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Autore: Terre_del_Nord    24/12/2008    25 recensioni
Sirius Black e la sua Nobile Casata; gli Sherton e la Confraternita del Nord; l’Ascesa di Lord Voldemort e dei suoi Mangiamorte; gli Intrighi di Lestrange e Malfoy; le leggende di Potere e Sangue risalenti a Salazar Slytherin. E Hogwarts, i primi passi dei Malandrini e di chi, Amico o Nemico, condivise la loro Storia. UNA STORIA DI AMORE E DI GUERRA.
Anni 70. Il Mondo Magico, alle prese con Lord Voldemort, sempre più potente e feroce, farà da sfondo dark a storie d'amicizia per la vita, a un complicato rapporto tra un padre e i suoi figli, a vicende di fratelli divisi dalle scelte e dal sangue, a storie d'amore romantiche e avventurose. Gli eventi sono narrati in 1° persona da vari personaggi, canon e originali. "Nuovo Personaggio" indica la famiglia Sherton e altri OC.
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HABARCAT (Chap. 1/20) *** ORION (Chap. 21/24) *** HOGWARTS (Chap. 25/39) *** MIRZAM (Chap. 40/52) *** STORM IN HEAVEN (Chap. 53/62) *** CHAINS (Chap. 63/X) *** FEAR (Chap.97/) ***
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VINCITRICE 1° TURNO "Harry Potter Final Contest"
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Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Mangiamorte, Nuovo personaggio, Regulus Black, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'That Love is All There is' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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That Love is All There is

Terre_del_Nord

Slytherin's Blood

Habarcat - I.017 - Estate a Sherton Manor (2)

I.017


Sirius Black
Herrengton Hill, Highlands - mar. 20 luglio 1971

Mi svegliai con notevole anticipo, mi lavai e mi vestii rapidamente, avendo cura di non svegliare mio fratello. Scesi nel chiostro e mi diressi secondo il tragitto già fatto un paio di giorni prima con Mey in quella che era la zona destinata alle attività personali di Alshain. Scesi due piani, mi avviai per il lungo corridoio con le altissime volte di pietra, osservai la pesante porta che Mey aveva aperto grazie alle rune e che celavano la stanza in cui avevamo giocato per ore a scacchi, quindi presi un corridoio secondario che l’altra volta nemmeno avevo notato, lo percorsi fino in fondo, dove trovai una ripida scala a chiocciola, anch'essa di pietra, che sembrava non terminare più. Infine mi trovai di fronte a una piccola porticina come mi aveva detto Alshain, l’aprii con qualche difficoltà e m’incamminai nel bosco, diretto a un capanno da guardiacaccia, dove Sherton mi aspettava. Così mi aveva lasciato scritto su un foglio di pergamena, attaccato alla porta della nostra stanza. Il bosco si stava appena risvegliando, ovunque era una sinfonia di versi di uccelli ed altri animali che salutavano la rinascita del sole; la terra era umida, sia per la pioggia pesante del giorno precedente, sia per l’umidità del mattino. Mentre camminavo, mi accorsi quasi del respiro della terra: si manifestava in una specie di nebbia leggera e impalpabile, che, come un tappeto, si affacciava tra ciuffi d’erba, radici di alberi, sassi… All’improvviso sentii muoversi qualcosa dietro di me, mi voltai e tra gli alberi vidi la schiena nuda di un uomo: pensando fosse Alshain, tornai indietro e mi avventurai tra gli alberi, ma non trovai nulla; temendo di perdermi, tornai al tragitto originario, quello che mi era stato indicato, sperando di trovare presto la capanna, perché c’era, evidentemente, qualcosa di sinistro attorno a me, un respiro strano, una magia antica, che mi stava facendo vedere cose che non esistevano. Come la notte di Yule a Loch Achall. In quel momento non potevo saperlo, ma non ero solo in quella zona del bosco, Alshain mi aspettava come concordato nella radura dei tresthal, dove andava a nutrire quelle bestie e gli ippogrifi tutte le mattine; ma c’era anche qualcun altro. Quando vidi la scena rimasi a bocca aperta, cercai riparo dietro a un folto cespuglio di erbe selvatiche, facendo in modo che nessuno si accorgesse di me.

***

Abraxas Malfoy (pov in 3^ persona)
Herrengton Hill, Highlands - mar. 20 luglio 1971

Abraxas Malfoy aveva pensato che fosse meglio muoversi già dalla sera prima: conoscendo le abitudini di villa Sherton, sicuramente avrebbe trovato Alshain nel bosco, di primo mattino, con qualcuno dei suoi dannati animali esotici che riportava sempre dai suoi continui viaggi in giro per il mondo. In questo modo non gli avrebbe dato il tempo di nascondersi dietro la sua facciata di gentile ospite, non avrebbe avuto Deidra, o i figli, o uno dei suoi dannati ospiti tra i piedi. Era la cosa migliore, visto che ormai il tempo stringeva e i discorsi erano troppo importanti per farsi distrarre da inutili chiacchiere e da falsa cortesia. Si era materializzato, come sempre, a metà della salita che portava alla tenuta, passando da ovest, attraverso quei boschi che erano quasi una fissazione per Sherton: non era possibile avvicinarsi alla casa senza essersi prima annunciati. Di fatto, a dire il vero, in quel punto non era ancora nella tenuta, ma al limitare. Per fortuna, col tempo, e dopo vari tentativi falliti, aveva trovato il modo di “tracciare” suo cugino: riusciva a vederlo, a sentirlo; ma, senza la sua presenza, non sarebbe riuscito a penetrare in quell’intrico arboreo. Abraxas Malfoy non sapeva quale incanto avesse fatto suo cugino, ma quel bosco era una fortezza inespugnabile per chiunque tentasse di entrare senza avvisare. All’epoca di suo padre, le cose non erano così: chiunque poteva introdursi e materializzarsi a pochi metri dal maniero, ma da quando Alshain aveva trasferito lì la sua famiglia, aveva protetto tutta la tenuta con una serie d’incanti complicati, a dimostrazione di cosa fosse davvero importante per lui. E quel dannato Sherton, benché sembrasse interessarsi solo di cose inutili, era straordinariamente abile con certi trucchi di Magia Oscura, di cui vanamente Abraxas aveva cercato di venire a capo, negli ultimi nove anni.
Si preparò alla salita. Non pioveva più a dirotto, com’era accaduto per tutta la giornata, il sole stava mandando il suo ultimo bagliore da dietro le colline. Per un attimo si fermò ad ammirare il paesaggio: in basso scorreva un fiume, di solito sonnolento, ma ora, le prime piogge, che annunciavano l’imminente fine dell’estate, l’avevano ingrossato, era limaccioso e carico di forza. Tutto attorno, le colline avevano perso i toni brillanti della primavera, gli alberi avevano iniziato a spogliarsi, dalle poche case che punteggiavano il paesaggio, di sera, filavano in alto timide scie di fumo. L’aria si presentava umida e il respiro della terra si manifestava in una sottile nebbia che avvolgeva Malfoy e gli dava l’aspetto di uno spettro. Provò un moto di disgusto per i suoi antenati: con maggiore abilità, già nel passato, quella terra poteva essere dei Malfoy, insieme a tutte le meraviglie che vi erano custodite.
Si diede una mossa: probabilmente, se non si fosse perso prima, avrebbe impiegato ore a raggiungere suo cugino. Avanzava nella desolazione, con la mente libera di rammentare il passato: anche la sua famiglia, originaria della Francia, aveva vissuto nell’antico villaggio magico di Herrengton, nella notte dei tempi, ma dopo le persecuzioni subite dai babbani nella prima antichità cristiana i suoi se ne erano andati e avevano creato una nuova magnifica vita altrove, a sud, mentre della gloria del passato, lì, a Herrengton, non era rimasto altro che la foresta, qualche rovina e la casa degli Sherton, diventata nei secoli successivi una vera reggia, che troneggiava sulla vallata, oltre che uno dei principali santuari di Serpeverde. In un remoto passato Malfoy e Sherton si erano già imparentati, ma per generazioni gli Sherton erano stati solo una delle tante famiglie di maghi purosangue e di una certa ricchezza, che si era legata con qualche matrimonio alla sua stirpe, ben più ricca e antica. Le cose cambiarono solo quando Hifrig Sherton salvò Salazar e fu accolto nella cerchia di Serpeverde, dove manifestò le sue particolari doti di mago oscuro, elevandosi al rango di prediletto di Salazar stesso. Da allora le due famiglie si equivalsero, i rapporti tra loro divennero davvero tra pari: la sua famiglia aveva complottato nell’ombra durante il medioevo per rovesciarli, arrivando, insieme ad altri, a gettare delle maledizioni per frenare l’ascesa degli Sherton, anche se ufficialmente, nel corso dei secoli, erano sempre stati alleati. Negli ultimi tre secoli c’erano stati cinque matrimoni importanti che rinsaldarono tra loro i legami di sangue, oltre che di amicizia, l’ultimo fu quello tra la sorella di suo nonno ed Elija Sherton, nel 1893, da cui nacque il padre di Alshain.
Da quando era ragazzino, Abraxas aveva fatto sempre ciò che era richiesto alla sua famiglia: sostenere ufficialmente i cugini, e lavorare nell’ombra per la loro caduta, per rimettere le mani su Herrengton e tutto quello che vi era custodito. Si poteva dire tranquillamente che l’incidente di caccia che era costato la vita a Elladora Lestrange e suo marito Ronald Sherton, vent’anni prima, fosse stato finora uno dei risultati più proficui della sua attività personale. Soprattutto perché Alshain Sherton da sempre riteneva responsabile Roland Lestrange di quanto era successo a suo fratello e sua cognata, morti senza aver lasciato eredi alla famiglia. Abraxas e Ronald erano coetanei, cinque anni più di Alshain, e i “cugini” erano, di fatto, cresciuti insieme, insieme avevano studiato a Hogwarts, naturalmente entrambi nella casata di Salazar, dove mostrarono tutte le qualità che si convenivano a degli slytherins: ambizione, forza, spregiudicatezza, astuzia. Entrato a sua volta a Serpeverde, Alshain subì invece il fascino e il carisma di Orion Black, più che quello di suo cugino, diventandone presto il più caro amico… Tra Abraxas e Orion non era invece mai nato nessun rapporto di vera amicizia, soprattutto per il legame che Abraxas aveva stretto con Tom Riddle, suo compagno di studi e personalità sicuramente predominante. Col tempo Malfoy e Black si erano sempre ignorati, tranne nelle occasioni in cui Alshain Sherton era riuscito a organizzare imprese che potessero interessare a entrambi, o negli ultimi anni, quando si erano interessati allo stesso tipo di affari. Ora tutto questo era uno svantaggio, perché, purtroppo, Orion continuava ad avere molto peso nelle decisioni di suo cugino, e quello che doveva proporgli quel giorno non era il genere di cose che piacessero a Black, uomo che preferiva farsi gli affari propri e tenere sempre il piede in più scarpe. Malfoy strinse il pugno sul manico del suo bastone: avrebbe volentieri dato una lezione a quel Black, peccato fosse necessario tenerselo buono, per via di tutti i soldi e le conoscenze utili che aveva. E soprattutto perché Alshain non doveva avere motivi per sospettare di lui, di suo cugino. Non ancora, almeno.
Abraxas aveva camminato tutta la notte per il bosco, aveva saltato ruscelli, aveva superato rocce, si era ritrovato all’improvviso su strapiombi che avrebbero potuto proiettarlo in acqua molti metri più in basso, ponendo così fine alla sua vita e alle sue macchinazioni. Poi si era buttato nell’intrico arboreo più denso, quello che sicuramente era possibile attraversare solo in volo sulle possenti ali di un ippogrifo o di un tresthal: sapeva che suo cugino ne aveva diversi… Avanzò per ore, senza avere nessun tipo d’orientamento se non le rare stelle che riusciva a scorgere, a volte, di là delle fronde, e soprattutto quella voce in testa che gli diceva quale direzione tenere per raggiungere Alshain. Si era reso conto che ormai stava per albeggiare e che probabilmente si era perso, quando, all’improvviso, riconobbe nella nebbia leggera del mattino le fattezze di Sherton: era nella radura a occuparsi dei threstal, proprio come aveva immaginato. Salazar, come poteva un mago della loro stirpe abbassarsi al livello di un guardiacaccia? Lo squadrò da dietro gli alberi, non visto: quando era nella quiete del suo bosco, Sherton restava per lo più vestito come un volgare plebeo, con quella specie di tunica da lavoro e i pantaloni macchiati di fango, mentre lui, Abraxas, oltre a non porsi mai in certe situazioni, non si mostrava mai in pubblico senza il suo mantello nero e il bastone da passeggio, sembrava sempre pronto per un ricevimento, e soprattutto, anche dopo aver affrontato una notte di delirio, come quella appena trascorsa nei boschi di Herrengton, non aveva mai nemmeno un capello fuori posto. Era però vero che anche con gli abiti da lavoro, Alshain aveva sempre un aspetto attraente: aveva ereditato la bellezza di sua madre e la forza e la determinazione di suo padre; aveva un’eleganza innata, ulteriormente curata e sviluppata nel tempo dalla volontà di conquistare il cuore di Deidra Llywelyn. Anche in quello Sherton era stato diverso dagli altri: nelle loro famiglie per lo più si celebravano matrimoni d’interesse, che garantissero potere, purezza e ricchezza alle famiglie magiche, Sherton invece si era ribellato, l’aveva spuntata ed era riuscito a fare tutto quello che voleva, senza mai pagare pegno. Anche ora, che era a capo della famiglia più influente tra quelle del Nord, Alshain continuava a fare tutto quello che voleva, occupandosi solo dei suoi divertimenti, della sua famiglia e disinteressandosi quasi completamente di politica magica.

    “Buongiorno Malfoy, sei venuto a farti turbare dalle mie imbarazzanti abitudini, di prima mattina?”

Alshain lo accolse con un sorriso cordiale e con la solita espressione canzonatoria, l’aveva imparata da quel Black sicuramente, ma Abraxas non aveva tempo per i giochetti, quello che aveva in mente era più importante, lasciò perciò da parte la sua maschera più cortese e ben disposta, e lo affrontò di petto.

    “Lo sai, mi lascia sempre stupito il tempo e la pazienza che metti in questo genere di attività inutili, potresti farle fare a qualcuno che lavora per te, che abbia mani più adatte a tutto questo.”

Era piccoso e provocatorio al punto giusto, ma Alshain non sembrava disposto a cedere subito, anzi continuò sulla scia dell’ironia e della cordialità.

    “Mio caro cugino, tu perdi di vista il piacere delle piccole cose, la libertà, la natura, l’odore del bosco in una mattina d’estate, sei troppo preso dai tuoi intrighi ormai, che non vedi più nulla… per questo hai bisogno di sensazioni sempre più forti per entusiasmarti…”

Alshain si voltò e tornò a dare in pasto al suo ippogrifo la carogna di una volpe.

    “Pensavo che avessi già fatto per molto tempo tutto quello che volevi nella tua vita, e che a quarant'anni, ormai, ti saresti deciso a prendere in mano il ruolo che ti compete.”

Era serio, la questione era seria.

    “Allora sei venuto qua solo per farmi la paternale! Non sapevo che mio padre si fosse reincarnato in te…”

Tornò a guardarlo, gli occhi freddi e l’espressione a sua volta seria, un cenno di sfida nella voce.

    “Sentiamo, cosa dovrei fare per ottenere il tuo rispetto, cugino, e farti dormire sereno, la notte, invece di costringerti a un faticoso viaggio notturno, per essere qui all’alba? Cosa non sto facendo che invece è mio dovere fare?”
    “Lo sai: ti occupi troppo poco dei problemi delle nostre famiglie, anche se è un problema anche tuo, non partecipi alle riunioni del consiglio, anche se sei consigliere anche tu, ti si sente solo quando qualcosa non va a Hogwarts, solo quando hai qualcosa da dire contro quel dannato Dumbledore…”
    “Naturale, quello è l’unico ambito che suscita il mio interesse, cugino, visto che ho un figlio là, e presto ci andrà anche un’altra mia figlia. È questo che è importante per me, non gli intrighi che tu e i tuoi amici ponete in atto per avere più potere!”
    “Dovresti avere più a cuore la questione del potere, Alshain, perché è qualcosa che si perde se non si cura, dovresti deciderti a mettertelo in testa! I problemi di noi purosangue non si risolvono solo occupandosi di quella dannata scuola, è evidente che il Ministero è ormai alla deriva, bisogna fare qualcosa, prendere decisioni importanti, e tu hai delle qualità tali che potresti essere di notevole aiuto in tutto questo: incanti con le parole almeno quanto incanti con la magia, il tuo passato da giocatore di Quidditch fa di te un portavoce ideale anche tra più giovani, poco interessati alla politica. Non scordiamoci poi il peso del tuo nome, Alshain! Per la nostra causa la tua voce o il tuo silenzio sono decisivi sia per vincere sia per restare sconfitti!”

Abraxas si era preparato a lungo il discorso, sperava d essere stato sufficientemente appassionato e aver solleticato le corde dell’orgoglio e del compiacimento, non si aspettava una resa immediata certo, suo cugino era estremamente orgoglioso e testardo, ma sperava di strappargli almeno la promessa di una riflessione, la promessa di un incontro.

    “Nostra… Nostra causa… Ti manda lui, giusto? E’ per lui che sei qui, è per lui che affronti la notte, la pioggia e la foresta…”
Alshain era straordinariamente sveglio e con quella domanda mise subito fine a ogni speranza di poter ragionare sulla questione amichevolmente: in tutta la vita era sempre andato diretto al sodo, e in Malfoy tutto questo non poteva non accrescere ancora di più la rabbia.
    “Alshain!”
    “Abraxas, sai che odio quando giri intorno alle cose, ti ha mandato lui, è così? Crede davvero che mandare avanti mio cugino mi renda più malleabile?”

Distolse lo sguardo e si mise ad accarezzare la testa dell’ippogrifo, gli occhi persi a frugare in un punto in mezzo agli alberi, in silenzio. Quando si voltò di nuovo verso d lui, gli occhi di acciaio erano seri e determinati, ogni cellula del suo corpo rivelava tutta l’autorità del suo carattere e del suo sangue, a contrastare l’umiltà delle vesti.

    “Lo ripeto anche a te, Abraxas, visto che il tuo "padrone", per quanto sia eccezionalmente potente, non pare dotato di un udito altrettanto eccezionale: non m’interessano i suoi progetti, si faccia chiamare come vuole, non m'importa. Per me resta sempre e soltanto Tom Riddle! Ti ho già garantito che non mi schiererò contro di lui, che se accadrà l’inevitabile, io resterò neutrale, è il massimo che posso promettervi.”
    “Quando ti ha detto che il suo nome era Tom Riddle?”
    “Stolto, sei tu che me ne dai conferma, adesso, con le tue parole…”
    “Maledizione, Sherton! D’accordo… d’accordo, poco importa, avevo… avevo la facoltà di dirtelo, prima o poi… e non è questo il punto… ti rendi conto che solo lui può fare la differenza? Che solo unendoci a lui, possiamo mettere fine alla deriva del Ministero? Fine alle scorrerie dei babbani?”

Abraxas si avvicinò tanto da far innervosire l’ippogrifo, ma Alshain riportò alla calma l’animale con un semplice sguardo… poi tornò a prestare attenzione al cugino, parlando con calma, ogni parola era misurata, e aveva l’effetto d'un macigno.

    “E tu ti rendi conto che stai mettendo te e la tua famiglia nelle mani d'un Mezzosangue? Che stai chiedendo a me, tuo cugino di mettere la mia vita e quella della mia famiglia nelle mani d'un mezzosangue? Di un mezzosangue, capisci! Abraxas, lo sai, non mi fido d lui, se parlassimo di un tuo progetto, se fossi tu a capo di questa impresa, non ci penserei nemmeno un istante. Avrei messo tutto da parte e sarei stato al tuo fianco già da un pezzo… Ma con lui no: è diverso, non è uno di noi, e... Per il sangue che ci lega, Abraxas, ti consiglio di riflettere con molta attenzione prima di fare azioni che mettano a rischio te e la tua famiglia…”

Malfoy era da sempre più che convinto della propria posizione, ma quell’accenno all’essersi piegato a un volgare Mezzosangue, per un attimo, gli fece rivoltare lo stomaco… ma fu solo un attimo, perché subito tornò in sé.

    “Non gli dirò quello che mi hai detto, ti voglio troppo bene…”

Gli diede le spalle, stanco e rassegnato, conosceva suo cugino: era la persona più ostinata che conoscesse.

    “Fai come credi Abraxas, io non ho paura di lui, e la prossima volta che vuoi venire a trovarmi, abbi la decenza di non intrufolarti più come un ladro, come hai fatto oggi.”

Anche Alshain era stanco, stanco di affrontare da mesi in modi diversi sempre la stessa questione, ogni volta che s'incontravano a Londra: era un assedio continuo, che poneva in difficoltà anche il rapporto con sua moglie, poco lieta, come lui, che sulla loro famiglia si fosse concentrata l’attenzione di quel mago oscuro potente e privo di qualsiasi scrupolo: soprattutto perché Alshain Sherton sembrava tutt’altro che ben disposto persino ad ascoltarlo.

    “Credo dovresti, invece, avere paura di lui, Alshain: non è una minaccia, bada bene. È una semplice constatazione: lui sa sempre trovare i punti in cui siamo più deboli, e sa usarli molto bene a suo vantaggio!”
    “Noi siamo purosangue, Malfoy, noi non abbiamo paura di nessuno, la mia casa è sempre aperta per te, sappilo… ma per favore, finiamola con questo discorso. Deidra aspetta un bambino, non voglio che sia ancora turbata da questi argomenti, tanto il mio pensiero lo conosci già e conosci me.”
    “Se qualcosa nel piano cambiasse… non saresti disposto almeno ad ascoltare, senza promettere nulla? Almeno riflettici! Per il tuo bene Alshain, e per tutti quelli che ami, almeno ascoltalo…”

Alshain rimase turbato da quella specie di supplica, per un attimo gli passò per la testa che Abraxas non fosse andato lì all’alba, a sporcarsi i piedi nella terra umida del bosco per perorare la causa di Riddle, ma per dare un consiglio a lui, per metterlo in guardia su un qualche pericolo che forse stava sottovalutando. Tom Riddle era di sicuro un pazzo, ma sarebbe stato così pazzo da mettersi contro di lui, di affrontarlo apertamente? I Malfoy e gli altri maghi così legati alla sua famiglia, davvero avrebbero voltato le spalle a uno Sherton per volere di un mezzosangue? Pensò a certi discorsi di suo padre e capì che tutto era possibile, c’era talmente tanto in gioco. Sherton sorrise a Malfoy e lo abbracciò.

    “Abraxas, ti prometto che cercherò d'impegnarmi di più nel consiglio, che mi interesserò di più ai problemi di noi purosangue, che farò pesare il mio nome per sostenerti, perché è mia volontà, non solo mio dovere farlo. Ma non sosterrò lui.”

Malfoy rispose all’abbraccio, guardando il cugino con rispetto, gli diede un bacio e si allontanò lasciandosi portar via dalla smaterializzazione che Alshain gli aveva momentaneamente concesso. Sperava sinceramente che quella promessa fosse sufficiente a prendere altro tempo, e trovare così un modo definitivo per convincere Alshain Sherton ad aderire alla causa di Lord Voldemort. In fondo quel pazzo di suo cugino gli piaceva, e non aveva intenzione, non ancora almeno, di toglierlo di mezzo, anche perchè era convinto che fosse sincero quando gli diceva che se fosse stato lui a capo dell’impresa, gli avrebbe dato un sostegno incondizionato… No… Alshain era un uomo leale, poteva sempre tornargli utile, prima o poi.

***

Sirius Black
Herrengton Hill, Highlands - mar. 20 luglio 1971

    “Ora puoi uscire da quel cespuglio!”

Alshain guardava di nuovo nella mia direzione: non immaginavo da quanto tempo sapesse che ero lì, io mi sollevai timidamente, con una faccia stralunata e carico di domande. Mi dava di nuovo le spalle, intento a finire di dar da mangiare agli ippogrifi.

    “Sia chiaro che quello che hai visto e sentito lo terrai per te, non ne farai parola con nessuno dei miei familiari e non voglio nemmeno che ne parli con i tuoi, prima che l’abbia fatto io, siamo intesi? Non farmi ricorrere all’Oblivion, non voglio usare il mio potere contro di te, lo sai.”

Annuii, mi terrorizzava troppo Malfoy per avere la benché minima voglia di parlare di lui con qualcuno. Alshain tirò fuori le ultime volpi dal sacco, poi accarezzò la testa degli ippogrifi e si allontanò per raggiungermi, prese la bacchetta e fece scorrere acqua da una roccia, dove si lavò accuratamente le mani.

    “Come avrai capito non faremo pozioni stamattina, al contrario, nella prossima ora, devi trovarmi dieci tracce di animali e saper riconoscere di chi si tratta.”

Ero felice, quel genere di cose non poteva certo chiamarsi punizione: avevo Alshain tutto per me, senza nessuno che mi rompesse le scatole, e potevo godermi il bosco solo con lui… peccato soltanto che ancora mi tremavano le gambe per quello che avevo appena visto e sentito. Nemmeno Alshain aveva voglia di parlare: si mise seduto su una roccia, impegnato a giochicchiare con la bacchetta, ogni tanto guardava nella mia direzione, rispondeva a monosillabi alle mie domande su quello che mi aveva detto di fare, e per lo più guardava davanti a sé, in un punto in cui non c’era nulla. Probabilmente stava riflettendo su quanto era successo quella mattina. Impugnò un bastone e iniziò a tracciare dei simboli a terra, ogni tanto si fermava, li guardava e li cancellava con la punta, poi ricominciava, come se cercasse di ricordare a memoria qualcosa, che però gli sfuggiva nella sua interezza. Io intanto avevo finito di cerchiare con i sassi le ultime due impronte che avevo trovato, mi avvicinai a lui e gli dissi che avevo finito. Sherton si alzò, mi circondò le spalle con il braccio e mi seguì in quel breve tratto di boscaglia, ascoltando attento le mie spiegazioni.

    “Hai fatto un buon lavoro, Sirius, a quanto pare, per lo meno quando andiamo in giro per i boschi, mi ascolti!”

Sorrideva ma aveva il sorriso tirato, lo sguardo un po’ stanco: quel giorno non sembrava un ragazzo come il solito, potevo persino vedere qualcuna delle rughe che iniziavano a segnargli il viso. Mi chiesi se non stesse male.

    “Che cos’è successo stamattina?”

Alshain non mi guardava e, dall’espressione, capii che non aveva assolutamente l’intenzione di rispondermi, era però costretto dalla nostra amicizia a darmi una qualche soddisfazione, così era alla ricerca delle parole più semplici e definitive, per dirmi quello che gli sembrava la cosa migliore, e chiudere la questione in fretta.

    “A quanto pare mio cugino ha trovato un modo per non perdersi nella foresta, magari è stata solo fortuna, ma devo verificare: finché si tratta di lui, non c’è problema, ma... Devo trovare un rimedio, non posso permettere che entrino facilmente anche altre persone.”
    “Come Riddle?”

Alshain sospirò e mi guardò a fondo.

    “Non adesso Sirius, per favore!”

Era stanco come mai l’avevo visto, mi morsi il labbro, rabbioso con me stesso per averlo messo in difficoltà: lo vedevo vulnerabile e sapevo che non era il tipo di situazione che gli piacesse. Mi diede le spalle, fece alcuni passi tra gli alberi, appoggiandosi ai tronchi e guardandoli con amore, come fossero persone di famiglia, probabilmente quel contatto gli serviva per ritrovare la calma e il suo solito autocontrollo, perché quando si voltò, di nuovo, verso di me, aveva la solita espressione sicura e serena.

    “Hai già sentito parlare di Voldemort prima d’ora, vero Sirius? Da un po’ alcuni lo chiamano addirittura Lord...

Sorrise, un riso privo di gioia e carico di disprezzo e sarcasmo. Un brivido mi percorse la schiena: le rare volte che avevo sentito i miei parlare di lui quando eravamo ancora svegli, ascoltando di nascosto i loro discorsi, poi non ero riuscito a dormire per diverse notti di seguito. Anche mio padre lo temeva, benché fosse simile a lui per alcuni modi di ragionare, Orion Black era spaventato e confuso quando leggeva i fatti riportati sulla “Gazzetta del Profeta” che lo riguardavano, perdeva baldanza e il suo sguardo urlava terrore. Mi avvicinai, abbassando la voce, come se quel mostro potesse essere nascosto lì, in mezzo a quegli alberi.

    “Che vuole da te "Tu sai Chi"?”

Alshain mi accarezzò con lo sguardo, mi cinse le spalle con suo braccio e mi portò fino a un tronco riverso a terra, dove ci sedemmo, da quel momento non mi staccò più gli occhi da dosso, la sua faccia divenne seria e composta, lo sguardo tranquillo e altero, come suo solito.

    “Avere il mio sostegno significa poter accedere alla grotta di Salazar e di fatto avere ai suoi piedi tutta la Confraternita dei Maghi del Nord; inoltre, dove sono io, c’è anche tuo padre.”
    “Mio padre? Che può volere da lui? Noi, noi… non siamo…”
    “Sirius, come fai a non renderti conto di quanto potere ha tuo padre? Quanto conta la sua parola? Cosa recita il vostro stemma? TOUJOURS PUR! Così perfetti, così puri: poche famiglie sono al vostro livello, anche tra i purosangue c’è una gerarchia, pochi sono al livello di Malfoy, Black, Lestrange… questo fa sì che, come me, tuo padre possa muovere le opinioni degli altri anche stando in silenzio. Voldemort ci vuole per dire che anche gli Sherton e i Black lo sostengono: se così fosse, tutti gli altri, gli indecisi, si legherebbero subito a lui. Avere il sostegno di due delle famiglie purosangue più potenti della Gran Bretagna significa avere il Ministero, e non solo quello, ai suoi piedi. Ma finché io e tuo padre non accetteremo... molti rimarranno cauti nelle loro scelte."
    “Quindi gli avete detto chiaramente di no? Ma lui vi darà la caccia per questo! Ci darà la caccia a tutti quanti!”

Ero allarmato, spaventato a morte, non avevo mai immaginato che quel mostro potesse costituire una minaccia anche per noi, che eravamo puri e non plebaglia babbana.

    “Sono uno Sherton, Sirius, non intendo piegarmi, a meno che non abbia altra scelta. Però capisco che uno scontro diretto… personalmente …. Merlino! mi faccio schifo anche solo a dire questo…. Forse verrà il giorno in cui dovremo essere possibilisti, prendere tempo e... concedere solo il minimo indispensabile, trovare in questo modo la maniera di usare Voldemort, invece di farci usare da lui.”
    “Tu e mio padre avete intenzione di …?”
    “Oh no, Sirius, non voglio coinvolgere Orion in tutto questo! Anche perché, se davvero un giorno facessi quello che ho in mente, è bene che uno dei due resti fuori per tirar via l’altro, se le cose si mettessero male…”

Capivo. Sapevo bene chi dei due sarebbe rimasto fuori, a orchestrare nell’ombra. Era la prima volta che sentivo qualcuno parlare di Voldemort non in preda alla paura o all’eccitazione, ma facendo piani che vedevano una fine al suo periodo di saccheggi e incursioni: non era difficile immaginare che Sherton avesse un piano anche per questa situazione, e la mia ammirazione per lui non smetteva mai di aumentare. Mi sentivo orgoglioso ancora di più di averlo al mio fianco, nella mia vita. All’epoca non mi ponevo nemmeno la questione che potesse non avere forza e fortuna a sufficienza per combatterlo, tanto ero convinto della sua invincibilità.


***

Sirius Black
Herrengton Hill, Highlands - ven. 23 luglio 1971

Avevamo giocato a Quidditch tutto il giorno, a Cape Ham. Dopo la visita inattesa di Malfoy, quel mattino nel bosco, c’era stata un po’ di agitazione al Manor, Sherton e Mirzam avevano discusso a lungo insieme, poi erano spariti per un giorno intero: non ne sapevo il motivo, ma ero certo che fossero andati a gettare dei nuovi incantesimi tutto intorno ai boschi di Herrengton, per impedire che qualcuno potesse di nuovo entrare nella tenuta di nascosto. Il sorriso era poi tornato rapidamente e quel giorno era stato davvero eccezionale: ero riuscito a volare come non mai, sentendomi nel mio elemento, avevo passato il mio tempo con le persone che ammiravo di più, con la ragazzina che mi faceva battere il cuore più velocemente e anche mio fratello, cosa che avveniva davvero raramente, quel giorno aveva riso di cuore ed io ero davvero felice anche per lui. Non tornammo a casa, quella sera, avevo capito fin dalla metà del pomeriggio che Sherton aveva qualcosa in mente per noi: ci spingemmo fino alla spiaggia, dove Alshain si preoccupò di allestire la tenda e accendere i falò.

    “E’ ancora presto per la cena, abbiamo tutto il tempo per rilassarci un po’, io mi faccio una bella nuotata…”

Reg ed io ci guardammo, anche per mio fratello l’idea era allettante, così tirammo fuori i pantaloncini che avevamo portato nelle nostre bisacce e andammo di corsa a cambiarci nella tenda, io appena un po’ indeciso all’idea del freddo che ci attendeva, Regulus invece completamente entusiasta. Al ritorno scoprimmo che Alshain e Rigel non ci avevano aspettato, avevano lasciato appena le camicie sulla spiaggia e si erano tuffati, erano arrivati già quasi alle secche, coprendo la distanza con l’agilità dei delfini. Mirzam e Meissa erano invece ai margini meridionali della spiaggia, chiaramente occupati a complottare qualcosa come loro solito. Arrivati alla zona bassa, Rigel e suo padre emersero dalle acque baciate dal sole quasi al tramonto, sembravano quei guerrieri antichi di cui Sherton ci raccontava le gesta attorno al fuoco, il ragazzo ci salutò con un caloroso cenno della mano, sorridente e radioso, con l’entusiasmo contagioso che lo caratterizzava sempre.

    “Non avrete mica paura, no?”

Tornò a tuffarsi ancora. Reg si avviò verso le secche, era bravo a nuotare; anche a me piaceva, avrei volentieri passato tutta la vacanza nella piscina del patio, ma in quel momento, poco convinto del calore dell’acqua, mi facevo alcuni scrupoli, più che altro per pigrizia. A dire il vero avrei preferito raggiungere Mei e Mirzam, ma il fatto di essere in pantaloncini mi metteva un po’ in imbarazzo.

    “Sirius, dai, non fare il guastafeste, è bellissimo qui!”

La voce di Reg, così piena di entusiasmo, finì col convincermi: avrei preferito rimandare a un’altra occasione, certo, ero stanco e mi facevano male le gambe, vero, e soprattutto non ero completamente presente a me stesso, però non volevo tirarmi indietro. Al contrario di quanto accadeva quando ero a Londra con mio padre, a Herrengton cercavo sempre di affrontare tutto quello che mi veniva proposto.

    “Fa’ come preferisci, Sir, se sei stanco, resta a riposarti, se ci ripensi, noi siamo sempre qua.”

Alshain mi diede le spalle e si occupò di Regulus, appena arrivò alle secche, lo vidi dargli la mano per aiutarlo a uscire dall’acqua, lo spettinò, lo cinse con un braccio all’altezza delle spalle e iniziarono a passeggiare tra le acque parlottando, osservando il fondale e ridendo. M’ingelosii subito: anche se era stupido, da parte mia, non mi piaceva quando Alshain mostrava verso mio fratello lo stesso atteggiamento paterno che riservava spesso a me. Quello mi diede la scossa finale, mi avventurai nelle acque anch’io, non potevo rimanere sulla spiaggia, seduto a disegnare stupide greche sulla sabbia bagnata, a guardarli giocare, con Alshain che insegnava a Reg a prendere dei pesci a mani nude o a migliorare il suo stile di nuoto. Mi sarei sentito solo, e benché a Grimmauld Place ci fossi abituato, a Herrengton non riuscivo proprio a sopportarlo. Alshain mi aiutò a rimettermi in piedi, dandomi la mano come aveva appena fatto con Reg: fu il sorriso con cui mi accolse, che gettò lontano la fatica che mi sentivo dentro. Ritornammo circa un’ora più tardi, con un bel bottino di pesci, pescati da Alshain e Rigel, un po’ con la magia un po’ con l’abilità, e di straordinarie conchiglie variopinte, che avrei conservato a ricordo di quella magnifica estate. Rigel mi salutò ridendo e andò di corsa nella tenda a cambiarsi, insieme a mio fratello: non mi ero mai reso davvero conto di quanto Regulus si fosse affezionato a quel ragazzo, all’inizio dell’estate ero convinto che sarei stato io a passare tutto il tempo con il figlio più giovane di Sherton. Alshain prese un asciugamano e si avvolse con quello, mi turbava sempre vederlo usare così poco la magia nei piccoli gesti quotidiani, a quanto pareva non si era accorto che non ero nella tenda con mio fratello. Ero rimasto indietro a perlustrare la spiaggia, ancora fradicio, trattenevo a stento i brividi, ma non volevo cedere, per insano orgoglio e sfida con me stesso: avevo raccolto un paio di stelle marine, altre conchiglie variopinte, dei sassi strani, e ora li stavo osservando estasiato dalla complessità e dalla precisione di quelle forme.

    “Non devi rimanere sulla spiaggia così, prenderai freddo!”

Mi si parò di fronte, mi avvolse in un asciugamano e finì di asciugarmi i capelli con la bacchetta, costringendomi ad alzare la faccia e guardarlo in viso: mi fissò a lungo diritto negli occhi, indagatore.

    “Che cosa ti turba, Sirius?”

Non capivo come avesse indovinato il mio stato d’animo. Protestai, a metà tra l’annoiato e lo scocciato.

    “Non ho nulla”
    “Non sei molto bravo a mentire, Sir, dovrai metterci un impegno maggiore nelle prossime settimane, o avrai qualche problema a Hogwarts.”

Mi diede le spalle, diretto a sua volta nella tenda, non appena Reg ne fu uscito vestito.

    “Non dovresti usare la legilimanzia con noi! Non è giusto!”.

Alshain si voltò, mi guardò sorpreso da quell’accusa che, me ne rendevo conto da solo, era un’idiozia: con tre figli, non era necessario usare un’Arte Oscura per capire un ragazzino della mia età, ma ormai avevo fatto la mia brava figuraccia. Eppure Sherton non rise della mia accusa, anzi la sua risposta fu dannatamente seria.

    “E’ vero, sono un legilimens, Sirius, ma ho giurato alla vostra nascita che vi avrei sempre rispettato come se foste figli miei. Non ve lo farei mai, nemmeno se me lo chiedesse vostro padre in persona. Merlino mi è testimone, non tradirei mai la parola data.“

Entrò nella tenda, tutto d’un pezzo, senza lasciarmi il tempo né di replicare né di scusarmi. Passai quasi tutta la serata in silenzio, mentre gli altri continuavano a parlare di quanto avevamo visto sul fondale o di com’erano andati gli allenamenti quel giorno, Alshain non raccontò nemmeno la classica storia intorno al fuoco, preso nei suoi pensieri. Da parte mia, mi sentivo talmente un idiota, che non vedevo l’ora di andarmene avvilito nella tenda, a dormire, rabbioso con me stesso per la mia stupidità e soddisfatto solo della prelibata cena di pesce che avevamo consumato. Come mi alzai per dileguarmi, però, Alshain mi afferrò per un braccio e mi trattenne.

    “È presto per dormire, Sirius, stasera ho ancora qualcosa in programmaper tutti voi.”

Lo guardai interrogativo, anche Regulus si mise attento ad ascoltare, incerto su quanto sarebbe accaduto, si era accorto da solo che era calato uno strano silenzio tra me e il nostro ospite. I figli di Alshain invece sembravano a conoscenza di quale fosse il misterioso programma. Alshain e Mirzam presero dalla bisaccia senza fondo dei piccoli mantelli per noi più piccoli e li distribuirono, sistemarono dei caldi plaid sulla sabbia, coprirono il fuoco così che non irradiasse la sua luce in giro e sistemarono dei cuscini presi dalla tenda, così che potessimo sdraiarci comodamente. Ci ritrovammo immersi nell’oscurità e nel silenzio, rotto solo dal suono della risacca.

    “Sono giorni che attendo una serata limpida come questa…”

Alshain fece segno a me e Reg di accomodarci, ci porse una calda coperta con cui ci avvolse e si sdraiò supino a sua volta, poco distante, alle nostre spalle, a guardare le stelle; Mirzam fece lo stesso con i suoi fratelli. Nonostante i vari strati di tessuto e la distanza, potevo chiaramente percepire il profumo e il calore di Sherton, mi pervase lo stesso senso di appartenenza e protezione che avevo già provato la notte del solstizio. In un lampo tutto il gelo che avevo provato a cena si dissolse e mi tornò il sorriso. Alshain indicava le varie costellazioni polari, l’Orsa Minore e la Maggiore, il Dragone, il triangolo estivo e di ognuna di esse raccontò alcuni miti, travolgendoci con la straordinaria vitalità e passionalità della mitologia greca: non avevo ancora mai ascoltato quelle storie, quindi fui profondamente impressionato da leggende piene di avventura, eroismo, brutalità ed esaltazione. Mio fratello guardava il cielo con occhi sognanti, e capii che, come me, difficilmente avrebbe scordato quella notte a Cape Ham.

    “Perché nelle nostre famiglie abbiamo tutti i nomi presi dalle stelle?”

Vidi Mirzam e Rigel sorridere, poco distante da me, Meissa rivolgermi un’occhiata incuriosita, mentre suo padre mi rispondeva.

    “Per i Black è tradizione ormai da generazioni usare nomi di Stelle e di Fiori, ma non ho mai chiesto a Orion com’è nata quest’abitudine. Nella famiglia Sherton non c’era quest’uso, il nome Alshain è stato scelto da mia madre perché amava la Persia e la sua cultura. I miei figli, invece, hanno tutti i nomi delle stelle di Orione e del Cane proprio per onorare l’amicizia che mi lega a vostro padre: spero di tramandare ai miei discendenti anche così il legame d'amicizia che esiste tra le nostre famiglie.”

Le stelle continuavano il loro movimento perenne, inseguendosi e alternandosi: i fratelli Sherton si alzarono e ci augurarono la buona notte, per loro una serata come quella non era una novità, io e Regulus invece insistemmo per rimanere fuori ancora e Alshain non si negò. A poco a poco iniziò a parlare con un tono di voce via via più basso, mentre sentivo che il respiro di Reg accanto a me si faceva estremamente regolare e ormai scivolava nel sonno.

    “Tuo fratello si è addormentato, credo sia meglio non disturbarlo oltre e provare a dormire anche noi.”
    “Ora lo sveglio e lo porto dentro: rotolandosi ti ha bloccato un braccio con la testa, non può dormire usandoti come un materasso!”

Alshain rise di gusto.

    “Sir, quando vuoi sei davvero comico, sai? Lascialo stare, io ci sono abituato, finiva sempre così con i miei figli, nelle serate come questa, e tra poco con Wezen e col nuovo bambino, si ricomincerà da capo, stasera tuo fratello mi aiuterà a ripassare l’argomento.”

Aveva gli occhi luminosi, e questo mi provocò un’invidia terribile, mai avevo visto mio padre così compiaciuto al pensiero di stare con noi, già immaginavo le urla se uno di noi due si fosse comportato con lui prendendosi tutte le libertà che ci stava concedendo Alshain. Mi morsi un labbro e cercai di cacciare l’immagine di mio padre inferocito, chiedendogli qualcosa del bambino.

    “Quando nascerà?”
    “Tra la fine di agosto e i primi di settembre.”
    “Immagino già che sarà straordinario come Rigel o Mirzam, un altro figlio di cui sarai orgoglioso.”

Sorrisi, con una punta di amarezza, dovuta al fatto che mai mio padre mi avrebbe guardato con gli occhi che aveva Alshain per i suoi figli.

    “Già, invece io vorrei tanto che fosse un’altra bambina...”

Mi voltai, mi aveva stupito quella risposta appena sussurrata, sembrava che il tradizionale autocontrollo avesse ceduto per un istante all’emotività che, avevo notato, a volte sgorgava libera dal profondo del suo essere. Volevo chiedergli il perché, tanti enigmi erano legati a quella risposta, ma finii solo col guardarlo interrogativo: aveva già tre figli, vero, ma non conoscevo una sola famiglia magica che nella medesima situazione non si augurasse e si esaltasse al pensiero dell’ennesimo maschio.

    “Dormi, Sirius, domani mattina partiremo presto.”

Presi sonno con difficoltà, anche perché lentamente Reg si mosse usandomi come cuscino, esattamente come aveva fatto fino a quel momento con Alshain. Fu un sonno irregolare, senza sogni, estremamente agitato, al punto che molto prima del sorgere del sole, mi svegliai definitivamente. Uscii piano dal bozzolo di coperte con cui ci aveva avvolto Alshain, facendo in modo di non svegliare Reg e m’immersi nel fresco della notte. Notai che Sherton non era più accanto a noi, né vicino al fuoco, mi guardai attorno e non lo vidi da nessuna parte: la cosa mi stupì non poco, ma non mi misi a cercarlo, perché volevo godermi da solo quel silenzio. C’era un cielo oscuro, punteggiato da meravigliose stelle, quelle miriadi di stelle che ora conoscevo un po’ meglio e che sembravano quasi cadermi addosso. Mi sedetti vicino alla riva, l’acqua ritmicamente mi solleticava i piedi e rifluiva via. Ero attonito per quella meraviglia, per quella comunione con l’universo, da quando ero a Herrengton mi capitava spesso di sentire quella specie di vibrazione, avevo come la sensazione che il mondo mi parlasse attraverso il soffio della brezza, lo sciabordio della risacca, quasi portandomi in una specie di trance. Ero sul punto di perdere coscienza, cullato da quei suoni, quando per la prima volta mi accorsi di Sherton che, silenzioso come suo solito, si muoveva alle mie spalle, simile a un’ombra: lo percepii chiaramente e mi voltai stupito verso di lui. Il suo sguardo era non meno sbalordito.

    “Non immaginavo che fossi già entrato così in sintonia con questa terra da riuscire a sentirmi nonostante un incanto di silenzio.”

Alshain mi sorrise e si sedette accanto a me, guardava al largo, dove spuntava alto sull’orizzonte il triangolo estivo, sembrava stranamente compiaciuto, come se avesse scoperto qualcosa di prezioso e inaspettato, qualcosa che desiderava ma che non osava sperare.

    “Non riesco a dormire, mi sento inquieto, senza un motivo apparente.”

Mi voltai di nuovo verso di lui, Alshain stava con gli occhi socchiusi, con il viso rivolto ora all’Aquila e alla sua stella, lasciandosi accarezzare dalla leggera brezza della notte. Annuiva leggermente, apprezzando la mia sincerità, seppur tardiva.

    “Stai crescendo Sirius. Non è facile il periodo che hai davanti, ma non per questo devi temerlo, a volte ti sembrerà terribile, inutile negarlo, ma sarà anche meraviglioso, e come tutti noi che ci siamo già passati, lo apprezzerai appieno solo quando l’avrai alle spalle. Cerca di goderne, nel bene e nel male, in questo modo non ti troverai a rimpiangerlo per tutta la vita.”

Mi guardava ora, c’era una malinconia nuova in quegli occhi, come se invece di vedere me, stesse guardando qualcos’altro, un’ombra del passato. Mi chiedevo di cosa potesse avere nostalgia un uomo così, che apparentemente aveva tutto quello che si poteva desiderare. I miei occhi si persero sul suo viso, come facevo di solito, appena ne avevo la possibilità, facendo poi scivolare lo sguardo sul suo corpo vestito solo da un paio di pantaloni, nonostante la frescura della notte; mi lasciai catturare come sempre dal tatuaggio che gli decorava il petto, ne rimasi quasi ipnotizzato, senza rendermi conto che ormai lo fissavo. Alshain sorrise, allungò un braccio verso di me e mi arruffò i capelli con affetto.

    “Sei più simile a tuo padre di quanto entrambi vogliate o possiate immaginare, lo sai?”

Rosso di vergogna per la mia indelicatezza e sfacciataggine, cercai di togliergli gli occhi da dosso.

    “Che c’entra mio padre adesso?”
    “Anche lui era ipnotizzato da questi tatuaggi, anzi, a volte gli capita ancora adesso.”
    “Mi spiace, io non volevo…”
    “Smettila di vergognarti della tua curiosità, Sirius! Non sei a Londra, qui nessuno ti chiede di essere qualcosa di diverso da quello che sei! Dovete ritrovare la spontaneità e la fiducia in voi stessi, tu e tuo fratello! Tutte le panzane londinesi sulla convenienza e l’etichetta vi danneggiano. Devi ricordartene con gli estranei soltanto, e solo nelle occasioni in cui è davvero necessario comportarsi in un certo modo. Per il resto del tempo devi essere solo te stesso, sempre.”

Mi osservava con occhi fermi e seri, ed io mi meravigliavo che mi stesse chiaramente dicendo di disobbedire ai miei genitori, che con il loro insegnamento non facevano che istigarmi a mentire e a fingere di essere qualcosa di diverso da quello che mi sentivo nel cuore e nell’anima. Ascoltare quello che diceva Alshain era qualcosa di assurdo e impensabile. Forse avevo capito male.

    “Qualsiasi cosa tu voglia chiedermi, Sirius, non devi avere timore di offendermi o di apparire impiccione, la curiosità è una virtù, qui a Herrengton...”

Feci un sospiro fondo, stavo stringendo della sabbia in mano e la facevo fluire via, un gesto stupido che però un poco mi calmava, guardavo le onde che s’infrangevano ai miei piedi, poi i piedi di Alshain, ora nascosti tra acqua e sabbia.

    “Non riesco a non osservare i tuoi tatuaggi, soprattutto quello che porti al centro del petto.”

Lo fissai di nuovo in viso, ma lui guardava sempre lontano, come se si stesse preparando a raccontarmi una favola di cui cercava la trama tra le stelle.

    “È giusto che sia così, Sirius, è la sua funzione, deve mandare un messaggio, e tu a quanto pare l’hai compreso. Di tutti i tatuaggi del Cammino del Nord, è quello più importante, è il primo che si prende una volta raggiunta la maggiore età, quando si è ormai pienamente consapevoli.”
    “Quindi ogni tatuaggio ha un valore diverso?”
    “Certamente. Questo al collo decreta a quale famiglia del Nord appartieni. Con le rune delle mani consacri le tue opere materiali al Cammino, tutto quello che farai, sarà eseguito secondo il principio della Conoscenza, le rune ai piedi invece servono a muovere il tuo corpo secondo i principi del Nord. A sedici è tatuata la spina dorsale, per impegnare la tua forza e la tua solidità. Il tatuaggio sul petto infine si prende a ventuno anni e consacra il tuo cuore: t’impegni a realizzare un tutt’uno tra la ragione e l’emotività. Questo è il fine cui tutti dovremmo aspirare, perché non esiste razionalità giusta se non mediata dal sentire, né sentimenti giusti che non siano indirizzati dalla ragione.”
    “Tu hai molti altri tatuaggi, eppure mi sembra che gli impegni più importanti siano stati tutti presi... ”
    “In effetti, quelli che si prendono dopo i trenta anni sono conferme o promesse di carattere più specifico, sono importanti, certo, ma non concorrono a formare il carattere come gli altri. L’ultimo impegno fondamentale si prende a venticinque anni, quando prometti di educare la tua discendenza al Cammino: io dovetti farlo a ventuno insieme con quello del petto perché già era nato Mirzam, ed anche per noi selvaggi uomini del Nord…”.

Rise, avevo sentito mio padre dargli più volte quel titolo.

    “… la cosa all’epoca era abbastanza scandalosa, soprattutto per il ruolo che mio padre ricopriva nel Consiglio dei Saggi...”

Era di nuovo tornato cupo, con l’espressione che a volte gli associavo quando parlava di qualcuno della sua famiglia che non fossero sua moglie o i suoi figli: iniziai a pensare che forse, anche tra gli Sherton, non ci fosse tutta quell’amorevolezza che immaginavo, che lui fosse l’eccezione a regole simili a quelle in uso presso i Black.

    “…ma di quello che succede a venticinque anni, te ne parlerò quando sarai cresciuto, sei troppo piccolo ancora, non voglio che tua madre mi tagli la testa!”

Rise, mentre io rimanevo a guardarlo attonito, spaventato all'idea che presto sarei dovuto tornare nelle grinfie di mia madre.

    “Gli altri tatuaggi sono su gambe, spalle, base della nuca, braccia, i più vecchi arrivano a prenderli sulle palpebre, ma in genere siamo uccisi prima, difficile che un mago del Nord muoia di vecchiaia o malattia e riesca a superare tranquillamente i cinquant'anni. Dovresti tenere conto anche di quest’aspetto, prima di decidere di aderire al Cammino, oltre al fatto che dovresti imparare a non vergognarti a restare nudo davanti agli estranei.”

Lo guardai con gli occhi sbarrati, mentre a poco a poco un sorriso leggero gli andava a increspare le labbra: non avevo capito subito che mi stava prendendo in giro, visto che ormai da qualche minuto, le mie orecchie erano diventate di un persistente color porpora, talmente acceso che probabilmente rischiaravo la notte più di un fuoco di bivacco.

    “Come lo sai?”
    “Che da giorni ti stai struggendo perché vorresti chiedermi di aderire al cammino anche tu?”

Sherton mi guardò a lungo senza parlare, continuando a pulire un pezzo di legno raccolto sulla spiaggia, ottenendo un bel bastone levigato, come se volesse sincerarsi delle mie intenzioni, poi tracciò col ramo un segno per terra. Guardai la forma disegnata, aveva realizzato un cerchio perfetto.

    “Perché non riesci ad andare d’accordo con tuo padre, Sirius?”

Non mi aspettavo quel repentino cambio di argomento e mi colse impreparato, balbettai confusamente che non mi capiva e che si arrabbiava con me per nulla, che non m’interessavano le cose importanti per mio padre, e mi odiai, per come la mia voce era uscita da me lamentosa e puerile. Capii che non mi avrebbe mai preso sul serio, che mi stavo dimostrando un viziato rammollito come diceva mio padre, capace solo di lamentarsi.

    “E cosa t’interessa Sirius?”

Gli occhi azzurri di Sherton sembravano scandagliarmi l’anima ed erano così insistenti che mi costrinsero rapidamente a guardarmi la punta dei piedi. Questa domanda mi gettò ancor più nel panico della precedente, perché, per quanto mi sforzassi, non ero capace di mettere a fuoco qualcosa di serio con cui contrastare le argomentazioni che immaginavo passassero per la testa di Alshain, e che poi erano le stesse di mio padre: non c’ero riuscito mai, e ora questa incapacità mi mostrava anche presso il mio eroe per quello che ero, un insignificante bambino lamentoso. Rabbioso con me stesso cercai di combattere questo mio annientamento e mi uscirono parole vere, sincere, che mi stupii di avere dentro di me.

    “Prima di venire qua, non avrei saputo rispondere, perché non c’era nulla che mi agitasse l’anima, mi rifugiavo solo in sogni e fantasie, nulla di più, ma in questi giorni mi sveglio con la fame di sapere, e mi addormento entusiasta per quello che ho visto e imparato. Non credo ci sia qualcosa di preciso che m’interessi, vorrei semplicemente conoscere quante più cose possibili..."

Alshain non aveva tolto gli occhi dai miei per tutto il tempo ed era rimasto sempre in silenzio, pensieroso, poi sospirò, e capii che aveva molto da dirmi, molto di più di quello che alla fine si decise a concedermi.

    “Quando tornerai a casa, dirò a tuo padre che intendo ospitarvi ancora, ora che vi ho davanti, mi rendo conto che ne avete più bisogno di quanto immaginassi. Dovevate venire prima, con te ora purtroppo ho poco tempo, ma resteremo comunque in contatto e faremo questo discorso di nuovo tra un anno: se avrai ancora interesse per il Cammino del Nord, dalla prossima estate t’insegnerò quello che serve, così potrai prendere le tue prime rune a sedici anni insieme a mia figlia. ”

Era incredibile, mi stava dicendo di sì...

    “Signore?”
    “Sei qui da oltre un mese Sirius, ormai avrai capito che non mi piacciono i cerimoniali inutili, puoi chiamarmi Alshain e darmi del tu.”
    “Scusa. Lo dirai tu a mio padre?”

Sherton mi squadrò di nuovo, stavolta con uno sguardo duro.

    "Il Cammino del Nord non è un gioco, Sirius, non richiede solo impegno e costanza, ma volontà, determinazione e sicurezza. Se mi chiedi di affrontarlo per stare lontano da tuo padre, non lo farai, perché non ne hai bisogno, se vuoi passare del tempo qui o ad Amesbury, puoi farlo anche senza il Cammino, la mia casa è sempre aperta per te e per tuo fratello. Se invece sei certo di voler affrontare il mio mondo, per te stesso, non perché stai fuggendo dai tuoi fantasmi, devi essere consapevole, fin da ora, che le difficoltà che hai oggi con tuo padre sono niente rispetto quello che ti attende. E che se prendi un impegno con me, avrai di fronte una persona molto più severa ed esigente di quanto tu possa immaginare, anche se io ti vorrò sempre bene come se fossi mio figlio. La fermezza di tuo padre sarà niente, perché qui, in questa terra, se sbagli o ti distrai, muori, ed io dovrò essere persino crudele con te, per impedirti di sbagliare e di morire.”

Le parole che m stava dicendo erano pesanti come macigni, la mia riservatezza di solito mi portava a non espormi nel manifestare i miei desideri, eppure in quel momento sentivo che dovevo giocarmi tutto, difendere come un leone i miei sogni, perché ero convinto di quello che dicevo. Volevo dimostrare a me stesso che non ero come mi dipingeva mio padre, e soprattutto sentivo che Herrengton e tutto ciò che rappresentava erano nel mio destino.

    “E' ciò che davvero desidero, lo voglio davvero, Sig... Alshain.”
    “Allora, se davvero lo vuoi, troverai il modo di dirlo a tuo padre con parole tue, io mi limiterò a sostenere la tua richiesta e aiutarti a convincerlo.”
    “Tu credi che io abbia...che io possa riuscirci?"
    “E perché non dovresti? Non devi farti condizionare, Sir. Le stelle che hanno accolto la tua nascita parlavano di te come di un bambino destinato alla grandezza, sia come persona sia come mago, se è davvero quello che vuoi, il Cammino non ti è precluso...”
    "E' per questo che siamo stati invitati qui quest’anno? Era per far avvicinare uno di noi due a …”

Alshain mi guardò come se avessi scoperto il suo gioco, sorridendomi con un’aria complice.

    “Ho provato a invitarvi varie volte in questi anni, ma vostra madre si è sempre opposta ed anche quest’anno l’ha fatto, solo che stavolta, alla fine, tuo padre l’ha convinta: ora che vi ho vicino penso che forse avrei dovuto insistere di più, in passato, serve davvero che stiate qui. Ma serve a voi due, non a me. L’altra ragione è che voglio molto bene a tuo padre: quando, tra poco, troverai un amico che ti sarà caro come Orion è per me, allora potrai capire meglio una delle ragioni per cui vi ho invitati."
    “Questo significa che tu conosci il futuro?”

Da lui mi aspettavo di tutto, anche che mi prendesse la mano e si mettesse a leggermi la linea della vita, cosa che mio padre aborriva in tutti i modi, dicendo che i maghi che lo facevano erano indegni di essere chiamati tali. Ma se l’avesse fatto Alshain, l’avrei considerata la cosa più razionale del mondo.

    “Nessun lo conosce davvero Sir, perché non esiste un futuro prestabilito, ci sono indizi, e quelli so leggerli, certo, ma poi dipende da noi far evolvere quegli spunti in fatti, e indirizzarli poi dove vogliamo. Tu hai grandi talenti e devi svilupparli, magari con l’aiuto di persone che ti vogliono bene e sappiano indirizzarti, ma poi starà sempre e solo a te scegliere, la vita è piena di bivi, solo tu puoi determinare la direzione da prendere.”
    “Vorrei riuscire a parlare con mio padre di queste cose come ne parlo con te...”
    “Lo so Sir, ma ci hai mai provato seriamente con lui?”
    “Riesco sempre a farlo infuriare prima di arrivare al punto...”
    “Conoscendo Orion, non stento a crederlo, a volte non brilla per pazienza...”

Mi sorrise, mentre io stavo facendo una faccia sconsolata.

    “Possiamo fare in modo che le cose siano un po’ meno difficili, che ne pensi? So come prenderlo. Sai… eri nato da pochi mesi, e Orion era qui, esattamente dove siedi tu in questo momento, anche il periodo era questo, e mi osservava con gli stessi occhi curiosi e pieni d'angoscia che hai tu. Non so con sicurezza per cosa tu sia inquieto, Sirius, forse davvero è solo l’inizio dell’adolescenza, o forse è per il rapporto con tuo padre... nel suo caso era l’amore per te: temeva di non essere all’altezza del compito che aveva davanti. Era qui per chiedermi cosa doveva fare, perché, benché fossi più giovane di lui, avevo già vissuto molto più di lui...”

Smisi subito di vagheggiare con la mente e lo ascoltai con attenzione, era ormai chiaro che avrei imparato a conoscere mio padre più in quei giorni a Herregton che in tutta la mia vita a Grimmauld Place.

    “Se gli hai dato dei consigli, non credo che li abbia seguiti sai?”

Non riuscii a trattenermi, mi morsi la lingua troppo tardi, ormai la mia insolenza era uscita e per l’ennesima volta, abituato alle tempeste che ero capace di scatenare in mio padre, mi meravigliai di non subire l’ira di quell’uomo.

    “Non riuscire a dimostrare un sentimento, non significa non provarlo, Sirius. Nel corso della tua vita, ti troverai davanti a situazioni in cui vorresti esprimere davvero quello che hai nel cuore, e ti accorgerai di come siamo intrappolati in mille convenzioni da seguire. Per questo vorrei aiutarvi a liberarvi di quelle catene, a sottomettervi a esse solo quando è davvero necessario...”
    “Tu non le segui le convenzioni, tu sei stato con noi la notte del solstizio, invece di occuparti di persone più importanti, tu...”
    “Io…Tu mi conosci ora, Sirius, ma un tempo ero proprio come te, ho avuto un rapporto davvero burrascoso con mio padre, per questo mi è abbastanza facile capirti. In realtà sono semplicemente stato fortunato, perché mia madre mi ha insegnato a mediare tra l’irruenza della mia indole e la rigidità del mio vecchio. Se vorrai, sarà questo il mio insegnamento per voi: i tuoi genitori, la società e la scuola v’insegneranno come dovete comportarvi, io, se vorrete, v’insegnerò a non mortificare voi stessi, pur nel rispetto delle regole, o eludendo in maniera elegante e indolore i cappi troppo stretti...”

Lo guardai stupefatto, non potevo credere che dicesse sul serio. Alshain sorrise di nuovo, mi guardava come se fossi particolarmente buffo, capendo la mia riluttanza e il mio stupore.

    “Ma è immorale!”
    “Secondo la morale di chi, Sirius? La tua, quella della tua famiglia, quella della società?”
    “Ma….”.
    “Sirius, non sono io a dirti che devi disubbidire, sia chiaro, ti sto solo facendo notare che ti trovi spesso in punizione a casa, il che significa che non sei portato, come tuo fratello, per ricacciare indietro i tuoi desideri. A questo punto, non sarebbe meglio per te conoscere dei trucchi per evitare i guai che derivano dalla tua inevitabile disobbedienza?”
    “Io… io non lo so, se poi venissi scoperto sarebbe anche peggio, non credi?”
    “Oh no, ragazzo, stai pur certo che non saresti scoperto, tranquillo…”

Il grido di Hermes squarciò il silenzio del primo mattino, ci voltammo entrambi; Alshain lesse il messaggio e si alzò, aiutandomi a mettermi in piedi a mia volta.

    "Sirius, ora dobbiamo prepararci a partire, ma questo discorso non è finito, per quanto bizzarro ti possa sembrare quello che ti sto dicendo, è più importante di quanto tu possa immaginare. E non c’entra nulla con la moralità.”

Si avvicinò a mio fratello, chiamandolo dolcemente, Reg emerse dalle coperte, insonnolito e con i capelli arruffati dal sonno, la bocca impastata e i grandi occhi che si guardavano attorno per cercare di capire cosa stesse accadendo. Poco dopo anche Rigel e Meissa uscirono dalla tenda.

    “Vestitevi e radunate le vostre cose, appena siete tutti pronti ce ne torniamo a casa.”

Alshain prese la pergamena, estrasse dalla sua bisaccia una strana penna, sicuramente babbana, e tracciò la sua risposta in coda al messaggio, poi liberò nuovamente il gufo. Mi sconvolgeva vedere, e in quelle settimane l'avevo visto spesso, quanto a volte preferisse usare mezzi e oggetti babbani ottenuti con o senza la magia, indice di quanto Sherton non si preoccupasse di piegare la legge magica a proprio piacimento. Mentre riflettevo su quest’ennesima stranezza, chiedendomi se non fosse da traditori del sangue puro apprezzare e usare i manufatti babbani, e ridendo tra me al pensiero di come sarebbe stato incredibile e buffo se il miglior amico di nostro padre fosse stato in realtà filobabbano, dissolse la tenda, cancellò le tracce del bivacco, ripose tutto quello che non serviva nella sua famosa bisaccia e facendosi aiutare da Mirzam, riemerso improvvisamente da non si sa dove, ci smaterializzammo tutti nuovamente al maniero di Herrengton.

*continua*



NdA:
Ringrazio quanti hanno letto, hanno aggiunto a preferiti/seguiti/ecc, hanno recensito e/o hanno proposto/votato questa FF per il concorso sui migliori personaggi originali indetto da Erika di EFP (maggio 2010).

La località di Cape Ham è inventata.
Valeria



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