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Autore: Alexiel Mihawk    16/05/2015    7 recensioni
Nami e Zoro non sono anime gemelle, ma questo non ha certo impedito loro di incontrarsi e innamorarsi l'uno dell'altra; Cavendish è sempre stato un esteta e la sola idea di potersi innamorare di una persona brutta lo ripugna; Rebecca ha trovato la propria anima gemella, ma ha scoperto, con orrore, di non essere la persona che lui stava aspettando; Law è sempre stato convinto di essere eterosessuale e ora vede le sue convinzioni andare in pezzi; Kidd è gay da una vita e detesta chi mente a sé stesso; Bonney ha dei problemi con la legge, Drake è la legge.
Soulmate!Modern!AU - In un mondo in cui ti viene detto, fin dalla più tenera età, che là fuori, da qualche parte, esiste qualcuno destinato ad amarti, destinato a stare con te, è possibile per una persona sentirsi davvero libera di amare senza imposizioni? Senza che il destino pesi come una condanna? Durante un roadtrip coast to coast Nami, Zoro, Cavendish, Bonney e Kidd si fermano a Peach Springs, cittadina dell'Arizona costruita attorno alla Route 66, qui incontreranno una serie di persone che cambieranno loro la vita.
[Zoro/Nami; Law/Kid; Bonney/Drake; Cavendish/Bartolomeo/Rebecca]
Genere: Generale, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Cavendish, Eustass Kidd, Jewelry Bonney, Nami, Roronoa Zoro | Coppie: Eustass Kidd/Trafalgar Law, Franky/Nico Robin, Nami/Zoro, Rufy/Nami
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Autrice: Alexiel Mihawk | alexiel_hamona
Titolo: Walk like an Egyptian
Capitolo: The future is a little bit fright'ning
Fandom: One Piece
Personaggi: Nami, Zoro Roronoa, Eustass Kid, Jewelry Bonney, Cavendish, Killer, Trafalgar Law, X-Drake, Bartolomeo, Rebecca, Monkey D. Rufy, Portoguese D. Ace, Sabo, Sanji
Pairing: Zoro/Nami, Franky/Robin, Eustass/Trafalgar, Bonney/X-Drake, Cavendish/Bartolomeo/Rebecca, implied!Rufy/Nami
Rating: sfw
Genere: slice of life, sentimentale, generale
Avvertimenti: soulmate!AU, tattoo!AU, roadtrip!AU, modern!AU, linguaggio volgare
Parole: 7638
Note: eccoci, ci siamo. Ho ritardato troppo con questo capitolo, ma ora prometto che i seguenti arriveranno a ritmi piuttosto rigidi perché voglio chiudere la storia prima di giugno e alla fine credo che in tutto i capitoli saranno cinque.
In questo terzo vediamo la storia che va avanti e ovviamente, essendo che il tutto si dipana in tre giorni soltanto, le cose accadono parecchio in fretta. Non voglio però annoiarvi eccessivamente con le mie solite chilometriche note, quindi farò un elenco veloce dei punti salienti.
- Non andate a Supai senza prenotare, qui non ne ho parlato, ma Bonney ha prenotato alle spalle di tutti; per chi non prenota c’è una sovrattassa. In ogni caso più mi informo su questo posto, più sembra un postaccio.
- Ace e Bonney si conoscono, spiegherò nel prossimo capitolo come, ma non aspettatevi grandi rivelazioni, è una stronzata.
- Le canzoni di questo capitolo sono solo tre: Every breath you take – the Police; Behind blue eyes – the Who; Kung fu Fighting – Kung fu Panda.
- non l’ho detto nelle note al capitolo precedente quindi lo dico qui, X Drake qui si chiama Francis perché non potevo non dargli un nome e di conseguenza mi sono ispirata al nome del pirata omonimo (a cui per altro si è ispirato pure Oda).
- Kendra Willer (e Matt), personaggio che viene nominato in relazione a Sanji, è un personaggio inventato e creato da Axia, nelle sue fic RuNami (Verso il Re, The Eight Kings e Le Cronache del Re) oramai da tempo non più in rete; siccome trovo che la sua storia sia uno dei masterpiece delle fic di one piece, non ho potuto esimermi – col suo consenso – dal far fare questo cameo a Kendra. A voi che sapete di che parlo, so che anche voi non riuscite a vedere Sanji con nessun’altra.
- “superoca” è invece una reference del “Superoca” / “Megafessa” con cui si chiamano sempre Cloe e Beatrix nella Saga di Kysa (questa la trovate su EFP, fandom Harry Potter).
 

 

Walk like an Egyptian
3. The future is a little bit fright'ning

 

 
Il ragazzo si getta nel bacino d’acqua con un grido, sollevando onde azzurre che vanno allargandosi fino a toccare la riva e schizzare i passanti; Rebecca sorride, mentre le lunghe gambe sottili godono del refrigerio delle cascate Havasu. Osserva con occhio divertito Bartolomeo mentre cerca di proteggerla dagli schiamazzi molesti di quella comitiva, fin troppo allegra, che dalla sera precedente sembra seguirli ovunque vadano. Sono così spensierati, apparentemente felici e privi di ogni preoccupazione che non riesce a fare a meno di provare una strana fitta ogni volta che li guarda; le ci è voluto un po’ per capire che quel sentimento che le stringe lo stomaco è invidia. Sospira piano, attirando involontariamente l’attenzione di Bartolomeo che si piega su di lei con aria preoccupata e le appoggia una mano sul capo.
«Stai bene? Hai bisogno di qualcosa?»
Gli sorride con dolcezza; vorrebbe fargli capire che tutte quelle attenzioni non sono davvero necessarie e che sta bene anche così, ma il ragazzo è già balzato fuori dall’acqua e si è allontanato dicendo: «È meglio se non stai troppo al sole, vado al villaggio a prenderti qualcosa da bere».
«Non lascia molto spazio per sé stessi una relazione con uno così, non trovi?» domanda con tono pacato una voce alle sue spalle, non appena Bartolomeo sparisce in lontananza.
La ragazza dai capelli rossi, che sembra fare da guida alla comitiva, la osserva con aria neutra, immersa fino alla vita nell’acqua azzurra del lago.
Rebecca sorride debolmente, mentre la giovane si lascia scivolare al suo fianco.
«Non è come credi» si schernisce debolmente, senza però sentirsi infastidita dal commento «Cerca solo di dimostrami la sua presenza, anche se non si rende conto a volte di essere un po' opprimente».
Nami sbuffa, storcendo il naso, nella piena consapevolezza che quel genere di relazioni così morbose non fanno proprio al caso suo.
«Non volevo suonare come se ti stessi giudicando, comunque io sono Nami».
«Rebecca, e no, davvero, non preoccuparti, è una cosa che mi hanno fatto notare spesso, ma se fosse tutto così semplice non sarei ancora qui».
«Every breath you take and every move you make, every bond you break, every step you take, I'll be watching you» canticchia qualcuno alle loro spalle «Ciccia, hai fatto scappare il tizio strano super protettivo?»
«E la spostata che parla per pezzi di canzoni è Bonney. Non hai un minimo di pudore? Statti zitta ogni tanto».
Jewelry alza le spalle, salta nell’acqua a fianco a loro e schizza l'amica.
«Sei tu quella che ha cominciato a farsi i cazzi altrui, sorella, mica io; predica come razzoli, o poi ci sta tutto che Kiddo ti dia della gallina!»
Rebecca scoppia a ridere; un rapporto simile con qualcuno lei non l'ha mai avuto. La famiglia di sua madre era troppo in vista e troppo importante perché le ragazze della sua età si sentissero legittimate ad avvicinarsi con naturalezza. Quelle poche che si erano approcciate a lei lo avevano fatto semplicemente per comodità e convenienza, perché essere amiche della famiglia Dold non poteva che portare privilegi e vantaggi. Certo qualcosa era cambiato quando aveva incontrato Bartolomeo, ma la verità rimaneva che Rebecca non aveva amiche e che un rapporto simile a quello di Nami e Bonney era qualcosa che invidiava e allo stesso tempo desiderava con tutta sé stessa.
«A proposito, devo dirti una cosa da sturbo» prosegue Jewelry facendo una bolla con la gomma da masticare.
«Hai deciso di riprendere a parlare come tutta la gente normale?»
«Divertente, ciccia, ma no è qualcosa che ti sparaflasherà il cervello».
Rebecca si sistema leggermente, aggiustando la posizione in cui è seduta e mostrando segno di un lieve disagio.
«Uhm, ecco, se volete me ne vado».
«No, no, scialla, rimani pure. Siete pronte? Ecco: io e lo sceriffo siamo Bonnie e Clyde, gli ho cantato Breaking the Law venendo in qua».
Nami si passa le mani sulla faccia con fare disperato e l’aria di chi oramai ha perso ogni speranza.
«Dimmi che non l'hai molestato, io la cauzione non te la pago e uno di questi giorni tuo padre ti lascerà dentro a marcire, ne sei consapevole, sì?»
«E non credo che lo sceriffo sia tipo da rapinare banche» mormora debolmente Rebecca, ancora incerta se sia legittimo o meno per lei inserirsi nella conversazione.
«No, ciccie, non avete capito, vi sto dicendo che è la mia anima gemella. Tipo che mi ha parlato e BOOM, il tatuaggio ha preso a scottare, tipo peggio di quella volta che per sbaglio mi sono data fuoco alle sopracciglia».
Nami quasi si soffoca con la saliva e spalanca lo sguardo. Oramai aveva iniziato a pensare che la metà della mela di Bonney fosse un essere mitologico a metà tra un essere umano e un alieno, dopotutto l'amica non aveva una personalità facile da gestire e non si faceva alcun problema a infrangere la legge e a cacciarsi nelle situazioni peggiori.
«Stai scherzando? E sì che sembrava così normale!»
«Beh, è un bell'uomo, congratulazioni» le sorride Rebecca.
«Oh, sì, Jewl, congratulazioni. Ora anche tu e Kidd potrete sperimentare l'ebrezza di un legame imposto da qualcun altro, non sei felice?» ironizza Nami storcendo il naso.
«Io sì, e tu potresti almeno fare finta di esserlo per me» replica l'amica, che a questo giro ne ha basta degli sbalzi d'umore della rossa ogni volta che si parla di anime gemelle.
Nami la osserva allontanarsi con la consapevolezza di avere esagerato, stringe le dita sottili a formare un pugno e impreca sommessamente; se fosse semplice per lei parlare del problema l'avrebbe già fatto, perché Bonney è la sua migliore amica e meriterebbe di sapere la verità.
«Sai» la voce di Rebecca le arriva da lontano e si ricorda improvvisamente della sua presenza «Non per tutti è un male, anche se spesso è molto meno semplice di quanto si pensi».
«Per voi due, però, sembra molto semplice» borbotta con un sorriso mesto.
«Oh, beh, le apparenze ingannano, sai? Ho trovato Bartolomeo grazie a un'agenzia investigativa che si dedica alla ricerca del vero amore “Trova il tuo per sempre felice e contento” diceva il loro flyer. Ho compilato dei moduli, un questionario, fatto foto al mio tatuaggio e stillato una lista di gusti personali sia a livello fisico che caratteriale e loro mi hanno presentato Bartolomeo. E sai la cosa incredibile? Era quello giusto. Quando mi ha rivolto la parola balbettando, più imbarazzato di me, il mio tatuaggio ha iniziato a scottare».
«Affascinante» Nami schiocca la lingua sul palato, per poi voltarsi spalancando lo sguardo nell’udire le parole successive.
«Ma non il suo. È rimasto lì a guardarmi mentre i miei occhi si illuminavano prima di gioia e poi si riempivano di lacrime. Mi ha abbracciata sussurrandomi parole di conforto, così diverse dalle parole d’amore che mi ero preparata a sentire».
«Mi dispiace» borbotta la rossa imbarazzata «Non sapevo fosse possibile».
«Nemmeno io. Ma ora lo so e, fidati, avrei preferito non scoprirlo. In ogni caso, ecco, magari per te non è importante, magari per te tutta questa cosa è un peso, come a volte temo lo sia per lui, ma ci sono persone che lo aspettano per tutta la vita. Ci sono persone che vivono nell’attesa del momento in cui scopriranno chi è la loro anima gemella, ci sono persone che pagherebbero oro per avere quello che hai tu».
«Tch, bella roba…»
«Per lei, evidentemente, lo è. Forse dovresti parlarle, sai e cercare di capire».
 
«Devo rifarmi le sopracciglia» borbotta Cavendish specchiandosi nella vetrina polverosa dell’unico emporio di Supai.
Nessuno gli presta molta attenzione, in quel villaggio dimenticato da Dio e dalle piogge oramai sono abituati ai turisti, soprattutto a quelli eccentrici come lui e la sua comitiva. Si passa una mano tra i capelli biondi, più preoccupato che possano seccarsi per via del clima ostile di quella zona che per altro; non appena arriveranno a Las Vegas si infilerà nel primo parrucchiere che incontra. Gli han detto che il nuovo salone di bellezza del Bellagio è impareggiabile, ma non è sicuro di voler tradire così il Jerry Lambert. Chissà, magari se Nami si prende bene nei casinò farà in tempo a passare da entrambi.
È così perso nei suoi pensieri, e nella sua immagine riflessa e offuscata dalla polvere rossiccia che si solleva a ogni folata di vento, che non si accorge del giovane che di tutta fretta esce correndo dall’emporio, andando brutalmente a sbattergli addosso e facendolo cadere a terra.
Batte il sedere sul selciato, macchiandosi i pantaloni e masticando un’imprecazione tra i denti, quindi solleva lo sguardo per posare gli occhi sul ragazzo più antiestetico e disarmonico che abbia mai visto. I capelli, tinti di un verde sgradevole prossimo a scolorirsi, fanno a botte con la camicia bordeaux aperta sul petto a rivelare un tatuaggio grosso e apparentemente informe; come se non bastasse il pessimo gusto nel vestire, il viso già sgraziato è del tutto privo di sopracciglia e decorato con un mostruoso septum dorato al naso.
Lo sente a malapena borbottare qualcosa, ma non coglie il significato delle parole, preso com’è a scrutarlo con occhio indagatore. A rivelargli ciò che gli è stato appena detto è una fastidiosa sensazione di bruciore sul lato sinistro del costato e, anche se non ha sentito niente, nella testa di Cavendish rimbombano ripetutamente le stesse parole “Ti sei fatto male, biondino?”.
Si rimette in piedi, allontanando la mano che gli viene porta, ignorando la presentazione dell’altro, che apparentemente si chiama Bartolomeo – incidentalmente un nome di merda. Gli lancia uno sguardo freddo e sillaba, scandendo con cattiveria ogni parola: «Se avessi saputo cosa mi aspettava mi sarei suicidato da piccolo».
Bartolomeo si zittisce e impercettibilmente la bocca si piega in una smorfia; non è il fatto che di fronte a lui ci sia un uomo a turbarlo, né sono quelle parole pronunciate con così tanta cattiveria (ha sempre portato su di sé il peso di quella frase e si è oramai abituato al disprezzo che cela), solo non avrebbe mai creduto che udire una cosa simile dalla persona che dovrebbe essere la tua anima gemella fosse così spiacevole.
«Cosa c’è, un gatto ti ha mangiato la lingua? Ti puoi spostare? Sei così brutto che guardarti mi disturba».
Bartolomeo stringe i pugni e si trattiene dal tirare la lattina di tè freddo in faccia allo sconosciuto, quindi sorprendendo anche sé stesso scoppia a ridere.
«Hai ragione, faccio spesso paura alla gente per il mio aspetto! Ma che vuoi farci, io sarò anche brutto, ma almeno riesco a guardarmi allo specchio senza sentirmi una merda, tu puoi dire lo stesso?» borbotta allontanandosi a grandi passi, senza dargli il tempo di rispondere.
Cavendish rimane interdetto e rimane a osservare quella schiena e quei capelli verdastri mentre si allontanano in direzione delle cascate; bestemmia malamente e apre la porta dell’emporio con uno scatto violento, mandandola a sbattere contro il muro e facendo tremare pericolosamente i cardini.
«Figlio di puttana» mormora tra sé e sé girando tra gli scaffali e infilando tutto ciò di cui pensa possano avere bisogno quella sera in un logoro cesto per la spesa «Chi si crede di essere?!»
Allunga la mano con astio verso gli alcolici senza nemmeno fare troppo caso a quello che infila nel carrello.
No one knows what it's like, to feel these feelings, like I do. And I blame you.
«Io guardarmi allo specchio. Io una merda. Dico io! Si è mai visto lui? Senza nemmeno le sopracciglia, da dove è scappato? American Horror Story Freak Show?»
Si avvicina alla cassa con la cesta piena, sotto lo sguardo vagamente turbato del commesso, che inizia a passare gli articoli canticchiando sommessamente la canzone che da qualche minuto sta passando alla radio.
«When my fist clenches, crack it open, before I use it and lose my cool. When I smile, tell me some bad news, before I laugh and act like a fool».
«Tch. Se ha finito di fare il solista – e per inciso sta cannando tutte le note – mi dice il totale?» borbotta il ragazzo sempre più irritato.
«Woha. Ha ragione il tuo amico, fratello. Sei davvero uno stronzo. Sono 58 dollari e 30 centesimi».
Cavendish gli passa il denaro, quindi, dopo avere raccattato la busta della spesa, si allontana sventolando un dito medio, masticando insulti poco fini rivolti ai locali e alla sua sfortuna cronica.
 
«Avresti potuto comprare una sottomarca» si lamenta Nami irritata, rigirandosi tra le mani la bottiglia di Tancari.
«Nessuno qui beve merda» esclama Cavendish lasciando andare con aria ugualmente scocciata le buste della spesa.
«Linguaggio!»
«Sai dove te lo puoi infilare oggi il tuo linguaggio del cazzo?» borbotta il biondo cercando di accendersi con frustrazione crescente una delle sigarette di quel pacchetto comune che così raramente viene toccato.
Nami solleva un sopracciglio, si volta verso di lui, appoggiandosi con la spalla a uno degli alberi della radura, e lo fissa con sguardo interrogativo.
«Va tutto bene, Barbie?»
«No, cazzo, non va bene una sega, prima ce ne andiamo da questo posto di merda, meglio è per tutti».
«Vuoi parlarne?»
Cavendish sospira, espirando una nuvola di fumo grigio che si sposta leggera nella direzione della ragazza per poi dissolversi in aria.
«Dubito che tu abbia voglia di ascoltarmi, quando si parla di anime gemelle sembra di avere di fronte un’estranea, non un’amica».
Non sa da dove gli esca tutta quell’acidità ed è quasi tentato di girarsi e andarsene, perché in quel momento tutto quello di cui avrebbe bisogno è starsene solo per i cazzi suoi, quando il sorriso mesto sul volto di Nami lo congela sul posto.
Insensibile testa di cazzo, pensa tra sé cercando le parole per scusarsi.
«No, ecco, io –»
«Non ci posso credere» Nami si avvicina a grandi falcate e lo afferra per il bavero della maglietta «Prima Kidd, poi Bonney, ora anche tu! Questo posto di merda è maledetto!»
«Cosa? Bonney? Aspetta, non tirare, guarda che la maglietta è dell’Hard Rock!»
La ragazza lo trascina fino a una sgangherata sedia da campeggio, le gambe traballanti e la stoffa stinta in più punti, lo costringe a sedervisi sopra, ignorando le lamentele sul fatto che sembri poco igienico, quindi si piega su di lui con fare minaccioso.
«Cosa diavolo hai combinato?»
«Io?! E pensare che mi stavo anche sentendo in colp–»
«Dacci un taglio e dimmi che hai combinato. Subito!» esclama Nami perdendo del tutto la pazienza.
«Ma niente» esordisce Cavendish con tono lamentoso «Ero lì che passeggiavo e sto sfigato mi arriva addosso e il tatuaggio inizia a bruciare. E la parte peggiore è che bruttissimo, come gli dicevo se l’avessi saputo mi sarei suicidato da piccolo».
«Tu cosa? Gli hai seriamente detto così?!» storce il naso, celando a fatica la sua disapprovazione «Di chi si tratta?»
«Quel ragazzo trucido, senza sopracciglia, con un septum di merda e i capelli verdi. Quello che era sul pullman con noi».
«Bartolomeo?»
«Non lo so come si chiama, Nami. Non parlo ai cessi! Perché tu lo sai, piuttosto?»
«Perché è il ragazzo di Rebecca, pezzentone che non sei altro!»
«Chi? Da quando parli con le persone?!»
«Già, Nami» la voce sarcastica di Bonney la blocca prima che possa rispondere «Da quando parli con le persone? Di solito ti limiti a giudicarle e a sbuffare, fornendo suggerimenti non richiesti su come allontanare la felicità».
Cavendish spalanca la bocca e la richiude, ammutolito; in tanti anni che le conosce non ha mai visto Nami e Bonney litigare, mai, nemmeno una volta. Nemmeno in situazioni che lo avrebbero richiesto e ora, a vederle squadrarsi in quel modo, come due cani ai lati opposti di una gabbia, non sa che pesci pigliare.
«Fammi il favore, Jewls. Saprò anche comportarmi da stronza alle volte, ma giudicarti? Quando mai!»
«Allora non ti sarà troppo difficile guardarmi negli occhi e ascoltare me come hai ascoltato Cav, no? Ah, aspetta, giusto, c’è una differenza sostanziale. Io sono felice, mentre lui ha decisamente l’aria di uno che l’ha appena pigliato in culo senza vaselina».
«Ehi» protesta il ragazzo debolmente, ancora indeciso se sia il caso o meno di intromettersi nella conversazione, ben consapevole che potrebbe uscirne in un sacco nero per cadaveri.
«Vuoi che ti dica che una balla? Vuoi che gioisca per qualcosa che sai disprezzo con tutta me stessa?» la voce di Nami trabocca di sarcasmo «Se tu sei felice, sono felice anche io, Jewls, ma non chiedermi di trovarla una bella cosa, perché non lo è. Qualcuno ha appena deciso per te che la tua anima gemella è un tizio sconosciuto incontrato in mezzo al deserto, non sai niente di lui, ma sei disposta a lasciare che influenzi la tua vita? È qualcosa che è stato scelto per te da qualcun altro!»
Bonney scoppia una bolla fatta con la gomma rosa che sta masticando, e si avvicina di un passo.
«E allora? Mi vuoi spiegare che problema hai? Cristo santo! È la normalità, la gente aspetta tutta la vita per incontrare la propria anima gemella, la società non fa che promuoverne l’incontro, i miei genitori si sono conosciuti così, i tuoi anche, quelli di Barbie pure. Minchia schifa, che problema di merda hai? Sono secoli che la gente si sposa e si innamora della propria anima gemella, è la normalità, non puoi essere felice perché finalmente i tuoi amici riescono a inserirsi normalmente nella società?»
«Parla civilmente, per l’amor del cielo!» ringhia Nami «Se la società fa schifo, non significa che dobbiamo tutti uniformarci ad essa. Oh, sì, promuove la ricerca dell’anima gemella e il libero arbitrio? Cosa ottiene chi si innamora di qualcuno che non c’entra niente? Cosa ottiene chi sceglie? Te lo dico io! Niente! Non puoi sposarti se il tuo partner non è la tua anima gemella, lo sapevi questo? Non esiste nessuna forma di tutela per le coppie non gemellate, la società non le riconosce, ma a te non interessa, perché nel momento in cui siamo tutti accoppiati con il primo sconosciuto che passa allora va bene vero? Anche se magari, dopo avere aspettato qualcuno per tutta la vita, ti trovi davanti uno stronzo come Barbie che ti dice che sarebbe stato meglio suicidarsi piuttosto che incontrarti, o uno come Law che nemmeno ti guarda in faccia perché il tuo sesso è sbagliato. Oh sì, Bonney, raccontami ancora di quanto sia meraviglioso trovare l’anima gemella, l’unica che puoi sposare, l’unica che puoi amare legalmente!»
Oramai entrambe stanno urlando e le vaghe proteste di Cavendish si perdono nel vuoto, mentre il giovane cerca di far notare come lui abbia tutti i diritti di respingere qualcuno che lo disturba a livello estetico. Attirati dal trambusto iniziano ad avvicinarsi i primi curiosi, e se gli sconosciuti vengono scoraggiati dallo sguardo di fuoco della rossa, che sembra pronta ad ammazzare il primo ignaro passante a morsi per sfogare la sua rabbia, rimane invece attenta l’attenzione di chi le conosce bene.
«Cosa diavolo…» Kidd compare alle spalle di Cavendish, mentre dall’angolo opposto, da dietro le tende, si avvicinano Rebecca e Bartolomeo.
«Oh, è arrivata la santa protettrice delle coppie senza diritti. Non fare la finta innocente Nami, da quando ti interessano queste cose? Non passare per l’attivista dei diritti sociali adesso, non lo sei e non lo sei mai stata».
«Il fatto che non scenda in piazza non significa che non lo pensi!»
«Fammi il favore, ok? Tu e Zoro siete sempre assieme, sempre appiccicati! È tanto facile per te parlare così, tanto Ro’ ti è sempre stato vicino, no? Ti è sempre stato accanto! Che ti fotte dei problemi degli altri? Tanto la tua anima gemella l’hai trovata, da anni. E sai cosa mi fa rabbia? Che stai assieme a Zoro da una vita, ma ogni singola volta che si parla di soulmate scatti come una molla e ti metti a masticare insulti, ecco cosa mi sta in culo. Perché tu puoi essere felice, ma non appena ci provano gli altri allora giù di critiche!»
«Per l’amor del cielo, ma ti senti quando parli?»
«Mi sento io? Sono anni che mi dai, anzi, ci dai il tormento su sta cosa e ora tutto quello che vorrei è sentirmi dire dalla mia migliore amica che è felice per me, ma no, tu non riesci a esserlo. Finché eravate l’unica coppia andava bene, ma nel momento in cui anche gli altri trovano l’anima gemel–»
«ZORO NON È LA MIA ANIMA GEMELLA! Va bene? Sei contenta ora?».
Bonney ammutolisce di colpo e tutto il sangue le defluisce dal viso.
«Cosa?» domanda a mezza voce, all’unisono con Cavendish e Kidd.
«Zoro non è la mia anima gemella» ripete Nami, questa volta senza urlare; i suoi occhi rimangono saldamente piantati sul terreno e si rifiuta di guardare in faccia l’amica.
«Non me l’hai mai detto» mormora Bonney, avvicinandosi. Tutta la rabbia di prima sembra sparita nel nulla alla luce di quella rivelazione, che finalmente va a spiegare molti dei comportamenti di Nami degli ultimi anni.
«E come avrei potuto? Quando io e Zoro vi abbiamo finalmente detto che stavamo assieme avete tutti dato per scontato che lo fossimo e non vi è nemmeno passato per la testa che potessimo semplicemente essere due tizi che si erano innamorati e così è stato più facile per me non dire niente».
Abbassa lo sguardo e sospira, non avrebbe mai voluto dirglielo così, i suoi migliori amici si meritavano qualcosa di meglio di una sfuriata nel mezzo del deserto. La mano gentile di Kidd le accarezza il capo, mentre Bonney si avvicina con gli occhi lucidi e l’abbraccia di slancio.
«Che fai, Marshmallow, piangi adesso?» domanda la rossa cercando di sdrammatizzare.
«Ti piacerebbe, superoca» borbotta l’amica, per poi girarsi verso Cavendish, ancora comodamente seduto sulla sedia da campeggio e guardarlo con aria disgustata «Sei il peggiore, figa se sei il peggiore».
«Ma che ho fatto! Voglio dire, oltre a trovarmi nel posto sbagliato al momento sbagliato».
«Non ti sei suicidato da piccolo?» domanda con ironia Bartolomeo, ricordando a tutti la sua presenza lì e strappando un sorriso ai più. Rebecca alza gli occhi al cielo, tra il divertito e l’irritato e si avvicina a Nami; non sa nemmeno bene dove riesca a trovare il coraggio per parlarle, ma si rende perfettamente conto che sia inutile fingere di non aver sentito niente.
«Non so se possa farti sentire meglio, ma può funzionare. Ecco, per me e Bartolomeo funziona, ha funzionato, cioè sì, insomma sta funzionando. Scusami, non è che volessi farmi i fatti tuoi, ma ho stavate urlando e si sentiva tutto e –»
Nami agita una mano, Bonney è ancora ancorata alla sua vita e non pare volerla mollare, mentre Kidd si accende senza farsi problemi una delle sigarette della vergogna, come le chiama Roronoa.
«Non preoccuparti» esordisce la rossa «Stavamo dando spettacolo. Tu, invece? Dico a te, belli capelli. Stai bene?»
Bartolomeo si guarda attorno, non proprio sicuro che sia a lui che la ragazza si stia riferendo.
«Perché diavolo lo chiedi a lui? Io ho subito un trauma!» esclama Cavendish oltraggiato saltando in piedi.
«Tu sei uno stronzo, Barbie» borbotta Kidd espirando il fumo.
«Stai zitto, finocchio!»
«Visto? Sei proprio acido come una vera Barbie, maronne Dish, cerca di stare sul pezzo».
Kidd annuisce con aria convinta, lasciandosi cadere a sedere in terra; si guarda in torno aspettandosi l’ennesimo intervento di qualcuno che non c’entra niente, per poi accorgersi che no, non erano affatto tutti lì.
«Scusate, ma parlando di gente che non ce la fa nella vita, dove minchia è finito quel cazzone di Roronoa?»
 
Zoro che da sempre era solito farsi i cazzi suoi, non aveva minimamente prestato attenzione alla graduale sparizione dei suoi amici, che erano andati dileguandosi uno dopo l’altro, come attirati da una calamita che li richiamava a sé.
È abbastanza sicuro di non essersi perso, non ancora almeno; in fondo si è limitato a fare quello che gli ha ordinato Nami, rimanere in vista della cascata.
Il punto è che la sua ragazza non ha ben specificato quale cascata e ora Roronoa non è troppo certo di trovarsi ancora nei pressi di quella giusta.
È in procinto di arrendersi all’evidenza, quando una mano si posa sulla sua spalla e lo costringe a girarsi.
«Zoro? Lo sapevo che eri tu! Ti ho riconosciuto da lontano, ma il tuo profilo è impossibile da confondere!» esclama con voce gioviale un ragazzo con i capelli scuri e un sorriso allegro sul volto.
«Rufy?! Ma cosa- Che ci fai qui? Non ci posso credere!»
«Sono con Ace, Sabo e Sanji. Stiamo andando a Los Angeles, Sanji si sposa tra due settimane».
Zoro spalanca la bocca, rimanendo senza parole.
«Mi stai dicendo che alla fine Kendra ha accettato? Non posso crederci! E il suo ex come l’ha presa? Sai, Matt intendo».
«Non bene, ma Sanji è stato irremovibile o lei o nessun’altra. E sai anche tu cosa questo voglia dire, soprattutto conoscendo Sanji».
«Oi! Rufy!» un ragazzo dalla carnagione abbronzata e un cappello arancione sul capo li raggiunge correndo «La pianti di molestare la gente? Che poi finisce ti perdi, razza di – Oh, ciao Roronoa!»
«Ciao Ace»
«Che ci fai qui?» domanda il moro scompigliandogli i capelli nel medesimo gesto di affetto che è solido dedicare ai suoi fratelli minori «Non dovresti essere a New York? O era Boston?»
«Sto facendo un coast to coast con degli amici e la mia ragazza. Avete presente i tizi con cui vi ho detto aver messo su una band?»
«Che scherzi?» continua Ace con gli occhi che brillano di eccitazione, come quelli di un bambino «C’è anche Bonney?»
«Mi pare chiaro, è la nostra solista che dovevamo fare lasciarla a casa?»
Rufy scoppia a ridere e inizia a spingere entrambi verso l’area del campeggio dove, seduti su un paio di sbilenche sedie di plastica bianche, Sabo e Sanji sorseggiano tranquillamente una birra.
«Sanji! Sanji! Guarda chi ho trovato» urla con entusiasmo il giovane precipitandosi in mezzo ai due amici, senza badare agli zaini travolti dalla sua foga.
«Ho saputo che ti sposi, stronzo, congratulazioni».
«Roronoa? Brutto bastardo, sei ancora vivo!?» Sanji scatta in piedi, per una volta, però, quello che arriva a Zoro non è un calcio in faccia, ma una mano da stringere. La mano di un amico che non vede da anni, proprio come Rufy.
«Che ci fate tutti a Supai?» domanda sedendosi accanto a loro.
«Yo» lo saluta Sabo, smollandogli una pacca sulla schiena. Una di quelle pacche che Zoro aveva creduto non avrebbe più ricevuto e che riportano alla mente pomeriggi interi trascorsi a casa di Rufy a giocare alla play station (e all’epoca erano ancora bambini e c’era ancora la uno e loro giocavano a Spyro e Rufy metteva il muso ogni volta che perdeva una vita), giornate trascorse a studiare su libri che né lui, né il suo compagno di merende sembravano in grado di memorizzare, serate passate a guardare i fuochi d’artificio, nella notte del quattro luglio, mentre Ace e Sabo erano fuori con qualche ragazza e Sanji lanciava loro occhiate sconsolate, perché non avrebbero mai capito.
«Credimi Roronoa, nessuno di noi vorrebbe essere qui» borbotta Ace.
«Già» biascica Rufy addentando un panino al prosciutto tirato fuori da uno degli zaini rovesciati in precedenza «È shtata la ragassha di Shabo».
«Parla a bocca vuota, troglodita!» lo redarguisce il biondo prendendo le redini del discorso «La mia ragazza, ti ricordi di lei? Koala. Ecco, ha dei parenti da queste parti, non proprio dei parenti, un’amica di famiglia che vive in zona e niente, noi eravamo di passaggio e ci ha incaricato di portarle della roba e, quando siamo arrivati, Robin ci ha consigliato di venire qui, che era un posto figo».
«Invece di divagare, stronzo, si può sapere perché non hai mai risposto all’invito del matrimonio?»
«Sei tu che non mi hai invitato, merdone!» si lamenta Zoro a cui in realtà di queste cose non è che sia mai importato più di tanto «Nemmeno uno sfigatissimo messaggio su WhatsApp».
«Punto primo ti abbiamo spedito l’invito a casa due mesi fa, punto secondo… da quando leggi il cellulare, marimo?»
«Due mesi fa? Ma non è arrivato nulla. Forse dovrei chiedere a Nami, è lei che legge la posta».
Ace si illumina nuovamente e torna a intromettersi nella conversazione.
«Nami è la tua ragazza, giusto?» domanda con aria indagatrice.
«Non posso credere che questo buzzurro abbia davvero trovato una che se l’è filato per più di dieci minuti».
«E io non posso credere che Kendra ti sposi, come l’hai costretta, l’hai messa incinta?»
«Fottiti, stronzo!»
«Io l’ho vista questa Nami, mi ha mandato delle foto» interviene Rufy, nel vano tentativo di placare gli animi «È carina, vero Zoro che è carina?»
Per la prima volta che lo conoscono posso dire di vederlo imbarazzato; Roronoa si porta la mano alla bocca e distoglie lo sguardo, sbuffando indispettito, forse quasi scocciato, per quella definizione. Perché Nami non è carina, Nami è bella. Sono belli i suoi capelli rossi, belle le cicatrici che si porta sul corpo e sul cuore, belli i suoi occhi nocciola e il suo carattere da strega. Certo prima di dirlo a qualcuno, prima di ammetterlo ad alta voce, Zoro si taglierebbe un braccio.
«Molto» borbotta piano «Rufy, se vuoi te la presento».
«COME SAREBBE A DIRE RUFY?» salta su Sanji oltraggiato «E noi chi siamo? I figli della serva?»
«Stai zitto pezzente, tra tre settimane ti sposi!» esclama Ace piazzandosi davanti a tutti «Nessuno ci pensa mai a me? Povero, piccolo Ace, solo e ramingo!»
«Anche Rufy è single, ma non mi sembra si stia lamentando» gli fa notare Sabo ridacchiando.
«Ti ho già detto che è la mia ragazza, vero?» calca bene Roronoa, cercando di far entrare il concetto in testa a quei quattro cerebrolesi.
«Condivisione, fratello. Condivisione».
 
Il caffè del villaggio, come tutti gli altri edifici di Supai, è una struttura prefabbricata di basse dimensioni; impolverata e sporca, la facciata una volta bianca ha assunto quella tonalità rossiccia e opaca che con il tempo ricopre ogni cosa in quel deserto. Sulla veranda, a cercare riparo dalla calura estiva, cani randagi (o forse semplicemente liberi di girare in uno dei pochi luoghi in cui non circolano macchine) riposano tranquilli, mentre al suo interno uomini accaldati cercano un po’ di frescura in una birra fredda.
«Almeno è una donna» si lamenta sconsolato Law, cercando la verità rivelata sul fondo del suo boccale oramai vuoto.
«Non lamentarti, poteva andare peggio. Come fai a sapere che non ti interessa se non provi nemmeno a dargli una chance?» ribatte Drake stirandosi svogliatamente e facendo un cenno di saluto ad alcuni nativi.
«Te lo dico io cos’è» continua Trafalgar imperterrito, senza prestargli attenzione «È una maledizione. Da che siamo arrivati a Peach Springs cosa mai ci è accaduto di buono? Te lo dico di nuovo io. Niente!»
«Sei troppo drastico, prima di iniziare con le scenate da regina del melodramma potresti, anzi no, dovresti per lo meno rivolgergli la parola. E quando dico parlare, non intendo ringhiare insulti».
Lo sceriffo si alza e appoggia dieci dollari sul tavolo, quindi si allontana lanciando un’ultima occhiata perentoria al giovane medico, che risponde con una smorfia schifata. Smorfia che si acuisce ancora di più quando la sedia di fronte a lui viene occupata da una delle persone che meno vorrebbe avere davanti in quel momento.
«Sai, non è una cattiva persona».
«Mi stai dicendo di seguire i consigli dello sceriffo? Non mi dire, non me lo sarei mai aspettato» borbotta Law con tono sarcastico, mentre i suoi occhi vanno a osservare nel dettaglio il ragazzo seduto di fronte a lui.
«Killer, nel caso ti fosse sfuggito il nome».
«I tuoi genitori dovevano odiarti parecchio» commenta con tono vago, senza guardarlo in faccia, mentre con un gesto deciso ordina una seconda birra.
«Mia madre è morta di parto e mio padre non me l’ha mai perdonato».
La pacatezza con cui pronuncia questa frase è quasi inquietante e Trafalgar si ritrova a sopprimere un brivido. Non gli interessa la vita privata della gente, non vuole conoscere gli scheletri dell’armadio delle persone e con tempo ha imparato che fare domande porta solo a inutili complicazioni, non aveva calcolato, però, che quel ragazzo dai capelli lunghi e lo sguardo malinconico potesse effettivamente voler parlare con lui di qualcosa che non fosse il culo del suo amico. Certo, avrebbe potuto risparmiarsi quella battutina di merda e tutto sarebbe andato liscio come l’olio, ma no, Law, continua pure a fare sarcasmo sulle persone. Si manda al diavolo, per quanto possa qualcuno mandarcisi da solo, mentre lancia un’occhiata interrogativa a Killer che a quanto pare ha intenzione di continuare il suo piccolo raccontino di infanzia infelice.
«Avevo dieci anni quando, tornato a casa dopo scuola un pomeriggio di giugno, mio padre, più ubriaco del solito, mi spinse contro la porta a vetri della cucina. A pensarci ora sento ancora la presa della sua mano sulla nuca e la sensazione del vetro che mi perfora la carne – il rumore che fa è piuttosto insolito, ma immagino che tu ne abbia un’idea essendo un medico. I vicini sentirono il rumore e chiamarono la polizia, se non fossero arrivati non so cosa sarebbe successo, ho perso più sangue in quell’occasione che in qualunque altra».
Trafalgar non si muove e la sua espressione non cambia, si limita a portarsi lentamente il boccale ricolmo di liquido ambrato al viso e rimane in attesa. In attesa che il suo interlocutore arrivi al punto, perché immagina che non si sia messo a raccontargli un aneddoto simile per hobby.
«Fu in quel periodo che venni mandato in una casa famiglia. Come puoi immaginare non era esattamente l’ambiente migliore per un ragazzino dal viso coperto di bende e la faccia attraversata da cicatrici; gli altri bambini avevano paura di me e cercavano di starmi lontano, quelli più grandi invece mi vedevano come bersaglio perfetto. Questo finché non conobbi Kidd. Era più piccolo di quattro anni, ma già all’epoca il suo carattere era tutto meno che tranquillo e se io venivo evitato perché i bambini avevano paura della mia faccia, lui veniva evitato perché avevano paura di prenderle».
«In pratica mi stai dicendo di dare un’opportunità al tuo amico perché non gli dà fastidio la tua faccia?»
«No. Ti sto dicendo che dietro l’apparenza c’è altro, oltre la mia, oltre quella di Kidd. Può sembrare una persona impulsiva e a tratti irruenta e non dico che non lo sia, ma sa essere gentile e altruista e delicato. E non sarà la donna che ti aspettavi di trovare, ma è pur sempre una brava persona e ha diritto a una possibilità».
«Tsk» Law storce il naso e trattiene un’imprecazione «E poi dicono che la regina del melodramma sia io».
Si alza con stridore dalla sedia, facendo ruotare più di una testa nel locale a fissarlo, e si dirige verso la cassa; solo prima di uscire si volta nuovamente a osservare il biondo, i cui occhi azzurri non si sono mai allontanati da lui.
«Una possibilità» borbotta aprendo la porta «Una soltanto».
Killer sorride debolmente, fisando il profilo dell’uscio che si chiude alle spalle di Trafalgar.
«Come se avesse bisogno di altro».
 
«Everybody is Kung Fu Fighting, your mind becomes fast as lightning, although the future is a little bit fright'ning, it's the book of your life that you're writing».
«Mio dio, sei pure stonato!» si lamenta Cavendish con un sospiro, guardando sconsolato Bartolomeo mentre dà loro una dimostrazione della sua canzone preferita.
«Più che altro» interviene Nami «Le parole non erano diverse? O sono io che mi ricordo male la canzone di Carl Douglas?»
«Infatti dovrebbe fare tipo: Everybody was Kung Fu Fighting, those kicks were fast as lightning, in fact, it was a little bit frightening, but they fought with expert timing. Una cosa del genere, no?» aggiunge Kidd spegnendo l’ennesima sigaretta.
«No, no, no. Non capite!» esclama Bartolomeo, mentre la sua ragazza si passa una mano sugli occhi «È la colonna sonora di Kung fu Panda! Ecco, aspe’ che te la faccio sentire su YouTube!»
«Barto… Ecco, non credo sia necessario» azzarda debolmente Rebecca, ovviamente invano perché il giovane ha già fatto partire la canzone a tutto volume e sta cantando a squarciagola nel mezzo del campeggio.
«È sempre così?» domanda Cavendish esasperato «Sono sinceramente dispiaciuto per te».
«Perché? È buono e gentile, onesto e leale; so che non è perfetto, ma mi va bene così. E poi non sei esattamente nella mia stessa situazione?»
Il ragazzo abbassa lo sguardo, stava cercando di rimuovere la cosa, ma come può riuscirci se tutti continuano a ricordargli che quel coso è la sua anima gemella?
«Non che l’abbia scelto io».
«Oh, beh, come dice Nami è una scelta imposta, ma questo non significa necessariamente che sia una scelta sbagliata, non credi?»
«Nemmeno che sia giusta, voglio dire lo hai visto bene? È brutto, non ha nemmeno le sopracciglia, i suoi tatuaggi sono orrendi ed è stonato come una campana».
«Non credere che mi sia innamorata di lui perché qualcuno ha deciso così; non ho deciso di seguirlo nel momento stesso in cui ho scoperto chi fosse, anche se non nego di averlo cercato a lungo. Viviamo in una società che pensa che l’anima gemella sia qualcuno che ci completa appieno, l’altra metà della mela, ed è quello che alla fine cerchiamo tutti. Ma quando ho incontrato Bartolomeo ho capito che mi sbagliavo perché non si tratta tanto di trovare qualcuno che ci completi, quanto più qualcuno che ci mostri tutto ciò che stiamo trattenendo dentro, i nostri sentimenti, le nostre paure, perfino quelle cose che non abbiamo mai osato fare; credo che l’anima gemella sia quella persona che riesce a far uscire il meglio di te, portando alla luce parti del tuo carattere che nemmeno credevi esistessero e accettandole completamente. E a quel punto non importa se non ha le sopracciglia o se i suoi tatuaggi sono brutti, perché l’amore che prova nei tuoi confronti supera anche i difetti fisici. E tu sei fortunato Cavendish, perché, anche se ha vissuto tutta la vita con una frase orribile tatuata sul corpo, Bartolomeo ha sempre aspettato il momento in cui ti avrebbe incontrato; e non solo per quello, i vostri tatuaggi, al contrario del mio, sono speculari, potenzialmente potresti essere corrisposto in modi che io non sono sicura vivrò mai».
You are a natural
Why is it so hard to see
Maybe it's just because
You keep on looking at me
The journey's a lonely one
So much more than we know
But sometimes you've got to go
Go on and be your own hero
«Non per contraddirti, biondina» nessuno di loro ha sentito arrivare Trafalgar, che si siede lentamente a fianco di Rebecca, lanciando solo un’occhiata di sbieco a Eustass «Ma a volte è solo una gran seccatura. Si può sapere che sta facendo quel tizio?»
Bartolomeo, ancora in fase di esaltazione, coglie solo appena l’ultima frase e giratosi verso di loro allarga le braccia con aria esasperata.
«Kung Fu Panda, fratello! Ma dove vivete!? È tipo il miglior film di animazione della Dreamworks, le scene di battaglia sono animate così bene da mettere i brividi, per non parlare del doppiaggio. Jack Black, gente, Jack Black! E la colonna sonora? Oooh! La colonna sonora!»
«Minchia, è un cartone animato, statti calmo» borbotta Kidd con tono più divertito che irritato.
«No, fratello, è cinema, capisci? Cinema!»
«Deduco che hai una passione per i film, o sbaglio?» domanda Nami con indulgenza, accettando la bottiglia di birra che Bonney le porge.
«Come hai fatto a capirlo?! Sei proprio sveglia!»
«Oh, vi prego, uccidetemi» sibila Cavendish lasciandosi cadere sdraiato a terra e rovesciando il capo all’indietro «Oh, Roronoa!»
«Che cazzo stai facendo, Cavendish? Ti sei rincoglionito del tutto?»
«Linguaggio!»
«Ecco, ascolta la rossa ogni tanto e non fracassare i maroni, dove sei stato? A caccia di barboni? Perché ogni volta che sparisci poi torni con ventordicimila persone? Non mi dire… Ti eri perso e loro ti hanno ritrovato e riportato qui? Nami ti ha messo finalmente una medaglietta come i cani?»
«Vuoi morire?» sbraita Zoro tirandogli un cazzotto sul capo e alzando il dito medio in direzione di Sanji tutto intendo a ridere di lui – perché anche dopo anni evidentemente il senso dell’orientamento di Zoro non è migliorato per niente.
«Gente, che cazzo fate? Mi allontano due ore e vi ritrovo a cantare Carl Douglas?»
«No, Zoro» celia Rufy dietro di lui «Quello era Kung Fu Panda! Come fai a non riconoscerlo? Dai! Everybody is Kung Fu Fighting, your mind becomes fast as lightning, although the future is a little bit fright'ning, it's the book of your life that you're writing».
«Rufy, no» lo richiamano in coro i suoi fratelli.
«Rufy, sì!» esclama il ragazzo agitandosi a ritmo sincopato di una musica che nessuno ha fatto partire.
«Oddio! Tu hai capito tutto!» lo incita Bartolomeo unendosi a lui in preda alla gioia, perché finalmente qualcuno lo capisce.
«Ro’, ma ché ora ti trascini dietro gli stramboidi?» domanda Bonney avvicinandosi e facendogli scoppiare la bolla della gomma da masticare un po’ troppo vicino alla faccia «Oddio, Ace!»
Sposta Zoro con una manata e corre ad abbracciare l’amico che l’accoglie con un sorriso a trentadue denti.
«Questi sono i miei amici di infanzia. Ace, Sabo, lo stronzo che ride è Sanji e quello che sta cantando è Rufy».
«Volete, per piacere, parlare decentemente?» sbraita Nami infine avvicinandosi a grandi passi «Ti eri perso?»
«No, io –»
«Sì che si era perso, dolce angelo. Ti ha mai detto nessuno che sei la creatura più affascinante che abbia mai appoggiato piede in questa riserva? Per non parlare di te, con questi magnifici capelli rosa, sembri una fata!»
«Sanji, levati dalle palle» sbraita Ace facendosi avanti con Bonney attaccata al collo «Ti ricordo che sei già impegnato!»
«Beh, anche lei lo è» borbotta Zoro con fare piccato, passando un braccio lungo la vita di Nami e attirandola più vicino. Non è tipo da gesti plateali, Roronoa, ma con Nami fatica sempre a trattenere l’impulso di tirarsela accanto ogni volta che qualcuno la guarda; non è mancanza di fiducia e lei lo sa, è il suo modo di dimostrarle la sua presenza, è il suo modo di dirle che ci tiene.
«Non. Ci. Credo. Tu sei Nami?» domanda Sanji sconvolto «Non posso credere che una ragazza carina come te stia con un troglodita come lui!»
«E io non posso credere che ti sposi Kendra» ribatte l’amico sbuffando leggermente «A proposito Nami, questo pezzo di cretino sostiene di avermi mandato l’invito al matrimonio, ma non abbiamo ricevuto niente e –»
«Certo che lo abbiamo ricevuto» borbotta Nami divincolandosi dalla sua presa e guardandolo con un sopracciglio alzato, come se gli stesse ricordando qualcosa di ovvio che non avrebbe mai dovuto dimenticarsi «Secondo te dove stiamo andando?»
«Cos– Ma io non ne sapevo niente!»
«Kendra mi ha detto di non dirtelo. Temeva avresti preso il primo volo per andare a prendere a calci Sanji» si volta verso l’interessato «Scusami, se glielo abbiamo tenuto nascosto, ma si sarebbe sicuramente perso».
«Qualsiasi cosa fiorellino!»
«Fiorellino le mie palle, Nami! Ma poi come minchia fai a conoscere Kendra, me lo spieghi?»
«Il numero di telefono era sull’invito, così l’ho chiamata e quando ha capito chi fossi mi ha chiesto di tenere la cosa, come dire… nascosta?»
«Siete due stronze! Due grandissime stronze!»
«Modera il linguaggio, Roronoa»
«Già, modera il linguaggio, pezzentone!»
«Non ti ci mettere anche tu, cazzone!»
«Perché sennò che fai? Mi prendi a pugni?»
«Finitela, deficienti» sibila la rossa allontanandosi a grandi passi e massaggiandosi le tempie «Dimmi che hai qualcosa per il mal di testa» borbotta quindi lasciandosi cadere a sedere a fianco di Trafalgar.
«Sono un medico, carina, non una farmacia».
«Vuoi una canna? Te ne rollo una se ti può aiutare con la situa» celia Bonney piegandosi verso di lei.
«Ti prego, sparisci».
«Come ti pare, chi si fa una canna con me? Ace?»
«Come diavolo si conoscono quei due?» domanda Cavendish poco lontano.
«E io come faccio a saperlo? Ci saranno dei raduni apposta per cerebrolesi, chiedi se ti invitano la prossima volta».
Nami si lascia andare a sedere, appoggiandosi al tronco d’albero che, proprio dietro di lei, svetta alto verso il cielo; osserva con aria esasperata e, in fondo, divertita il gruppo di spostati riuniti attorno alle tende e sorride.
Quando sente Zoro sedersi di fianco a lei piega dolcemente il capo fino ad appoggiarlo sulla sua spalla, beandosi di quel leggero contatto; la sua mano si sposta fino a sfiorare quella del ragazzo e rimane così qualche istante, finché non lo sente parlare.
«Potevi dirmelo».
«Ti saresti perso».
«Io non –»
«E credo che la tua amica volesse farti una sorpresa. Sembra simpatica».
«Sareste grandi amiche» borbotta poi, ma non c’è traccia di irritazione nella sua voce «Sono contento finalmente di avere l’opportunità di farteli conoscere».
«Ah, Roronoa, non fai altro che parlarne, oramai li conosco quasi quanto te. E quello là con il cappello di paglia che ancora canta è il famoso Rufy?»
«La persona migliore che conosco» annuisce Zoro.
«E il tuo migliore amico».
«Se devi darci un’etichetta per forza, allora sì, il mio migliore amico» sorride, quindi, alzando il tono della voce, richiama il ragazzo «Ehi, Rufy, vieni un momento qui».
«Sì, Rufy, vai lì e chiudi quella bocca del cazzo che sei stonato come la morte!» borbotta Kidd esasperato.
«L’educazione prima di tutto, eh» celia Law sollevando un sopracciglio e ricevendo per tutta risposta un dito medio alzato.
«Non dargli retta» esclama Nami sorridendo al giovane con i capelli neri e il cappello di paglia «Fa sempre così».
Rufy si blocca a metà strada e le rivolge un sorriso a trentadue denti, un sorriso simile a quelli che fanno i bambini quando scoprono che possono avere una doppia razione di gelato per cena.
«Meglio così, mi piacciono le persone eccentriche!»
Nami non fa in tempo a smettere di sorridere e Zoro non fa in tempo a staccarsi da lei; ed è con esasperante lentezza, come se il mondo si fosse fermato, che sollevano lo sguardo a guardarsi negli occhi. Perché questa volta il calore bruciante che parte dalla spalla di Nami, sotto la sua girandola, l’hanno sentito entrambi.



   
 
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