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Autore: Ginny_theQueen    03/05/2015    10 recensioni
[Post war, no spoilers]
Annabeth, Piper, Rachel, Reyna, Hazel e Thalia hanno in programma di passare assieme due giorni indimenticabili. Come? Ovviamente con un bel pigiama party nel nuovo appartamento di Percy e Annabeth. In bilico tra la normalità e la follia. Se ne vedranno delle belle, leggere per credere.
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annabeth Chase, Percy Jackson, Piper McLean, Rachel Elizabeth Dare, Reyna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'OTP: seaweed brain'
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Note: probabilmente vi eravate dimenticati di questa storia (io quasi). Spero che mi perdonerete dell’immane ritardo, eccovi l’ultimo capitolo. Buona lettura, ci vediamo giù.

 

 

Quando Percy arrivò sul pianerottolo alle nove del mattino, sapeva che suonare il campanello avrebbe significato una morte dolorosa. Rovistò nelle tasche, ma non riuscì a trovare le chiavi di casa. Rassegnato, si sedette con le spalle al muro e posò a terra il suo zaino, poi lo aprì e ne rovesciò i contenuti sul pavimento di marmo. C’erano carte di merendine, un pigiama, i boxer sporchi di ieri, altri snack, la felpa rossa dalle tasche abissali… ecco dov’erano le chiavi di casa!

Percy entrò in casa cercando di fare il minor rumore possibile. Il russare delle sei ragazze era udibile perfino dall’ingresso. Era chiaro che avrebbero continuato a dormire per un po’, quindi Percy decise di darsi da fare.

Il bagno era stato invaso. C’erano tubetti di prodotti sconosciuti ovunque. Borse, sciarpe e giubbini dominavano il salotto. Sembrava che le ragazze si fossero trasferite per settimane, invece che per una sola notte.

Percy prese una decisione molto matura. Non andò a sbirciare in camera. Avrebbe potuto fare un milione di foto alle ragazze che dormivano l’una addosso all’altra in posizioni strane sul suo letto, – per quanto stupida fosse, la cosa lo rendeva un po’ geloso – avrebbe potuto scattare un milione di foto mentre dormivano con la bocca aperta, senza trucco e con i capelli arruffati. I fratelli Stoll avrebbero pagato centinaia di dracme d’oro per quelle foto. Ma Percy era un adulto. Una persona responsabile che rispettava la privacy delle sue amiche.

Si mise a ridere.

 

Un’ora dopo, aveva sistemato il casino generale che vigeva sovrano nell’appartamento. Aveva indossato dei comodi pantaloni da tuta e la sopracitata felpa dalle tasche abissali, sapendo che le ragazze avrebbero riso. Gli era stata regalata da Piper al suo diciannovesimo compleanno. Era a tinta unica, rossa, con una scritta bianca davanti che diceva, ‘Se mi perdo, restituitemi ad Annabeth’ e ovviamente alla sua ragazza era stato regalato il capo coordinato complementare, bianco con la scritta rossa ‘Sono io sono Annabeth’. Era stato una sorta di scherzo, ma Percy insisteva sempre che dovessero indossare le due felpe insieme, provocando l’ilarità di tutti.

Il buon semidio si mise a fare i pancakes e apparecchiò la tavola per quando le ragazze si sarebbero svegliate.

 

La prima ad alzarsi fu Thalia.

“Buongio–” stava cominciando a dire Percy seduto al tavolo della cucina, ma fu interrotto dall’urlo della Cacciatrice. “C’è un uomo in cucinaaaaaaaaaaa!”

Dal corridoio arrivò la voce ancora assonnata di Rachel, “E’ tuo cugino, idiota.”

Dopo l’urlo, anche le altre si alzarono.

“Ciao, Perce. Vedo che hai preparato la colazione.”

“’Giorno, Hazel, serviti pure.”

“Già tornato, Jackson?”

“Si.”

“Uhhh, indossi la felpa!” esclamò Piper con un sorriso. Tipico di Piper: euforica anche appena sveglia.

Il volto di Percy si illuminò quando vide comparire anche Annabeth, in tutto il suo mattutino splendore con il pigiama con le civette.

“Ti sono mancato?” chiese lui aprendo le braccia.

Annabeth entrò nel suo abbraccio e si sedette diagonalmente sulla sua gamba. “Nemmeno un po’. Ho avuto la compagnia migliore del mondo.”

“Beccati questa, Jackson,” lo prese in giro Reyna facendogli la linguaccia.

“Ho fatto il bucato mentre dormivate,” disse rivolto alla sua fidanzata con una faccia da angelo.

“SPOSALO!” intervenne Hazel.

“Nah, penso che fuggirò con Reyna.”

Percy la fece quasi cadere. “Divertente, Annabeth.”

“Che sono quelle occhiaie? Siamo noi a non aver chiuso occhio fino a dopo l’alba…”

“Beh, io e Jason ci siamo fatti un giro. Poi siamo stati intercettati da Apollo che ci ha chiesto un favore, e sai come vanno a finire queste cose. Sono tornato a casa alle tre di notte, ho dovuto svegliare Mamma perché non avevo le chiavi. Le è venuto un colpo. Mi ha fatto mangiare– “

“Santa donna, tua madre.”  

“– e poi mi ha chiesto cosa era successo, e soprattutto perché non ero a casa con te.”

“E tu cosa le hai raccontato?”

“Che dovevi fare un pigiama party.”

“E lei?”

“Si è messa a ridere.”

“Aw, Sally. Dopo le telefono. Magari invito lei e Paul per pranzo domani.”

“Se la casa sarà ancora agibile quando queste qui se ne saranno andate…” disse Percy indicando le ragazze.

“Sciocchezze,” disse Annabeth con un cenno della mano.

“Adoro il modo in cui non calcola minimamente le osservazioni di Percy e procede secondo le sue idee ignorandolo del tutto,” commentò Thalia. “Sono fiera di te, Annie. Ti ho cresciuta bene.”

“Certo, certo,” rispose Annabeth sbrigativa. Poi rivolta alle altre “E’ fissata con questa storia del ‘ti ho cresciuta bene’, ma vi assicuro che è tutto nella sua testa. Lei era un pino mentre io crescevo.”

“Annabeth…!”

“Oh, andiamo, Thals.”

“Pancakes pronti!” urlò Percy per alleggerire la tensione. “Chi vuole quelli blu?”

Hazel alzò la mano. “Io voglio provarli.”

“Anch’io!”

“Dai, assaggiamoli…”

Il tavolo della cucina non era abbastanza grande per tutti, quindi Annabeth mangiò in piedi, con la schiena sul piano d’appoggio. Percy si mise accanto a lei e le cinse la vita. La ragazza si voltò per dargli un debole sorriso.

“Ehm… Percy,” cominciò Reyna. “I pancakes sono buoni, ma perché blu?”

Il ragazzo ghignò. “Quando ero piccolo la mia mamma diceva che se il cibo può essere blu allora qualsiasi cosa può avverarsi.”

 

 

Avevano dovuto stabilire i turni per la doccia. Ecco, la turnazione era stata un problema.

Thalia aveva tentato invano di entrare in bagno per prima dichiarando che suo padre era il re degli dei. Questo aveva portato ad un’accesa discussione tra le ragazze sui gradi di importanza dei genitori divini, mentre Rachel, non vista, era tranquillamente sgattaiolata in bagno.

Alla fine, le altre si erano giocate la turnazione con un veloce torneo di morra cinese, e Percy le guardava scuotendo il capo, ormai persa ogni speranza.

 

“Jason voleva sapere se saresti tornata in tempo per la lezione di tiro con l’arco di mezzogiorno, Pipes.”

Reyna guardò l’orologio. “Beh, penso proprio di no,” rispose al suo posto.

Piper diede una pacca sulla spalla a Percy. “E non tornerò nemmeno per quella delle quattro. Rimaniamo qui fino a stasera, fratello.”

Percy sgranò gli occhi. “Sul serio?”

“Sì,” rispose Rachel. “Ti aspetta un luuuuungo pomeriggio.”

“Guarda il lato positivo, almeno sei circondato da belle ragazze.”

Percy emise un suono indistinto.

“Beh, puoi sempre tornartene al Campo.”

“Ma questa è casa mia! Non era nel contratto che sareste rimaste qui un giorno in più!”    

“Annabeth dice che possiamo. Stabilisce lei le regole,” sentenziò Rachel.

A proposito,” intervenne Piper. “Annabeth ci ha raccontato delle speciali regole che vigono in questa casa…”

Il semidio arrossì. Quelle erano cose private! Doveva sfuggire a Piper…

In quel momento Thalia uscì dal bagno e Annabeth vi entrò. Percy si fiondò nel corridoio e bussò. “Annabeth, apri.”

“Percy, devo fare la doccia.”

“Apri.”

Annabeth ubbidì. Percy sgattaiolò dentro e richiuse la porta.

“Che fai?”

“Sono scappato da Piper che stava per farmi domande imbarazzanti,” confessò.

“Incredibile. Non batti un ciglio davanti a titani e giganti, ma sei terrorizzato dalla mia migliore amica.”

Percy annuì. “E’ una figlia di Afrodite.”

“Beh, hai intenzione di rimanere chiuso qui dentro per sempre? Io devo farmi la doccia,” ripeté Annabeth.

Percy le afferrò il polso e sorrise. “Ora che mi ci fai pensare, anche io avrei proprio bisogno di un’altra doccia. Potremmo risparmiare acqua e –“

Percy.”

Annabeth sospirò. Non che non volesse, anzi. Ma le ragazze erano nella stanza accanto…

“Più tardi,” gli disse infine.

Faccia da cucciolo di foca. “Promesso?”

“Promesso.”

Qualcuno bussò alla porta.

“Hey,” riconobbero la voce di Hazel. “Mi dispiace interrompere qualsiasi cosa voi stiate facendo lì dentro, ma vi ricordo che c’è un solo bagno…”

Annabeth diede un bacio veloce a Percy per poi farlo uscire.

Piper gli si avvicinò di nuovo, mettendo le mani avanti. “Non c’è bisogno di scappare, tranquillo. Volevo chiederti un’altra cosa.”

Seppur con un po’ di esitazione, “Spara,” le disse.

“Hai detto che tu e Jason vi siete fatti un giro ieri sera.”
“Sì, siamo andati a berci una cosa,” confermò Percy titubante.

“Wow. Non me l’ha detto.”

“Problemi in paradiso, McLean?” la provocò Rachel.

“Unisciti alle Cacciatrici, Pipes,” disse Thalia, come al solito.

“Zitte voi, verginelle.”

“Nemmeno io ho avvisato Annabeth,” continuò Percy ignorando il veloce intermezzo delle ragazze.

“Ma –“

“Hey, voi ragazze vi stavate divertendo tutte insieme, noi siamo usciti. Che ti aspettavi che facessimo? Piagnucolare?”

“Beh, visto che le vostre vite ruotano attorno a noi, francamente sì,” rispose la figlia di Afrodite con un sorriso smagliante.

“Hey!” anche Percy rise. “Questa era una risposta alla Annabeth.”

Piper gli fece l’occhiolino. “Ho imparato dalla migliore.”

“Quindi, nessun rancore, vero? Non è che appena torni al Campo ti arrabbi con Jason per qualche strano motivo e lui se la prende con me?”

“Nah, tu e Jason potete fare ciò che volete. Siete liberi di spassarvela a modo vostro mentre noi facciamo altrettanto.”

Percy non parve molto convinto.

“Jackson, sono seria!”

 

Erano in salone, cinque schiacciati sul divano e due comodamente spaparanzate sulle poltrone. La disposizione vedeva Piper, Rachel, Thalia e Percy che se ne stavano stretti stretti, con Annabeth che in teoria stava seduta in braccio a Percy, ma che in pratica era semidistesa trasversalmente su tutti loro, con i piedi poggiati sulle cosce di Piper. Reyna e Hazel, che si erano accaparrate le postazioni più comode guardavano con divertimento la scenetta di fronte a loro.

“Spero per voi che vi siate divertite,” cominciò a dire Percy. “Perché è la prima ed ultima volta che lascio che mi invadiate la casa in questo modo.”

“Sì, certo, come no,” commentò Piper.

“Pipes, sono serio.”

“Nah, non lo sei,” intervenne Rachel. “Prevedo altri pigiama party in questa casa,” disse ammiccando.

Annabeth scoppiò improvvisamente a ridere. “Percy, c’è una cosa che devi assolutamente sapere!”

“Cosa?”

“Rachel – segue le orme di Thalia…” continuò tra le risate.

“Annabeth, ti farò del male. Molto, molto male,” borbottò l’Oracolo di Delfi, sapendo cosa Annabeth stava per dire.

“…nella sua cotta per il dio più splendente di tutti.”

Percy guardava le ragazze senza capire. “Mi spiegate?”

“No!”

“Per fartela breve, Rachel ha intenzione di saltare addosso ad Apollo.”

“Smettila, faccia da civetta!”

Annabeth si girò a guardarla. “Ma che razza di insulto è?”

Percy cominciò a sorridere. “Visto che rientro nella ristretta lista di persone a cui Rachel è saltata addosso –“

“Hey! Non ti sono saltata addosso! Guarda che mi sembravi piuttosto consenziente in quella macchina –“

“Ritengo che sia poco saggio e molto irresponsabile da parte tua provare un atto del genere… oh, ma chi prendo in giro? Buttati, Dare!”

“Ma cosa?”

“Percy sei il solito cretino prevedibile”

“Idiota.”

“Quando avete finito il vostro round a Insultiamo Percy… Rach, io dico che ti devi buttare. Mal che vada, Apollo potrebbe incenerirti.”

“Wow, grazie Jackson, questo mi rassicura.”

 

 

“Ragazze, direi che è ora di andare.”

“Perché? Rimaniamo un altro po’!”

“Io mi scoccio di andare a casa…”

“Dobbiamo andare,” ripetè Piper.

“Perché?” chiese nuovamente Hazel.

“Perché abbiamo disturbato abbastanza, Percy e Annabeth hanno bisogno dei loro spazi per –“

“Fare le loro cose,” concluse Reyna per lei, facendo segni ambigui con le mani.

Thalia si espresse con un “Bleah”, Rachel diede un urletto di gioia, come se la cosa la riguardasse in prima persona. Hazel ammutolì, Piper rise. I diretti interessati, che non avevano seguito lo scambio di battute perché erano andati in cucina a prendere un bicchiere d’acqua, tornarono in salone tenendosi per mano, gesto che non passò inosservato.

“Hey, piccioncini… noi pensavamo di togliere il disturbo,” annunciò Reyna.

“E di lasciarvi un po’ di spazio,” aggiunse Rachel.

“Percy ci sta amando in questo momento,” commentò Piper vedendo il sorrisone del ragazzo.

“Come non ci ha mai amate prima…”

 

 

“Ti sei divertita?”

Annabeth annuì soddisfatta. “Era da tanto tempo che volevo organizzare una cosa con tutte, ma c’era sempre stato il problema di Piper e Reyna, e Thalia non è quasi mai reperibile, e Hazel viveva dall’altra parte del paese…”

Annabeth lo abbracciò forte e mise la testa nell’incavo del suo collo, “Grazie.”

Il modo in cui aveva sussurrato quella semplice parola, con le labbra che gli solleticavano la pelle, fece impazzire Percy per un secondo. Ma non era sempre così? Non lo aveva sempre fatto impazzire, sin dal primo giorno, sin da quel ‘quando dormi sbavi’? E sarebbe sempre stato così, pensò Percy felice.

Prese ad accarezzarle i capelli e la strinse a sua volta. Non sapeva per quanto tempo rimasero lì fermi in quella posizione, ma sapeva soltanto che non l’avrebbe mai lasciata andare, perché non c’era nessun altro posto al mondo in cui si sentisse così. Completo.

Dovettero passare parecchi minuti, perché ad un tratto Annabeth alzò la testa per guardarlo e la sua espressione era cambiata: aveva un sorrisetto sghembo stampato in faccia. Prima che lei potesse dire qualcosa, Percy disse ad alta voce quello che stava pensando prima di riuscire a fermare le parole che gli stavano uscendo di bocca.

“Se potessi stare abbracciato a te ventiquattro ore su ventiquattro lo farei.”

Era probabilmente la cosa più stupida che le avesse mai detto – e

gliene aveva dette di cose stupide – ma l’espressione di Annabeth si addolcì.

“Non vorrei mai lasciarti andare,” aggiunse.

“E non dovrai mai farlo,” lo rassicurò lei prendendogli la mano.

“Ora,” riprese Annabeth “mi pare di ricordare che avessimo un accordo…”

Per una volta, la testa di Percy era davvero lontana anni luce da certi pensieri, ma il ghigno malizioso della sua ragazza lo riportò alla realtà.

“Sai, ora che mi ci fai pensare, mi sovviene una certa promessa…”

“Quella di ieri o quella di stamattina?”

“Caspita, erano due? Di bene in meglio…”

Il resto del discorso sicuramente molto intelligente che Percy stava per fare si perse in una marea di baci e sospiri.

 

Ma erano pur sempre Annabeth Chase e Percy Jackson, quante erano le probabilità che riuscissero ad avere un po’ di pace?

Poche. Troppo poche.

La stupida maglietta di Percy non aveva ancora toccato il pavimento che i due furono interrotti dal suono del citofono.

Annabeth staccò le labbra dal collo del ragazzo per chiedere, “Che dici, se fingiamo di non sentire la smetteranno?”

Suonò di nuovo.

“Non credo,” rispose Percy e si alzò da terra con un solo agile movimento. Con un gesto alquanto cavalleresco porse una mano ad Annabeth per aiutarla, ma anche lei saltò in piedi in un attimo e si uscì dalla stanza per andare a rispondere. Percy scosse la testa e raccolse la maglia, seguendola.

“Se è Piper, la uccido. Ho mai rotto le palle a lei e Jason? Okay, tecnicamente c’è stata quella volta, ma non sapevo che –“

“Secondo me è Thalia, che vorrebbe ancora disperatamente proteggere la tua virtù.”

“Amore, la mia virtù è partita da qualche anno, e lo sa persino Thalia,” poi rispose al citofono. “Certo, sali, piccola.” Posò la cornetta e si rivolse nuovamente al fidanzato, “Sbagliato entrambi, è Hazel.”

“Scusate, scusate, scusatemi,” fu la prima cosa che Hazel disse entrando. Il suo sguardo dorato si posò su Percy – la maglietta gli era rimasta in mano – e Hazel chiese nuovamente scusa, imbarazzatissima. “Non volevo interrompervi, dopo tutto il fastidio che abbiamo dato… ma domani Nico mi porta al Campo Giove, rimango lì per un paio di giorni e ho bisogno del pigiama, che credo di aver dimenticato in camera…”

 

“Finalmente soli,” disse Annabeth con un sospiro dopo che Hazel fu uscita dalla porta principale.

“Io non ci conterei.”

Annabeth ignorò il pessimismo del suo ragazzo. “Che strano senso di dejà-vù…”

“Già,” assecondò Percy. “Dove eravamo?”

Annabeth rispose con un sorrisetto stanco, ma divertito. “Credo proprio che ci stessimo strappando i vestiti di dosso.”

 

 

Angolo autrice: Eccoci qua. Questa storia è stata come una gravidanza: c’è voluto pochissimo per concepirla e mesi e mesi per farla nascere. (Perdonate la simpatica similitudine)

Spero che la storia vi sia piaciuta, lasciatemi qualche recensione.

Alla prossima,

 

Ginny_theQueen

   
 
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