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Autore: Ninfea Blu    18/04/2015    10 recensioni
Oscar ha delle sorelle, lo sappiamo. Questa storia parla di una di queste sorelle, una che non conosciamo, perchè la Ikeda non ha pensato a una possibilità del genere. Danielle ha davvero molto in comune con Oscar... stessi capelli, stessi occhi. Qui parlerò dei suoi sentimenti, del suo rapporto con Oscar e inevitabilmente con l'amico Andrè che potrebbe, in qualche modo, mettersi fra loro. Perchè Danielle, gemella identica ma più femminile della nostra madamigella, potrebbe avere il coraggio di essere tutto quello che non è Oscar...
Aggiunte fan art cap. 7 - cap. 12
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, André Grandier, Axel von Fersen, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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26

26 – La fata dei boschi (L’incontro)

 

 

 

Il giorno dopo uscii presto, presa dalla necessità di essere sola, per riflettere con calma e lucidità. Non avevo voglia di cavalcare come facevo ogni mattina sulla spiaggia di Etretat, a volte in solitudine, ma più spesso in compagnia di André.

Sentivo piuttosto, il bisogno di camminare, di respirare a pieni polmoni il profumo dell’aria salubre che veniva dal mare, stancare le mie gambe, rinvigorire il mio corpo e ritrovare in me stessa l’energia per proseguire la strada che avevo scelto con sofferenza, ma determinazione.

Mi piaceva farlo nei dintorni della villa, immergermi nella natura dei dolci pascoli verdi, all’ombra rinfrescante dei boschi, seguire i sentieri un po’ impervi lungo le colline che proseguivano inoltrandosi nella boscaglia all’interno della costa, e abbracciava il paese. Erano sentieri che conoscevo bene, che a volte mettevano in comunicazione le abitazioni della zona, altre volte proseguivano e scendevano lungo la spiaggia, da cui si poteva godere del bianco paesaggio maestoso delle scogliere.

Era stata una sera strana.

Andrè mi era parso diverso, più arrendevole e dolce, addirittura più affettuoso di quanto non fosse di solito.

Mi aveva lasciata avvicinare più di quanto avesse mai fatto negli ultimi tempi, e la cosa mi aveva turbata non poco. Mi stava facendo sperare.

Eppure temevo ancora di ingannare me stessa e il mio cuore, anche se avevo deciso di accogliere quello che veniva come buono. Così avevo deciso di fare; vivere quello che la vita mi avrebbe dato, fosse anche un sentimento incerto e fragile, l’affetto sincero dell’uomo che amavo.

Andrè mi offriva senza riserve la sua tenera amicizia, la delicatezza dei suoi gesti attenti, il calore di sorrisi rassicuranti e pieni di sfumature più intense che facevano battere più forte il mio cuore.

Se mi avvicinavo a lui con maggior affetto e sollecitudine, non tentava più di allontanarmi o resistermi, ma accoglieva i miei slanci e le mie attenzioni con pari intensità, come se volesse ricambiare ciò che riceveva.

Quella sera appena trascorsa, André si era lasciato abbracciare stretto, aveva accarezzato le mie tempie con le mani, giocato con un ricciolo dei miei capelli sotto la luce pallida della luna, e i suoi occhi si erano fissati nei miei per un attimo, con decisione, e vi avevo visto un indugio, un pensiero segreto, forse una tentazione cui abbandonarsi.

Fui certa che volesse baciarmi, ma per qualche motivo si trattenne. Mi accompagnò discreto alla mia stanza quando fu il momento di ritirarmi per la notte.

Rimanemmo a fissarci a lungo sulla porta semi aperta, irrequieti, tremando per l’aspettativa di quello che potava succedere; la luce di una candela posta di lato, lasciava in ombra una parte del suo viso, ma notai la luce calda che brillava nelle sue iridi. Lessi una muta richiesta nel suo sguardo, un desiderio di non essere lasciato solo, e anch’io forse, avvertii la stessa esigenza. Fui certa che non fosse un inganno.

E fui audace.

Allungai una mano ad accarezzare il suo braccio: dal gomito risalii fino alla spalla e anche attraverso il tessuto della camicia, sentii un tremito attraversarlo.

“André vorresti… vorresti restare con me questa notte?”

Sussurrai, senza osare aggiungere altro.

Non staccò mai i suoi occhi dai miei. Avevano sempre quella strana sfumatura calda, irrequieta, che mi faceva sciogliere e mi incatenava a lui. Forse le ombre mi ingannarono, perché mi parve di cogliere una vaga piega delle sue labbra, come un sorriso nascosto, ma non fui sicura. Ero sopraffatta dall’emozione che sigillava il silenzio che né io, né lui volevamo interrompere.

Sentii solo la sua mano raggiungere la mia, ferma sulla sua spalla, prenderla e portarla alle sue labbra. Poi l’abbassò e la coprì dolcemente col palmo della mano opposta.

“Danielle, confesso che sono molto… turbato. E confuso. Tu sei davvero desiderabile, e io mi sento lusingato, ma… è meglio di no, passare la notte insieme complicherebbe le cose: domani, il risveglio potrebbe essere triste.”

Non avevo sperato, né mi ero aspettata niente, ma la punta di delusione mi raggiunse lo stesso. Abbassai gli occhi mesta, mentre André dava il bel profilo alla luce della candela, e gli augurai la buonanotte, chiudendo la porta tra noi.

 

 

Adesso ripensavo al suo delicato rifiuto, e comprendevo quanto doveva essere stato difficile per lui, dirmi di no. Non saprei dire se André sperasse ancora in quell’amore lontano che Oscar rappresentava; forse si era rassegnato a non far più parte della sua vita, ed era soltanto l’amarezza e lo sconforto che lo trattenevano dal prendersi quello che gli avrei donato senza remore o ripensamenti.

Intuivo che non era ancora pronto a vivere la nostra stagione con serenità, e senza che potessi saperlo, stava ancora tentando di cancellare certi sentimenti dal suo cuore; cadere tra le mie braccia avendo nell’anima il gusto amaro delle cose perdute, sarebbe stato penoso, per entrambi.

Non avremmo vissuto il nostro amore con il giusto slancio; io, per quanto innamorata, mi sarei macerata nel dubbio costante di essere un rimpiazzo, e lui mi avrebbe usata per mettere a tacere lo spasimo del suo cuore infranto.

Nessuno di noi, voleva questo.

Potevo accettare e ricambiare con slancio uguale e maggiore la sua affettuosa amicizia, il bene sincero che provava per me, e gioire di quello, viverlo con pienezza; non potevo immolarmi a un amore fantoccio.

Mentre riflettevo sui risvolti di quella nostra situazione, mi ero arrestata sul ciglio del sentiero che stavo percorrendo e si snodava più avanti in una curva nascosta dal limitare di una fila di alberi; ero stanca, un po’ accaldata per la lunga camminata e volevo riposare.

Una recinzione in legno, tipica di quei luoghi, delimitava il terreno di una tenuta vicina di cui non ricordavo chi fosse il proprietario; per terra stava un robusto, scuro e nodoso tronco d’albero abbattuto da una tempesta.

Decisi di sedermi per riprendere fiato.

Il cielo era limpido quella mattina, e un sole insolitamente caldo per la stagione, spandeva i suoi raggi tra le foglie, giocando tra gli arbusti, generando qualche rada ombra qua e là.

Mi piaceva e mi dava una pace profonda, ascoltare il silenzio tranquillo del luogo, rotto solo dal suono di qualche usignolo che cantava in lontananza, o dal sibilo leggero di un refolo d’aria fresca che mi passava sulla pelle della nuca, e svaniva in fretta.

Chiusi gli occhi, mentre il mio respiro rallentava e rimasi così per lunghi minuti, immersa nel silenzio, la mente finalmente sgombra da ogni pensiero.

Scese su di me la calma, mentre sentivo l’aria giocare coi miei capelli, i suoni leggeri delle fronde che stormivano, il fruscio di qualche timido animale che si nascondeva tra l’erba alta del campo.

Quando un altro suono, cupo e sordo venne a distrarmi aprii gli occhi bruscamente, voltandomi nella direzione da cui proveniva il rumore che sentivo avvicinarsi.

Riconobbi lo scalpiccio martellante degli zoccoli di un cavallo al galoppo. Non lo vedevo ancora, ma immaginavo le zolle di terra, la nuvola di polvere ed erba sollevarsi al suo passaggio. Quando l’animale emerse da dietro la curva, a pochi metri da dove sostavo, mi alzai in piedi di scatto alla vista del magnifico purosangue nero; un nitrito improvviso, quindi scartò impennandosi imbizzarrito, con disappunto del suo cavaliere che cercava di domare la nobile focosa bestia.

Passò qualche minuto concitato. Il cavallo scalpitò ancora un poco, prima di iniziare a calmarsi. Immobile dov’ero, osservai la scena lievemente interdetta; incrociai due occhi chiari, all’apparenza freddi come metallo, ma non riconobbi, né ricordai chi fosse la figura che si ergeva sulla sella tirando le briglie con energia.

 

 

********

 

 

Da buon segretario personale, Andrè controllava la corrispondenza arrivata quella settimana. Non c’era nulla di interessante che lo riguardasse: lettere di Leopold, di sua nonna – e come avrebbe potuto se neppure sapeva dov’era? – o altro, - e con altro, si potrebbe intendere qualche sorprendente missiva di Oscar - a parte le richieste di denaro di qualche fornitore e i soliti noiosi inviti di buon vicinato a prendere il te, delle dame locali che risiedevano nelle ville vicine, o giù in paese. Inviti che in massima parte Danielle avrebbe disertato, salvo qualche visita che proprio non avrebbe potuto evitare.

Contro ogni logica sperava ancora di trovare notizie di lei: le avrebbe considerate un valido motivo per continuare a resistere, un segno del destino a suggerirgli che c’erano ancora possibilità per loro due.

Ma segni non ne erano arrivati.

 

Si sentiva particolarmente fragile, André.

Se avesse baciato Danielle avrebbe ceduto senza rimedio, lo aveva capito subito, e di conseguenza sarebbe capitolato di fronte alla sua richiesta di passare la notte insieme. Avrebbe fatto l’amore con lei, perché in fondo non era un santo, né un pazzo, né un falso moralista, ma soltanto un uomo come tanti, pronto a cogliere con riconoscenza e sincero slancio la generosa offerta d’amore di una donna bellissima.

Si sentiva perennemente in bilico, e mantenere l’equilibrio in quella inusitata situazione sentimentale era quanto mai difficile. La caduta era una pura questione di tempo.

Era stanco.

Stanco di resistere.

Di aspettare chi non sarebbe mai venuto a cercarlo.

Così pensava, e si stava convincendo più velocemente di quanto avrebbe voluto. Oscar era rimasta lontana, irraggiungibile, sigillata dietro il suo cuore di soldato, irrigidita dal suo senso del dovere e dell’onore. Se la conosceva un po’, doveva mettere nel conto anche la componente predominante di una personalità orgogliosa.

Era deluso André.

Rattristato e sfiduciato.

Da quanti giorni era a Etretat? Settimane? Aveva perso il conto. Gli sembrava una vita; troppo tempo, troppa distanza messa tra i loro cuori, troppa cenere gettata sulle ultime braci della loro passione.

Possibile che Oscar l’avesse lasciata estinguere, senza rimpianti, senza languire nel ricordo di ciò che era stato? E se non era per amore, per passione, neanche l’amicizia la faceva smuovere dalla sua torre d’avorio? Neppure quella valeva più nulla?

Non c’era stato giorno che non avesse pensato a lei, che non l’avesse cercata in quei luoghi che tante volte, l’avevano vista presente e vicina. Infine, l’aveva intravista negli occhi dolci e luminosi di Danielle, nei suoi sorrisi così simili. Si era sforzato di non sovrapporre le loro immagini, ma lo aveva trovato quasi impossibile. Alla fine si era arreso, e le immagini avevano coinciso, sfumandosi nei contorni.

E fu per lui quasi un sollievo a cui aggrapparsi, per non soffocare, alleggerire il cuore del peso del rimorso, e ritrovare quella luce di speranza che lo aveva guidato per anni.

Danielle lo amava. Lo sentiva con una consapevolezza tale, da farlo sussultare con moto istintivo.

E lui aveva disperato bisogno di qualcuno che scaldasse il suo cuore. Se Danielle gli offriva tutto questo perché rifiutarlo? Ostinarsi a inseguire fantasmi, sì, sarebbe stato folle e insensato.

Chiodo scaccia chiodo.

Forse era solo una diceria popolare. Forse era una regola che non valeva per uno come lui, che aveva dato i suoi anni migliori a un’ unica donna, che di lui si era presa con un po’ di prepotenza tutto quello che poteva prendere, facendo di lui un complice silenzioso. Forse non valeva per certi amori, né per certi sentimenti. Ma doveva tentare di dare una nuova direzione alla sua vita.

Era la sola realtà a cui aggrapparsi con tutte le sue forze.

 

Stava impilando tutti i registi e gli incartamenti, quasi fossero i suoi stessi pensieri cui mettere ordine, quando Ninette entrò nello studio, interrompendolo. Aveva l’aria trafelata e forse un poco scossa. Il sorriso e le gote accese. Veniva dal mercato dove era stata a procurarsi delle provviste.

“André, cercavo madame… credevo fosse con te…”

“No, Ninette. La contessa è uscita da sola, questa mattina. Nelle scuderie c’è ancora il suo cavallo, quindi credo si sia allontanata per una passeggiata a piedi. Io stavo sistemando un po’ di scartoffie qui, ma non preoccuparti; se ritardasse troppo, andrò a cercarla.”

“Grazie… - La giovane cameriera sorrise lisciandosi le pieghe della gonna, prima di proseguire con una vaga esitazione, che incuriosì l’ ex attendente. - Sai, André, non avevo proprio indovinato che fossi tu…”

André le restituì uno sguardo perplesso, ma restò in silenzio, aspettando che la cameriera esternasse il resto dei suoi pensieri.

“…intendo, l’uomo che ha rubato il cuore alla signora contessa; è stata una grossa sorpresa per me…”

André non riuscì a reprimere un sussulto sbigottito, per l’ardimento della giovane, fedelissima della contessa. Non era un mistero l’interesse più o meno manifesto di Danielle per lui, ma che qualcuno della servitù osasse affrontare l’argomento in quel modo diretto, quello sì, era sorprendente, anche per un tipo fuori dagli schemi come André. Gli altri addetti alla villa, dalla cuoca al mozzo di stalla, mantenevano un muto e condiscendente riserbo, tra supposizioni e consapevolezze effettive.

La regola vigente nei palazzi aristocratici era sapere, ma fare finta di nulla anche di fronte all’ ovvio, navigando tra pettegolezzi e maldicenze vere o presunte tali, e villa Recamier non differiva da questa legge non scritta. Ninette, però non era una cameriera come le altre, né per presenza di spirito, né per il legame particolare che aveva con la sua padrona; infatti, seppur con un poco di naturale timidezza proseguì imperterrita e con franchezza.

“All’inizio la cosa mi aveva un po’ infastidito… non capivo questo ennesimo capriccio della signora. Ma ora mi sembra così felice e serena; non ricordo di averla mai vista così… per questo non vorrei vederla soffrire, André. L’ho vista troppe volte innamorarsi degli uomini sbagliati…”

“Ninette io…”

“Scusa se oso chiedertelo, ma mi stavo domandando che intenzioni hai: cosa speri di ottenere? Favori, privilegi di qualche tipo?”

“È questo che pensi? Che l’abbia seguita fin quaggiù per qualche tornaconto personale? Non è così.” Obbiettò André con calma, concedendole una mezza verità.

Non lo sorprendevano, né lo scandalizzavano le illazioni della ragazza; sapeva perfettamente che anche tra quelli del suo ceto, esistevano gli arrivisti. Ne aveva incontrati tanti perfino a Versailles.

“Se non è così, e sei sincero, mi fa piacere… però a volte ho l’impressione che tu abbia lasciato la mente e il cuore altrove…”

André abbassò il capo mesto, atteggiando le labbra a una smorfia leggera. Non smentì, né confermò.

“Vuoi davvero bene alla tua padrona, non è così?” si limitò a dire.

“Sì, André. Nutro affetto sincero per lei e voglio solo il suo bene.”

“Ti capisco più di quanto tu creda: anch’io ero legato da sincero affetto al mio vecchio padrone  e volevo solo il suo bene…”

“Padrona, vorrai dire.” Ribattè lei, scrutandolo impertinente. Ma André non raccolse la provocazione.

“Ninette, ti assicuro che non ho cattive intenzioni nei confronti di Da… della Contessa di Recamier. Anch’io nutro un affetto sincero per lei, e voglio solo ripagare in qualche maniera la stima e la fiducia che mi ha accordato, nient’altro. Sono sempre stato sincero con la tua padrona.”

“D’accordo, André. Voglio fidarmi. – La cameriera soddisfatta, si voltò con l’intenzione di allontanarsi dallo studio, poi ebbe un ripensamento. – Ah, stavo per dimenticare una cosa importante; giù in paese c’è un uomo che va in giro a fare un sacco di domande strane su te e la signora… cercavo madame per questo, è giusto che tu lo sappia.”

Ninette si era voltata, una mano appoggiata allo stipite della porta.

“Un uomo che chiede di me? E perché mai?”

“Credo sia uno degli uomini al soldo del conte di Recamier. Il marito della signora si chiederà il motivo della tua presenza qui. Stai in guardia…”

Disse fissandolo negli occhi, senza dissipare il mare dei suoi dubbi.

 

 

 

 

******

 

 

 

 

L’emissario mandato dal conte aveva ottenuto tutte le informazioni che gli servivano; aveva indagato con discrezione, parlato con personalità del paese e ascoltato conversazioni raccolte per strada, e scoperto quello che gli premeva sapere.

Quindi, con sollecitudine, aveva scritto tutto e spedito la lettera al suo committente.

La fuggiasca contessa era a Etretat, arrivata lì da circa un mese o poco più, in compagnia del suo segretario personale.

Ufficialmente era questa l’attuale mansione dell’ex attendente di madamigella Oscar, e nessuno pareva avere nulla da ridire su questo. Era stato visto in paese svolgere le sue incombenze in virtù del suo ruolo, e in compagnia della contessa manteneva un comportamento ineccepibile, ma c’era chi giurava che madame lo trattasse con un riguardo perfino eccessivo, se non troppo amichevole. L’avvenenza del giovanotto faceva discutere e sorgere qualche pettegolezzo, ma se quella veste pubblica dell’uomo servisse a nascondere altro, nessuno su questo osava sbilanciarsi.

Non ho prove che sia l’amate di vostra moglie, non pare esserlo, aveva scritto, ma di questo dovrete accertarvene di persona venendo qui.

 

L’uomo non sapeva che qualcuno era in anticipo su di lui di una settimana. Una figura androgina esile ed elegante, camuffata sotto la tesa larga di un cappello e comodi abiti da viaggio lo aveva atteso al varco, come un cacciatore paziente piazza la trappola e aspetta che la sua preda ci finisca in mezzo. Lo aveva scrutato con attenzione e apprensione; lo aveva seguito presso la locanda dove andava a bere, lo aveva ascoltato parlare col parroco del paese, e chiedere informazioni su Madame Recamier e sul suo segretario. Benché fosse rimasta nell’ombra, cosa non facile per una persona col suo particolare aspetto, occhi limpidi, labbra di corallo e mani affusolate e forti, c’era chi aveva notato la figura longilinea di quell’ affascinante, misterioso giovanotto biondo dai lineamenti nobili e delicati, ma nessuno aveva riconosciuto chi fosse.

Solo al momento opportuno sarebbe uscita allo scoperto.

Appurato che Danielle era a Etretat, aveva preso un alloggio presso l’unica locanda che ricordava ci fosse in paese, ed era rimasta lì, trattenendo l’ansia che le mangiava lo stomaco, sperando e temendo un incontro troppo ravvicinato che non c’era stato.

Una mattina, mentre seguiva di nascosto l’emissario di Leopold, si era diretta alla modesta chiesa del paese dove aveva scambiato quattro chiacchiere rivelatrici col curato. Aveva atteso che il prete fosse solo per avvicinarlo in sacrestia.

“Anche voi qui! Che piacere incontrarvi madamigella. È passato tanto tempo dall’ultima volta.” Le aveva detto l’umile servitore di Dio, quando l’ebbe riconosciuta.

“Anche? Chi altri avete incontrato?”

“Oh, non sapete? La Contessa di Recamier, vostra sorella è qui già da un po’. Domenica scorsa ha assistito alla messa accompagnata dal suo segretario personale, un giovane cortese e a modo.”

“Segretario… - commentò pacata, senza chiedere ulteriori spiegazioni, deducendo che il curato non rammentava che André era il suo ex attendente. - Per favore, nessuno deve sapere della mia presenza qui, soprattutto mia sorella. Posso contare sulla vostra discrezione? È molto  importante.”

“Ma certo, come volete.”

 

Dal suo arrivo, moriva dalla voglia di raggiungere la villa che distava da lì solo pochi chilometri, ma si costrinse ad aspettare, domandandosi cosa avrebbe trovato e come avrebbe reagito nel rivedere volti e persone. Una in particolare.

E benché non volesse riconoscerlo, quell’attesa forzata e logorante era dettata anche da altro; l’animo e i pensieri erano invasi dalla paura profonda di scoprire cosa non voleva che accadesse, e forse era già accaduto. L’idea di ritrovare André ormai innamorato, legato definitivamente alla sorella le scatenava sensazioni indefinibili, un misto di gelosia, paura e rabbia. Voleva convincersi che poteva resistere, sostenere l’impatto con quella che sarebbe stata la realtà, e in cuor suo sperava di arrivare pronta e fortificata a quel confronto.

Non era venuta fin lì per quello?

Per lasciarlo libero da quel giogo, dimostrargli che non era l’amore ad averli legati, se lui poteva consolarsi facilmente tra le braccia della sua gemella? Eppure non era sicura che non le avrebbe fatto male, un male terribile, impossibile da sopportare. Un dolore che avrebbe ritorto volentieri contro di loro per punirli di quel tradimento. Questo la terrorizzava e la confondeva, in un delirio di sentimenti in conflitto che la tormentavano da troppo tempo. L’idea che André non le appartenesse più, poteva farla a pezzi e accendere in lei un odio feroce verso Danielle. E aveva paura di quell’odio, di quell’acredine che sentiva per entrambi. Paura che potesse sopraffarla. Sperava che quell’attesa servisse a placarla, a prepararla a ogni eventualità. Lo temeva e lo desiderava, ma non avrebbe evitato quel fatale incontro all’infinito.

 

 

******

 

 

 

Ninette non si era ancora allontanata dallo studio, quando Andrè, attratto da un suono inatteso, volse lo sguardo puntando la sua attenzione oltre il vetro della finestra che si affacciava su una parte del giardino e sul viale d’ingresso della villa. Fu allora che li vide: Danielle stava scendendo da uno stallone nero, sorretta tra le braccia di un uomo, un forestiero di bell’aspetto che non ricordava di aver mai visto, e incuriosito, lasciò il tavolo con i documenti che stava controllando, e si avvicinò alla tenda color amaranto per osservare meglio la scena. Ninette era ancora ferma sul lato opposto, ma all’improvviso incuriosita dall’atteggiamento del giovane, tornò sui suoi passi, passò accanto al tavolo e si avvicinò pure lei alla finestra.

“Chi è quel uomo con la tua padrona?” chiese semplicemente rivolgendosi a lei, senza distogliere l’attenzione da Danielle e il misterioso individuo, che ora stavano parlando uno di fronte all’altra. Passò qualche secondo prima di ricevere una risposta che tradiva evidente sorpresa.

“Non lo so. Non l’ho mai visto prima. Forse è un signore che abita qui nei dintorni.”

“Qualcuno di Etretat?” chiese di nuovo André.

“Può darsi, ma non mi pare di conoscerlo… e uno così, me lo ricorderei!”

Rispose Ninette un po’ sconcertata, ma sinceramente ammirata.

Passò forse un minuto e l’uomo rimontò a cavallo; salutò la contessa con un sorriso sfrontato e un ampio gesto della mano, mentre Danielle rimase immobile ad osservarlo allontanarsi attraverso il viale, in direzione dell’uscita. Pochi secondi e il cavaliere sconosciuto scomparve alla vista.

 

 

*******

 

 

L’uomo era sceso da cavallo per calmare l’inquietudine del suo animale, che scalpitò ancora un poco e sbuffò dalle froge frementi e dilatate. Osservò la donna in piedi sul ciglio del sentiero con un’ occhiata fugace e nervosa.

“Madame avete spaventato il mio Faust!” Protestò veemente. Se si aspettava delle scuse, ricevette tutt’altro.

“Anche voi avete spaventato me, sbucando in quel modo dalla curva! Che modo di cavalcare! Il vostro cavallo è tutto sudato e sporco!” Fu la risposta pronta, indisponente e per nulla accomodante di Danielle.

“Succede quando si spinge un animale al galoppo, lo sapevate? Ma non temete, provvederò a farlo strigliare e lavare a dovere, e il suo manto tornerà più nero e lucido di prima…” ironizzò l’uomo, con velata arroganza.

Danielle gli voltò le spalle, infastidita dal tono, e tornò a sedersi sul grosso tronco di legno, decisa a ignorarlo. Il cavaliere la fissò qualche secondo; indugiò sulla sua figura, sul suo volto delicato, sugli occhi celesti fiammeggianti e sdegnosi, sull’oro lucente dei capelli sciolti in onde ribelli sulle spalle. Il disappunto lo stava abbandonando, sostituito dalla curiosità di sapere chi fosse quella donna stupenda piombata sulla sua strada, chissà per quale scherzo del destino. Era la creatura più bella che avesse mai incontrato.

“Ora che fate, lì seduta? Avete intenzione di restare qui, per spaventare qualche altro cavaliere errante, madame?”

“Soltanto quelli arroganti e sfrontati come voi, messieur.”

Non avevano iniziato quella conversazione nel migliore dei modi, ma l’uomo tentò di rimediare, mosso dall’impulso irresistibile di farle cambiare opinione.

“Non sono così arrogante come pensate. Se mi dite dove abitate, mia bellissima fata dei boschi, vi riaccompagno al vostro castello, ma dovrete accontentarvi della mia sporca cavalcatura... spero non sia un problema.”

E l’uomo sorrise in un modo disarmante che avrebbe fatto sciogliere qualsiasi altra donna, ma non fece molto effetto sulla eterea fata dei boschi.

“Chi lo vuole sapere?”chiese Danielle, che un poco si era addolcita, ma si guardò bene dal mostrarlo.

L’uomo si profuse in una riverenza galante, porgendole al fine la mano per invitarla ad alzarsi.

“Il mio nome è Tristan De Laundes, per servirvi madame: il mio Faust è a vostra disposizione.”

 

 

 

Continua…

 

 

Eccomi qui.

Capitolo meno lungo dei soliti, più introduttivo che altro, ma ci sono diversi elementi che tracciano la direzione. La parte inerente a Oscar è stata quella più difficile da scrivere, perché i suoi sentimenti in questo momento sono davvero una matassa aggrovigliata da dipanare, almeno per come la vedo io. Che donna complicata!! Ci sono le basi di quello che succederà dopo, che svilupperò in seguito, e prossimamente conosceremo meglio anche questo nuovo personaggio che aspettavo da un po’ di poter introdurre e che avrà un ruolo importante. Per il cognome di Tristan per aiutarmi ho fatto una piccola ricerca su internet sull’araldica francese. Non mi sentivo in grado di inventarmelo di sana pianta e temevo di scrivere corbellerie, così mi sono documentata. Spero che il capitolo via sia piaciuto, e come sempre suggerimenti, critiche e commenti, saranno sempre bene accetti. Grazie sempre a tutti i lettori silenziosi e non, che mi seguono. Spero di non deludervi. Alla prossima.

 

   
 
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