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Autore: mairileni    15/05/2015    5 recensioni
«Siediti.»
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Frank Iero, Gerard Way | Coppie: Frank/Gerard
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Il capitolo due di Tourniquet, yeee.Sono contenta. Davvero. Scrivere questa storia è molto divertente e al tempo stesso mi viene naturale. È come se i personaggi sapessero già cosa fare e si muovessero da sé, non so se mi spiego.

Ad ogni modo, il capitolo due è un po' l'inizio di tutto. Il vero e proprio punto di partenza, potremmo dire. Da questo momento in poi, comincerà l'azione vera e propria, e l'intento è quello di iniziare piano piano per poi aggiungere sempre più dinamismo (da qui i titoli dei capitoli, presi dalla scala dei ritmi musicali). Non so se mi spiego. Non so MAI se mi spiego, lo so.

 

E poi, un'altra cosa IMPORTANTISSIMISSIMA. Non sapevo se dirvi o meno quanto sto per dirvi, ma la verità è che mi fa piacere che le cose siano messe in chiaro fin da subito: dato che questa storia è narrata da Frank in prima persona, sto usando un registro piuttosto basso per rendere il suo personaggio (e, di conseguenza, il suo modo di pensare) più realistico. Perciò sì, troverete effettivamente alcuni errori di sintassi, parolacce, ripetizioni, lunghi periodi senza virgole e così via, ma vi assicuro che si tratta di un qualcosa che è totalmente voluto. E, beh, nulla, ora ve l'ho detto ~

 

Un grazie speciale a chi ha usato qualche minuto del proprio tempo per recensire lo scorso capitolo. Mi sono sentita molto incoraggiata, perciò ecco a voi dei cuori -----> ♥♥♥♥♥

 

Bene, direi che ho detto tutto. Grazie di essere qui a leggere!

 

Enjoy (ノ◕ヮ◕)ノ*:・゚✧

 

 

pwo_

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Larghetto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non so se avete presente che quando uno va in lavanderia deve pagare in anticipo e poi andare a riprendersi i vestiti due o tre giorni dopo. Gerard è come la lavanderia: gli sganci trenta bigliettoni di lunedì e lui ti dice di ritornare di mercoledì. Io da Gerard sono già andato otto volte e secondo me mi meriterei anche qualche privilegio, ma si dà il caso che qui quello che decide sia Gerard, e che secondo lui invece non mi merito proprio niente — arrivederci e grazie. E così, adesso sono nel bel mezzo di quelle ventiquattr'ore di vuoto che congiungono il giorno del pagamento al giorno del servizio vero e proprio. E mi annoio.

    Sono in classe, c'è la signora Hitchman che è tutta contenta. La signora Hitchman è tutta contenta perché sta succedendo una cosa che secondo lei è bellissima, e cioè che noi il coseno dell'angolo β non lo conosciamo, però i lati AB e BC li conosciamo, e quindi il coseno ce lo possiamo ricavare, ma tu guarda. La Hitchman è una donna entusiasta. Voglio dire, è sempre contenta di tutto, è sempre serena, felice, mai che si lamenti, mai che si arrabbi, mai che faccia ironia su qualcosa — un incubo, praticamente. Ci dà cinque minuti per trovare il coseno dell'angolo β e i cinque minuti finiscono.

    «Iero», dice la signora Hitchman.

    «Sì, cosa?», dico io.

    «Iero, qual è il coseno dell'angolo β?»

    «Eh?»

    «Il coseno dell'angolo β. Non l'hai trovato?»

    Io le dico che mi dispiace davvero tantissimo e che l'ho cercato ovunque, ma del coseno dell'angolo β non c'è traccia da nessuna parte. Mi aspetto che la signora Hitchman rida, ma lei non ride. In ogni caso non si arrabbia nemmeno, e io l'ho già detto ma lo ridico: mai che si arrabbi, questa donna. Poi magari mi sbaglio, ma secondo me è strano. In tutto ciò, Gerard ha il gomito sul banco e la testa sulla mano. E guarda fuori. È buffo dirlo, ma è come quei pupazzetti con dietro la chiave a molla, che tu giri la chiave a molla e loro ti fanno un paio di saltelli prima di ritornare completamente immobili. Gerard qui a scuola fa lo stesso. Se ne sta sempre là annoiato come se il mondo non fosse affar suo, ma poi magari tu ti distrai per un attimo e quando torni a guardarlo lui sta facendo i suoi quattro saltelli pomeridiani. È una cosa che io suppongo e basta, intendiamoci. Non ho mai visto Gerard fare i suoi quattro saltelli pomeridiani e non l'ho mai visto senza la sua perenne espressione d'insofferenza. Un paio di volte mi è sembrato di vederlo con gli occhi rossi, ma io credo che ogni tanto qualche canna se la faccia, quindi tutto normale. E poi io non ce lo vedo, a piangere.

    Qualcuno bussa alla porta della classe. Toc, toc, toc e toc. Quanto mi dà fastidio la gente che vuole strafare e bussa più di tre volte, non potete capire.

    Io sinceramente mi aspettavo che entrasse Bidello Di Cui Non Mi Ricordo Mai Il Nome ad annunciarci qualche nuovo, insulso progetto scolastico, e invece mi sbagliavo: tre poliziotti, uno davanti e due dietro. Si vede subito che i poliziotti che stanno dietro sono agenti inutili, ovvero quegli agenti che di lavoro non lavorano ma che in qualche modo sono sempre tra i piedi.

    «Oh, buongiorno agente.»

    Ecco, che cosa vi dicevo? La signora Hitchman gli agenti inutili nemmeno li saluta.

    «Non è un buon giorno, signora», ribatte l'ufficiale.

    Ah, ma allora è un poliziotto severo! Mi fa un po' ridere. Cioè, questo porta i capelli con la riga di lato e viene qui a fare la parte dell'ombroso poliziotto in lotta con la città criminale. Qui. A Belleville. A Belleville, che se ci abiti e vedi su una cartina quanto è scritta in piccolo ti viene la depressione per vent'anni. La signora Hitchman non si arrabbia (e ora tutti in coro: mai che si arrabbi!) e chiede cordialmente a Poliziotto Severo di che cosa abbia bisogno. Lui si gira verso Gerard. Gerard ricambia lo sguardo. E poi, come se niente fosse, apre la cerniera dello zaino, tira fuori la sua giacca, se la infila rapidamente e si alza in piedi. Non faccio nemmeno in tempo a pensare ma che cazzo...? che subito Poliziotto Severo mette i bei bracciali di metallo ai polsi di Gerard e gli dice che è in arresto per possesso di droga. Possesso di che?, penso io, ma in realtà credo di aver sentito benissimo. E alla parola “droga” facciamo tutti la stessa cosa nello stesso momento, e cioè sbarriamo gli occhi con aria sconvolta, io e tutti quelli che stanno in quest'aula — tranne i poliziotti, perché loro sono qui apposta e quindi lo sapevano già. E allora Poliziotto Severo dice a Gerard che ha il diritto di rimanere in silenzio e che ogni cosa che dirà potrà essere usata contro di lui in tribunale, e poi anche che ha diritto a un avvocato, e che se non può permetterselo gliene sarà assegnato uno d'ufficio. E che Dio mi salvi, ma Gerard è bello anche quando lo arrestano. Ma non “bello” tipo “ah, ok, bello” — e ve lo spiego perché ci tengo che capiate bene il concetto —, io intendo “bello” tipo il Sublime di Edmund Burke, non so se avete presente; il Sublime è quella sensazione che provi quando una cosa è talmente pazzesca che tu non riesci a pensare ad altro, e allora resti lì come un fesso e sei affascinato e impaurito allo stesso tempo. Beh, sì, così è spiegato in breve, però il concetto è quello. E fatto sta che Gerard è sublime e ammanettato, ma la cosa che mi salta all'occhio è che, mentre Poliziotto Severo gli chiede se ha capito bene quali sono i suoi diritti, lui ha l'aria scocciata. E voglio dire, se uno ti arresta perché hai guidato ubriaco magari ti scocci pure, ma se uno ti arresta perché hai della droga in casa dovresti cagarti sotto, perché nel New Jersey ti posso dare anche venticinque anni di galera, per un reato del genere. Gerard dice che sì, ha capito bene quali sono i suoi diritti. È piegato in due sul banco ma per una frazione di secondo Poliziotto Severo lo spinge ancora più giù. Spingerlo ancora più giù gli serve a darsi la forza per tirarlo di nuovo su subito dopo, perché a volte da lontano non sembra, ma le persone sono pesanti (e non solo nel senso che sono noiose). La Hitchman ha gli occhi sbarrati tipo palle da biliardo e la mano sulla bocca, non muove un dito. Cristo santo, signora Hitchman, stanno arrestando un suo alunno, ma è mai possibile che lei se ne stia lì impalata? Niente, non si muove. Se non altro, ora che ci penso, la signora Hitchman a Gerard potrebbe anche tornare utile; nel senso che scommetto che da stasera in poi la signora Hitchman si metterà a pregare per lui per tipo centomila ore al giorno finché il Signore sarà talmente esasperato che le darà ascolto e tirerà Gerard fuori dai guai.

    La classe non fiata nemmeno per sbaglio, e intanto Poliziotto Severo resta dietro a Gerard e gli tiene fermi i polsi (anche se lui non gli sta affatto opponendo resistenza). Poi, proprio mentre tutto il gruppetto sta per prendere la porta, a Gerard finisce sugli occhi una ciocca di capelli. Lui fa una smorfia perché probabilmente quella ciocca gli fa il solletico al naso e così, di scatto, compie un movimento con la testa per togliersela dagli occhi e... crac, dove crac è il rumore del naso di Poliziotto Severo che viene preso in pieno dalla testa di Gerard.

    C'è un momento di gelo.

    Gente, se nel giro di due secondi non riesco a pensare a qualcosa di brutto, scoppio a ridere. Giuro su Dio che se non mi concentro scoppio a ridere, e che in galera mettono anche me per affronto a pubblico ufficiale. Nel frattempo, Gerard ha capito di aver sbattuto la testa su Poliziotto Severo, ma per lui resta ancora da capire su quale parte di Poliziotto Severo abbia sbattuto la testa. Si sforza di voltarsi il più possibile (perché, nel frattempo, non dimentichiamoci che è sempre ammanettato) e con la coda dell'occhio nota i due rivoletti di sangue che colorano a Poliziotto Severo la striscia di faccia che sta tra il naso e la bocca. Gerard, adesso, ha capito; schiude le labbra in una piccola O, alza le sopracciglia e... e poi tutto succede in un batter d'occhio: Gerard riesce a malapena a dire “oh mio Dio, mi scu...”, che subito scoppia a ridere. Forte, istericamente, con la bocca aperta. Agente Inutile 2 tira fuori un fazzoletto e lo piazza sul naso del ferito, e intanto, come Gerard, scoppio a ridere anch'io, perché con quel quadratino di sangue tra il naso e la bocca Poliziotto Severo sembra la versione psichedelica di Hitler. La Signora Hitchman, dal canto suo, sviene e cade a gambe all'aria; tutta la classe si gira verso di lei, Susan Bayle si alza subito per soccorrerla, io sto ancora guardando Gerard. Il tutto nel giro di cinque secondi, o forse sei. Io che rido, Gerard che ride, Poliziotto Severo che urla, Susan Bayle che fa aria alla signora Hitchman e la signora Hitchman che mugola “oooh” e “oh, mamma”. E vi sembrerà pazzesco ma sì, in tutto questo casino io guardo solo Gerard, e a un certo punto anche lui guarda me. Un ultimo spasmo della sua risata lo scuote, e l'occhiata che ci scambiamo sembra dire “ma hai visto quanto è stato buffo?”. Ma poi poliziotto Severo si preme il fazzoletto sul naso, imprecando, e porta fuori Gerard con una spinta stizzita. E non mi invento nulla quando vi dico che, prima di uscire definitivamente, Gerard mi ha guardato di nuovo e mi ha sorriso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Se fossimo in un film romantico francese, in questo momento sarei seduto per terra con aria malinconica, avvolto nella penombra della mia stanza, intento a dipingere il viso di Gerard su una delle pareti. E magari sospirerei e poi guarderei le stelle addensate oltre al vetro della mia finestra, ripensando ai momenti trascorsi con lui e lasciandoli scorrere nella mente come i fotogrammi di un capolavoro cinematografico.

   Fatto sta che invece non siamo in un film romantico francese manco per il cazzo, e che comunque anche se sapessi disegnare non mi metterei certo a fare la faccia di Gerard sul muro, perché va bene tutto, ma diciamocelo, sarebbe angoscioso. E poi cazzo vuoi che si addensino le stelle in un posto inquinato come l'America, che qui l'unica cosa che si addensa è il latte quando scade.

    Non mi manca. Lo giuro, non mi manca.

    Però ci penso. È da tre giorni che ci penso, e no, non è perché gli ho dato trenta dollari in anticipo per un servizio di cui alla fine non ho usufruito. È che devo ancora fargli tante di quelle domande che un libro intero non basterebbe. Perché ti droghi?, perché taccheggi?, perché ti sei trasferito?, perché ti tingi i capelli?, perché in mensa non prendi mai la carne?, è forse perché non ti piace la carne?, e perché non ti piace la carne? Per un attimo penso disordinatamente che se l'hanno messo in gattabuia potrei andare a trovarlo e parlargli attraverso il vetro con quella specie di telefono marrone che si vede anche nei film, ma accantono l'idea quasi subito. Non credo che lui sia interessato a me. O piuttosto, non credo che lui sia interessato alla gente in generale. O forse gli interessa solo il mittente quel messaggio che pochi giorni fa ha fatto fare tin al suo telefono dai tasti grandi, un telefono di quelli vecchi che non si rompono nemmeno se eccetera eccetera. Sì, ve ne ho già parlato.

    Domani è venerdì, e poi ci sarà weekend. Beh, grazie al cazzo, dopo il venerdì c'è sempre, il weekend. Però sto pensando che se domani riuscissi a capire dove abita Gerard, magari sabato potrei fare una capatina a casa sua. Potrebbe essere lì; potrebbero averlo rilasciato per mancanza di prove o per mancanza di precedenti; sì, e magari lui potrebbe, che so, essere assente da tre giorni solo perché magari si vergogna troppo della faccenda dell'arresto per tornare a scuola. Annuisco per darmi ragione da solo, come i matti, e quando mi giro su un fianco l'orario segnato sullo schermo luminoso della sveglia mi ricorda che forse sarebbe il caso di dormire. Ma comunque sì, potrei scoprire l'indirizzo di Gerard e poi presentarmi alla sua porta. Potrei portargli degli appunti vecchi di cent'anni e dirgli che sono le ultime cose che abbiamo fatto a scuola. Potrei chiedergli se voglia prendersi un caffè assieme a me, da qualche parte. Sperare che non mi pianti un coltello tra gli occhi. Quante cose che potrei fare, già. Ma fatto sta che non siamo in un film romantico francese manco per il cazzo, e che mi dispiace dirlo, ma nella vita reale le idee geniali che ti vengono prima di addormentarti si rivelano delle grandi cazzate non appena ti svegli.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

    «No, non mi pare che sia lui, papà.»

    «Ma come no?! È lui, ne sono certo! Guardalo bene, Frank!»

    Ci sono io, c'è mio padre, c'è il tavolo apparecchiato per la colazione ed è domenica, e credo che sia superfluo dire che alla fine, com'era prevedibile, ieri non ho fatto nessunissima “capatina a casa di Gerard”. Avrei voluto, davvero. Ma il fatto è che venerdì ho chiesto un po' in giro, e... beh, nessuno ha la più pallida idea di dove stia Gerard di casa; forse perché tutto sommato si è trasferito qui a Belleville da appena un mese e mezzo.

    «Frank! Ma come puoi essere così cieco?», continua mio padre.

    Ieri mio padre ha guardato cinque puntate di Law & Order di seguito, una dietro l'altra. Alle sei e dieci si è piantato sul divano con una scodella piena di popcorn e alle nove e un quarto si è alzato dal divano con una scodella vuota e un gran mal di testa. Tutto questo per dire che dopo tre ore trascorse a lessarsi il cervello con Law & Order mio padre si è fatto un bel sonno ristoratore, e stamattina, mentre facevamo colazione, ha sbattuto il pungno sul tavolo e ha detto: “Perdio!”. Proprio così, sì, “perdio!”, con tanto di punto esclamativo in fondo. “Come ho potuto dimenticarmene?”, ha aggiunto subito dopo. Dopo aver detto questo, si è alzato, ha preso un altro sorso dal suo bicchiere di succo d'arancia, si è pulito velocemente le labbra con il tovagliolo e infine è sparito nella sua stanza, lasciandomi solo con il mio toast al formaggio e con il monito “sarà questione di un istante, tu non muoverti di lì!”. Dalla sua stanza è riemerso quasi cinque minuti dopo, un sorriso trionfante sul viso e l'annuario scolastico dello scorso anno in mano.

    E così, ecco spiegato come siamo arrivati qui: io, mio padre, il tavolo apparecchiato per la colazione e la fotografia di Paul MacPherson, che per la cronaca è a pagina 84, terza riga dal basso.

    «Guardalo! Guardalo bene, Frank! Guardalo bene!»

    «Papà...»

    «Lo stai guardando bene, Frank? Potrebbe essere lui, il ladro del mio negozio, non credi? Guarda qui...»

    Prende il foglio su cui ha stampato il fermo immagine che inchioda Gerard e lo appoggia accanto alla foto del povero MacPherson, per poi stirarlo un poco con i palmi delle mani. Mi dispiace per papà, ma se crede di aver trovato il metodo vincente per trovare il ladro del suo emporio ha proprio sbagliato tattica. No, non è vero, come tattica potrebbe anche funzionare. Ma il punto è che Gerard sull'annuario dell'anno scorso non c'è. Non può esserci, perché si è trasferito qui soltanto un mese e mezzo fa. E comunque, se anche ci fosse, mio padre la sua fotografia non la guarderebbe neanche: sono quaranta minuti che stiamo prendendo in analisi soltanto i biondi.

    «Aspetta un attimo, però», pondera mio padre. «E se invece fosse stato questo qui? Dai tratti del viso sembra lo stesso del video!»

    Guarda me, guarda la fotografia di James Mall, guarda di nuovo me e poi annuisce lentamente, come a dire “adesso sì che ce lo abbiamo in pugno”. D'accordo, direi che ne ho abbastanza.

    «Sai cosa ti dico papà? È vero, potrebbe essere lui!»

    «Anche a me pare, sai?»

    «Oh, sì. Tieni a mente che non puoi accusarlo così dal nulla, ti servono altre prove. Ma tieni gli occhi su di lui. È il tuo uomo.»

    Papà arriccia le labbra e assume un'espressione molto assorta.

    «Ottimo», è il suo verdetto. «Grazie, Frank, hai ragione; sì, lo terrò d'occhio. Ma se scopro che davvero è stato lui, perdio, gli faccio un discorsetto di quelli che si ricordano tutta la vita!»

    «Giusto», lo assecondo io.

    «Vero», ribadisce lui. «E ora finisci il tuo toast. Dobbiamo essere in chiesa tra meno di venti minuti.»

 

 

 

 

 

 

 

 

 

    L'andare a messa ogni domenica non mi pesa più di tanto. La verità è che io in Dio ci credo abbastanza. Oddio, non che di sera mi getti a terra a pregare o cose simili, però credo che il mondo un supervisore ce l'abbia, e se la gente lo chiama “Dio”, va bene, chiamiamolo pure “Dio”. Io ci credo.

    Papà, dopo questa cosa che vi ho già detto, cioè che secondo lui il ragazzino che ha rubato nel suo emporio è James Mall, si è messo il cuore in pace. Ascolta la predica del reverendo Kemp con gran fervore religioso e ogni tanto grida anche “sì, ben detto!” assieme agli altri presenti, ma questo solo quando il reverendo Kemp dice qualcosa di davvero giusto e fantastico. Io, invece, ascolto e basta. Il mio momento preferito è alla fine, quando si canta, perché voi scherzate, ma i testi delle canzoni di chiesa sono davvero trascinanti. Voglio dire, ti fanno davvero venir voglia di ballare ed essere allegro e fare un sacco di bei pensieri, tipo che Dio è stato proprio bravo ad aver creato le persone e l'amore e la musica e tutto il resto. Quando il reverendo Kemp finisce di farci la predica siamo tutti contenti. La più contenta, comunque, è la signora Scarlet, che è questa signora di colore che è sempre allegra e fiduciosa in Dio.

    «Gloria a Dio!», grida la signora Scarlet dalla panca più prossima all'altare.

    Anche gli altri gridano cose simili a questa, e alcuni alzano anche le braccia al cielo — insomma, in parole povere, siamo tutti d'accordo che Dio è proprio buono e simpatico e tutto quanto.

    Quando arriva il momento delle preghiere io esco a prendermi un po’ d’aria. C’è il sole solo a metà, il cielo è bianco di nuvole e anche se Dio è proprio buono e simpatico e tutto quanto questo posto fa sempre schifo, però del clima non posso lamentarmi. Fa freddo ma non troppo, e a me il clima così piace. Respiro a fondo e guardo il fioraio che c’è di fronte alla chiesa sistemare delle calle in un grosso vaso appoggiato a terra. Bravo, signor fioraio, lei fa proprio un bel lavoro allegro e secondo me a Dio i lavori allegri piacciono, penso, e sì, oggi sono fissato con Dio, che volete farci. Per il resto, la strada è deserta. Qui a Belleville, di domenica, la gente se ne va in chiesa e chi s’è visto s’è visto.

    E poi succede una cosa che io giuro, giuro che non mi regge il cuore: mi giro a sinistra e bum. Gerard. Forse sto sognando – non lo escludo –, ma no, non sto sognando. È Gerard, è proprio lui, è Gerard con i capelli tinti di nero e la bocca che non sorride e la giacca verde militare e tutto il resto. Apro la bocca. La chiudo. La riapro e la richiudo. Non riesco a pensare ad altro: è Gerard. Lui non mi ha visto. Sta accovacciato a terra davanti alla zingara che si accampa sempre sui gradini della chiesa e parla. Lui dice delle cose alla zingara e la zingara dice delle cose a lui. Non so che cosa si stiano dicendo, da qui non sento.

    E così l’hanno rilasciato. È pazzesco, ragazzi, da queste cose, da queste cose vedi che Dio è proprio buono e simpatico e tutto quanto. L’unica cosa che mi viene in mente è che Gerard dev'essere stato beccato con della droga in casa per la prima volta in vita sua, e che quindi la polizia deve averlo rispedito al suo indirizzo con una pacca sulla spalla e la raccomandazione di non farlo più. Nel New Jersey, se ti beccano con della droga in casa e tu hai la fedina penale pulita, ti lasciano andare o al massimo ti costringono a frequentare dei gruppi di recupero per un po’; poi la fedina penale ti diventa sporca e se ti beccano di nuovo sei bello che fottuto, ma se è la prima volta lo Stato ti dà l’opportunità di tornartene dove abiti e riprendere a comportarti bene. È come una seconda chance, e… è Gerard, ragazzi, è proprio lui! Mi guardo le scarpe, sorrido tra me e me come un ebete (è Gerard!), forse è anche spuntato il sole. O forse sono solo io che quando c’è Gerard divento isterico pazzo. Però c’è Gerard (è Gerard!), e voi dovete capire che quando c’è Gerard ogni cosa diventa più bella. Per me è così. La zingara gli porge un foglietto, lui se lo mette in tasca. È tutto così strano e surreale e meraviglioso che forse in un film romantico francese ci siamo davvero. Gerard saluta la zingara, e solo adesso noto che Gerard è strano.

    Sì, è strano. In faccia. Oggi Gerard è strano in faccia, e oserei quasi dire che oggi Gerard sembra preoccupato. Di cosa, per chi, in che modo, in che misura, queste sono tutte cose che non so. E forse sarà solo un’idea mia, ma se Gerard è preoccupato non è preoccupato per l’arresto. È per qualcos’altro. Ma cosa? Non lo so. Non lo so ma mi turba. Perché quando ti abitui a credere che qualcuno sia indifferente a tutto, appena ti accorgi che non è così – o che non è ragionevole che sia così –, ci resti di stucco. E io ci sono restato così: di stucco. Gerard si allontana a passo talmente sicuro che a vederlo così, di spalle, uno penserebbe “ecco un ragazzo sereno e senza problemi”. E la penserei così anch’io, se poco fa non l’avessi visto anche in faccia. Però in faccia l’ho visto. Anche se di lui non so nulla, e anche se non ho sentito una sola parola di quanto ha detto a quella zingara, io gli occhi glieli ho visti. E magari con i gesti e con il modo di fare puoi anche fingere il contrario, ma se hai qualcosa che non va dagli occhi si capisce sempre. È una cosa che mi dice spesso anche mio padre. Se vuoi davvero controllare che una persona stia bene, allora devi guardarla negli occhi. Dagli occhi si capisce sempre, se qualcosa non va.

    Dagli occhi si capiscono un sacco di cose.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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