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Autore: Hug my fears    29/03/2015    0 recensioni
[La prigioniera dell'inverno]
Scandinavia, 1028 d.C.
Marion fu catturata mentre era ancora in balia delle correnti marine. Apparve una lunga imbarcazione, di quelle che i vichinghi chiamavano knorr, e fu tratta in salvo. Supplicò con fervore per esser ricondotta a terra, ma i marinai si opposero, non avevano tempo da perdere: stavano facendo rotta verso la Russia. Salvare una vita all'inizio di un viaggio significava per loro fortuna e protezione, dunque non potevano lasciarla andare.
«Ora che ti abbiamo salvato, ci appartieni. Hai un debito con noi» ripeteva il capo del gruppo, un vecchio dai lunghi capelli ormai tinti di grigio.
Marion puntò lo sguardo in direzione della terra ferma, ormai quasi impossibile da distinguere, nella speranza di riuscire a scorgere per l'ultima volta il suo viso.
Genere: Fantasy, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Il giorno successivo a Marion si presentò l'occasione che stava cercando. Da una coltre di nebbia in lontananza apparve un vascello e i marinai cominciarono a pregare i loro déi con più fervore. Alla giovane parve di sentire la parola pirati e subito dopo, sulla knorr, scese un silenzio tombale. Armati di scudi e di asce gli uomini si prepararono alla battaglia. Rollo raggiunse la poppa della nave solo poco dopo, brandendo la sua grande ascia nella mano destra e una di medie dimensioni in quella sinistra. Marion lo guardò con disprezzo e ammirazione, come guerriero doveva godere di un'ottima reputazione e le cicatrici sul suo volto ne erano probabilmente la prova. I vichinghi esibivano i loro segni di guerra con onore, e più cicatrici portavi più venivi considerato importante nella tribù. Ma Rollo forse non ne aveva più una di tribù. Svénia le aveva parlato di alcuni guerrieri banditi che, per sopravvivere, si vendevano come mercenari e di altri che, unici superstiti di un intero clan andato distrutto, erano fuggiti per riprendersi la vita che era stata loro negata.
Nel frattempo la nave nemica si stava avvicinando con rapidità. Marion si nascose dietro una grossa cassa. Avrebbe aspettato il momento più opportuno, quando tutti erano distratti dalla guerriglia, per rubare una scialuppa e scappare via. Voleva tornarsene a casa, ma quella era davvero la sua casa? Era Knut che voleva rivedere più di chiunque altro e sperava con tutta se stessa che non gli fosse successo niente.
Adesso mi starà cercando, ne sono sicura pensò con dispiacere.
Quel giovane ragazzo le era sempre stato accanto, aiutandola quando ormai tutti l'avevano abbandonata. Ma Knut, proprio come tutti gli altri, aveva temuto la sua presenza e il suo potere, eppure non aveva mai preso una reale distanza da lei.

Marion tese le mani verso di lui, i palmi rivolti verso il cielo, in modo da fargli i nodi ben stretti che tenevano chiusi i suoi guanti.
«Tagliali!» ordinò.
Non ce la faceva più ad aspettare e a vivere in quel modo, Marion voleva toccare il suo corpo più di qualsiasi altra cosa.
«Tagliali!» ripeté.
Knut aveva paura, ma gli era stata lanciata contro una sfida e le sfide si accettano sempre. Il giovane esitò per qualche istante, infine afferrò il coltello e tranciò i lacci. Non poteva sottrarsi a quella provocazione.
Marion si rammaricò, era stata sciocca a fargli quella richiesta, ma ormai era troppo tardi. Si strappò via i guanti e li lanciò a terra.
Per la prima volta, poté posare i palmi sul petto di Knut. Era passato davvero troppo tempo dall'ultima volta che aveva toccato qualcuno. Quella sensazione di calore umano le strappò un leggero sorriso sulle labbra. Avvertì un leggero spasimo sotto di lei; Knut aveva chiuso gli occhi, si preparava a morire, perché le mani di quella "strega franca" potevano bruciare le persone. Lei poteva soltanto toccare le statue dei loro déi.

Marion fu intenerita dal suo coraggio e lo baciò con passione. Quella volta fu lei a guidarlo mentre facevano l'amore.
Knut ci mise un po' di tempo a capire che lei non era mai stata una strega. Le guardava le mani con sorpresa, ancora indeciso se toccargliele o meno.
Marion credeva che Knut la avrebbe odiata ora che era tornata ad essere una donna come tutte le altre, perché lui l'aveva amata e desiderata per una semplice sfida. Lui era l'uomo che era riuscito a conquistare una "strega".
Infine, dopo quell'esitazione iniziale, Knut si inginocchiò davanti a lei e la aiutò a rimettersi i guanti.
«Dobbiamo essere prudenti» mormorò baciandole la tempia «Ragnaar non dovrà scoprirlo. Sarà il nostro segreto!»

Quello fu l'istante preciso in cui Marion capì che si era sbagliata fin dall'inizio sul suo conto. Knut la amava e l'avrebbe protetta sempre.
Quel dolce ricordo le fece scappare una lacrima, sapeva che il suo giovane uomo la stava cercando in lungo e in largo. Lei doveva solo andargli incontro.
Le sue riflessioni furono interrotte dallo scontro tra le due navi. Il mercantile tremò sotto i suoi piedi, scosso da quell'imponente nave da guerra. Marion sapeva che non sarebbero mai riusciti a tentare la fuga, perché quel drakar era molto più veloce della loro imbarcazione. Dopo la botta, un'orda di guerrieri pirati saltò sulla nostra poppa con l'aiuto di liane e cominciò la battaglia. I pirati si avventarono con furia sui marinai, uccidendoli un paio con il primo semplice attacco. Si scagliarono con così tanta forza che alcuni indietreggiarono, altri scapparono via. Poi ad un tratto arrivò Rollo, il grande vichingo mercenario, e la situazione si capovolse. Riusciva a combatterne tre alla volta e ad ucciderli senza dar segno di alcuna difficoltà. Roteava con maestria sopra la testa la sua ascia più grande e con quella più piccola parava gli attacchi nemici, per poi sferrar loro contro con forza l'attacco caricato in alto. Marion non aveva mai visto combattere con così tanto vigore qualcuno e ne rimase affascinata, ma doveva sbrigarsi, era arrivato il momento per lei di andarsene. Strisciò sulle ginocchia per un lungo tratto, guardandosi le spalle e controllando attorno a sé più volte, perché non doveva venire scoperta o si sarebbe messa male per lei. Gattonò fino alla sporgenza della nave e guardò giù, dove doveva trovarsi l'imbarcazione che l'avrebbe portata in salvo, lontana da quegli sconosciuti. L'unico dilemma era capire come si sarebbe calata fin laggiù e decise allora di controllare se lì vicino qualcuno aveva lasciato una corda, ma non trovò nulla.
Non posso buttarmi nel vuoto e sperare di caderci dentro pensò lei. Provare sarebbe stato troppo rischioso e lei non poteva sbagliare. Non avrebbe avuto una seconda occasione.
Si affacciò per controllare la situazione, non si sentiva più il rumore di spade e scudi spezzare il silenzio. Una grossa figura si sporse verso di lei e la tirò fuori dal suo nascondiglio. Fu trascinata con così tanta forza che cadde a terra al primo passo.
«Ehi, dolcezza» pronunciò l'uomo con astio «dove credevi di andare?»
Marion riconobbe quella voce e si voltò verso di essa. Rollo era proprio davanti a lei, con le vesti completamente macchiate di sangue ed una cicatrice fresca a perforargli il volto. La giovane si rialzò e guardandosi attorno capì cos'era appena successo. I pirati erano stati sconfitti, altri erano riusciti a scappare, ma cosa più importante la avevano sorpresa mentre cercava una via di fuga. Il vecchio si avvicinò a loro, ancora tremante ed impaurito, e ordinò ad alcuni marinai di legare Marion e di riportarla nella sua stanza.
«Non farmi pentire di averti salvato dalle grinfie di quel mercenario!» le disse all'orecchio, prima che si allontanasse «Perché la prossima volta lo lascerò fare»
Marion fu rinchiosa nella sua stanza per i restanti giorni di viaggio. Quotidianamente le veniva portato del cibo e vestiti profumati per cambiarsi. Al quinto giorno della sua prigionia la nave si fermò. Era appena passata l'alba quando Marion venne svegliata e portata con forza a poppa. I raggi del sole le bruciarono gli occhi; passò un po' di tempo prima che riuscì ad abituarsi a tutta quella luce. Quando finalmente li aprì, vide davanti a sé la terraferma. L'aria cominciò subito ad essere fredda, ma Marion si era oramai abituata a quell'ambiente rigido e gelido. Si erano fermati in quello che doveva essere un porto commerciale, le risultò facile riconoscerlo. Molte navi simili a quella in cui si trovava lei erano ormeggiate al molo, con marinai che lavoravano senza sosta per trasportare varie merci da vendere o scambiare.
Il capitano si avvicinò a lei e sogghignò soddisfatto. «Ci hai portato fortuna in questo viaggio» disse «Adesso sei libera di andartene»
«Dove ci troviamo?» Marion si guardò attorno titubante.
«Siamo in Russia» rispose il vecchio con scherno «Questo è un piccolo villaggio mercantile nella regione subartica»
Come farò a tornare indietro, adesso? pensò la giovane con preoccupazione.
Nessuno si sarebbe offerto di darle un passaggio senza ricevere niente in cambio, ma lei doveva tentare lo stesso. Doveva ritornare da Knut.

Marion tornò nel suo alloggio per raccimolare quel poco che le era rimasto all'interno di una sacca. Uscì fuori all'aria aperta e le venne incontro una giovane serva che le porse un po' di viveri ed una borraccia riempita d'acqua fresca per il viaggio che la attendeva. Marion la ringraziò e si voltò verso il resto dell'equipaggio che la stava guardando. Si sentì mancare l'aria e per un istante ebbe paura. Non sapeva come avrebbe fatto per ritornare indietro sana e salva. Senza salutare nessuno si avviò verso il pontile, sguardo fisso in avanti, e se ne andò per la sua strada. Gli occhi dei marinai la seguirono per un breve tratto, finchè non furono richiamati dalla cruda voce del loro capitano che li esortava a portare giù le mercanzie. Rollo la guardò intensamente con un ghigno nefasto sul suo volto lacerato, ma Marion tirò dritta seppur con fatica, lasciandosi alle spalle anche quell'avventura.
Il villaggio in cui era arrivata era piccolo ma ben fornito, aveva proprio l'aspetto di uno scalo mercantile. L'aria era fredda ma a quell'ora erano comunque presenti in giro gli abitanti. Tutti si ammassavano nel mercato al centro del villaggio, vagando di tenda in tenda per comprare o vendere qualcosa. Marion decise che per quella notte sarebbe restata a dormire in una locanda e nel frattempo avrebbe trovato un modo per tornare indietro. Non aveva con sé per poter pagare il viaggio di ritorno, ma si sarebbe messa in gioco per ripagare quel favore. Sperava soltanto che nessuno le avrebbe chiesto in cambio favori di tipo sessuale, perché lei non li avrebbe accettati.
Camminò ancora a lungo prima di riuscire a trovare una locanda degna di portare quel nome. Era felice di trovarsi finalmente sulla terraferma. Faceva un passo dopo l'altro assaporando ogni istante, come se fosse passato un secolo dall'ultima volta che ci aveva camminato su.
Entrò all'interno della piccola locanda che portava il nome di “Corno di Sirena” e fu subito sopraffatta da un mesto odore di pollo al brodo. Una donna intenta a spazzare a terra si voltò verso di lei e la raggiunse con la ramazza ancora in mano.
«La locanda è ancora chiusa, torna dopo!» strillò la donna.
«Sto cercando un posto dove dormire...» rispose Marion indietreggiando.
La donna lasciò la scopa appoggiata ad un'asse e si posizionò dietro un lurido bancone in legno.
«Abbiamo solo una stanza libera» disse questa controllando alcune scartoffie ingiallite «Sono 5 monete, 8 se aggiungete anche la colazione»
Marion si guardò intorno.
«Non ho soldi con me, ma posso pagare lavorando per voi...»
La donna rise talmente forte da essere costretta a portarsi le mani sulla pancia. Poi si arrestò e guardò la giovane davanti a sé attentamente, con un beffo sorriso in volto.
«E va bene, puoi cominciare fin da subito. Sistemati nella stanza» fece, dandole le chiavi «poi raggiungimi in cucina. Ah! Dimenticavo. Indossa questi abiti» finì, consegnandole uno strano vestito.

Quando Marion raggiunse la cucina della locanda molti degli ospiti si erano già alzati e affollavano la sala da pranzo. Il vestito che le era stato dato lasciava in mostra molte parti del suo corpo e seminascondeva altre. Alcuni lo notarono e mentre passava la fissarono intensamente. Marion si sentì profondamente a disagio.
La donna le diede vari ordini da portare avanti e si allontanò poi con alcuni piatti. Doveva preparare alcune pietanze, pulire tutto quello che avrebbe sporcato e consegnare ai tavoli i rispettivi ordini. In quella piccola e buia stanza c'erano altre ragazze, alcune anche più piccole di lei, e tutte indossavano lo stesso vestito con colori diversi.
Marion si avvicinò ad una giovane e le rivolse la parola.
«Perché dobbiamo vestirci così?» le chiese.
«Se il nostro corpo piace agli ospiti, possiamo guadagnare qualcosa in più» rispose questa compiaciuta.
«Alcuni degli ospiti possono decidere di portarci nelle loro stanze e noi dobbiamo accontentare ogni loro capriccio» continuò un'altra donna, più matura, mentre finiva di riempire un boccale.
«Se lavoriamo bene, i clienti tornano o pagano qualcosa in più» disse una giovane, poco più di una bambina.
«Se invece ci comportiamo male, ci buttano in strada» continuò la donna.
Marion le osservò stupefatta. Erano almeno cinque donne, tre più giovani delle altre. Quella più matura le parve essere proprio la donna che fino a qualche istante prima le stava parlando. Aveva i capelli neri e lunghi, raccolti in una treccia abbellita da alcune gemme brillanti. Era alta e snella, il seno piccolo e a punta, si muoveva con un portamento regale, ondeggiando con i fiachi ad ogni passo. Si chiamava Arianne.
Le altre giovani erano rispettivamente Freda, Tessa, Elia e Loreza, la più piccola di tutte quante. Lavoravano in quella locanda da qualche anno e si erano sempre trovate bene. La moglie del padrone, Doricea, sembrava burbera, ma in fondo, le dissero, era una brava donna.
«Non voglio andare a letto con nessuno di questi uomini» disse Marion.
Arianne le si avvicinò ondeggiando.
«Allora spera che ti trovino disgustosa. Adesso porta agli ospiti i piatti che hai preparato. Ricorda che qualsiasi cosa loro ti chiedano di fare, tu sarai costretta a farlo. Non parlare se non interpellata e non rispondere in maniera inopportuna, se ti mettono le mani addosso è finita. Neanche Doricea può salvarti in quel caso» fece Arianne, dandole una leggera pacca alla spalla per incoraggiarla «Adesso vai, non farli attendere ulteriormente»
Marion sapeva di essersi cacciata in un'altra situazione orrenda, ma non aveva via di scampo. Knut sarebbe venuta a prenderla, lei lo sapeva. Lei ci sperava.
Quando entrò nella sala da pranzo, ghermita di uomini, tutti gli occhi si puntarono su di lei. Era nuova, lo sapevano anche loro.
Si diresse verso il primo tavolo intimorita. Tre uomini, di cui uno anziano, la ringraziarono dell'ottimo pasto. Uno dei tre seguì i lineamenti del suo corpo semi-coperto con lo sguardo e si fermò sul seno. L'altro uomo cominciò a toccarle la gamba, strusciando la mano con delicatezza. Marion rabbrividì e pregò il Suo Dio e quelli di Knut.
«Lasciate stare la ragazza» grugnì il vecchio.
Gli altri due uomini smisero di darle fastidio e Marion potè allontanarsi. Tornò in cucina di fretta e chiuse la porta alle sue spalle. Si accasciò a terra e cominciò a piangere. Una figura scura le si avvicinò e l'aiutò ad alzarsi in piedi. Era Arianne. La donna le asciugò le lacrime con un morbido fazzoletto.
«Ti ho vista, sei stata brava ed hai avuto fortuna» disse «ma devi continuare il giro. Non preoccuparti del giorno, la maggior parte di loro deve sbrigarsi a consumare il pasto e poi va via. Dovrai aver paura di questa sera. Tornano stanchi e hanno sempre bisogno di qualcuno che li riscaldi a letto»
Marion si risistemò le vesti e tornò ai suoi compiti. Aveva ancora quattro piatti da consegnare.
Non posso andare avanti così, devo tornare a casa pensò la giovane. Tutto quello che le stava accadendo non aveva senso. Magari è destino che io e Knut non staremo mai insieme ma lei non ci credeva più di tanto.
Devo tornare indietro! Devo avvertirlo del pericolo! continuò a pensare Deve esserci un modo! Che qualcuno mi salvi... 




 

 


 

NOTE

 

Buona domenica a tutti. Finalmente, direte, sono tornata con un altro capitolo di questa storia. Spero che il primo capitolo vi abbia interessato a tal punto da voler continuare a leggere cosa succederà. 
Vi chiedo scusa se è passato tanto tempo dal primo, ma ho avuto piuttosto da fare e troppo poco tempo per mettere per scritto le idee. Mi auguro di metterci di meno nello scrivere tutti gli altri. 
Tornando alla storia, come potete aver capito Marion ha una sfiga tremenda. Diciamo che per lei è del tutto normale cacciarsi in strane situazioni, ma vi svelo un segreto: tra poco l'universo smetterà di ritorcersi contro di lei! Nel prossimo capitolo ci sarà un punto di vista differente, che racconterà un'altra parte di storia. Va bene, credo di avervi incuriosito abbastanza. 
Vi auguro una buona Pasqua, a presto. 





 


 

   
 
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