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Autore: Terre_del_Nord    18/12/2008    19 recensioni
Sirius Black e la sua Nobile Casata; gli Sherton e la Confraternita del Nord; l’Ascesa di Lord Voldemort e dei suoi Mangiamorte; gli Intrighi di Lestrange e Malfoy; le leggende di Potere e Sangue risalenti a Salazar Slytherin. E Hogwarts, i primi passi dei Malandrini e di chi, Amico o Nemico, condivise la loro Storia. UNA STORIA DI AMORE E DI GUERRA.
Anni 70. Il Mondo Magico, alle prese con Lord Voldemort, sempre più potente e feroce, farà da sfondo dark a storie d'amicizia per la vita, a un complicato rapporto tra un padre e i suoi figli, a vicende di fratelli divisi dalle scelte e dal sangue, a storie d'amore romantiche e avventurose. Gli eventi sono narrati in 1° persona da vari personaggi, canon e originali. "Nuovo Personaggio" indica la famiglia Sherton e altri OC.
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HABARCAT (Chap. 1/20) *** ORION (Chap. 21/24) *** HOGWARTS (Chap. 25/39) *** MIRZAM (Chap. 40/52) *** STORM IN HEAVEN (Chap. 53/62) *** CHAINS (Chap. 63/X) *** FEAR (Chap.97/) ***
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VINCITRICE 1° TURNO "Harry Potter Final Contest"
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Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Mangiamorte, Nuovo personaggio, Regulus Black, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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That Love is All There is

Terre_del_Nord

Slytherin's Blood

Habarcat - I.015 - Mirzam

I.015


Alshain Sherton
Herrengton Hill, Highlands - 18/21 giugno 1971


Hogwarts, Highlands - maggio 1949
Dal Lago Oscuro iniziavano a salire i primi rumori della natura al risveglio, la timida luce del sole, sorto da poco, filtrava basso tra i tronchi degli alberi, e mi accarezzava le palpebre, ridestandomi. Mi stirai appena e felice sentii, sotto il mantello, il corpo caldo e nudo ancora accoccolato di fianco al mio: era la prima volta che mi facevo cogliere dall’alba accanto alla ragazza con cui mi ero addormentato. Aprii gli occhi e subito mi specchiai nei suoi, verdi come l’Irlanda che l’aveva creata, non dissi una parola, semplicemente raggiunsi con le labbra quel naso deliziosamente lentigginoso, mentre con le braccia l’attiravo di nuovo a me. Come aderiva perfettamente il suo corpo al mio… non l’avrei mai lasciata andare...
    “Dobbiamo tornare al castello… o tra poco si sveglieranno tutti e si accorgeranno che abbiamo passato la notte nel bosco.”
    “E allora?”
La interruppi con un altro bacio carico d’inviti sottintesi mentre le mani percorrevano la sua schiena perfetta e con occhi divertiti sondavo i suoi, straordinariamente indomiti, come sempre.
    “Alshain Donovan Sherton…. Anche se ho passato la notte con te, io non sarò il tuo trofeo del mese di maggio, quella che esibirai e di cui tutti qui a Hogwarts parleranno finché non passerai alla prossima, quella…”.
Mi misi a ridere, quando s’infervorava per qualcosa, le sue lentiggini erano ancora più deliziose, se poi si accompagnavano a quello sguardo che prometteva atroci vendette… perché in quel momento quella leggiadra creatura, l’unico motivo per cui valesse la pena respirare, mi stava letteralmente fulminando con gli occhi, mentre con i pugni serrati cercava di scostarsi allentando la mia presa.
    “Mi spiace, Deidra Eavan Llywelyn, ma è inevitabile: tutti parleranno di te, e anche a lungo, e non perché questa mattina tutti si accorgeranno che hai accettato di seguirmi nel bosco, ma perché tu sei la prima e l’unica ragazza cui chiederò di sposarmi, tutti i giorni della mia vita, finché non ti avrò sfinita e avrò ottenuto il tuo sì….”


Rimestai la legna e mi voltai verso i miei ospiti, facendo cenno ai figli di Orion perché si sedessero vicino a me: quella sera non gli avrei raccontato una storia delle solite, ma qualcosa di completamente diverso. La storia di una nuvola e della sua stupida vanità di purosangue…

***

74, Essex Street, Londra - novembre 1949
    “Mia piccola strega intrigante, cosa tieni nascosto dietro alla schiena? Sai bene che le tue vesti non sono un nascondiglio sicuro, se il tuo rivale sono io…”
La risata di Deidra echeggiò nell’austera dimora dei Meyer, al 75 di Essex Street, mentre fuggiva per le scale; io la raggiunsi divorando i gradini con un paio d balzi e, come sempre, l’avviluppai tra le mie braccia, intrappolandola proprio di fronte alla stanza in cui ero nato, nella casa dei miei nonni.
    “Allora… che… cosa… nascondi... là… dietro…”
Ogni parola era un bacio che si andava stampando un po’ ovunque, visto che Dei continua a ridere e a divincolarsi; alla fine riuscì a portare le mani sul mio viso e mi accorsi che aveva gli occhi lucidi… Mi si strinse un attimo il cuore: perché era triste? Avevo mancato forse in qualcosa, senza accorgermene?
    “Seguimi…“
Mi prese per mano e mi trascinò dietro di sé, nella mia vecchia camera, mentre oramai ero nella confusione e nella paura più totali: la stanza, in cui non entravo da tempo, era sempre la mia, eppure c’era anche qualcosa di diverso, una presenza e un'atmosfera diversa, qualcosa che non capivo…
    “…Ti sta bene se tuo… se nostro... figlio... occupasse la tua stanza?”
Il mio cuore esplose in una miriade di stelle: quelle che illuminavano il firmamento erano nulla rispetto a quelle che mi pulsavano nello stomaco. Salazar! Avevo sentito bene?
    “Vuoi… vuoi dire che … vorresti mettere in cantiere un bambino... insieme… con me?”
    “No, non con te, borioso principe scozzese, no… ma col mio amore, con lui sì… e non è solo che lo vorrei, Al, è che l’abbiamo già… è già qui, tra me e te…"
Mi prese la mano e se la portò al ventre… Non potevo crederci, avrei avuto un figlio… Il mio primo figlio…


Sirius e Regulus erano appena andati a dormire, Kreya mi aveva confermato che era tutto a posto, mi tolsi gli occhiali, chiusi il libro che ormai da qualche minuto fingevo d leggere, spensi il fuoco nel caminetto con un colpo di bacchetta e scesi diretto alla torre ovest, nelle stanze in cui erano conservate le vestigia del passato. Appoggiai le mani sul legno antico, facendomi riconoscere attraverso le rune e, senza chiavi o incanti, entrai.

***

Herrengton Hill, Highlands - 20 maggio 1950
Erano due anni che non mettevo piede a Herrengton.
    “Non sei più persona gradita nella mia casa!”
Mi aveva detto questo mio padre, quando aveva deciso di cacciarmi. Eppure avevo deciso di affrontarlo a viso aperto perché, anche se quel fatto non poteva cambiare nulla tra noi, non volevo affidare la notizia a un freddo scarabocchio d’inchiostro sulla carta. Inoltre mia madre riposava in quelle terre ed io volevo dirglielo di persona, a qualsiasi costo: era già difficile stare a kilometri di distanza, non poter mai portare un fiore sulla sua tomba. Io dovevo farglielo sapere… Si era appena fatto giorno quando Doimòs mi vide all’ingresso del cortile delle rose, completamente fradicio, sotto la pioggia battente, si mise a urlare tutto entusiasta e mi strappò un sorriso: faceva sempre così, da quando non ero altro che un ragazzino, ogni volta che tornavo a casa. Ma al contrario delle altre volte, non potevo seguirlo, senza prima avere il permesso di mio padre. Poco dopo, invece di vederlo tornare con un sorriso triste sul volto e un NO come risposta, vidi proprio lui, il mio vecchio, apparire nella sua piena magnificenza entro la cornice di pietra del portale, l’espressione dura illuminata da un tono di sorpresa e curiosità, trattenute a stento. Sapeva. Mi conosceva bene, mi aveva cresciuto incapace di piegarmi per chiedere perdono o ottenere un favore, se ero lì doveva essere per qualcosa di davvero importante, presi sicurezza e mi avvicinai, inchinandomi davanti a lui, prendendogli la mano con l’intenzione di baciargli l’anello com’era d’obbligo per chiunque fosse delle Terre del Nord ma non fosse di famiglia, qualora fosse al cospetto del Signore di Herrengton. Non me lo permise, m’invitò invece ad alzarmi, mi guardò negli occhi, scrutandomi, come se volesse carpire tutta la verità su quegli anni in cui ci eravamo allontanati… alla fine non potei fare a meno di abbracciarlo e lui annullò tutto il gelo che era tra noi e mi riaccolse, senza chiedere nulla, senza mettere condizioni. Mi baciò la guancia, io avvicinai la bocca al suo orecchio e gli dissi il motivo per cui ero lì. Allora tutto il male, tutto l’odio, tutte le incomprensioni si sciolsero nelle nostre lacrime di felicità.
Perchè quel 20 maggio 1950, alle 3 del mattino, Mirzam Alshain Sherton era venuto al mondo…


Estrassi la spada di Hifrig dalla teca di vetro, la lama affilata aveva protetto la nostra gente per secoli, ora dopo generazioni tornava nelle mani di uno Sherton nel giorno più importante della sua vita, quello della consacrazione al Cammino del Nord. L’ammirai, facendo scivolare con cautela la mano lungo il freddo metallo. Per un giorno intero, non sarebbe stata solo un bel ricordo del passato, spada e braccio si univano di nuovo nella lotta. Alla forza e precisione di quella lama stavo per affidare la vita di mio figlio.

***

74, Essex Street, Londra - aprile 1954
    “Noooooo… Voglio salire anch’io sulla scopa!”
    “Tesoro, tu ce l’hai già la scopa…”
    “NO! Io voglio una scopa vera, come quella di papà!”
Risi, mentre mi perdevo nella figura affascinante di mio figlio che, affondato tra le coperte, faceva impazzire mia moglie, dimostrando tutto il carattere impossibile di un vero Sherton: la voce gli usciva ancora impastata, il naso era ancora rosso e gli occhi po’ febbricitanti, ma il cipiglio di famiglia era comunque intatto. Mi avvicinai al suo letto con ancora in mano la scopa e il boccino che avevo catturato ponendo termine alla partita. Dei mi rivolse uno sguardo implorante aiuto. Sorrisi. Mirzam si tirò su di scatto dalle coperte e mi si slanciò al collo, era un pulcino, un pulcino di quasi quattro anni, l’orgoglio di tutti noi, con quegli occhi di luna e i capelli ancora straordinariamente chiari.
    “Questo è un anticipo per il tuo compleanno, Mir: ora se fai il bravo, non fai impazzire la mamma e te ne stai qui al calduccio sotto le coperte finché non ti sei rimesso del tutto, ti prometto che per il tuo compleanno avrai anche una vera scopa. Ci stai?”
Gli spettinai appena i capelli, mentre Dei seduta sul letto al suo fianco prese il boccino come se fosse un’ancora di salvezza e glielo porse, strappandogli un sorriso solare sul faccino smunto dall’influenza. Fece di sì col capo, il primo di una lunga serie di patti era siglato. Mir si placò all’istante, si rimise buono sotto le coperte e Dei gli sistemò la riversina con cura, poi tornò a sedersi accanto a lui. Io mi rincantucciai sulla poltrona vicino alla finestra, al suo fianco, con un libro di fiabe in mano. Per tutta la vita non m ero mai chiesto cosa fosse la felicità, avevo tutto e non mi ponevo nemmeno il problema, avanzavo tra le cose e le persone come se tutto mi fosse dovuto, senza apprezzare niente, ma ora sapevo senza ombra di dubbio di cosa fosse fatta la felicità vera, si era appena ricomposta davanti ai miei occhi, come tessere di un puzzle, attorno a quel letto. Un figlio, una madre e un padre, che leggevano fiabe sognando una scopa da Quidditch: era questo solo questo, in fondo, la vera felicità.


Mi rimaterializzai all’ingresso della torre di guardia, la notte era oscura, ci avvicinavamo al novilunio, la foresta poteva avvantaggiarsi anche di quell’aiuto dal cielo, mi affrettai a entrare, non c’era tempo da perdere, salii rapido fino all’ultimo piano, bussai appena e entrai, senza attendere il permesso.

***

74, Essex Street, Londra - giugno 1958
Alzai al cielo la mia mano sinistra, mostrando a tutti il boccino appena catturato, anche i Tornados erano stati battuti, il campionato di fatto oramai era nostro. Johnny Fiztgerald, Digsy Cameron e Rodney Stenton mi furono subito addosso per portarmi in gloria, ma i miei occhi corsero alla tribuna, per intercettare lo sguardo di Dei e le urla di Mirzam dagli spalti… Non li avevo visti mentre ero in campo, era impossibile che mi fossero sfuggiti, ma la partita era stata breve e concitata, e forse… invece restai deluso… Perché Dei e Mir non erano lì come sempre a sostenermi?Una inquietudine strana mi prese allo stomaco, all’improvviso anche i festeggiamenti doverosi mi davano noia e fastidio. Qualcosa non andava, Dei non aveva mai mancato una mia partita da quando stavamo insieme e Mirzam aveva pregato per due settimane per potermi vedere, quell’anno era stato così impegnativo per me che spesso ci vedevamo solo alla fine della partita e il giorno seguente. E a questo si aggiungeva la sua evidente gelosia per il bambino che presto sarebbe nato.
    “Vieni Al, Robbins ha promesso venti casse di firewhisky per festeggiare subito negli spogliatoi…”
    “No Rod, mi spiace, non prima di aver ritrovato mia moglie…”
    “Sarà dentro con gli altri, dai! Non avrai deciso di fare il musone proprio oggi?”
    “No ti dico”
Filai rapido negli spogliatoi, quasi gettando a terra chiunque mi fosse di fronte, presi la bacchetta e feci un incanto di pulizia e asciugatura rapida, m vestii e ripresi la mia scopa, nessuno, di quanti avevo interrogato, aveva visto l’ombra di Dei e Mir.
    “Ma così si fa? Sei il re della festa e scappi come un ladro?”
    “Devo tornare a casa… sento che è successo qualcosa…”
    “Tutte scuse, dillo che vai a festeggiare in privato a casa tua! D’altra parte con una moglie come quella nessuno di noi starebbe qui a festeggiare negli spogliatoi….”
    “Sì, sì, molto divertente…”
Li lasciai ai loro schiamazzi, e con uno schiocco mi materializzai a Essex Street. Di Dei non c’era traccia, cercai ovunque un segno di cosa fosse successo, invano, tutto faceva supporre che fossero partiti per vedere l’incontro come da accordi: perché allora non erano allo stadio? Presi gli specchi comunicanti di mio padre per chiamarlo, poteva scoprire qualcosa guardando nelle sue pietre, ma non ce ne fu bisogno, un piccolo gufetto malandato che non avevo mai visto prima, apparve alla finestra della mansarda, portando un messaggio
    “Deidra e Mirzam sono al San Mungo, vieni prima che puoi. Eileen Prince.”
Non mi diedi nemmeno il tempo di farmi prendere dagli abissi della disperazione. Mi smaterializzai all’istante.


Mirzam era in piedi accanto alla finestra, in attesa, i bei capelli raccolti in una coda, abiti comodi a strati, per affrontare il caldo e il freddo, uno spolverino a proteggerlo anche dalla pioggia, lo sguardo di chi è pronto per le ore d’inferno che lo attendevano. Come facevo a non essere orgoglioso d lui in quel momento? Erano ventuno anni che aspettavo quel giorno, il giorno in cui avrei presentato a Herrengton la mia creatura, il giorno in cui mio figlio si staccava per sempre da me per iniziare davvero la sua vita di uomo
   
    “Padre!”

Lo abbracciai, era alto quasi quanto me, ormai. Decisi di dirgli subito le cose impersonali, ammantandole d’importanza, perché in quel momento sarei stato capace di mostarmi fragile, di manifestare le mie emozioni e quello non era proprio il momento di lasciarsi andare.

    “Credo di averti detto tutto, Mirzam, sai quali sono le condizioni, conosci i rischi, più o meno hai un’idea di cosa ti aspetta durante e alla fine della prova, voglio solo ricordarti che puoi ancora scegliere di non farlo, non è obbligatorio, nessuno direbbe nulla se…”
    “Io sono tuo figlio, ho sempre beneficiato di questo, di ciò che tu e la nostra terra mi avete offerto, ora è giusto che anche io dimostri di saper affrontare l’anima di Herrengton, perché solo così la saprò difendere un giorno, se fosse necessario.”

Lo abbracciai ancora più forte.

    “Lo so, l’ho sempre saputo, da quando ti ho preso in braccio la prima volta…”

Osservai con attenzione quegli occhi color della luna, l’unica eredità della nostra antenata Malfoy si era concretizzata proprio nel mio primogenito: davvero bizzarro.

    “Ora ti smaterializzerai nella grotta della Sorgente, lì prenderai quello che t serve, ti ho lasciato anche la spada di Hifrig, potresti averne bisogno. Non so quali creature il Consiglio del Nord ha liberato nella foresta, quelle autoctone le conosci e sai affrontarle, le altre, credo di averti preparato almeno teoricamente… Mi raccomando, qualsiasi cosa accada, non farti aiutare dai centauri, quando è toccata a me per poco non sono finito nello strapiombo per le loro folli indicazioni.”

Annuì e mi sorrise, per anni mi aveva fatto raccontare quella storia e altre simili prima di addormentarsi.

    “Ma la scopa posso portarla, vero?”

Sorrisi…. Era esattamente la stessa domanda che avevo fatto io a mio padre a suo tempo, non glielo avevo mai detto: come faceva a saperlo?
   
    “Puoi portare tutto quello che vuoi, Mir, tranne la bacchetta, sai che sarebbe inutile e dannosa in questa prova…”

Lo baciai e lo guardai annuire, poi con uno schiocco si smaterializzò davanti ai miei occhi. Strinsi le mani quasi a ferirmi, avrei voluto poter andare con lui, difenderlo come avevo sempre fatto… Un senso di vuoto sconosciuto mi stringeva lo stomaco. Non era più mio. Da quel momento non era più un figlio, ma un uomo.

***

Ospedale San Mungo, Londra - giugno 1958
    “Che cos’è successo?”
    “Babbani, dei maledetti criminali babbani…”
    “Babbani? Che cosa vuoi dire Eileen, che cosa c‘entrano i babbani? E come stanno mia moglie e mio figlio?”
    “Dei è stata gettata a terra …”
    “Salazar… Dei è incinta… Cosa ne è del bambino?”
    “Non lo so… Davvero Al, non lo so… so solo quello che ho visto: tua moglie a terra, tuo figlio che si lanciava contro uno dei due per difenderla e quello che lo colpiva con almeno tre coltellate… Non sapevo nemmeno che fossero loro, io… ho estratto la bacchetta di nascosto e …”
    “Oh, Eileen…”
    “Stai tranquillo, Alshain, vedrai che si sistemerà tutto, vedrai...”
Mi abbracciò, cercando di farmi coraggio, mentre io perdevo tutta la forza e la speranza su quella poltrona in sala d’attesa… Merlino santissimo!, Quanto era grave la situazione? E come avevano fatto i babbani a vederli e attaccarli? Mi rialzai, mi sentivo una belva in gabbia, nessuno sapeva ancora darmi una risposta, persi il controllo e devastai la vetrina della sala d’attesa, spaccandoci addosso il tavolino e tagliandomi il palmo della mano. Alla fine dopo ore interminabili, il Medimago uscì, dicendo che Dei e il bambino erano fuori pericolo, l’avrei potuta vedere anche subito, Mirzam invece era ferito gravemente e le sue condizioni erano ancora incerte.
    “Al vedrai, ce la farà anche lui, è forte, è tuo figlio…”
Ero di ghiaccio: avevo sempre pensato che tutto mi sarebbe sembrato semplice, una volta che fossi stato assicurato sulle condizioni di Dei, e invece non… non mi sentivo nemmeno sollevato, perché il pensiero di Mirzam ferito era... Merlino, perché non me ne ero mai reso conto? Era questo, quindi, il vero significato di essere un padre? Questo soffocamento e questa cupa disperazione al pensiero che non l’avrei più avuto al mio fianco? Al pensiero che non ci sarebbero più stati progetti con lui? Non gli avrei più insegnato a salire su una scopa, né l’avrei portato con me a conoscere e amare la nostra terra? Non ci sarebbe più stato il mio Mirzam, a cui insegnare quello che avevo capito del mondo, del nostro mondo, da crescere come me contro i pregiudizi e i limiti che il resto del mondo ci imponeva? Ero annichilito. Mai nella mia vita mi ero sentito così, mai.
Eileen m guardava smarrita, probabilmente ai suoi occhi ero irriconoscibile.Mi feci forza e recuperai la mia maschera.
    “Ti ringrazio, davvero, comunque andrà a finire questa storia, Eileen, sappi che oltre a essere amici, ormai io sarò sempre in debito con te, perché non avrò mai da darti quanto mi hai appena ridato tu… Di qualsiasi cosa tu debba aver bisogno, io e Dei saremo sempre al tuo fianco… non dimenticarlo mai…”
    “Non è per questo, lo sai…”
    “Lo so, ma voglio che tu ne tenga comunque conto, Eileen…”
Mi accompagnò fino alla stanza di Dei, ma non volle entrare, ci abbracciammo sulla porta, regalandomi un timido sorriso di incoraggiamento.


Sirius era esattamente dove immaginavo si trovasse: in bilico sul crinale più pericoloso di tutta la tenuta. Da quanto sapevo di lui da suo padre, non ne rimasi stupito, e mi dissi che avevo fatto bene a innalzare le difese di Herrengton appena Mirzam era partito, quella notte. Amavo Orion, era più che un fratello per me, ma era evidente che con i suoi figli era un perfetto incapace. Mi dispiacque per lui, ma appena guardai quel ragazzino negli occhi, capii che i miei progetti sarebbero andati in porto molto più facilmente del previsto, proprio grazie all’inettitudine del mio migliore amico. Tutto iniziava in quel momento, mentre tendevo la mano e l’anello finalmente tornava a casa. Sirius Black non poteva sapere, ma mi aveva appena aiutato a dare scacco ad un re. Ed ora la caccia era aperta.

***

King's Cross Station, Londra - 1 settembre 1962
    “Mi raccomando, Mirzam, quest’anno cerca di dar retta ai professori e pensa anche a studiare, non solo a svolazzare sulla scopa!”
Mio figlio più grande mi rivolse un’occhiata che prometteva solo monellerie e subito mi sfuggì dalle mani per andare ad abbracciare il suo grande eroe, Rodolphus Lestrange. Dei sospirò, quel ragazzino, a parte la scelta delle amicizie, ogni giorno diventava più simile a me: di certo nel giro di nemmeno un anno sarebbe entrato come cercatore nella squadra delle serpi, e appena finita la scuola, nel Puddlemere, al mio posto, perché nemmeno io ero così bravo alla sua età. Sul binario 9 e 3/4 incrociammo Cygnus, sua moglie e le sue figliolette, quell’anno entrava ad Hogwarts anche Bellatrix, la maggiore: anche se quelle fantasie non mi piacevano troppo, perchè amavo la libertà e la desideravo anche per loro, tante volte mi ero già ritrovato a immaginare un futuro in cui Mirzam e Rigel erano sposati a due delle sorelle Black e la mia piccola Meissa… beh per lei avevo sempre pensato al figlio di Orion, appena i MediMaghi mi avevano detto che straordinariamente era nata una bambina, quanto aveva festeggiato il mio vecchio a quella notizia… Tormai al presente, era un peccato, sì, davvero un peccato che Orion non fosse lì, che avesse avuto un figlio così tardi rispetto a me: sarebbe stato bello se i nostri ragazzi fossero diventati amici come eravamo noi due… Avrebbero potuto fare grandi cose insieme.


Il rumore inconfondibile di un cervo che si muoveva guardingo nella boscaglia mi richiamò al presente, lanciai un petrificus a fior d labbra, la bestia rimase immobile e indifesa. Mi avvicinai e vidi i suoi occhi terrorizzati, l’unica cosa ancora viva in quel corpo “Non voglio ucciderti, stai tranquillo, mi serve solo un poco del tuo sangue…”. Sangue. A volte mi sentivo un vampiro… il pensiero tornava sempre e solo sangue… Me lo caricai sulle spalle e invitai i ragazzi a seguirmi, ormai era tutto pronto, tra poche ore tutto sarebbe finito… Sempre e solo sangue…

***

Amesbury, Wiltshire - gennaio 1971
    “Andromeda è molto affascinante e non ha i grilli per la testa che ha sua sorella. Sono felice della tua scelta, Mir, davvero. Andrò a parlare con suo padre oggi stesso, non ci sono problemi.”
    “A dire il vero… io credo che un problema ci sia...”
    “Un problema? Di che genere? Non credo che Cygnus possa lamentarsi della proposta che vorresti fargli…”
    “Rigel dice che ci sono strane voci a scuola. Anche Rodolphus dice che …”
    “Di cosa stai parlando?”
    “Se hai notato, durante le feste di Natale, Meda non era mai con gli altri Black… Non credo siano solo voci…”
    “Di grazia, mi spieghi cosa vorresti dire? Lo sai che non amo i pettegolezzi e non m’interessa approfondire queste cose, ma la situazione cambia radicalmente se d mezzo ci sei tu….”
    “Alcuni dicono che Meda abbia fatto amicizia con un nato babbano. Persino sua sorella Bellatrix lo dice.”
    “E quindi? Mirzam… per favore… tu sei mio figlio, non il figlio di Lestrange o di Black, mi pare di averti già insegnato la differenza tra amicizia, che per noi Sherton è sempre lecita, e gli altri rapporti, che invece sono leciti solo con determinate famiglie...”
    “Io credo sia qualcosa di più di un’amicizia lecita…”
    “Se lo ritieni possibile… allora non so a cosa serva questa conversazione: perché continui a curarti di lei se pensi stia con un SangueSporco? La questione, dovrebbe essere chiusa, a questo punto, nn credi?”
    “Io penso a lei da … dalla fine della scuola… è così bella… e… non è una idiota come le sue sorelle e la maggior parte delle altre ragazze serpeverdi che ho conosciuto a scuola, che mi ronzano intorno solo perché sono tuo figlio…”
    “Non è comunque un motivo sufficiente per impelagarsi in una situazione dubbia… Tra l’altro hai appena vent’anni, non è urgente programmare un tuo matrimonio, mi pare, hai tutto il tempo per trovarti una ragazza migliore di lei… Salazar… ora inizio anche a capire perché Walburga ci teneva tanto a incastrarti… lurida...”
    “Tu non capisci… io…”
    “Questo discorso è chiuso, Mirzam, come non vorrei quella pazza di Bellatrix in giro per casa, tanto meno potrei lasciare che una ragazza discutibile sia la moglie dell’erede di Hifrig… ti rendi conto che se ora andassi da Cygnus, è più che naturale che te la rifilerebbero bella e infiocchettata…”
    “Questo lo so…. Infatti io… ormai è da un pezzo che ci ho messo una pietra sopra, ma devo sapere la verità, lo capisci? Non posso vivere col dubbio che siano solo voci… se non fosse vero, io avrei rinunciato a lei per niente…”
Lo guardai, mentre bevevo del Whisky babbano con indolenza….
    “Tu non hai rinunciato a niente Mirzam, se fosse amore, a quest’ora m avresti già atterrato con un pugno per gli insulti che le ho rivolto, infischiandotene delle conseguenze… se fosse davvero amore, non te ne importerebbe niente del sangue, delle chiacchiere, della terra a cui dovresti rinunciare per lei…. Assolutamente niente! Non staresti qui a chiedermi di andare da suo padre per sapere la verità, saresti già alla sua porta, e lo chiederesti a lei, guardandola negli occhi, fregandotene dei pettegolezzi che ne nascerebbero….”
    “Io non sono te…”
Lo guardai con un sospiro. E risi degli scherzi del destino.
    “Sì, purtroppo me ne sto rendendo conto…”


Con uno schiocco Malfoy e Lestrange, accompagnati dai rispettivi figli, apparvero sulla spiaggia, io serrai la mano sulla bacchetta, che già stavo studiando attentamente da un po’. Tirai fuori la mia facciata migliore, da bravo padrone di casa. Probabilmente quella era l’ultima volta che ci vedevamo tutti e tre lì, in apparente amicizia. Presto non sarebbe stata più solo una vecchia rivalità, ma le sponde opposte della vita a dividerci. Sapevo che stavano tramando contro di me, almeno quanto io stavo tramando contro di loro. sorrisi tra me… Ma solo io avevo capito che comunque avessimo giocato quella partita, l’unico a uscirne vincitore sarebbe stato uno sporco Mezzosangue. Mi alzai e andai incontro ad Abraxas Malfoy.

    “Cugino, questa notte sei una visione per gli occhi! Come sempre del resto!”…

***

Herrengton Hill, Highlands - 21 giugno 1971

Mirzam era finalmente di fronte a me, completamente avvolto nel mantello rituale: mi avvicinai e secondo il rito, gli chiesi chi fosse, cosa volesse da Salazar e cosa fosse disposto a donare a Herrengton per ottenere ciò che aveva chiesto. Rispose nella lingua dei nostri padri, dicendo il proprio nome druidico, il nome della sua famiglia, dei suoi genitori e dei suoi fratelli, offrì il proprio cuore a Herrengton chiedendo in cambio il sostegno dei padri e della madre terra perché lo aiutassero a vivere unendo razionalità e coscienza. Recitai una preghiera antica, dopodiché sollevai leggermente il cappuccio che nascondeva il volto di mio figlio, posando le labbra sulla sua fronte, sugli occhi bendati, sulle orecchie, sulle labbra, e mi chinai a baciargli il petto all’altezza del cuore. Presi il pugnale, incisi con la mano sinistra il mio palmo, presi la mano sinistra di mio figlio, l’incisi a sua volta e unii i palmi. Rigel versò da l’acqua di Herrengton sulle mani unite e bevemmo quello che rimase nel contenitore. Quando poi si avviò la cerimonia al cospetto di tutti i maghi, Mir, accanto a me sotto il serpente di pietra, bruciò le piante che avevamo raccolto io e i figli di Orion, mischiò gli ingredienti con i pestelli mentre i due vecchi maghi incisero con una sottile lama uno degli zoccoli del cervo, facendo scorrere poche stille di sangue nel composto. La bestia fu quindi lasciata andare, riguadagnando la libertà, come le avevo promesso. Preparato il composto che aveva al tempo stesso funzioni rituali e lenitive, porsi il bastone ai maghi, estrassero la testa argentea del serpente e la bagnarono nel miscuglio, tolsero il mantello a Mir, sollevando il velo che lo copriva fino al torso, e lì notai immediatamente i graffi e le unghiate, forse aveva affrontato un orso, proprio come me 19 anni prima. I vecchi incisero la runa a pochi centimetri dalla base del collo, giù fino alla V rovescia che segna l’attaccatura inferiore delle costole: appena la testa di serpente fu messa a contatto della pelle, il disegno prese forma, come se fosse stato già tracciato, senza che la mano del vecchio dovesse intrattenersi a fregiarlo. L’inchiostro magico si diffuse seguendo nitido e sicuro il disegno invisibile e apparirono le righe e le ali ricurve sulla pelle di mio figlio che, naturalmente, non proferì verbo. Anche se per esperienza sapevo quanto quelle tracce che incidevano la carne e quel liquido che andava a mischiarsi al suo sangue provocassero un dolore indicibile. Quando il disegno fu completato, la grotta ormai si stava illuminando delle prime luci del nuovo giorno. Mirzam aveva appena pagato il suo primo vero debito di sangue a Herrengton.
Ora c'era solo una giornata di stupide e false chiacchiere e un' inutile festa.


*continua*



NdA:
Ringrazio quanti hanno letto, hanno aggiunto a preferiti/seguiti/ecc, hanno recensito e/o hanno proposto/votato questa FF per il concorso sui migliori personaggi originali indetto da Erika di EFP (maggio 2010).

Valeria



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