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Autore: Bryluen    23/04/2015    3 recensioni
Piena estate, il sole brilla accarezzandovi la pelle, il mare vi invita a buttarvi tra le sue onde cristalline. Le sentite le risate di quella piccola comitiva? Due gemelli albini e due amiche del cuore stanno dando vita ad appassionate schermaglie d'amore. Provate a scorgere i fili invisibili che già si annodano e si sciolgono tra di loro.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Dante, Vergil
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Accidenti a Dante! Era tutta colpa sua se lui adesso si ritrovava con un delizioso quadernetto rosa tra le mani. Eva glie l'aveva teso dicendo "Tuo fratello è andato a comprare un regalo per Federica. Ho pensato che avresti potuto prendere qualcosa anche tu, per la tua amica". Peccato che la madre non si fosse fermata a chiedere la sua opinione prima di fiondarsi all'acquisto e adesso lui, per farla contenta, avrebbe dovuto consegnare a Sveva il grazioso pacchettino della cartoleria. In effetti Sveva l'avrebbe apprezzato, l'aveva colta più volte china sui fogli, o concentrata alla tastiera di un portatile, e aveva il sospetto che si divertisse a scrivere un insulso romanzetto o qualche smielata poesia. Ma come farle capire che non era stato lui l'artefice del regalo? Non avrebbe nemmeno voluto ammettere di stare semplicemente obbedendo agli ordini di sua madre. L'avrebbe fatto sembrare un bambino. Il problema era che Eva era fragile e delicata solo in apparenza, nella realtà era capace di rigirare lui e Dante come più le piaceva. Senza sapere neanche come, lui e il fratello si ritrovavano sempre a obbedirle, anche quando non erano d'accordo con le sue proposte.
Sbuffò e seguì la madre al tavolino di un bar, la tovaglia bianca ondeggiava al vento e le sedie erano all'ombra. Sarebbe stato lieto di fare una sosta, il caldo italiano era difficile da sopportare. Fece appena in tempo a posare le buste e sedersi che sua madre scatto in piedi. -Cosa c'è?-
-Fermo lì, voglio farti una foto, con quella camicia blu e il mare alle spalle sei davvero incantevole.-
-Grazie, mamma.- Un sorriso spontaneo gli curvò le labbra, mentre cercava di assumere una posa studiatamente naturale.
Posò un braccio attorno alle spalle di Eva, mentre lei tornava a sedersi e si tendeva verso di lui per fargli guardare l'istantanea appena scattata. -Guarda come sei bello quando smetti di avere quell'espressione accigliata e ti sciogli un po'.-
-Non ho un'espressione accigliata!-
-E invece sì, fai sempre il sostenuto. E in questi giorni poi c'è qualcosa che ti rende irrequieto.-
Vergil socchiuse le labbra, ma non pronunciò neanche una sillaba. Per quanto tentasse di nascondere le proprie emozioni, sua madre era sempre capace di leggergli dentro. -Niente per cui ti debba preoccupare.-
-Non sono preoccupata Ver, sono un po' triste- disse, accarezzandogli una guancia.
-Perché?-
-Perché non ti confidi con me, preferisci covare la tua confusione, come se esprimere i tuoi dubbi fosse una debolezza. Io, però, sono tua madre. Non hai bisogno di mostrarti sempre forte con me. So decifrare ogni piccola ruga che ti viene sulla fronte e penetrare ogni tuo silenzio. Non ti chiedo nulla per lasciarti i tuoi spazi, non voglio essere invadente, ma a volte ho la sensazione che tu abbia bisogno di parlare con qualcuno e non ti conceda di farlo.-
Vergil rimase a bocca aperta. Eva aveva compreso dei suoi atteggiamenti che nemmeno lui aveva saputo interpretare. Sospirò, improvvisamente stanco. Rovesciò la testa e guardò solo il cielo sopra di lui, non c'era nemmeno una nuvola in quello spazio infinito e tranquillo. La voglia di sentirsi libero, di far scivolare via il peso di mille segreti, sembrò conquistarlo. Forse era il momento di abbattere almeno qualcuna delle barriere che aveva eretto, calare la maschera del super io e permettersi di essere semplicemente un figlio. Se c'era una persona di cui si fidava era sua madre.
Eva attese che il cameriere si allontanasse, dopo aver preso nota delle loro ordinazioni,  per rivolgersi di nuovo al ragazzo, ma lui la precedette.
-Hai ragione, mamma. Di solito sono in grado di prevedere esattamente gli eventi, le reazioni delle persone che mi circondano. Non ci sono imprevisti, non ci sono sorprese, va tutto esattamente come avevo programmato. Ho sempre ragione. Ma da quando siamo qui...- Vergil puntellò i gomiti sul tavolo e si prese la testa tra le mani. -C'è qualcosa che mi confonde, che mi costringe a mettermi in discussione e questa cosa mi fa ammattire.- Alzò leggermente la voce e tornò a sedersi contro lo schienale, evitò lo sguardo di sua madre, osservando un punto imprecisato davanti a sè.
-Questa cosa o questa persona?- disse Eva, in tono divertito.
Vergil la fulminò con lo sguardo, per poi tornare a non guardarla. Non le rispose.
-Tesoro mio, non c'è niente di male nell'essersi innamorati.-
-Non mi sono innamorato di lei! Lo sapevo, ho fatto male a parlartene, ti sei fatta un'idea sbagliata.-
-Non è affatto vero, mio caro. Io mi baso su ciò che ho visto.- Allungò al figlio la fotocamera. Aveva selezionato una delle foto scattate a Ravello, perché comparisse sul display, aveva anche impostato lo zoom affinché inquadrasse esattamente la scena. Nell' inquadratura c'era Sveva concentrata su un punto un po' più a sinistra rispetto all'obiettivo, e Vergil che la fissava intensamente, come volesse accarezzarla con lo sguardo. -Non si può equivocare questa situazione.-
Vergil si umettò le labbra, sentendo stranamente la gola secca. Cercò di recuperare il controllo, prima di arrossire come uno scolaretto. Solo sua madre era in grado di fargli quell'effetto. Lo faceva sentire come fosse impreparato durante un'interrogazione. -Non è come sembra.-
-Oh, quindi lei non ti piace? E sai che capisco quando mi dici una bugia!-
-E va bene. Innamorato è una parola grossa, diciamo che Sveva mi interessa, però lei è sempre così...indisponente!-
Eva alzò le sopracciglia, mentre un mezzo sorriso le illuminava il volto. -Tesoro, quella ragazza ha carattere. Tu non puoi stare con una di quelle marionette, sempre pronte a darti ragione, ti annoierebbero entro un paio d'ore. Lo so che sono più rassicuranti, più tranquille, ma l'amore non è questo. L'amore deve darti la scossa, deve capovolgere la tua realtà e farti sentire diverso, deve cambiare il tuo mondo, il modo di vedere le cose, perché da una persona sola si diventa due. L'ottica si raddoppia, c'è un punto di vista diverso, c'è un'altra persona di cui occuparsi e preoccuparsi.-
-Già...- Vergil non confidò alla madre tutti i suoi pensieri, ma si ricordò di quel giorno sulla spiaggia, quando avrebbe voluto dire qualcosa in grado di ferire Sveva, ma gli era bastato uno sguardo a quel volto così pulito e ingenuo da far naufragare ogni proposito bellicoso. Abbassò lo sguardo verso la foto, e una piega amara si dipinse sulla sua bocca. Puntò il dito contro il piccolo schermo. Per quanto quelle parole gli pesassero aveva bisogno di pronunciarle. -Lei non mi sta guardando.-
Eva posò la mano sulla schiena del figlio e lo accarezzò come quando era bambino e voleva tranquillizzarlo. -Scorri le varie foto, ne ho fatte tante- gli suggerì.
Lui ignorò il gelato che si stava sciogliendo nella coppa e iniziò a sbirciare nella gallery. All'inizio c'erano tutte foto di gruppo, con i genitori soddisfatti e rilassati, poi vide se stesso e Sveva in una serie di scatti rubati. In alcuni momenti avevano i visi talmente vicini che sembrava stessero per baciarsi, ma lui capì che si stavano punzecchiando. Erano vicini solo per non farsi sentire. Certo, sorridevano e si guardavano negli occhi con una complicità sorprendente. Sveva aveva lo sguardo luminoso e le guance lievemente arrossate, i suoi capelli sciolti disegnavano delle onde setose sul vestito azzurro. Se l'avesse avuta lì, in quell'istante, avrebbe affondato la mano tra la chioma dorata, e avrebbe giocato con quei boccoli scomposti. Accidenti, ma cosa stava pensando?
Le successive tre istantanee lo lasciarono piacevolmente colpito. Sveva lo guardava, a volte in modo palese, altre di sottecchi, però lo guardava. E sembrava felice. Felice di vederlo, di averlo accanto. In quei fotogrammi non c'era finzione che tenesse, non c'erano scuse, o schermaglie dietro le quali nascondersi. Il sentimento si leggeva sui loro volti, negli occhi spalancati, le labbra socchiuse; la mani quasi sempre vicine, che a malapena si sfioravano, senza il coraggio di toccarsi davvero.
Lasciò andare la fotocamera e si dedicò al gelato alla frutta, che richiedeva un suo intervento urgente. Eppure fece fatica a percepire il delicato gusto del cocco sul palato, tanto era preso a elaborare razionalmente il gran tumulto che gli si agitava dentro. Doveva arrendersi all'evidenza? Si era innamorato.
-A cosa pensi?- gli chiese Eva, dopo lunghi minuti di silenzio.
-Lei potrebbe avere un altro...- mormorò, stringendo i pugni sul tavolino.
-Quella non mi sembra la faccia di chi pensa ad un altro- mormorò Eva, picchiettando con l'unghia sulla fotocamera.
-Lo credevo anche io.- Vergil si voltò verso sua madre, senza curarsi di nascondere la delusione. Si mostrò per quel che era, un ragazzo confuso, con il terrore di fare una figuraccia e di perdere tutto il muro di autodifesa che si era costruito intorno. Lui sapeva chi era, era consapevole di se stesso, di essere una persona forte, decisa, che otteneva sempre ciò che voleva. Ma se quell'immagine che aveva di sè fosse crollata, non sapeva cosa avrebbe potuto fare per ricomporre i pezzi.
-Che importanza ha?-
-Cosa? Mamma forse non hai capito. Lei sta frequentando un altro, credo. Comunque si sentono.-
-Ripeto: che importanza ha?- Eva spostò la sedia, in modo che fosse proprio di fronte al figlio. Gli posò una mano sul braccio e lo strinse, sorpresa di sentire tanta forza trattenuta sotto le dita, eppure tra quei muscoli scorreva anche una fragilità nascosta, come un fiume sotterraneo che non vuole salire in superficie, ma corrode le fondamenta. -Se tu ami quella ragazza allora non devi temere di sbagliare. Devi fregartene del rischio di avere un due di picche, che secondo me non avrai affatto, e fare almeno un tentativo. Altrimenti ti darai dello sciocco per non aver nemmeno tentato, e ancor peggio capirai di esserti fatto frenare dalla paura, e questo non lo sopporteresti. Non tu.- Sua madre lo guardò dritto negli occhi, con espressione seria, ma il suo volto si distese pochi secondi dopo, lasciando il posto a un certo divertimento. -E poi cosa dicevi a tuo fratello, qualche giorno fa? "Hey, sono Vergil Sparda: nessuna ragazza mi resiste!"-
Vergil fu felice di non avere uno specchio davanti a sè, perché l'imitazione che gli fece sua madre lo fece arrossire fino alle punte dei capelli. Al colmo dell'imbarazzo perlustrò i tavoli vicini, per accertarsi che nessuno li avesse visti. -Mamma, non farlo mai più!-
-Ok, però è stato divertente!-
-Sì...per te.-
-Che c'è?-
-Nessuna mi resiste...ma su di lei non sono così sicuro.-
-Ah, quindi vuoi vivere col dubbio?-
Dubbi. Lui non ne aveva mai avuti. E quello non era il momento per cominciare a collezionarli. No, lui doveva conoscere la verità e c'era una sola persona che avrebbe potuto dirgliela.


*****

Sveva appoggiò la fronte contro il vetro della finestra e chiuse gli occhi per qualche istante, godendosi il freddo di quella superficie contro il volto accaldato. I pensieri vorticavano nella mente come prede di un uragano furibondo e il cuore non rallentava la sua folle corsa. Deglutì a fatica e guardò verso il mare, trovandolo agitato quanto lei. Le onde si rincorrevano sempre più veloci, creando una spuma leggera e frizzante. Fino a qualche ora fa era immersa in quell'acqua cristallina, nuotando sempre più a largo per poi girarsi e ammirare la riva lontana. Quella solitudine, invece di rasserenarla, la spingeva a pensare agli amici assenti.
Aveva parlato con Federica e aveva saputo che si era ormai decisa a perdonare Dante. Sveva accolse quella notizia con la gioia più grande e sincera, però fu costretta ad analizzare la propria situazione con una punta di invidia. Lei era ben lontana dall'ottenere un lieto fine con Vergil, malgrado fosse il suo desiderio più grande.
Mosse qualche passo per la stanza, fino a sedersi alla scrivania. Estrasse un vecchio quaderno dal cassetto, accarezzò la copertina lisa, di un azzurro ormai sbiadito e poi lo aprì, sentendo le pagine crepitare sotto le dita, colpa di un bagno imprevisto che le aveva raggrinzire; fortunatamente le parole si erano salvate, anche se alcune erano sfocate, indistinte, come era stata lei quando le aveva scritte. Arrossì al pensiero di avere ancora un diario segreto. Alla sua età quella piccola mania sembrava davvero infantile, ma buttare giù i suoi dubbi era un modo di vederli con più chiarezza e, magari, trovare una soluzione ragionevole. E poi quel diario non era un'abitudine, ma solo un rimedio estremo per i momenti di confusione assoluta. E quello era certamente un momento di confusione.
Iniziò con l'immancabile "Caro diario" per poi lasciar libera la penna di vagare sui fogli. Tre ore e qualche lacrima più tardi, poté alzare lo sguardo dalle pagine riempite di una fitta calligrafia obliqua. Chiuse di scatto il quaderno, e lo strinse al petto, come si fa con un oggetto caro e fragile, qualcosa da custodire gelosamente. Lo portò con sè sul letto, dove si distese, cercando inutilmente di dormire. Si sentiva svuotata, in effetti lo era, perché tutti i suoi sentimenti erano fluiti sulla carta, abbandonandola in uno stato di rassicurante vuoto. Si rannicchiò, infreddolita. Chiuse la mani a pugno e le nascose sotto il cuscino per accumulare un po' di calore. Sapeva che quella sensazione non derivava dalla temperatura effettiva, ancora estiva e altissima, ma era una conseguenza del suo malessere interiore, del suo stato d'animo. Era venuto il momento di fare i conti con se stessa.
Aveva finto per troppo tempo di non provare nulla per Vergil e quella recita, ora, iniziava a logorarla. Aveva bisogno di posare la maschera e guardarsi allo specchio per chi era veramente, senza finzione, senza bisogno di proteggersi. Fece un respiro profondo e si vide riflessa nella specchiera posta sopra la scrivania. Si mangiucchiò un'unghia, osservando il volto di una ragazza insicura, che continuava ad aggiustarsi i capelli e ad abbassare lo sguardo. Ma qualche istante dopo qualcosa si mosse, le sembrò quasi di percepire uno schianto dentro l' anima. Doveva essere una lastra di ghiaccio che precipitava in chissà quale abisso. Era stanca di essere sempre troppo educata per dire la verità, troppo fragile per arrendersi all'evidenza, troppo testarda per capire che essere ferita non era poi così grave, ma accumulare rimpianti era letale.
Una risata, profonda, liberatoria, le gorgogliò su per la gola, arrivando fino alle labbra che si aprirono per lasciarla uscire. Era finita. La guerra si era conclusa. Era il momento di alzare bandiera bianca.
-Ma cos'è cambiato? Fino ad oggi ti sei sempre rifiutata di dichiararti- continuava a sussurrarle una vocina.
Sveva aprì il quadernetto e rilesse un passo che aveva appena scritto "Non mi sono mai lasciata andare, non completamente. Ho aperto uno spiraglio sufficiente perché Vergil notasse quel che provo davvero, perché tutti lo notassero, in realtà. Ma poi, arrivata al momento cruciale, mi sono sempre rifiutata di cedere. Conosco Vergil, so quanto sia arrogante ed egocentrico. Non volevo abbandonare me stessa nelle mani di uno così, ma poi ho dovuto ammetterlo. Mi sono innamorata di lui perché è dannatamente affascinante, galante, e in rarissimi momenti perfino protettivo. Quel suo essere rigido, fermo, mi trasmette una sicurezza che non ho mai provato prima. Vergil non è solo oscurità, è anche luce, seppure soffusa. Allora perché non fidarmi di questo suo lato? Perché vedere solo il buio, il peggio?"
-Ti farà solo del male- ripeté la voce.
E gli occhi della ragazza saltarono qualche riga più giù. "Mi ferirà? Non posso saperlo. Non lo escludo, anzi, ammetto che la possibilità c'è ed è anche piuttosto alta. D'altronde sto già soffrendo. Lui sa di piacermi e si fa forte del mio silenzio, cerca in ogni modo di piegare la mia resistenza, e più mi oppongo e più sto peggio. Perché ho sempre pensato di non poter parlare, di non poterglielo dire. Avrebbe riso di me, mi avrebbe usata e gettata via. Forse lo farà davvero. Questa prospettiva mi atterrisce, mi spaventa. Ma come faccio a continuare a lottare contro di lui, quando l'unica cosa che voglio è buttargli le braccia al collo e rubargli un bacio? Sì, proprio io. Proprio la pavida e fragile Sveva. Vorrei avere abbastanza audacia da fare ciò che lui ha fatto a me a Ravello. Spingerlo con le spalle al muro e sfiorare quelle sue labbra morbide. Giocare con lui, come se non fosse pericoloso, come se non stessi in bilico sul precipizio. Sarebbe una sensazione inebriante, meravigliosa. E allora perché non provarci? Mi farà male? Forse sì. Ma stare ferma ad aspettare che qualcuna con più coraggio e meno insicurezze se lo porti via è anche più doloroso."
-Lui ti respingerà- esclamò la voce.
"Ho sempre pensato che mi avrebbe respinta, che si sarebbe divertito nel prendermi in giro. Non posso interessargli, io che sono tanto insulsa. Eppure lui continua a stuzzicarmi, a provocarmi. Non perderebbe il suo tempo solo per una sciocca ragazzina romantica. Ho una possibilità. Una su un milione. E pescare quella giusta sarà davvero come trovare l'ago nel pagliaio, ma devo almeno tentare. In fondo, se mi allontanerà, succederà soltanto ciò che avevo sempre previsto. E allora crolleranno tutte le mie speranze, ma anche le mie incertezze. Non posso perderlo, perché non è mai stato mio. Rischio il mio amor proprio, il mio orgoglio e una relazione sperticata in cui lui fa la parte del leone e io dell'agnellino che lotta solo per salvarsi la pelle, ma solo per un altro giorno ancora, perché lo so che alla fine sarà lui a vincere. Non è questo il rapporto che voglio avere con lui. Almeno, se mi beccherò un due di picche gigantesco, potrò ricominciare da capo. Recupererò un briciolo di sanità mentale, scriverò il suo nome per qualche mese su foglietti ricoperti di cuori spezzati e poi lo dimenticherò. Ma se non andasse così?"
-Hai davvero intenzione di dichiararti?- urlò la voce, stavolta scandalizzata.
Sveva voltò una pagina, cercando le risposte nella sua confessione d'inchiostro blu. "Non busserò alla sua porta cascandogli tra le braccia ed esclamando: io ti amo! No, certo che no. Ovviamente no. Ho ancora un briciolo di lucidità e spirito di autoconservazione. Ma un piccolo passo l'ho fatto, con il cuoricino per sms. Lo so, è una piccolezza, ma lui dopo ha sorriso. Non l'ho immaginato. Il suo volto si è disteso, era...rassicurato. Non capisco che cosa gli prenda in questo periodo. Mi sembra sempre più seccato dai messaggini di Ettore. Ma questo è un bene, no? A me non importa un fico secco di Ettore, che poi non è mai stato così appiccicoso. Voglio solo far capire a Vergil che...Cavolo, non lo so come farò! Però, la prossima volta che lui tenterà di giocare con me, aspettandosi che io mi dia alla fuga...lo sorprenderò! Lascerò la presa su me stessa, mi concederò di dire la verità: è vero, ti voglio. Chissà come la prenderà lui. Sono terrorizzata, però rischiare è l'unico modo per ottenere una svolta. Non posso continuare così, è da vera masochista. Vuole che ammetta che lo amo? Lo ammetterò! In effetti lui ottiene sempre quello che vuole. Speriamo che per una volta quel che lui desidera sia io."
Chiuse il quaderno, spense la mente e si abbandonò al nulla. Un piacevole vuoto fatto solo di respiri leggeri. Doveva solo conservare il coraggio e l'incoscienza di chi non teme colpi avversi.


Ciao,
lo sapevate che oggi è la giornata mondiale della lettura?
Ecco, io sono bloccata a casa, niente giro per le librerie, però ho pensato di farvi un regalino e postarvi il capitolo nuovo.
Che ne dite di questo Vergil insospettabilmente fragile e della nostra Eva divertita e tenera?
E di Sveva che sta raccogliendo tutto il proprio coraggio per svelare a Vergil i suoi sentimenti?
Tenete duro, mancano pochi capitoli alla fine, ma ci saranno ancora delle belle sorprese!
  
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