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Autore: Giulia K Monroe    25/12/2008    6 recensioni
E se Harry Potter avesse avuto una sorella minore?
E se Sirius Black non fosse stato catturato e portato ad Azkaban?
Cosa sarebbe successo alla storia più amata di tutti i tempi? Scopritelo leggendo!
***
All'improvviso lo sguardo opaco, grigio metallo sporco, si accese. Luminoso e carico di rabbioso odio, si riversò su quello della ragazza, che trasalì spaventata.
Alexis fece per indietreggiare, ma lui non glielo permise: lasciata scivolare la mano da sotto le sue, le aveva artigliato le spalle con una presa tanto violenta da farla gemere per il dolore; l'aveva quindi trascinata contro l'armadio e l'aveva sbattuta furibondo contro lo specchio, facendole mancare il respiro.
«Perché non ti sei fidata di me?!» ruggì Draco e alzò il braccio con una mossa così repentina che lei, per un attimo, temette che stesse per colpirla; lui invece scaraventò il pugno al di sopra della sua spalla e il suo viso venne sfiorato solo dall'aria smossa: le nocche pallide avevano cozzato con lo specchio al quale era poggiata, incrinandolo.

[IN FASE DI REVISIONE]
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Famiglia Malfoy, Harry Potter, Nuovo personaggio, Sirius Black | Coppie: Harry/Ginny, Lucius/Narcissa, Ron/Hermione
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
Capitoli:
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Era appena uscita dall’aula di pozioni, il passo svelto, il libro tra le braccia, la morte in viso.
C’era qualcosa che poteva andare per il verso giusto, in quella maledettissima giornata?
Durante le due ore di lezione, Alexis non aveva fatto altre che pensare a quel dannato di un Malfoy, ai suoi occhi di ghiaccio infuriati senza motivo e al suo ghigno scomparso nel nulla.
Ma che diavolo gli è preso, tutto d’un tratto? Che vuole da me? Perché non mi lascia un po’ in pace?
Non riusciva proprio a spiegarselo e quel comportamento ambiguo l’aveva costretta a non seguire una singola parola del professor Piton che, sorpresala con la testa fra le nuvole, l’aveva rimproverata e aveva tolto dieci punti alla sua casa; come se non bastasse, le aveva rifilato una punizione: avrebbe dovuto consegnargli, entro il giorno dopo, un tema sulla “Pozione Drizzacapelli”.
Le cose vanno di bene in meglio, Alexis. Qualcuno lassù ti sta punendo.
Era ora di pranzo, ma stranamente non aveva voglia di mangiare: l’abbondante colazione di cui si era servita le si era rivoltata nello stomaco per l’ansia e la frustrazione, così, si era diretta in biblioteca.
La grande sala, contenente centinaia di stretti corridoi creati da librerie stracolme di volumi di magia, era silenziosa e solo qualche pigro sfogliare di pagine riempiva la quiete.
Alexis si avvicinò al bancone, dietro il quale una signora dall’aspetto arcigno stava scribacchiando su un vecchio taccuino. «Ehm… mi scusi?» bisbigliò educatamente. La donna alzò gli occhi dall’agenda e la fissò da dietro un paio di lenti spesse come fondi di bottiglia. «Saprebbe indicarmi dove posso trovare i libri di pozione?»
La donna indicò con la testa un reparto alla sua sinistra, senza proferir parola. Alexis ringraziò con un cenno del capo e si avviò dove le era stato indicato. Imbracciò tre volumi piuttosto pesanti e a fatica si diresse verso il bancone, per la registrazione.
«È sicura di farcela?» domandò la bibliotecaria, parlando per la prima volta: Alexis non le sembrava in grado di fare un altro passo senza crollare.
«Sì, non si preoccupi» rispose però la ragazza, «prometto di riportarli entro questa sera.» Le diede il suo nominativo, che Madama Pince appuntò (con una certa velata curiosità, al sentire il cognome Black) su una delle colonne libere di una griglia segnata su una pergamena, quindi uscì con quell’enorme peso dalla biblioteca.
Stava attraversando i corridoi del terzo piano, diretta verso le scale che l’avrebbero condotta al seminterrato e quindi alla Sala Comune di Serpeverde, doveva aveva intenzione di studiare, quando la sua attenzione venne catturata dall’esterno del castello. Si avvicinò a una delle molteplici finestre e scorse l’immenso parco che circondava Hogwarts e le rive di un lago cristallino, illuminate dai raggi del sole di fine estate. Decise che studiare all’aria aperta, piuttosto che in quel freddo sotterraneo, fosse un’idea decisamente migliore.
Quando arrivò sulle rive del Lago Nero, un’ondata di aria calda la avvolse, facendole danzare i capelli nel vento. Si sistemò all’ombra di una grande quercia, posò i libri accanto a sé e prese il primo. Stava leggendo, con ben poco entusiasmo, l’indice del volume, quando un’ombra si disegnò sulle pagine, precedendo un saluto poco deciso.
«Ehi.»
Alexis sollevò lo sguardo, il cuore che mancava un battito al suono di quella voce. «Harry!» esclamò, con quella naturalezza che a lui piaceva tanto.
Harry Potter si era domandato, per tutta la mattina, perché il suo nome, pronunciato da lei, avesse note sconosciute e familiari al tempo stesso, tanto da regalargli una strana sensazione alla bocca dello stomaco. Non era riuscito tuttavia a trovare una risposta. Si era allora recato sulle rive del Lago Nero, un posto tranquillo dove avrebbe potuto dar spazio ai suoi pensieri senza essere disturbato e, quando l’aveva vista, lì, tutta sola, all’ombra di quella quercia, impegnata nella lettura di un tomo enorme, aveva subito pensato a un nuovo segno del destino e non aveva potuto fare a meno di raggiungerla, per parlarle e per sentire di nuovo la sua voce.
«Ti hanno già dato i compiti? Il primo giorno di scuola?» domandò Harry, nel tentativo di intavolare una conversazione che gli portasse via un po’ di quell’imbarazzo che sentiva nel petto.
Alexis osservò il libro e mostrò un’espressione buffa. «No, devo fare un tema per punizione» confessò, con una smorfia.
«Per punizione? Il primo giorno?! chiese Harry ancora più scandalizzato. «Chi è quel mostro che punisce una studentessa del primo anno il primo giorno di scuola?»
«Il professor Piton» rispose lei con un sospiro.
Harry si produsse in un verso seccato. «Non mi stupisce. È proprio una gran testa di Troll!»
Alexis ridacchiò, ma scosse il capo. «No, è stata colpa mia. Mi sono concessa il lusso di distrarmi durante la prima lezione dell’anno, ma almeno ho sfatato un mito.» Harry le rivolse uno sguardo confuso, così lei aggiunse: «Avevo sentito dire che Piton non era severo con gli alunni della sua casa… beh, ora possiamo dire che non è vero.» Scrollò le spalle e le sue dita scesero a giocherellare con la cravatta verde-argento che pendeva sul suo petto.
«Il professor Piton è sempre così, non ti abbattere. Dispensa punizioni solo perché non ha niente di meglio da fare. Credimi, io ne so qualcosa» ammise Harry con un mezzo sorriso ironico. «Anch’io alla mia prima lezione ho ricevuto una bella punizione da lui. Da allora in poi, non ha smesso di tormentarmi» confessò.
«Mmm, bella prospettiva» commentò Alexis. «Almeno adesso siamo in due, dividerà la sua frustrazione equamente tra di noi.»
Harry ridacchiò e si passò una mano tra i capelli.
Lo stesso modo di fare di papà… no, Harry ha la dolcezza della mamma, non c’è arroganza nel suo atteggiamento.
«Ne dubito» disse lui. «Credo di essere il suo anti-stress preferito.»
«Mi impegnerò per toglierti un po’ di quest’onere dalle spalle allora, non è giusto che sopporti tutto da solo» rispose Alexis con un sorriso e gli mostrò un pollice all’insù.
Harry scosse il capo. «Vuoi farti notare sin da subito, eh?»
«Non credo mi serva andare in antipatia a Piton, per quello» borbottò, ben consapevole che la sua fama fosse già bella che consolidata dal cognome che aveva preso in prestito.
Harry le rivolse un altro sguardo perplesso, così lei si limitò a scrollare una mano e si concentrò di nuovo sul libro che aveva in grembo.
È sorprendentemente facile parlare con lui – considerò, con un po’ di buon umore che tornava a ghermirle lo spirito.
Harry le si sedette accanto e sbirciò le pagine che lei aveva preso a sfogliare. «Fammi indovinare… Pozione Drizzacapelli, vero?»
Alexis annuì con aria sconsolata: aveva trovato la pagina giusta, ma già dalle prime righe stava facendo difficoltà a comprendere le spiegazioni articolate della sua preparazione: Pozioni non sarebbe mai stata la sua materia preferita, assicurato.
«Non è corretto» borbottò dopo un po’, col malumore che tornava ad arrampicarsi come muschio sulle pareti. «Questa è materia del secondo anno, io sono solo al primo giorno del primo anno. Non si può fare ricorso, per una punizione del genere? In fondo, mica ho fatto esplodere un calderone!» Chiuse il labbro di scatto e abbandonò il capo contro il tronco.
Harry la fissò intenerito. «Purtroppo nessun ricorso, ma se vuoi, posso darti una mano.»
Alexis sollevò di nuovo le palpebre con una luce speranzosa negli occhi. «Saresti in grado di farlo?»
Lui apparve d’un tratto molto imbarazzato. «Beh, io non proprio, magari» ammise, «Pozioni non è proprio la mia materia. Ma c’è una mia amica che è bravissima, possiamo chiedere a lei, sono sicura che non le dispiacerà aiutarti.»
«Dici sul serio?»
Harry annuì entusiasta. «Lei è un genio, credimi. Ha i massimi voti in tutte le materie! Si chiama Hermione. Dai, andiamo che te la presento, tanto sicuro la troviamo in biblioteca a portarsi avanti con lo studio.» Si alzò da terra e le porse una mano.
Alexis la fissò, senza accennare a prenderla. «Hermione… Granger?» ripeté, incerta.
Hermione… non era la ragazza che aveva conosciuto sul treno, insieme a Ginny Weasley? Sì, era lei, quella con l’aria da so-tutto-io. Onestamente, non sprizzava di gioia all’idea di farsi dare una mano da lei: il suo comportamento non le era piaciuto. Dopo la cerimonia dello smistamento, non ci aveva neanche provato a darle il beneficio del dubbio, né lei né l’altra: sembrava che l’aver scoperto che fosse una Black e una Serpeverde avesse tracciato un confine ben preciso tra di loro. Appartenevano a due realtà diverse, non potevano mescolarsi. Alexis ci era rimasta molto male.
«La conosci?» le domandò Harry.
Lei scosse la testa, un po’ per rispondere, un po’ per scacciare i pensieri. Si rimise in piedi, ma ignorò la mano di Harry, che la riportò al suo fianco con un gesto impacciato.  «Scusami, ma preferisco fare da sola. Se già chiedo aiuto il primo giorno, non imparerò mai a cavarmela né a prendermi le mie responsabilità» disse e si chinò a raccogliere gli altri libri. «Inoltre, non voglio far perdere tempo alla tua amica… e nemmeno a te. Immagino avrete di meglio da fare che aiutare una primina, oltretutto di Serpeverde, con una stupida punizione» aggiunse, senza riuscire a impedirselo. «Ci vediamo in giro.» Si voltò e cominciò a incamminarsi di nuovo verso il castello, senza guardarsi indietro.
Harry la fissò andar via senza capire cosa avesse detto di male per farla scappare in quel modo.
Non le ho neanche chiesto come si chiama, rifletté con un sospiro.
 
*
 
Alle undici di sera, Alexis era ancora china sui libri. Per evitare di fare altri incontri spiacevoli, si era chiusa nella Sala Comune di Serpeverde subito dopo cena. Harry aveva provato ad approcciarla, ma lei aveva finto di non sentirlo. Non sapeva cosa le dava più fastidio: se il fatto che fosse amico di una ragazza fin troppo legata ai pregiudizi, oppure l’idea che anche lui potesse esserlo.
Eppure, non si è fatto problemi ad avvicinarti, anche se sei una Black e una Serpeverde.
Scacciò quel pensiero e riprese a concentrarsi sul tema: aveva ormai fatto un collage di informazioni trovate sui vari libri che aveva preso in prestito in biblioteca e, sebbene il risultato non fosse eccezionale, sperava che il professor Piton avrebbe almeno apprezzato il suo impegno. In fondo, ce l’aveva fatta con le proprie forze. E poi, nonostante quanto detto a Harry, non aveva alcuna voglia di cominciare l’anno scolastico nel mirino di un professore.
«Buonasera, Alexandra.»
Alexis sollevò il capo di malavoglia e lanciò un’occhiata per niente allegra al ragazzo che si era ora accomodato al tavolo al quale lei stava ultimando la sua punizione. Capelli biondi, occhi grigi, un sorriso beffardo.
«Ma tu non ti arrendi mai?» borbottò e tornò a concentrarsi sulla pergamena, come se lui non fosse ancora lì. «Non ti avevo detto di lasciarmi in pace?»
Malfoy sorrise, per nulla toccato dalle sue parole. «Imparerai col tempo che non mi piace prendere ordini.»
«Allora, ti prego, ti prego, stammi appiccicato per sempre e non lasciare mai il mio fianco» rispose Alexis con voce zuccherosa.
Malfoy sbuffò una mezza risata, ma non replicò al suo sarcasmo. «Ti ho vista oggi, con lo Sfregiato» se ne uscì invece. «Allora è vero che ti piace.»
Alexis sollevò di nuovo gli occhi dalla pergamena, la piuma sospesa su una parola lasciata a metà. «Che fai, ti metti anche a tampinarmi, adesso?» domandò scocciata.
«Non hai risposto alla domanda» fece lui, con sguardo serio.
Alexis avrebbe voluto fargli notare che in realtà non le aveva posto alcuna domanda, anzi la sua era sembrata una semplice affermazione, di cui era parso anche piuttosto sicuro. Quindi, perché disturbarsi a smentire? Se avesse creduto che aveva preso una cotta per suo fratello, magari avrebbe capito l’antifona e l’avrebbe finalmente lasciata in pace.
«E se anche fosse?» rispose, e scrollò le spalle. «Non vedo come questi possano essere affari tuoi.» Una goccia d’inchiostro scivolò in quel momento dalla piuma e una grossa chiazza scura andò a coprire la parola “porcosp” che era rimasta incompleta. «Oh, accidenti» imprecò, mentre si allungava a prendere un po’ di carta assorbente per pulirla prima che si asciugasse. Con lo sguardo concentrato sul tema, non vide Malfoy smettere di sorridere.
Lui si alzò e con calma la osservò dall’alto.
Alexis continuò a ignorarlo, mentre pregava di non dover riscrivere tutto da capo, perché le faceva male il polso, la testa e aveva solo un gran sonno. Fu costretta tuttavia a prestare nuovamente attenzione al ragazzo quando una sua mano pallida si posò accanto alla pergamena e il suo corpo si fece più vicino, curvandosi verso di lei.
Alexis sollevò lo sguardo per ritrovarsi il viso di Draco a un centimetro dal suo. Erano ora così vicini che le punte del loro naso si sfioravano.
La sorpresa la rese momentaneamente incapace di avere una reazione decente, perché se ne rimase lì, ferma come un’allocca, a fissare quegli occhi grigi screziarsi d’oro alla luce soffusa delle candele che brillavano sul tavolo.
«Accetta un consiglio spassionato: ti conviene dimenticarti di San Potter.»
«Come, scusa?»
Le labbra di Malfoy tornarono a stendersi in un sorriso storto. «Ho visto come lo guardi» mormorò. Sollevò una mano e le afferrò il mento, costringendola a tenere gli occhi incollati ai suoi. «Il tuo bel faccino si illumina tutto, che tenerezza.»
Alexis fece per sottrarsi alla sua presa, ma Malfoy le serrò le dita sulla mascella e le impedì di sfuggirgli.
«Forse, dopotutto, non stai mentendo» disse ancora, con sguardo assorto. Le sue dita da pianista ammorbidirono la loro presa, solo per risalire lentamente sulle sue guance. «E chi lo avrebbe mai detto che proprio tu, tra tutti, ti saresti presa una sbandata per Potter.» Draco ridacchiò, ma non c’era gioia in quel suono. «Ma dimmi» si chinò ancora, fino a portare le sue labbra all’altezza dell’orecchio di lei e poterle mormorare le successive parole direttamente lì, «lui lo sa chi sei tu? Lo sa che è stato tuo fratello a tradire i suoi genitori?»
Questa volta, Alexis scattò in piedi. Si sottrasse così bruscamente alla presa delle sue dita che si fece male al collo. La sedia si rovesciò dietro di lei, catturando l’attenzione di un paio di studenti dell’ultimo anno che giocavano a scacchi sul divano di fronte a uno dei camini accesi.
Malfoy la fissò senza fare una piega. Si limitò a stendere di nuovo la schiena e a torreggiare su di lei con quel suo sorriso sprezzante.
«Tu…» sibilò lei, con le guance livide di rabbia, «tu credi di sapere tutto, vero, Malfoy? La verità è che non sai proprio un cazzo. Né di me, né di…» tacque, perché per quanto voleva difendere l’onore di Sirius, non poteva sbilanciare in nessun modo.
Lui emise un fischio basso. «Attenta, Black. Qualcuno potrebbe pensare che ho toccato un nervo scoperto» insinuò.
Alexis strinse la mano e sentì l’intero braccio tremare.
Non devo cedere alle sue provocazioni.
Prese un profondo respiro e cercò di calmarsi. Malfoy la studiò con malcelato divertimento, ma lei decise che non gliela avrebbe data vinta di nuovo. Così non disse nient’altro; si girò, arrotolò la pergamena, fregandosene se ancora non era completamente asciutta, imbracciò i libri e senza degnarlo neanche di uno sguardo, lo superò.
Non so quale sia il tuo scopo, ma non starò ai tuoi giochetti.
Prima che potesse allontanarsi però, Draco fece scattare un braccio e di nuovo la afferrò, questa volta appena sopra il gomito. Lei cercò di sottrarsi a quel nuovo contatto, ma a lui bastò affondare le sue dita nella carne per trattenerla dove la voleva.
«Sai, Black. Più cerchi di sfuggirmi, più mi combatti… e più mi fai venir voglia di avvicinarmi» le mormorò di nuovo all’orecchio. «Di scoprire tutti i tuoi segreti.»
Alexis avvertì il suo fiato sfiorarle il collo e non riuscì a reprimere il brivido che le percorse le spalle. Lo guardò di traverso e sperò che questo bastasse a fargli capire quanto lo odiasse. Non funzionò, perché lui ghignò più ampiamente.
«Ti conviene ascoltare il mio consiglio, Black. Lascia perdere lo Sfregiato; anche se, in fondo, di cosa mi preoccupo? Tu potrai anche essere una Black atipica, non che la cosa sorprenda, considerando quel fallito di Sirius: in fondo, è stato l’unico della nostra famiglia a essere stato smistato a Grifondoro.» Draco storse il naso in una smorfia disgustata. «Ma Potter non accetterà mai una come te: per lui, tu sei feccia. Proprio come lo sono io.»
Alexis corrugò la fronte a quell’ultima affermazione, ma lui non diede spiegazioni. Finalmente le lasciò andare il braccio e si allontanò. Alexis seguì la sua schiena fin quando non la vide sparire dietro la porta del dormitorio maschile.
 
*
 
Draco Malfoy odiava Harry Potter.
E questo non era un segreto per nessuno.
La loro reciproca avversione era nata dalla prima volta che si erano incontrati, l'anno precedente. Draco gli aveva dato l'opportunità (o sarebbe meglio dire l'onore, secondo lui) di entrare a far parte della sua schiera di amici e il Bambino Sopravvissuto aveva osato rifiutare. Harry Potter aveva preferito l'amicizia di quello sfigato del suo migliore amico: Ronald Weasley, uno squallido ragazzino senza il becco di un quattrino.
E questo Draco non glielo aveva mai perdonato.
Tuttavia, il peggior torto che lo Sfregiato gli avesse potuto fare era stato quello di preferire addirittura quell'insopportabile so-tutto-io: Hermione Granger, una lurida Sanguesporco.
E da allora, per Draco era stata guerra.
Non perdeva mai occasione di stuzzicare il trio miracoli e di riversargli addosso tutto il suo odio e il suo disprezzo; se era incazzato e aveva voglia di sfogarsi, Harry Potter, il protettore degli sfigati, e i suoi squallidi amici erano le persone giuste con cui farlo. Per cui, tra lui e il gruppo di Grifondoro le liti erano all’ordine del giorno e tutti si erano abituati ai loro continui battibecchi, nei corridoi, durante le lezioni, nella Sala Grande.
Era inconcepibile quindi per lui che Alexandra Black, sangue del suo sangue, Serpeverde di stirpe purissima quanto la sua, sembrasse preferire la compagnia di quello sfigato di Potter piuttosto che la sua. Sarebbe stato nell’ordine naturale delle cose che lei fosse stata in sintonia con lui e non con un Grifondoro figlio di un’altra Sanguesporco da strapazzo. Eppure, da quando l’aveva conosciuta, quella sua presunta cugina di secondo grado non si era mai comportata come lui si sarebbe aspettato (e come lui avrebbe voluto) e questo lo intrigava e contemporaneamente gli mandava il sangue al cervello.
Come puoi preferire Potter anche tu?
No, per Draco non aveva alcun senso; ed era per questo che, quando entrò nella sua camera, pensò di non aver mai odiato Harry Potter come in quel momento.
«Draco, hai un'espressione terribile.»
Una scura voce maschile lo costrinse ad abbandonare i suoi pensieri.
Malfoy puntò lo sguardo sul suo letto e, invece di trovarlo vuoto, lo trovò occupato da quell’idiota del suo migliore amico. Blaise Zabini sceglieva sempre i momenti peggiori per importunarlo, doveva essere un suo potere innato.
«Lasciami in pace, non è aria» rispose scocciato, mentre si allentava la cravatta.
Blaise, che se ne stava elegantemente sdraiato supino, con la testa posata però ai piedi del letto piuttosto che sul cuscino, gli rivolse un incuriosito sguardo al contrario. «D'accordo, sei incazzato, di nuovo. Posso sapere il perché, questa volta?» gli domandò con un sospiro esasperato.
Draco fece spallucce. «Non so di cosa tu stia parlando» glissò, mentre si sbottonava i polsini della camicia.
«Sei sicuro? Non ti ho mai visto con un'espressione del genere.»
Draco Malfoy adorava Blaise Zabini, gli augurava tutto il bene del mondo, davvero, ma in momenti come quello lo odiava a morte. Odiava quella sua capacità di leggergli il viso come fosse un libro aperto, quando nessuno, neanche sua madre, era in grado di farlo. Blaise riusciva a carpire ogni tipo di informazioni anche dal più piccolo spostamento del suo sguardo o da un battere più lento delle ciglia o da un'impercettibile smorfia della bocca. La sua attenzione per i dettagli era maniacale e fastidiosa.
«Non mi va parlarne» si arrese, perché sapeva che continuare a negare non sarebbe servito a farlo desistere.
Blaise sollevò un sopracciglio e si mise a sedere. «D'accordo, non insisto.» Si stiracchiò e si alzò, quindi si diresse verso la porta, ma si fermò con la mano sul pomello. «Oggi qualcuno ha battuto il record di Potter dell’anno scorso» disse.
Potter, ancora lui.
Draco si sbottonò la camicia e la fece scivolare sulle spalle, senza guardare l’amico. «Che record?»
«Ti ricordi che l’anno scorso, alla sua prima lezione con Piton, si fece togliere dei punti?» Draco annuì. «Beh, quest’anno è toccato a noi. A quanto pare, la Black ha ben pensato di farci perdere dieci punti il primo giorno.»
«Sa farsi amare, non c’è che dire» borbottò Draco, ancor più di malumore che la conversazione fosse comunque andata a parare sull’argomento che lui aveva cercato di evitare.
«Non è tipo tua cugina?» chiese allora Blaise, abbandonando la porta e l’idea di andarsene
Draco sospirò e si passò una mano tra i capelli. «Cugina di mia madre, da quel che ho capito» borbottò, mentre il suo malumore sfociava in un bel mal di testa, che gli fece pulsare le tempie.
«Beh, vedi di rimetterla in riga» disse Blaise, «vorrei vincere la Coppa delle Case, almeno quest’anno.»
Draco scrollò ancora le spalle e, quando non aggiunse altro, Blaise finalmente si congedò.
Rimasto solo, si lasciò cadere sul letto, a braccia larghe.
Blaise aveva ragione: non glie ne fregava nulla della Coppa delle Case, in tutta onestà; con la sua ammissione nella squadra di Quidditch di Serpeverde, puntava più che altro a vincere la Coppa del Quidditch. Ma Alexandra Black aveva comunque bisogno di capire come funzionassero le cose ad Hogwarts e, soprattutto, come ci si dovesse comportare nei confronti di un Malfoy.
E chi, meglio di lui, avrebbe potuto farle un corso accelerato? 
   
 
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