delle campate del Central Park Viaduct a causa di una nuova deflagrazione. Prese a scalarlo con agilità e l' apparente, totale assenza di sforzo.
Tony rallentò il volo, stabilizzandosi e fermandosi per un istante.
Una battuta di spirito.
Allora c'era davvero vita, sotto quella corazza tutta perfetta di ghiaccio!
Fu un peccato dover sopprimere il primo, sincero moto di simpatia verso Captain America per dover andare in soccorso di Hulk e tenergli fermo l'ennesimo colosso mostruoso da aprire come il guscio di una brutta ostrica troppo cresciuta.





Lafayette Street era in guerra.
Sotto il sole accecante di quella giornata tersa, il panorama che Andy pensava di conoscere bene era stato stravolto.
Tra i vecchi palazzi in mattoni rossi con le scale anticendio esterne e quelli più moderni, di vetro e acciaio, decine di autoveicoli giacevano abbandonati. In alcuni punti quel serpente spezzato di lamiere si contorceva in corrispondenza di un tamponamento a catena.
I mezzi della Polizia faticavano ad arrivare; i loro lampeggianti s'intravedevano oltre la coltre di fumo e la fiumana stravolta di volti che cercava di scappare.
Scappare da cosa?
Andy s'arrestò, divincolando la mano destra dalla presa di Mrs. Williams.
Erano usciti da poco da casa. Azò di nuovo il capo sullo squarcio nel cielo e le gambe presero a tremare. Dovette sbattere gli occhi diverse volte, fino a quando fu certa di non stare sognando.
Undici anni prima, quando il primo aereo passeggeri era entrato nella Torre Nord come un coltello intiepidito in un panetto di burro, era a scuola.
Le lezioni erano iniziate da pochi minuti. Quella di Storia non era ancora entrata nel vivo - il tema sarebbe stata la prima guerra ellenica contro l' Imperso Persiano - quando il pavimento aveva tremato e sopra i tetti si era levata un' immane colonna di fumo denso e nero.
L'onda d'urto aveva generato un terremoto superficiale udito e percepito per tutta l' isola di Manhattan. Gli astucci e le matite erano caduti per terra, mentre lei e il resto della classe balzava in piedi per nascondersi dopo sotto i banchi, come era stato loro insegnato durante le esercitazioni d' emergenza.
Visse il crollo delle Torri Gemelle in una surreale diretta; tutti impietriti davanti alla televisione che un professore aveva insistito per accendere.
"Levati di mezzo!"
Qualcuno la spintonò con violenza per liberare il marciapiede. Si trovò aggrappata alle sbarre di ferro battuto della ringhiera che delimitava l'ingresso al suo palazzo. Il dolore e il fiato corto la riportarono alla realtà.
Aveva appena visto un essere mostruoso, colossale, antico, irreale e insieme terribilmente concreto volare fuori da una sorta di buco nero a forza invertita. Non assorbiva luce e corpi celesti. Li vomitava.
Quando si rimise in piedi, certa di avere ancora tutte le articolazioni a posto, Andy non scappò e tornò a osservare cosa stava succedendo lassù. A qualche miglio da lei.
Le nubi si stavano addensando minacciose sopra l' Empire, formando in pochi secondi un mulinello mugghiante di saette e tuoni.
Il cuore le accellerò, la gola divenne un pugno di sabbia ruvida.
Il primo, grosso fulmine sfrecciò abbagliante verso l' antenna del grattacielo e poi deviò proprio verso il varco. Colpì altri due bestie volanti, respingendole indietro. Una serie di esplosioni segnarono la loro fine, distruggendoli pezzo per pezzo, scaglia per scaglia.
Per anni aveva letto romanzi in cui scene simili erano all'ordine del giorno. Aveva studiato e illustrato leggende di un' isola al di là dell' Atlantico dove eroi di antiche tribù guerriere venivano condotti in altri mondi. Mondi più felici, regni incantati dove la morte era solo la quieta minaccia che spettava a chi osava voler tornare indietro. Mondi in cui si poteva precipitare semplicemente muovendo un passo e oltrepassando l' innocente barriera composta da un cerchio di pietre, di funghi o erba sospettosamente alta solo lungo quel perimetro.
Nicholas e la sua famiglia la chiamavano "bambina fantastica" fin da piccola e non per evidenze fisiche. Andy aveva sempre avuto la propensione, tipica di un artista, a vedere oltre la realtà o cercare in essa quel punto di rottura, quel velo che si poteva sollevare per dare un significato diverso alla più pragmatica e cruda delle visioni.
Forse era questo il motivo per cui non ripiombò nella crisi di panico avuta prima. Vedeva e accettava.
La paura aveva una consistenza di pece liquida nell' organismo, il terrore e la confusione premevano su di essa coi loro stantuffi ma nonostante questo una calma senza spiegazioni la teneva lucida.
Dopo aver dato un corpo e un perché al primo terremoto, era pronta a combattere.
Le prime ambulanze riuscirono a raggiungere il centro dell' ingorgo. Scesero diverse coppie di paramedici e alcuni si diressero subito verso le uscite della metropolitana.
Attorno a lei non c'era alcun volto famigliare. I feriti e i contusi a causa degli incidenti cominciarono a venire soccorsi sul posto. Vedendo le divise blu con i gagliardetti dei vari ospedali e dei corpi dei vigili del fuoco, tirò fuori di scatto il cellulare.
Mamma!
La signora Martin era un' infermiera in pensione. Sicuramente aveva già saputo cosa stava accadendo a New York, doveva chiamarla per dirle che fortunatamente stava bene e non si trovava nei pressi del Grand Central Terminal.
Il display non dava alcun segnale disponibile. Le comunicazioni avevano già cominciato a saltare.Sperò che il segnale wi-fi fosse ancora attivo ma non ci fu il tempo di accertarsene.
Dagli sbocchi della metro stavano cominciando a uscire decine di persone. Molte erano ricoperte di polvere, gli occhi sbarrati, i vestiti laceri. Altre cercavano di sostenere i feriti. Il sangue spiccava sul bianco posato su giacche e camicie. Per alcuni, tuttavia, erano necessarie quattro persone per trasportarle. Quanto vide dal' altra parte della strada minacciò di farle andare di traverso il poco mangiato a colazione.
Si voltò verso uno dei portoni spalancati del suo condominio.
Prima di rendersi conto di cosa stava facendo, Andy aveva già salito di volata le scale e fatto scattare le serrature della porta. Corse sul pianto soppalcato, spalancò l'armadio a muro e cominciò a prendere lenzuola pulite.
Dopo avrebbe pensato all' acqua.
Dove teneva il kit da pronto soccorso?
Pensa. Un passo alla volta, ma pensa!




Le autorità locali, per una volta in sintonia con gli ospedali dei Cinque Distretti, avevano appoggiato l'ordine arrivato dalla Guardia Nazionale, dalla Polizia e dallo Stato Maggiore dell' esercito, stranamente veloce e solerte nel disporlo. Era stato richiesto un dispiegamento di forze per allestire un perimetro di sicurezza, con relativo cordone sanitario, che isolasse Midtown dal resto dell' isola di Manhattan.
La battaglia aveva il proprio fulcro tra la Lexington, la Madison e Park Avenue. Invece di espandersi al resto della città, cosa relativamente facile vista la capacità dei mezzi alieni, rimaneva bloccata in quei tre blocchi.
Nonostante il collasso quasi immediato della rete telefonica, ogni televisione via cavo del Paese che poteva disporre di collegamenti satellitari avevano mandato sul posto troupes e cameramen. Gli stessi inviati ostentavano un genuino sbigottimento nel commentare e raccontare quanto veniva ripreso.
A contrastare un' invasione che non aveva alcun precedente - precedente ufficiale - nella storia dell' umanità moderna, non erano le forze che si potevano immaginare in campo in situazioni del genere.
Un minuscolo gruppo d' individui impossibili da catalogare stavano tenendo il fuoco e l' attenzione dei nemici su di sé.
Il più conociuto sicuramente era Tony Stark, l'eccentrico milionario scienziato meglio noto col nome di Iron Man; ben presto l'attenzione dei media si concentrò su un uomo vestito di una peculiare, stramba divisa blu, rossa e bianca che combatteva e falciava alieni con la forza di un semplice scudo.
Uno scudo rotondo con al centro una stella argentata, circondata dai colori della bandiera americana. Chi sapeva usarlo con tanta, micidiale precisione era qualcuno dotato di una forza e agilità per cui non stonava l'aggettivo sovrumano.
Non esistevano aggettivi in grado di rendere cosa fosse davvero la colossale bestia verde antropomorfa che balzava fuori dalle finestre dei grattacieli, arpionava per le mandibole leviatani corazzati e li mandava a sfracellarsi sul Park Avenue Viaduct, ridotto ormai a un nastro di crateri e automezzi in fiamme.
Voci incontrollate ma troppo simili nei dettagli per non riportarle, parlavano di un cecchino appostato sui tetti e di un guerriero biondo in grado di volare e scagliare fulmini e saette.
Molti dei servizi inviati in tutta fretta alle varie redazioni cominciavano ad alludere a un coinvolgimento diretto dello SHIELD, che sembrava aver messo insieme una squadra speciale da far intervenire in casi di estrema urgenza.
Mark Shepperd, giovane paramedico al suo secondo anno di lavoro presso il New York Presbyterian Hospital di William Street, non stava certo perdendo tempo a controllare il proprio telefono, chiuso in una delle tasche dei pantaloni della divisa. Su Twitter era uno dei centinaia di migliaia follower della ABC e della CNN; l'apparecchio vibrava di continuo contro la sua coscia, segno che le comunicazioni via web resistevano e stavano diventando incandescenti.
Come gli aveva raccontato il nonno, reduce della Seconda Guerra Mondiale e di quella di Corea, l'ancora alla realtà era costituito dalle trasmissioni radio, anche quando venivano deviate su sequenza criptate.
Ed era proprio la radio che stava svolgendo di nuovo quel punto fermo a cui aggrapparsi per non venire travolti.
Le comunicazioni sfrecciavano tra scariche elettriche e arrivavano al suo orecchio grazie al microfono fissato sulla spalla. Soffiò aria fuori dai denti, gli occhi scuri fissi sul braccio sanguinante sotto di lui.
Il compagno non era stato d'accordo a voler operare in una situazione di caos, dove la loro ambulanza era rimasta incastrata tra la strada e il marciapiede dove c'era la stazione metropolitana di Spring Street. I feriti aumentavano di numero di minuto in minuto, altri mezzi di soccorso non riuscivano ad arrivare ed era semplicemente follia osare il solo pensare di tornare alla base dopo aver caricato i più gravi.
"Interrogati dalla nostra redazione, in questo momento alcuni membri del Congresso confermano l' azione dello SHIELD nel contrastare l'invasione."
"Jimmy, il respiro?"
"Ci giunge ora la notizia che l'uomo in divisa blu con lo scudo, che ha aperto un varco per la fuga dei cittadini nei tunnell della Quarantaduesima, si faccia chiamare Captain America."
"Regolare, Mark. Sei sicuro-"
"Passami il filo e chiudi il becco. Va fatto qui, intesi?"
Ostentando la calma e il sangue freddo per cui era diventato famoso tra le altre pattuglie, Mark tornò a concentrarsi sulla bambina che era stata portata in braccio dalla madre, una delle tante impiegate di una delle banche con sede in Madison Avenue. Proprio quel giorno Elizabeth aveva espresso il desiderio di pranzare con lei, sapendola libera e vista la vicinanza del suo ufficio con la scuola elementare, aveva deciso di esaudire la sua richiesta.
Il paramedico sapeva che avrebbe rimpianto tale scelta per il resto della sua vita, anche se la bambina fosse sopravissuta e non avesse riportato danni gravi.
Era stata colpita di striscio da uno dei calcinacci piovuti dal tetto distrutto durante uno dei primi bombardamenti alieni. Per un vero miracolo, la donna era riuscita a evitare che la figlia fosse travolta ma un frammento grosso quanto un pugno, precipitato da almeno venti metri d'altezza, aveva lacerato il cardigan dell' istituto e tagliato coi bordi scabri la pelle.
Non c'era stato il tempo di fare altro se non raggiungere altre colonne di fuggitivi, che stavano venendo incanalati da alcune pattuglie della Polizia verso le stazioni sotterranee di Midtown e Lower Manhattan. Lì, Christine Malcom aveva visto altri genitori stravolti quanto lei, con in braccio i propri figli.
E poi, in un momento di vuoto, il rumore indescrivibile di una detonazione diretta contro di loro. Aveva solo potuto intravedere un' ombra scura balzare al principio della scalinata e deviare in qualche modo il colpo.
Le urla e i pianti erano cessati d' incanto. Persino i poliziotti si erano ammutoliti.
Prima di tornare a scendere precipitosamente i gradini, cullando la sua piccola contro il petto, Christine avrebbe giurato di aver visto un uomo con addosso un' aderente divisa blu, bianca e rossa rialzarsi dopo un aggrazziata capriola, controllato lo scudo assicurato al braccio e correre via.
Per qualche motivo assurdo, l'immagine le era sembrata famigliare. Come un vecchio racconto di famiglia.
"Hai visto mamma?" Un' altra voce di bambino. Un lampo nitido di ricordo nella mente ora impazzita. "E' il cavaliere di prima!"
Adesso la signora Malcom non rammentava nulla di quel volto infantile e nemmeno l' estenuante cammino nelle gallerie deserte. Abitando anche lei a SoHo, aveva puntato verso di essa insieme ad altri superstiti e una volta tornata alla luce del sole, si era accorta che Elizabeth era svenuta.
Adesso era a pochi passi da lei, il volto incrostato di lacrime incapaci di arrestarsi.
Un' altra donna le era accanto. Non la conosceva ma la stava comunque stringendo forte per le spalle.
"Lizzy" pigolò "la mamma è qui. La mamma non ti lascia."
Non distolse lo sguardo nemmeno mentre vedeva preparare il kit d' asporto per la saturazione.
"Vi prego, ditemi che sta bene!"
Jimmy alzò appena gli occhi dal volto terreo della bambina. Mark lo imitò. Lo stato d' incoscienza della paziente era così profondo da non richiedere ulteriori sedativi.
"Procediamo alla chiusura della ferita."
Avevano fatto quanto potevano in quelle condizioni precarie.
Vista la mole di feriti che stava emergendo da sotto terra, le varie squadre di pronto intervento si erano coordinate via radio, cominciando da quelli meno gravi e segnalando i casi disperati alle pattuglie in partenza da ogni città limitrofa dotata di elicotteri di soccorso.
Elizabeth Malcom era arrivata già sotto shock a causa della consistente perdita di sangue. Il braccio non era stato compromesso ma il taglio si era rivelato profondo e slabbrato.
"Ditemi che sta bene!" urlò di nuovo la madre, dimenandosi e minacciando di scappare dalla presa della sconosciuta che la voleva consolare. Non aveva realizzato si trattasse della madre del bambino che una vita prima aveva parlato di un cavaliere.
Mark soffocò un' imprecazione. Per quanto provasse pena per lei, non poteva interromperli proprio ora.
"Deve lasciarli fare, signora."
Dalla calca era sbucata una ragazza.
Tanto pallida da sembrare smunta, grandi occhi di un colore verde stupefacente, capelli scuri raccolti in una coda malfatta e arruffata, reggeva in mano un pacco di bottiglie d' acqua. Ne liberò una dalla plastica e con un gesto misurato, stranamente imperioso, la porse alla donna. Sembrava non importarle di essere giunta in un momento inopportuno.
Jimmy Smith non seppe se ammirarla o maledirla. I loro sguardi s' incrociarono per un istante e nel suo non lesse alcuna incoscienza.
Il gesto di vedersi offrire qualcosa la placò, troppo allibita per ribattere e aggredirla.
"Non posso capire cosa sta passando ma ora deve essere forte e calma. E' sua figlia?"
Christine trovò solo la forza di annuire. Venne ricompensata con un grande sorriso e per qualche motivo assurdo, provò davvero un briciolo di serenità.
"Un motivo in più per essere coraggiosi. Io mi chiamo Andy."
"Malcom. Io sono Christine Malcom."
"Polso stabile. Medicazione finita. Anche il respiro è regolare."
Stesa su una barella, Elizabeth mosse il capo e emise un lieve lamento. E poi a fatica aprì gli occhi.
Andy represse un sospiro di sollievo, le ginocchia ridotte a due budini mentre lasciava andare la donna.
Sapeva di aver rischiato di avviare una crisi isterica dagli esiti imprevedibili ma era figlia di un' infermiera e nonostante l' idea di seguire le orme materne non l'avesse mai sfiorata, nel corso degli anni aveva assimilato parte degli insegnamenti più rudimentali di una professione tanto delicata. Non aveva la più pallida idea di come si eseguisse un' iniezione o si trovasse una vena per un prelievo ma ogni volta che sua madre era stata con lei per medicarle l'ennesimo ginocchio sbucciato, aveva notato la calma e risolutezza usata per tranquillizzarla anche quando era in preda a uno strillo da aquila per il dolore.
"E' stata molto brava."
L'altra donna, bionda e dai lineamenti delicati tesi dalla paura, le sfiorò il braccio.Attaccato alle sue gambe c'era un bambino dinoccolato e con un paio di occhiali di traverso. Attorno a lui il mondo stava andando in pezzi ma ostentava un' espressione quieta e lucida nonostante i vestiti appestati dall' odore di fumo.
Andy scrollò le spalle e prese altre due bottigliette.
"Mia mamma ha fatto il loro stesso lavoro per anni." Indicò i due paramedici, già al lavoro per curare nuovi feriti e far prelevare gli altri.
"E' infermiera anche lei?"
Se la situazione fosse stata diversa, avrebbe riso. "Assolutamente no. Sono molto meno rispettabile di lei."
Ok, l' intero pianeta poteva essere sull' orlo della distruzione ma nemmeno la catastrofe imminente poteva qualcosa sull' insano bisogno di fare battute ironiche ed equivocabili.
"Hai sete?" domandò con una gentilezza che non sentiva propria da mesi. Si chinò verso il bambino, che annuì timidamente.
"Peter, devi ringraziare" lo incitò la madre, con una punta d' imbarazzo divertito.
"Tess! Peter!"
Un uomo si stava facendo strada tra le persone che avevano occupato il marciapiede, sfinite dopo ore di cammino lungo rotaie buie. Osservò stranito Andy per un istante; batté le palpebre e si precipitò dalla sua famiglia.
"Dobbiamo andarcene, subito!" afferrò il braccio il bambino e strattonò la moglie.
"Caro, che succede?"
"Stanno per inviare la Marina. Alcune portaerei si sono portate a qualche decina di miglia dall' Hudson, all' imbocco della Flushing Bay."
Fu l' innesco di una bomba.
Appena la voce si sparse, la gente prese a reagire chi con nuovi pianti e grida, chi alzandosi e tornando a formare calche attorno all' imbocco della fermata di Lafayette. La Polizia dovette intervenire tempestivamente e disciplinare il nuovo flusso. La conta dei corpi era già iniziata e si doveva scongiurare altri decessi per soffocamento e travolgimento.
Andy si trovò accerchiata, costretta contro quella famiglia appena conosciuta.
Sapeva che la notizia non era buona. Se l' esercito degli Stati Uniti aveva deciso per la discesa in campo diretta, significava solo una cosa.
L' intera isola di Manhattan era stata indicata non più come bersaglio ma come campo di battaglia. Un campo di battaglia stipato di milioni di persone inermi.
Il panico provò a dilaniarla di nuovo. Lo avvertì premere contro ogni angolo del cervello, senza trovare brecce.
Solo poche ore prime aveva litigato con suo fratello, reduce dall' ennesima notte insonne per colpa del proprio cuore spezzato.
Adesso le pareva tutto così piccolo e senza importanza.
Se quelli sarebbero stati i suoi ultimi istanti di vita, non li avrebbe trascorsi tremando per la paura.
Pensa. Un passo alla volta. E lotta.
"Tu non vieni?" domandò il bambino, Peter.
"No, piccolo. Ho ancora dell' acqua e qualcuno avrà presto sete."
Gli sorrise e lo salutò agitando la mano, prima di voltarsi e andare dai paramedici.






Angolo (tetro e buio) dell' autrice: visto che le tradizioni ci piacciono, prima di passare alle facezie un paio di note serie. Ormai la sigla dell' approfondimento la sapete a memoria.
TriBeCa: abbreviazione dall' inglese Triangle Below Canal Street, è uno dei quartieri più alla moda e vitali del Distretto di Manhattan. Famoso per l' omonimo festival cinematografico e le celebrità che ci vivono, va menzionato anche per il suo Flea Market, il Mercatino delle Pulci.
La Regina Maab e la Caccia: cercare di dare un ordine alle centinaia di versioni esistenti dei miti irlandesi e celtici è impossibile, comunque proviamoci. Maab è uno dei tanti nomi dati alla Regina della Corte degli Scontenti, un regno di Fate ed esseri sovrannaturali caratterizzati da una spiccata perfidia e tendenza a perseguitare gli esseri mortali. Si riversano nel nostro mondo col solo scopo di uccidere e rapire gli umani e i momenti in cui questo potrebbe accadere coincide con uno dei Sabba celtici, come Halloween, Beltane o altre ricorrenze del calendario pagano.
Come preannunciato, la rivisitazione ampliata dell' Invasione di Nwe York procede. Mi sono divertita a mescolare momenti non presenti nel film ad altri maturati grazie ad alcune scene tagliate (ad esempio, Steve che salva la famiglia di tre persone a cui ho dato volto e nome). Ormai chi mi segue da un po' sa che non lancio mai indizi a caso e sapete altrettanto bene che non farò parola a cosa alludo. State in campana e non ve ne pentirete.
Un abbraccio e una rude pacca sulla spalla da parte di Thor!
Maddy











 
  
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