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Autore: Amanda FroudeBlack    23/04/2015    3 recensioni
Vi voglio raccontare una storia, e lo farò al meglio delle mie capacità. Sarà lunga, spossante, e non so dirvi se alla fine ne sarà valsa la pena.
Vi racconterò di famiglie che non pretendono di essere le migliori al mondo, ma saranno quelle che non puoi fare a meno di ammirare perché ti spiegano il mondo attraverso l'amore. Ci saranno famiglie che, al contrario, useranno l'odio per dividere, accecate dal potere e rese folli dall'odore del sangue.
Poi, vi racconterò di chi sa da che parte stare, ma non giudica chi ha dovuto attraversare il male per comprendere la via del bene.
Vi parlerò di seconde possibilità, del dolore della morte e della sconfitta. Spiegherò il sacrificio, il sudore, la frustrazione.
E forse, vi racconterò una vittoria.
Genere: Angst, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Famiglia Black, Famiglia Potter, I Malandrini, Un po' tutti | Coppie: James/Lily, Rodolphus/Bellatrix
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Capitolo IV
 
15 settembre 1976
 
POV: JAMES
 
Cercò di camuffare uno sbadiglio guardando fuori dalla finestra.
Merlino, quella era la lezione di Difesa Contro le Arti Oscure più noiosa di tutti i tempi.
Oltre il vetro intravide il campo da Quidditch, e pensò subito che avrebbe dovuto organizzare i primi provini per il nuovo portiere della squadra. Si voltò verso Sirius, accanto a lui, e lo scoprì completamente addormentato sul banco. Gli diede un’energica gomitata.
“Hey... Felpato, sveglia!” gli sussurrò.
Anche Remus si era voltato verso di lui, e l’espressione sul suo viso esprimeva la più totale disapprovazione.
Sirius aprì prima un occhio, poi l’altro, incontrando lo sguardo severo della professoressa MacDougal. Era una docente giovane, alle prime armi con l'insegnamento, e anche molto carina. Dalla prima lezione l’amico non aveva perso occasione di metterla in difficoltà, attirando continuamente la sua attenzione.
“Black, è comodo? Ha bisogno che parli più piano, così può riposarsi meglio?” chiese, sarcastica.
Il compagno si raddrizzò, sbadigliando.
“No, professoressa, il tono che stava usando era esattamente quello che mi serviva per addormentarmi...” borbottò.
Alcuni compagni davanti sghignazzarono, anche a James scappò un mezzo sorriso.
“Immagino che per fare tutto questo sarcasmo lei sia già molto informato sull’Incanto Patronum. Potrebbe mostrarcelo?”
Il sorriso impertinente dell’amico si allargò, e James seppe che stava per dire qualcosa di insolente solo per farsi cacciare dall’aula e tornare a dormire per le successive due ore.
“Dice sul serio? Mi mette in imbarazzo, professoressa. Ci conosciamo da solamente due settimane e vuole già vedere il mio Patronus?” chiese, sornione “Pensavo che almeno prima mi avrebbe invitato a bere qualcosa!”
James schiuse le labbra e guardò l’amico con occhi spalancati.
La professoressa dapprima strabuzzò gli occhi, poi arrossì furiosamente ed assunse un tono di voce talmente alto che pareva di sentire strilli di Mandragola “COME OSA?! FUORI DA QUESTA CLASSE, IMMEDIATAMENTE!
Sirius non se lo fece ripetere due volte; tra le risate generali della classe si alzò, s’incamminò deciso verso l’uscita, sorridendo trionfale, e schivò abilmente lo sgambetto che Jaded provò a fargli.
Dato il passo spedito, probabilmente era già troppo lontano perché sentisse l’insegnante togliere ben venti punti a Grifondoro.
 
POV: SIRIUS
 
Sorrise soddisfatto, e calcolò che, se fosse arrivato alla sala Comune in fretta, si sarebbe potuto concedere almeno un’ora e mezza di sonno prima di Pozioni.
Quelle lezioni di Difesa Contro le Arti Oscure erano state una pagliacciata sin dal primo giorno. Era almeno un anno che lui e i suoi amici avevano acquisito dimestichezza con l’Incanto Patronus, non aveva intenzione di spendere le prime ore del mattino a ripassare nozioni che già conosceva a menadito.
A passo svelto attraversò il corridoio del terzo piano. Nonostante la velocità, con la coda dell'occhio notò una figura appoggiata contro la finestra del corridoio.
Si fermò di colpo e la osservò meglio.
Aveva un'aria familiare, ma non riuscì a ricordare chi fosse o a quale casa appartenesse. Sembrava più piccola di lui, probabilmente a causa del fisico minuto che si ritrovava. I capelli scuri e mossi le cadevano oltre le spalle, un po' spettinati. La frangia era disordinata sulla fronte, e pensò che dovesse essere un effetto dovuto, perché le donava davvero molto. Il viso era piccolo e rotondo, e ipotizzò che fosse una persona abituata a sorridere, sebbene in quel momento non lo stesse facendo.
Si avvicinò, lei si accorse della sua presenza e gli rivolse uno sguardo spaesato. Gli occhi erano grandi e blu, tanto che nel momento in cui i loro sguardi si incrociarono, Sirius capì, per la prima volta, il significato di rimanere senza fiato.
"Ti sei persa?" chiese con un mezzo sorriso.
Lo sguardo cadde subito sul colletto della camicia, in quel momento sprovvisto di cravatta. Si lasciò distrarre dalla scollatura della camicetta, sbottonata giusto di un paio di bottoni. In realtà non si intravedeva nulla, ma gli occhi vi rimasero fissi qualche istante di troppo, probabilmente a causa dell'abitudine.
La ragazza si portò le mani al petto.
"Mi stai guardando le tette?" chiese, con un'espressione a metà tra la sorpresa e la rabbia.
"No!" esclamò lui, troppo velocemente.
'Nega!' pensò 'Nega fino alla fine!'.
Tentò allora un salvataggio improvviso.
"Notavo che sei senza cravatta!" commentò.
"Lo ammetti, allora! Mi stavi fissando il petto!" protestò.
I suoi occhi blu erano ridotti a due fessure, le labbra strette e le narici leggermente dilatate per il disappunto.
Sirius sospirò, e si grattò il capo, in difficoltà. Come mai era così astiosa? Non gli era mai capitato di essere così in difficoltà con una ragazza, di solito era sempre stato semplice.
"Sei nuova? Non ti ho mai visto!" tentò, porgendole la mano.
"Io sono Sirius, piacere!" aggiunse, sorridendo.
La ragazza fissò la sua mano, sconvolta. Gli rivolse uno sguardo ostile.
"Ma che... ? Mi prendi in giro? Conosco sia te che gli altri due tuoi amici idioti!" sibilò, offesa.
Sirius non capì cosa intendesse. Si riferiva a James, Remus e Peter? Evidentemente non era brava a far di conto.
"Tre" la corresse.
"Come?"
"Hai detto due, ma sono altri tre" precisò, impettendosi.
"So quanti siete, ma Remus non è un'idiota!" esclamò, come se fosse ovvio. Strinse i pugni lungo i fianchi, sembrava si stesse trattenendo dall’aggredirlo fisicamente.
"Comunque no, non sono nuova. Forse mi sono persa, ma no, non voglio il tuo aiuto!"
"Io non ti ho chiesto se ti serviva aiuto!" sbottò, piccato. Iniziava ad innervosirsi. Ma chi diavolo credeva di essere?
"E nemmeno me lo aspettavo, infatti, considerando che non aiuti nemmeno-" sibilò, ma si interruppe all’improvviso senza terminare la frase.
Sirius si rese conto che sembrava a disagio, come se si fosse fatta scappare una parola di troppo.
“Nemmeno...?” le fece eco, confuso, assottigliando lo sguardo. Di cosa stava parlando?
“Niente” sentenziò, sbuffando “Devo andare. Addio.”
“Aspetta, ma cosa-?” provò, ma lei non gli prestò attenzione e cercò di oltrepassarlo con una spallata. Ciò lo indispettì, ma si bloccò dal dirle qualsiasi cosa appena percepì il suo profumo.
Era un odore dolce e familiare, ma che era sicuro di non aver mai sentito addosso a nessuno.
Il suo fiuto canino gli suggerì che si trattava di odore di biscotti, ma non riuscì a ricordare in quale altro luogo l’aveva avvertito.
Senza rendersene conto si ritrovò a seguire, di nascosto, i suoi passi. La curiosità che quella fastidiosa e incomprensibile ragazza gli aveva suscitato superava di gran lunga la voglia di dormire.
 
POV: AMANDA
 
Aveva l’adrenalina a mille, dopo quell’incontro. Si era pentita di non avergli dato almeno un pugno, dopo che si era persino reso conto di non sapere il suo nome. Frequentavano più della metà dei corsi insieme, possibile che si fosse accorta di lei solo quella mattina perché non indossava una stramaledetta cravatta? Aveva provato anche un certo fastidio, nel rendersi conto che lui non contemplava nemmeno la sua esistenza. Lei, che aveva anche passato anni ad odiarlo, si era sentita una completa idiota.
Black c’era riuscito, l’aveva fatta sentire una nullità, ancora una volta. Mai come in quel momento riusciva a comprendere le emozioni di Regulus così bene.
Dopo quella discussione, il primo giorno di scuola, Regulus aveva resistito per ben quattro giorni senza parlarle. Lei non si era data per vinta, l’aveva tormentato per chiarire la sua posizione e avevano fatto pace.
Tuttavia, era sorpresa di come lui avesse male interpretato le sue intenzioni. Non voleva farlo sentire sbagliato, era un’idea che si era fatto lui. Gli aveva chiesto perché il fatto che lei non la pensasse come lui lo facesse sentire dal lato sbagliato. Amanda voleva che lui imparasse a leggersi meglio dentro, a capire davvero ciò che voleva.
Quella domanda lo aveva messo in crisi; l’aveva guardata e le aveva risposto “O tengo troppo alla tua opinione, o forse penso davvero di trovarmi dal lato sbagliato.”
Inciampò distrattamente in un gradino, ma questa volta riuscì a non cadere. Si guardò intorno per assicurarsi che nessuno l'avesse vista, dopodiché si diresse nell’ultima direzione tentata per scovare l’aula di Difesa Contro le Arti Oscure.
Erano due settimane che era tornata a Hogwarts e si era già persa sei volte, caduta quattro, scivolata otto e inciampata dodici. Quello, in fondo, era solo il sesto anno che la frequentava.
A dirla tutta, il suo rapporto con l'equilibrio non attraversava un momento felice, e i terreni sconnessi dei giardini, i gradini vecchi, le scale e il pavimento scivoloso non aiutavano granché.
In realtà conosceva abbastanza bene i piani di Hogwarts, il problema erano le scale. Quelle stramaledette scale tutte identiche fra loro.
Non poteva permettersi di andare a lezione da sola perchè rischiava di perdere la strada ogni volta. C'era un trucco, dicevano, ma a lei non riusciva mai, e si era convinta che le scale si prendessero gioco di lei perchè sentivano che era a disagio ogni volta che le percorreva. Scendeva al secondo piano e senza sapere come in realtà aveva percorso abbastanza gradini da essere al piano terra; prendeva allora un’altra scala, ma quella saliva direttamente al quinto, poi scendeva al quarto e su un'altra scala si rendeva conto di essere al settimo. Per non parlare di quegli scalini maledetti che si divertivano a sparire! Ad un certo punto perdeva il conto dei piani ed ecco: si era persa.
L'unica consolazione erano i sotterranei, per fortuna a quelli non era difficile arrivare.
Scorse un’aula in fondo al corridoio e affrettò il passo. Sentì la voce della professoressa MacDougal arrivare dall’aula.
Bussò e attese risposta.
Nel momento in cui aprì la porta si accorse di aver catalizzato l’attenzione di chiunque su di sé. Fece un sorriso tirato.
“Buongiorno, professoressa... mi scusi per il ritardo, il professor Lumacorno mi ha trattenuta per parlarmi” disse.
Tirò goffamente fuori dalla borsa un ritaglio di pergamena, brandendolo a mo’ di prova “Mi ha firmato questo foglio di scuse da parte sua e mi ha detto di consegnarglielo. Posso entrare?”
L’insegnante sbuffò.
“Sì, entri pure.”
Amanda le consegnò la pergamena; la professoressa le diede un’occhiata veloce, dopodiché si soffermò sulla sua divisa.
“Vorrei che esibisse un abbigliamento più decoroso.” la rimproverò.
Amanda annuì, arrossendo, e si andò a sedere in un banco dietro Severus.
Il compagno le aveva rivolto uno sguardo confuso, e lei gli mimò con le labbra ‘Ti spiego dopo’.
“Lì è troppo indietro, signorina Froude, e poi è da sola.” intervenne nuovamente l’insegnante, richiamando la sua attenzione.
“Preferirei venisse più avanti, dobbiamo fare un’esercitazione a coppie. C’è un posto libero tra Potter e Lupin, si accomodi lì.”
Amanda non riuscì a trattenersi dall’alzare gli occhi al cielo, esasperata. Prima Black e ora Potter... ma che stava succedendo quella mattina?
Si trascinò svogliatamente accanto a James, dal quale si sentì curiosamente studiata. Salutò Jaded e Lily con un sorriso, posizionate nei banchi appena dietro di lei. Remus le riservò un sorriso affabile.
“Ciao, Amanda” le sussurrò.
Lei lo ricambiò, allegra “’Giorno, Remus.”
“Giornataccia?” le chiese a bassa voce “Che fine ha fatto la tua cravatta?”
“È una storia imbarazzante...” ammise in un bisbiglio.
“Una delle tue?”
Amanda annuì mestamente, e Remus si portò una mano davanti alla bocca per nascondere una risata.
La professoressa riprese a fare lezione e, quando fu il momento di lavorare a coppie, si voltò verso Remus.
“Lavorerai con me, vero?” lo pregò.
“Mi spiace, Amanda, sono con Peter. Ma James è da solo...” tentò, dispiaciuto.
“Appunto!” rispose, con una smorfia di disgusto.
“Guarda che ti sento, sono accanto a te!” protestò James.
Sbuffò, seccata, e lo guardò.
Fu sorpresa di notare che, più che contrariato, sembrava dispiaciuto. Ma il peggio fu sentirsi in colpa.
Lei non era una persona cattiva, e sapeva che trattare male James non avrebbe ridato indietro a Severus gli anni di soprusi subiti.
“Smettila di fingere che te ne importi qualcosa!” esclamò, annoiata.
“Ma a me importa! Guarda che so che sei un’amica di Jade!” insistette.
“Sei ubriaco, Potter?” chiese, confusa.
Lui sospirò, spazientito, e lasciò cadere la conversazione.
“L’incantesimo è a pagina trentasei.” bofonchiò.
Amanda continuò a guardarlo per qualche secondo, completamente sopraffatta da ciò che stava accadendo.
Non aveva mai davvero parlato con Potter o Black, perché li aveva sempre classificati come idioti per motivi che li rendevano effettivamente tali. Ma ora, cosa stava accadendo? Possibile che fosse davvero lei ad essersi chiusa nei loro confronti da non provare nemmeno a conoscerli davvero in tutti quegli anni? Aveva sempre fatto un vanto della sua capacità di andare oltre i colori della cravatta. Aveva concesso l’occasione a tutti di farsi conoscere, e aveva così stretto amicizia con un sacco di studenti interessanti.
Non doveva essere tanto diverso da Jaded, in fin dei conti. E a lei Jaded piaceva, la trovava un’amica geniale, piacevole e divertente.
Si schiarì la voce, cercando di non dare a vedere quei pensieri che la disturbavano.
“Expecto... Patronus?” lesse, poco convinta.
Patronum” la corresse James, distrattamente.
Strinse le labbra, piccata per la situazione. Provò a pronunciare l’incantesimo, eseguendo i giusti movimenti con la bacchetta, ma dalla punta scaturì solo un triste sbuffo grigio fumo.
James sorrise.
“Devi pensare a un ricordo felice e intenso” le suggerì “Ne hai uno?”
Ci pensò. Era piena di ricordi felici, nella maggior parte dei quali figurava la sua famiglia.
Uno, però, era il più bello di tutti.
La ricordava nitidamente, sua sorella Layla, a nemmeno due anni d’età. Amanda aveva raccolto dal giardino delle peonie per lei. Sua sorella le aveva guardate e le aveva sorriso, stringendo i fiori nel suo piccolo pugno.
“Mandy”
La prima parola di Layla.
“Ce l’ho!” esclamò, sorridendo “Tu hai provato?”
“Non ne ho bisogno, so già evocarlo...” rispose soddisfatto.
Amanda alzò gli occhi al cielo.
“Beh, allora mostrami come si fa!”
Il ragazzo alzò le mani “Ho aspettato che tu me lo chiedessi perché non volevo fare il presuntuoso... Ma sappi che se lo sono, è perché posso permettermelo!”
Prima che potesse rispondergli, James esclamò “Expecto Patronum!”.
Dalla bacchetta fuoriuscì un fluido argenteo che prese rapidamente la chiara forma di un cervo maschio. Il Patronus si aggirò per la classe correndo, attirando l’attenzione di tutti i compagni che lo ammiravano, stupiti.
“Chi l’ha evocato?” chiese stupita la professoressa MacDougal.
Vide James sorridere e fare qualcosa di assolutamente inaspettato: alzò la mano e indicò proprio lei.
“È il suo!” esclamò.
Amanda, colta alla sprovvista, si strinse nel suo posto, imbarazzata. Sentiva gli sguardi di tutti puntati su di lei; cercò almeno un filo di voce per poter rispondere all’occhiata meravigliata che l’insegnante le stava rivolgendo.
“No, professoressa, non sono stata io. È di Potter.” affermò.
Grifondoro guadagnò venti punti in un colpo solo, e James si beccò una pergamena accartocciata sulla schiena da sua sorella.
“Sei il solito egocentrico, Jamie!” protestò Jaded, inviperita.
“Qual è il tuo problema? Ho fatto guadagnare venti punti alla casa!” protestò, infastidito.
Alla fine della lezione, seguì James in direzione della porta.
“Perché hai detto che ero stata io ad evocarlo?” gli chiese, confusa. Affrettò il passo per potergli stare dietro, lui se ne accorse e si fermò. Poi inarcò le sopracciglia e sorrise.
“Perché una vera Serpeverde avrebbe approfittato dell’occasione!” rispose, facendo spallucce.
“Jade mi ha detto che ti stima molto e tiene a te, volevo assicurarmi che fossi chi dici di essere!” continuò, riprendendo a camminare.
Stava per rispondergli, seccata, ma girandosi in direzione della porta si bloccò.
Sirius era lì, appoggiato ad una parete, intento a fissare entrambi.


Commento dell'autore:
Sto aggiornando ad una velocità che solitamente non mi compete XD.
Okay, veniamo alla storia... In realtà non so bene cosa dire, ho mostrato diversi POV in uno stesso capitolo, quindi volevo sapere come vi pareva. Secondo me è interessante leggere i punti di vista di una stessa situazione, perchè dà un'immagine globale ma favorisce l'empatia col personaggio!
Fatemi sapere cosa ne pensate, se vi va :)
Vi mando un bacio e la buonanotte!
- Amanda
   
 
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