Note:
probabilmente vi eravate dimenticati di questa storia (io quasi). Spero
che mi
perdonerete dell’immane ritardo, eccovi l’ultimo
capitolo. Buona lettura, ci
vediamo giù.
Quando
Percy arrivò sul pianerottolo alle nove
del mattino, sapeva che suonare il campanello avrebbe significato una
morte
dolorosa. Rovistò nelle tasche, ma non riuscì a
trovare le chiavi di casa.
Rassegnato, si sedette con le spalle al muro e posò a terra
il suo zaino, poi
lo aprì e ne rovesciò i contenuti sul pavimento
di marmo. C’erano carte di
merendine, un pigiama, i boxer sporchi di ieri, altri snack, la felpa
rossa
dalle tasche abissali… ecco dov’erano le chiavi di
casa!
Percy
entrò in casa cercando di fare il minor
rumore possibile. Il russare delle sei ragazze era udibile perfino
dall’ingresso. Era chiaro che avrebbero continuato a dormire
per un po’, quindi
Percy decise di darsi da fare.
Il
bagno era stato invaso. C’erano tubetti di
prodotti sconosciuti ovunque. Borse, sciarpe e giubbini dominavano il
salotto.
Sembrava che le ragazze si fossero trasferite per settimane, invece che
per una
sola notte.
Percy
prese una decisione molto matura. Non andò
a sbirciare in camera. Avrebbe potuto fare un milione di foto alle
ragazze che
dormivano l’una addosso all’altra in posizioni
strane sul suo letto, –
per quanto stupida fosse, la cosa lo rendeva un po’
geloso – avrebbe potuto scattare un milione di foto mentre
dormivano con la
bocca aperta, senza trucco e con i capelli arruffati. I fratelli Stoll
avrebbero pagato centinaia di dracme d’oro per quelle foto.
Ma Percy era un
adulto. Una persona responsabile che rispettava la privacy delle sue
amiche.
Si
mise a ridere.
Un’ora
dopo, aveva sistemato il casino generale
che vigeva sovrano nell’appartamento. Aveva indossato dei
comodi pantaloni da
tuta e la sopracitata felpa dalle tasche abissali, sapendo che le
ragazze
avrebbero riso. Gli era stata regalata da Piper al suo diciannovesimo
compleanno. Era a tinta unica, rossa, con una scritta bianca davanti
che
diceva, ‘Se mi perdo, restituitemi
ad
Annabeth’ e ovviamente alla sua ragazza era stato
regalato il capo coordinato
complementare, bianco con la scritta rossa ‘Sono
io sono Annabeth’. Era stato una sorta di scherzo,
ma Percy insisteva
sempre che dovessero indossare le due felpe insieme, provocando
l’ilarità di
tutti.
Il
buon semidio si mise a fare i pancakes e
apparecchiò la tavola per quando le ragazze si sarebbero
svegliate.
La
prima ad alzarsi fu Thalia.
“Buongio–”
stava cominciando a dire Percy seduto
al tavolo della cucina, ma fu interrotto dall’urlo della
Cacciatrice. “C’è un
uomo in cucinaaaaaaaaaaa!”
Dal
corridoio arrivò la voce ancora assonnata di
Rachel, “E’ tuo cugino, idiota.”
Dopo
l’urlo, anche le altre si alzarono.
“Ciao,
Perce. Vedo che hai preparato la
colazione.”
“’Giorno,
Hazel, serviti pure.”
“Già
tornato, Jackson?”
“Si.”
“Uhhh,
indossi la felpa!” esclamò Piper con un
sorriso. Tipico di Piper: euforica anche appena sveglia.
Il
volto di Percy si illuminò quando vide
comparire anche Annabeth, in tutto il suo mattutino splendore con il
pigiama
con le civette.
“Ti
sono mancato?” chiese lui aprendo le braccia.
Annabeth
entrò nel suo abbraccio e si sedette
diagonalmente sulla sua gamba. “Nemmeno un po’. Ho
avuto la compagnia migliore
del mondo.”
“Beccati
questa, Jackson,” lo prese in giro Reyna
facendogli la linguaccia.
“Ho
fatto il bucato mentre dormivate,” disse
rivolto alla sua fidanzata con una faccia da angelo.
“SPOSALO!”
intervenne Hazel.
“Nah,
penso che fuggirò con Reyna.”
Percy
la fece quasi cadere. “Divertente,
Annabeth.”
“Che
sono quelle occhiaie? Siamo noi a non aver
chiuso occhio fino a dopo l’alba…”
“Beh,
io e Jason ci siamo fatti un giro. Poi
siamo stati intercettati da Apollo che ci ha chiesto un favore, e sai
come
vanno a finire queste cose. Sono tornato a casa alle tre di notte, ho
dovuto
svegliare Mamma perché non avevo le chiavi. Le è
venuto un colpo. Mi ha fatto
mangiare– “
“Santa
donna, tua madre.”
“–
e poi mi ha chiesto cosa era successo, e
soprattutto perché non ero a casa con te.”
“E
tu cosa le hai raccontato?”
“Che
dovevi fare un pigiama party.”
“E
lei?”
“Si
è messa a ridere.”
“Aw,
Sally. Dopo le telefono. Magari invito lei e
Paul per pranzo domani.”
“Se
la casa sarà ancora agibile quando queste qui
se ne saranno andate…” disse Percy indicando le
ragazze.
“Sciocchezze,”
disse Annabeth con un cenno della
mano.
“Adoro
il modo in cui non calcola minimamente le osservazioni
di Percy e procede secondo le sue idee ignorandolo del
tutto,” commentò Thalia.
“Sono fiera di te, Annie. Ti ho cresciuta bene.”
“Certo,
certo,” rispose Annabeth sbrigativa. Poi
rivolta alle altre “E’ fissata con questa storia
del ‘ti ho cresciuta bene’, ma
vi assicuro che è tutto nella sua testa. Lei era un pino
mentre io crescevo.”
“Annabeth…!”
“Oh,
andiamo, Thals.”
“Pancakes
pronti!” urlò Percy per alleggerire la
tensione. “Chi vuole quelli blu?”
Hazel
alzò la mano. “Io voglio provarli.”
“Anch’io!”
“Dai,
assaggiamoli…”
Il
tavolo della cucina non era abbastanza grande
per tutti, quindi Annabeth mangiò in piedi, con la schiena
sul piano
d’appoggio. Percy si mise accanto a lei e le cinse la vita.
La ragazza si voltò
per dargli un debole sorriso.
“Ehm…
Percy,” cominciò Reyna. “I pancakes sono
buoni, ma perché
blu?”
Il
ragazzo ghignò. “Quando ero piccolo la mia
mamma diceva che se il cibo può essere blu allora qualsiasi
cosa può avverarsi.”
Avevano
dovuto stabilire i turni per la doccia.
Ecco, la turnazione era stata un problema.
Thalia
aveva tentato invano di entrare in bagno
per prima dichiarando che suo padre era il re degli dei. Questo aveva
portato
ad un’accesa discussione tra le ragazze sui gradi di
importanza dei genitori
divini, mentre Rachel, non vista, era tranquillamente sgattaiolata in
bagno.
Alla
fine, le altre si erano giocate la
turnazione con un veloce torneo di morra cinese, e Percy le guardava
scuotendo
il capo, ormai persa ogni speranza.
“Jason
voleva sapere se saresti tornata in tempo
per la lezione di tiro con l’arco di mezzogiorno,
Pipes.”
Reyna
guardò l’orologio. “Beh, penso proprio
di
no,” rispose al suo posto.
Piper
diede una pacca sulla spalla a Percy. “E
non tornerò nemmeno per quella delle quattro. Rimaniamo qui
fino a stasera,
fratello.”
Percy
sgranò gli occhi. “Sul serio?”
“Sì,”
rispose Rachel. “Ti aspetta un luuuuungo
pomeriggio.”
“Guarda
il lato positivo, almeno sei circondato
da belle ragazze.”
Percy
emise un suono indistinto.
“Beh,
puoi sempre tornartene al Campo.”
“Ma
questa è casa mia! Non era nel contratto che
sareste rimaste qui un giorno in più!”
“Annabeth
dice che possiamo. Stabilisce lei le
regole,” sentenziò Rachel.
“A
proposito,” intervenne Piper. “Annabeth
ci ha raccontato delle speciali regole
che vigono in questa
casa…”
Il
semidio arrossì. Quelle erano cose private!
Doveva sfuggire a Piper…
In
quel momento Thalia uscì dal bagno e Annabeth
vi entrò. Percy si fiondò nel corridoio e
bussò. “Annabeth, apri.”
“Percy,
devo fare la doccia.”
“Apri.”
Annabeth
ubbidì. Percy sgattaiolò dentro e
richiuse la porta.
“Che
fai?”
“Sono
scappato da Piper che stava per farmi
domande imbarazzanti,” confessò.
“Incredibile.
Non batti un ciglio davanti a
titani e giganti, ma sei terrorizzato dalla mia migliore
amica.”
Percy
annuì. “E’ una figlia di Afrodite.”
“Beh,
hai intenzione di rimanere chiuso qui
dentro per sempre? Io devo farmi la doccia,”
ripeté Annabeth.
Percy
le afferrò il polso e sorrise. “Ora che mi
ci fai pensare, anche io avrei proprio bisogno di un’altra
doccia. Potremmo
risparmiare acqua e –“
“Percy.”
Annabeth
sospirò. Non che non volesse, anzi. Ma
le ragazze erano nella stanza accanto…
“Più
tardi,” gli disse infine.
Faccia
da cucciolo di foca. “Promesso?”
“Promesso.”
Qualcuno
bussò alla porta.
“Hey,”
riconobbero la voce di Hazel. “Mi dispiace
interrompere qualsiasi cosa voi stiate facendo lì dentro, ma
vi ricordo che c’è
un solo bagno…”
Annabeth
diede un bacio veloce a Percy per poi
farlo uscire.
Piper
gli si avvicinò di nuovo, mettendo le mani
avanti. “Non c’è bisogno di scappare,
tranquillo. Volevo chiederti un’altra
cosa.”
Seppur
con un po’ di esitazione, “Spara,” le
disse.
“Hai
detto che tu e Jason vi siete fatti un giro
ieri sera.”
“Sì, siamo andati a berci una cosa,”
confermò Percy titubante.
“Wow.
Non me l’ha detto.”
“Problemi
in paradiso, McLean?” la provocò
Rachel.
“Unisciti
alle Cacciatrici, Pipes,” disse Thalia,
come al solito.
“Zitte
voi, verginelle.”
“Nemmeno
io ho avvisato Annabeth,” continuò Percy
ignorando il veloce intermezzo delle ragazze.
“Ma
–“
“Hey,
voi ragazze vi stavate divertendo tutte
insieme, noi siamo usciti. Che ti aspettavi che facessimo?
Piagnucolare?”
“Beh,
visto che le vostre vite ruotano attorno a
noi, francamente sì,” rispose la figlia di
Afrodite con un sorriso smagliante.
“Hey!”
anche Percy rise. “Questa era una risposta
alla Annabeth.”
Piper
gli fece l’occhiolino. “Ho imparato dalla
migliore.”
“Quindi,
nessun rancore, vero? Non è che appena
torni al Campo ti arrabbi con Jason per qualche strano motivo e lui se
la
prende con me?”
“Nah,
tu e Jason potete fare ciò che volete.
Siete liberi di spassarvela a modo vostro mentre noi facciamo
altrettanto.”
Percy
non parve molto convinto.
“Jackson,
sono seria!”
Erano
in salone, cinque schiacciati sul divano e
due comodamente spaparanzate sulle poltrone. La disposizione vedeva
Piper,
Rachel, Thalia e Percy che se ne stavano stretti stretti, con Annabeth
che in
teoria stava seduta in braccio a Percy, ma che in pratica era
semidistesa
trasversalmente su tutti loro, con i piedi poggiati sulle cosce di
Piper. Reyna
e Hazel, che si erano accaparrate le postazioni più comode
guardavano con
divertimento la scenetta di fronte a loro.
“Spero
per voi che vi siate divertite,” cominciò
a dire Percy. “Perché è la prima ed
ultima volta che lascio che mi invadiate la
casa in questo modo.”
“Sì,
certo, come no,” commentò Piper.
“Pipes,
sono serio.”
“Nah,
non lo sei,” intervenne Rachel. “Prevedo
altri pigiama party in questa casa,” disse ammiccando.
Annabeth
scoppiò improvvisamente a ridere.
“Percy, c’è una cosa che devi
assolutamente sapere!”
“Cosa?”
“Rachel
– segue le orme di Thalia…”
continuò tra
le risate.
“Annabeth,
ti farò del male. Molto, molto male,”
borbottò l’Oracolo di Delfi, sapendo cosa Annabeth
stava per dire.
“…nella
sua cotta per il dio più splendente
di tutti.”
Percy
guardava le ragazze senza capire. “Mi
spiegate?”
“No!”
“Per
fartela breve, Rachel ha intenzione di
saltare addosso ad Apollo.”
“Smettila,
faccia
da civetta!”
Annabeth
si girò a guardarla. “Ma che razza di insulto
è?”
Percy
cominciò a sorridere. “Visto che rientro
nella ristretta lista di persone a cui Rachel è
saltata addosso –“
“Hey!
Non ti sono saltata addosso! Guarda che mi
sembravi piuttosto consenziente in quella macchina
–“
“Ritengo
che sia poco saggio e molto
irresponsabile da parte tua provare un atto del genere… oh,
ma chi prendo in
giro? Buttati, Dare!”
“Ma
cosa?”
“Percy
sei il solito cretino prevedibile”
“Idiota.”
“Quando
avete finito il vostro round a Insultiamo
Percy… Rach, io dico che ti
devi buttare. Mal che vada, Apollo potrebbe incenerirti.”
“Wow,
grazie Jackson, questo mi rassicura.”
“Ragazze,
direi che è ora di andare.”
“Perché?
Rimaniamo un altro po’!”
“Io
mi scoccio di andare a casa…”
“Dobbiamo
andare,” ripetè Piper.
“Perché?”
chiese nuovamente Hazel.
“Perché
abbiamo disturbato abbastanza, Percy e
Annabeth hanno bisogno dei loro spazi per –“
“Fare
le loro cose,” concluse Reyna per lei,
facendo segni ambigui con le mani.
Thalia
si espresse con un “Bleah”, Rachel diede
un urletto di gioia, come se la cosa la riguardasse in prima persona.
Hazel
ammutolì, Piper rise. I diretti interessati, che non avevano
seguito lo scambio
di battute perché erano andati in cucina a prendere un
bicchiere d’acqua,
tornarono in salone tenendosi per mano, gesto che non passò
inosservato.
“Hey,
piccioncini… noi pensavamo di togliere il
disturbo,” annunciò Reyna.
“E
di lasciarvi un po’ di spazio,” aggiunse Rachel.
“Percy
ci sta amando in questo momento,” commentò
Piper vedendo il sorrisone del ragazzo.
“Come
non ci ha mai amate prima…”
“Ti
sei divertita?”
Annabeth
annuì soddisfatta. “Era da tanto tempo
che volevo organizzare una cosa con tutte, ma c’era sempre
stato il problema di
Piper e Reyna, e Thalia non è quasi mai reperibile, e Hazel
viveva dall’altra
parte del paese…”
Annabeth
lo abbracciò forte e mise la testa
nell’incavo del suo collo, “Grazie.”
Il
modo in cui aveva sussurrato quella semplice parola,
con le labbra che gli solleticavano la pelle, fece impazzire Percy per
un
secondo. Ma non era sempre così? Non lo aveva sempre fatto
impazzire, sin dal
primo giorno, sin da quel ‘quando dormi sbavi’? E
sarebbe sempre stato così,
pensò Percy felice.
Prese
ad accarezzarle i capelli e la strinse a
sua volta. Non sapeva per quanto tempo rimasero lì fermi in
quella posizione,
ma sapeva soltanto che non l’avrebbe mai lasciata andare,
perché non c’era
nessun altro posto al mondo in cui si sentisse così.
Completo.
Dovettero
passare parecchi minuti, perché ad un
tratto Annabeth alzò la testa per guardarlo e la sua
espressione era cambiata:
aveva un sorrisetto sghembo stampato in faccia. Prima che lei potesse
dire
qualcosa, Percy disse ad alta voce quello che stava pensando prima di
riuscire
a fermare le parole che gli stavano uscendo di bocca.
“Se
potessi stare abbracciato a te ventiquattro
ore su ventiquattro lo farei.”
Era
probabilmente la cosa più stupida che le
avesse mai detto – e
gliene
aveva dette di cose stupide
– ma l’espressione di Annabeth
si addolcì.
“Non
vorrei mai lasciarti andare,” aggiunse.
“E
non dovrai mai farlo,” lo rassicurò lei
prendendogli la mano.
“Ora,”
riprese Annabeth “mi pare di ricordare che
avessimo un accordo…”
Per
una volta, la testa di Percy era davvero
lontana anni luce da certi pensieri, ma il ghigno malizioso della sua
ragazza
lo riportò alla realtà.
“Sai,
ora che mi ci fai pensare, mi sovviene una
certa promessa…”
“Quella
di ieri o quella di stamattina?”
“Caspita,
erano due? Di bene in meglio…”
Il
resto del discorso sicuramente molto
intelligente che Percy stava per fare si perse in una marea di baci e
sospiri.
Ma
erano pur sempre Annabeth Chase e Percy
Jackson, quante erano le probabilità che riuscissero ad
avere un po’ di pace?
Poche.
Troppo poche.
La
stupida maglietta di Percy non aveva ancora
toccato il pavimento che i due furono interrotti dal suono del
citofono.
Annabeth
staccò le labbra dal collo del ragazzo
per chiedere, “Che dici, se fingiamo di non sentire la
smetteranno?”
Suonò
di nuovo.
“Non
credo,” rispose Percy e si alzò da terra con
un solo agile movimento. Con un gesto alquanto cavalleresco porse una
mano ad
Annabeth per aiutarla, ma anche lei saltò in piedi in un
attimo e si uscì dalla
stanza per andare a rispondere. Percy scosse la testa e raccolse la
maglia,
seguendola.
“Se
è Piper, la uccido. Ho mai rotto le palle a
lei e Jason? Okay, tecnicamente c’è stata quella
volta, ma non sapevo che –“
“Secondo
me è Thalia, che vorrebbe ancora
disperatamente proteggere la tua virtù.”
“Amore,
la mia virtù è partita da qualche anno, e
lo sa persino Thalia,” poi rispose al citofono.
“Certo, sali, piccola.” Posò la
cornetta e si rivolse nuovamente al fidanzato, “Sbagliato
entrambi, è Hazel.”
“Scusate,
scusate, scusatemi,” fu
la prima cosa che Hazel disse entrando. Il suo
sguardo dorato si posò su Percy – la maglietta gli
era rimasta in mano – e
Hazel chiese nuovamente scusa, imbarazzatissima. “Non volevo
interrompervi,
dopo tutto il fastidio che abbiamo dato… ma domani Nico mi
porta al Campo Giove,
rimango lì per un paio di giorni e ho bisogno del pigiama,
che credo di aver
dimenticato in camera…”
“Finalmente
soli,” disse Annabeth con un sospiro
dopo che Hazel fu uscita dalla porta principale.
“Io
non ci conterei.”
Annabeth
ignorò il pessimismo del suo ragazzo. “Che
strano senso di dejà-vù…”
“Già,”
assecondò Percy. “Dove eravamo?”
Annabeth
rispose con un sorrisetto stanco, ma
divertito. “Credo proprio che ci stessimo strappando i
vestiti di dosso.”
Angolo
autrice: Eccoci qua. Questa storia è stata come una
gravidanza: c’è voluto
pochissimo per concepirla e mesi e mesi per farla nascere. (Perdonate
la
simpatica similitudine)
Spero
che la storia vi sia piaciuta, lasciatemi qualche recensione.
Alla
prossima,
Ginny_theQueen