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Autore: Reyvateil    06/05/2015    1 recensioni
"E’ assurdo, mi sembra di aver vissuto più di cent’anni e allo stesso tempo sono ingenua come una ragazzina. Ricordando ciò che sono stata, la mia anima si carica di un peso che a malapena riesco a sopportare, ma voglio scrivere. Come se fosse il primo giorno, il momento in cui un soldato mi puntò la pistola contro, in una notte piovosa e senza Dio. Il giorno in cui venni catturata, e paradossalmente la mia allora miserabile vita cambiò."
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Una storia che intreccia le la vita della protagonista e degli altri personaggi a cavallo fra due Mondi; infanzia e adolescenza da una parte, età adulta dall'altra. Una storia di crescita, consapevolezza, paure e principi per cui imparare a lottare. Enjoy.
Genere: Introspettivo, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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“Hey.”
Vidi Edward fuori dall’ufficio di Mustang. Avevo appena svoltato nel corridoio e vidi bene quando uscì sbattendo la porta dietro di sé, con gli occhi bassi e un respiro irregolare. Era come se cercasse di controllare qualcosa che nella sua mente stava galoppando a tutta velocità, probabilmente un pensiero davvero angosciante a giudicare dalla sua espressione. La mia voce lo fece rinvenire, ma non riusciva a guardarmi negli occhi.
“Stai bene?”
“Sì, sono solo un po’ pensieroso. Sai com’è col Colonnello…” disse colo tono più spento che avessi mai sentito nella sua voce fino a quel momento; in altre circostanze l’ira avrebbe illuminato i suoi occhi e una volta partito a lamentarsi non si sarebbe più fermato, ma quel giorno vidi uno spettacolo ben più allarmante.
“Cosa ti ha detto? Che succede Ed, devo preoccuparmi?”
Fu a quel punto che mi guardò, confuso, corrucciato, cercò di dirmi qualcosa ma non ne aveva il coraggio o forse pensava non ne valesse la pena.
“Edward non mi dite mai niente, io ci tengo a te e Alphonse” sbottai subito “ Vi vedo sempre più di rado, vi incrocio per caso perché siete entrambi troppo indaffarati per venirmi a salutare. Ogni volta che mi avvicino c’è sempre qualcosa che mi mantiene a distanza da voi. Io…”
Avevo la sua attenzione, ma non la sua comprensione. Nonostante avessi iniziato quel discorso dal nulla era qualcosa che mi pesava da tempo… Ma forse stavo solo abbaiando alla porta sbagliata. “Io… Alle volte vorrei soltanto sapere cosa accade davvero là fuori, se state bene, Winry dice che con te è fiato sprecato ma mi rifiuto di credere che tutto vada per il meglio quando ogni giorno che passa vi ritrovo più acciaccati, silenziosi e fugaci.”
A quelle parole Ed distolse definitivamente lo sguardo, stizzito. Più parlavo e meno riuscivo a farmi capire da lui. E Alphonse? Sarebbe stato inutile persino chiedere dove fosse in quel momento.
Asserendo soltanto “Winry ha ragione”, mi passò davanti silenziosamente e proseguì per il corridoio, esalando un pesante sospiro a metà strada. Io non dissi nulla. Improvvisamente, con lo sguardo perso sulla sua schiena ricurva che si allontanava, una consapevolezza nacque in me e così come la sentii arrivare essa si aggrappò al mio cuore, rendendosi pesante come il piombo: la mia vita era incompatibile con la loro. Avrei potuto struggermi ogni giorno, avrei potuto chiedere, ma chiusa fra quelle mura non ero che una comparsa nella loro esistenza. La cosa divenne insostenibile quando pensai ad Alphonse; era sempre stato talmente disponibile con me ma c’erano sempre dei limiti di tempo e spazio che diceva di non poter evitare. Ogni racconto veniva rimandato, ogni preoccupazione era “una cosa da niente” ed ogni mio sospiro per i problemi che negava di avere si risolveva con una carezza tra le mie orecchie canine. “Sempre”. Questa parola scatenò infine l’abisso dal quale ogni pensiero mi fece credere di non valere nulla. …Col tempo imparai a non dar loro corda, ma continuarono a strisciare nella mia mente, rifugiandosi nell’ombra, pronti a di scattare. Proprio come Blue.
 
Chapter seven: Soul's Eyes.
 
“Fidati, c’è qualcosa fra di loro.”
“Ma come puoi dire queste cose se non ti accorgi di nulla di ciò che hai davanti al naso?”
“Io no, ma Winry sì! E’ stata lei a dirmelo, mentre stava facendo manutenzione sull’ automail qualche settimana fa. E in quei momenti di certo è meglio non contraddirla. Pian piano questo pensiero si è insinuato in me ed ora vedo Hawkeye con occhi diversi.”
Quando Edward aveva lo stomaco pieno diventava il ragazzo più soddisfatto del mondo. Non era uno che si abboffava troppo, ma nonostante il suo carattere collerico erano le piccole cose a renderlo felice. Ingozzarsi di noodles, a quanto pare, lo rendeva sorprendentemente felice. Quanto ad Alphonse, non lo vedevo così sereno da diverso tempo; erano due ragazzi talmente abituati all’orrore della vita da saper trovare in fretta il buono nelle cose, soprattutto il fratello minore. A lui il gravoso compito di farlo quando Ed non vedeva che fulmini all’orizzonte; ma questo non lo rendeva certo più stupido e, col passare del tempo, anche la sua ingenuità stava svanendo.
“E’ bello rivedervi dopo tanto tempo ragazzi” sorrisi loro e buttai nello stomaco quel poco che ancora restava del mio piatto, per poi sospirare. Ma il sospiro divenne rutto ancor prima che potessi ribattere e scatenò l’inferno, perché si voltarono almeno una decina di persone.
Silenzio.
“Hai fatto pappa grossa, brava lei!” intonò Al mentre accarezzandomi fra le orecchie. Resistere alla tentazione di scodinzolare per non essere scoperta fu difficile.
“Mi hai forato un timpano con quell’esibizione, ne sono sicuro.” La faccia di Edward era mezza sconvolta, ma prese definitivamente un infarto quando si sentì chiamare alle sue spalle.
“Hey tu!” era un soldato e sul momento non sapemmo esattamente a chi di noi tre si riferisse. Immediatamente mi nascosi all’ombra del mio cappello e voltai la faccia dall’altra parte, ma la cosa che mi sorprese di più fu la reazione di Alphonse, il quale si inanimò, braccia molli e testa di lato.
“Ma cos-“ pensai.
“Sta a vedere” mi sussurrò.
“Hey tu, sei Edward Elric giusto?” insistette nel frattempo il militare, posando una mano sulla spalla del giovane biondo. Ora eravamo certi. “Il Colonnello Mustang chiede di te urgentemente.”
“… Ma come diamine ha fatto a sapere che ero qui?!?” ribatté Ed, la sua serenità era sfumata in pochi attimi.
“Non lo sa. Chiedo scusa per il disturbo ma insisteva sul fatto che io e un paio di soldati dovessimo trovarti. Non ti ha visto al Quartier Generale e immaginava tu fossi in città. Non vi eravate accordati di vedervi?”
“Sì, ma domani” il ragazzo chiuse gli occhi cercando di trovare qualcosa che lo aiutasse calmarsi, poi sospirò “Dai Al, chiudiamo questa storia e andiamo prima che il Colonnello ci venga a cercare anche al cesso.”
 
Non ottenne risposta, il fratello era impassibile nella sua posizione da morto.
 
“Al?”
“Cosa significa?” chiese il soldato “Non risponde? E’ svenuto forse!” si avvicinò preoccupato all’armatura e fece per alzare l’elmo.
“NO!!!” esclamò Ed. Io intanto stavo sudando freddo; ora Alphonse avrebbe per forza dovuto restare immobile.
“Perché non posso? Tuo fratello non è dentro?”
La prontezza del biondo fu disarmante, ma potevo sentire benissimo il panico che le sue parole mascheravano: “Mi hai beccato!” alzò le mani in alto, ridendo nervosamente “L’armatura è vuota perché mio fratello è uscito, quindi ne approfittavo per fare la marionetta con l’alchimia cercando di attirare l’attenzione della signorina lì in fondo…”
Gli lanciai uno sguardo gelido che lo gettò ancora di più nel pallone. Era la storia peggiore che avesse potuto inventarsi, e cosa ancora peggiore, l’uomo l’aveva bevuta.
“M-Ma è chiaro che non ho avuto successo.” Continuò “In realtà Alphonse stasera voleva starsene per conto suo. …Sa, ogni tanto ci vuole… Fare quattro passi in tranquillità, e poi a un isolato da qui c’è il quartiere a luci rosse… Lei può capire immagino.”
Il soldato di ricompose e, schiarendosi la voce imbarazzato, asserì “V-Veramente no. Ma non importa, non abbiamo tempo da perdere, il Colonnello ti vuole al rapporto immediatamente con o senza tuo fratello.”
“Ma certo, andiamo subito!” Edward prese cappotto e valigia e si incamminò col soldato, cercando di mascherare il suo sollievo. “Se mio fratello torna per la sua armatura, signorina” mi disse ad alta voce senza voltarsi “Gli dica che lo ammazzo.”
Una volta lontani io e Al ci guardammo, annuimmo e ce ne andammo in religioso silenzio lasciando i soldi sul tavolo. Camminammo piano tra la folla per dirigerci verso un luogo molto meno trafficato, lo sguardo nel vuoto, impassibile, mentre tutta la paura si stava sciogliendo.
Quando finalmente ci fermammo, le risate tuonarono così forte che probabilmente anche Ed dall’altra parte della città le avrebbe amaramente sentite.
“Mio fratello mi ammazzerà sicuramente! Quartiere a luci rosse! Ma che idee partorisce?!?” Al urlava euforico ed io mi stavo asciugando le lacrime con la schiena curva e un avambraccio stretto sulla pancia per evitare che scoppiasse.
“Quella è stata una perla! Ahahahah!” guardai verso l’alto, sospirando sorridente, e mi resi conto di trovarmi sotto un fitto fogliame. “Ma… Dove siamo finiti?”
“Dev’essere il parco centrale” indovinò l’armatura guardandosi attorno. Le vie ciottolate attraversavano una boscaglia ordinata e diverse aiuole ben tenute, il tutto illuminato dalla fioca luce dei lampioni, sotto ai quali si potevano intravedere i moscerini tipici delle serate estive e qualche panchina. Il silenzio portò alle orecchie il gorgoglio di un ruscello portato in superficie dal canale principale sotto la città, mentre dei fruscii irregolari fra le fronde degli alberi indicavano che le ore degli animali crepuscolari erano giunte.
“E’ bello udire la natura dopo così tanto tempo…” potevo sentire tutto quanto ad occhi chiusi e la mia parte selvatica gioiva di nuovo, ricordandomi a quanta cattività ero stata costretta per tutto quel tempo. Poi mi soffermai su Alphonse che non aveva detto una parola e nel buio vidi il bagliore cremisi dei suoi occhi che mi guardavano.
 
“Io devo dirti una cosa.”
 
“Anche io!” dissi scherzosa, e con un balzo sopra di lui presi il suo elmo fra le mani e me lo misi in testa “Hai degli occhietti rossi e inquietanti di notte, come quelli di un procione selvatico.”
“Laisa, non scherzare.” Continuò impassibile.
“Ti prego, facciamoci una corsa liberatoria invece. Ho bisogno di sgranchirmi le gambe e liberare la mente. Se facciamo una gara mi lasci correre a quattro zampe? Per me è valido!”
“Laisa” prese l’elmo e se lo rimise in testa “Smettila, ti prego, sono serio.”
“Alphonse, sei tu a non dover scherzare con me” mi posi davanti a lui con decisione “Per stasera sono libera, voglio passare delle ore in pace e tranquillità. Come facevamo all’inizio, sul terrazzo, senza dover pensare al momento in cui mi dirai che probabilmente non ci vedremo più.”
Il ragazzo non disse nulla, lasciò cadere le braccia ai fianchi, interdetto da quella arrendevole quanto secca affermazione.
“Pensavi che non lo sapessi?” ripresi “Non ti fai mai vivo, tu e tuo fratello siete sempre più in affanno e le poche volte che ci vediamo mi guardi come se fosse l’ultima. Cosa devi dirmi, che non ti dovrò cercare se non ti vedrò di nuovo, ora che so come uscire dai miei appartamenti? Beh stai pur certo che non sarai la mia prima preoccupazione, dato che non ti sei mai degnato di parlarmi di cosa combinate. Dove dovrei andare per trovarti, a Rezembool? Neanche Winry ha voluto mettersi a contare i giorni davanti alla finestra di casa sua per vedere il vostro ritorno!”
La voce calma di Alphonse non mi avrebbe aiutato stavolta, sentivo un fiume in piena e volevo sfogarmi finché potevo e ce l’avevo davanti.
“Io lo faccio solo per proteggerti… Questa è la vita che io e mio fratello ci siamo scelti volente o nolente e ti prometto che un giorno tutto ti sarà spiegato, ma la nostra missione viene prima di ogni cosa e preferirei morire piuttosto che abbandonare Edward.”
Era la conferma, le nostre strade non erano nemmeno lontanamente le stesse e non lo sarebbero mai state. “Ho le mani legate e vorrei soltanto che tu lo capissi. Laisa, io ti amo… E se ti capitasse qualcosa-“
“Io volevo soltanto un amico!!!”
Scoppiai in lacrime, ma tutto ciò andava detto.
“Credevo di aver trovato qualcuno che avesse provato ciò che ho provato io e volevo trovare un modo per tornare a vivere, ma nonostante questo anno altalenante sono ancora là dentro, ad aspettare solo il cielo sa cosa, mentre l’amico che credevo di aver trovato si allontana sempre di più da me!! Tu mi hai curata, mi hai protetta e vorresti lasciarmi ora che mi sono innamorata di te?!? Alphonse Elric, con quale cuore mi fai questo!!”
Al, tremante dall’emozione, fece per accarezzarmi la testa ma scansai con rabbia la sua mano “Non mi accontenterai così, non stavolta. Probabilmente… Probabilmente mi sto solo sbagliando e ti ho davvero chiesto troppo. Pensavo che stare in quel posto mi avrebbe protetta da Telamy ma ora qualsiasi cosa mi sembra meno mostruosa della vita relegata in una stanza. Tu sembravi essere la mia via di fuga ma è chiaro che le cose non cambieranno fino a quando non sarò io a stravolgerle.”
L’armatura iniziò a farfugliare impacciata, tentando di mettere assieme frasi di senso compiuto “I-Il… Il destino di questo Paese è in pericolo” Ora che era con le spalle al muro il terrore che me ne sarei andata davvero dalla sua vita aveva preso il sopravvento; tutti i discorsi che aveva probabilmente cercato di prepararsi mesi addietro, in attesa del fatidico momento, stavano andando in malora “L… L’incidente alchemico che mi ha ridotto così è stata una trasmutazione umana… E gli Homunculus… E nostra madre… Io…”
Lo vedevo tremare così forte che pensavo fossero convulsioni, stava andando nel panico per qualche motivo che sul momento non riuscivo a comprendere ma che mi spaventava molto. Lo feci subito abbassare in ginocchio e presi la sua testa fra le mani, guardandolo fisso nelle fessure rosse e brillanti.
“Va tutto bene.”
“… Non posso perderti…”
“Va. Tutto. Bene.”
Lo abbracciai forte, lasciandolo interdetto. Sapevo che non avrebbe sentito nulla, ma le nostre anime umane ci dicevano che ne valeva la pena, che si sarebbero sfiorate lo stesso, e così fu. Alphonse tese debolmente le braccia per ricambiare quella stretta e, nel silenzio di quel parco deserto, sentii i suoi singhiozzi. Da prima sommessi, frenati con tutta la sua forza, poi sempre più invadenti e infine liberatori; non l’avevo mai visto fare una cosa del genere, non pensavo nemmeno che ne fosse capace.
“E’ quasi una vita che in cambio del mio impegno la vita mi restituisce sofferenza, e proprio quando penso di aver trovato qualcuno a cui aprire il mio cuore, il destino mi impedisce di starle vicino. A me e a Edward manca una dimora da tempo ma sapevamo che era giusto così. Ed ora… Ora il pensiero di “casa” ha fatto posto al tuo viso. Quanto… Quanto tempo abbiamo davvero passato assieme io e te? Due settimane, quattro, due mesi forse… Ma la verità è che dalla prima volta che ti ho accarezzato la testa, la notte in cui ti ho conosciuta in quella stanza buia, ho capito che ti avrei protetta nonostante tutto, indifferentemente da cosa o chi tu fossi, perché eri esattamente come me.”
Gli accarezzavo il viso, il metallo si era scaldato con il mio calore e allo stesso tempo la mia pelle aveva preso quell’odore ferroso che non mi sarei mai levata. …Le mie labbra premettero gentilmente contro la superficie liscia rendendo “reale” anche quell’armatura che il mondo credeva senza vita. Con gli occhi dell’anima potevo vederlo arrossire e sorridermi debolmente, lasciando cadere le ultime lacrime.
“Il preoccuparci l’uno per l’altra è un lusso che non possiamo permetterci.” Sospirai , alzandomi in piedi.
“Ora devo andare.”
“…N… No aspetta!”
Con un balzo fui sui primi rami degli alberi, prima che Alphonse potesse aggiungere altro, e da lì mi spostai veloce verso il limitare del parco; avere forza, velocità e resistenza di un lupo assieme ai pollici opponibili di un umano faceva di me anche una discreta arrampicatrice, ma non erano certo questi pensieri che mi occupavano la testa in quel momento. Una volta sull’asfalto cittadino mi diressi silenziosa verso i miei alloggi, sperando di trovare del tempo da sola nella mia stanza lontano dal mondo, come era sempre stato.
 
“Dove vai a quest’ora bambina?”
Una sagoma nera mi si piazzò davanti e trasalii di colpo, ma lo evitai rapidamente e continuai a passo spedito per la mia strada. “Il solito ubriaco o maniaco” pensai; le strade erano ormai deserte e dovevo stare molto più attenta, più facile a dirsi che a farsi nelle condizioni in cui riversavo.
Ma dopo pochi passi mi balzo davanti di nuovo; nell’oscurità potei vedere un sorriso ampio e terrificante che mi raggelò il sangue. “Non ho tempo da perdere” gli intimai passando oltre, ma ecco che un dolore sordo alla schiena mi scaraventò a terra. Vidi una luce tagliente, delle acute scintille dietro di me e voltatami mi ritrovai il suo lurido viso davanti: Richard Telamy.
“E’ stata una serata noiosa, stupida ragazzina, quindi ti concedo il privilegio di guadagnarti la libertà con una bella corsetta.” La sua voce esalava sibilanti parole che nella confusione e nel panico sentivo risuonare a vuoto nella mia mente.
“I… Io…” balbettai prima di ricevere un altro calcio che mi risvegliò completamente.
 
“Ho detto corri.”
   
 
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