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Autore: Cheshireyes    17/05/2015    2 recensioni
Per il momento sospesa; probabilmente la cancellerò per farne il remake (scritto meglio, si spera)
La prima storia che pubblico, siate clementi per i primi capitoli.
La storia è ambientata poche settimane dopo che Roy Mustang esce dal suo periodo di convalescenza e fa ritorno a lavoro. Non appena tornato, il suo fidato Tenente Riza Hawkeye riceve un'anonima lettera misteriosa, e in lei vede un brusco cambiamento d'umore. Dopo averla seguita senza farsi notare fino all'ufficio di Grumman, scopre che un criminale di cui non si sa l'identità minaccia tramite lettere anonime ufficiali dell'esercito che non hanno fra loro nessun legame, e un po' di tempo dopo aver ricevuto la fatidica busta, ognuna delle vittime scompare senza lasciar tracce. Mustang non può permettere che succeda qualcosa al suo Tenente o a Central City, quindi sfida apertamente il misterioso delinquente, il quale accetta la sfida, accogliendolo nel suo contorto gioco.
Roy e Riza come al loro solito cercheranno di proteggersi a vicenda, ma non vedremo solo loro, bensì la squadra di Mustang riunita e qualcun altro.
Pronti a giocare?
Genere: Avventura, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Riza Hawkeye, Roy Mustang | Coppie: Roy/Riza
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Verità e segreti.

Il volto di Riza era delicato, la sua pelle morbida era colorata di un vitale anche se pallido rosa sulle gote, e i suoi dolci occhi catturavano la luce e il calore del sole al tramonto, mescolandosi con la purezza e la concretezza della terra, mentre le sue labbra erano come due petali di rosa, che rimanevano sempre composte conferendole un'espressione seria e concentrata, ma che sprigionavano una bellezza unica quando, sebbene di rado, sorridevano, e che lasciavano intravedere l'entrata del paradiso tutte quelle volte che, ancor più raramente, rideva.
Roy ripensava alle caratteristiche di lei mentre scrutava con attenzione il viso del Comandante Supremo alla ricerca di una somiglianza, anche minima, ma tutto ciò che trovò fu il nulla: il suo volto era vecchio, ed era arduo immaginarselo nel pieno della gioventù. Gli occhi viola avevano una forma tagliente e vispa, e gli occhiali aiutavano invece a conferirgli un'aria bonaria. No, di certo i due non potevano essere imparentati: non solo non vi trovava tratti in comune, ma gli sembrava alquanto improbabile che dopo tutti quei anni nessuno fosse a conoscenza del loro legame di parentela. “Sta diventando pazzo” pensò.
Dal canto suo, Grumman si pentiva già della rivelazione fatta impulsivamente, in un momento in cui aveva perso la pazienza. Gli occhi indagatori di Mustang iniziavano a farlo sentire un viscido criminale, e se proprio doveva essere fissato così intensamente, avrebbe preferito fosse stata una leggiadra signorina a farlo. Ma ormai doveva affrontare la realtà. Tirò un sospiro e si sistemò nuovamente gli occhiali, un gesto che gli permetteva sempre di guadagnare tempo e pensare, per poi guardare a sua volta il sottoposto, che di sicuro era in attesa di spiegazioni. Come dargli torto, del resto. Aprì la bocca per parlare, ma nemmeno lui sapeva da dove iniziare, quindi la richiuse. Iniziare forse da sua figlia? No, era un' informazione ancor più riservata e totalmente irrilevante per la conoscenza di Mustang. Dalla promessa? No, ricordo doloroso. Ma, ripensandoci, la promessa fatta a sua figlia era alla base del perché nessuno sapesse di sua nipote.
«Ti avviso già, Roy, se non ti conoscessi da anni probabilmente ti ucciderei pur di non farti uscire da questa stanza.» Un inizio promettente «E sta certo che lo farò in caso tu dica a qualcuno della nostra conversazione.»
La minaccia arrivò chiara alle orecchie di Mustang grazie alla penetrante occhiata ghiacciale scagliata da Grumman, e aggrottò le sopracciglia per risposta, accompagnando la sua nuova espressione facciale con un «La ascolto.»
Il Comandante cercò di liberare la tensione creata nei suoi muscoli tramite un profondo respiro, il quale aveva anche il compito di prepararlo emotivamente ai ricordi sepolti nella sua coscienza, cui sperava di non dover più affrontare. Un uomo così vecchio ne aveva fatte di esperienze e di tragedie, specialmente durante il servizio militare, ne aveva viste fin troppe, ma una promessa e una nipote ignara di esserlo gli spezzavano il cuore giorno dopo giorno.
«Vedi Roy, in realtà è un concetto facile, ma è personale. Capirai ciò che sto per dirti, ma dovrai anche capire che se un individuo, oltre a te, venisse a conoscenza di ciò, ci saranno delle conseguenze, anche per te.» una breve pausa per accertarsi che lo stesse seguendo. «Riza Hawkeye è mia nipote. Mia figlia ha sposato quello stupido alchimista, non prenderla sul personale per il tuo maestro, e insieme a lui ha procreato un'adorabile bambina. Ero nonno, e spesso andavo a casa loro a visitare una Riza che ancor non sapeva reggersi sulle gambe. E l'ho vista crescere nei primi anni di vita, l'ho vista affrontare i primi passi e l'ho tenuta in braccio, assaporando ogni momento in cui lei, con i suoi immensi occhi, mi guardava innocentemente e cercava di stringere le sue minuscole braccia attorno a me.» Una sensazione di tenerezza mista a malinconia lo invase, facendolo guardare per terra con occhi immersi nella memoria. Ogni singolo momento di quei giorni li era rimasto impresso, un segno indelebile, forse perché non avrebbe potuto nemmeno più sfiorarli. I tentativi a vuoto della neonata Riza di proferire parole, le risate e la gioia di sua figlia mentre passava il tempo con la sua famiglia, i pomeriggi trascorsi in dolci chiacchiere e le notti passate cullando fra le braccia la nipote: tutto ciò e altri infiniti attimi gli avevano colmato il cuore, per poi spezzarglielo in un secondo momento, quando si rese conto che la sua vita non sarebbe più stata riempita da quei piccoli frammenti di felicità. Le parole di sua figlia, anch'ella dispiaciuta, erano un incubo costante. «Ma non si può essere felici per sempre. Pochi giorni dopo il terzo compleanno di Riza, mia figlia mi ha fatto fare una promessa: non avvicinarmi alla famiglia, in modo da non esporla a causa della mia dedizione al servizio militare.»
«Non capisco.» prese a quel punto parola Mustang. Aveva appreso il concetto sul perché ciò che gli stesse raccontando Grumman fosse molto personale, nella sua mente aveva pure tentato di immaginarsi il suo Tenente da neonata, cercando anche di non lasciar intravedere l'imbarazzo formatosi fra lui e i suoi pensieri a riguardo; ciò che non capiva era la fatidica promessa. «Sono molti i militari e gli ufficiali che hanno una famiglia: moglie, bambini.. E a loro non è mai stato fatto alcun male. Non ha senso.»
«Un'argomentazione sensata, tanto che all'epoca avevo controbattuto pure io così.» ammise la vecchia volpe, concedendosi l'ennesimo respiro. Era doloroso affrontare il passato a voce alta, ma in un certo senso era anche liberatorio. «Ma già da allora guadagnavo promozioni a gradi sempre più alti ed esposti. Tutta East City sapeva il mio nome e le mie imprese, mentre tu eri ancora un bambino, sai? E piano piano mi stavo anche facendo dei nemici. Ero abile ad eludere loro e i loro, diciamo, “attentati” alla mia persona, ma non sarei stato in grado di dedicarmi a mia figlia e a mia nipote e a proteggerle in caso di pericolo, il lavoro non me lo permetteva. Quindi, per salvaguardarle, l'unico modo di non mettere la loro vita in pericolo a causa della mia posizione era fingere di non conoscerle. Niente relazioni, niente visite, niente scambi di parole. Per questo non hai mai saputo niente, fino ad ora.»
Sebbene non lo riguardasse, il Colonnello provò, per poco, a sentire le emozioni del suo superiore: sangue del tuo sangue che gli chiede, gli fa promettere, di non avere più legami; il dolore di una perdita che non c'era stata letteralmente, ma era come se la famiglia Hawkeye fosse morta, e una parte di lui con loro. Non saper distinguere la notte dalla mattina, perché in ogni caso continuava a vivere nell'oscurità, nel rimorso. E questa era solo la punta dell'iceberg della devastazione che Grumman aveva dovuto sopportare, e Mustang non voleva andare oltre.
«Cosa sia successo ai signori Hawkeye lo so, ma.. se doveva proteggere il Tenente dalla sua carriera, perché ha permesso che si arruolasse?»
«Non era mio compito decidere chi poteva arruolarsi e chi no. Riza ha frequentato la scuola e ne è uscita con impeccabili risultati, e si è dimostrata molto abile nell'uso delle armi da fuoco.» L'ultima affermazione sembrava leggermente quella di un nonno fiero: dopo tanti anni, in un certo modo Grumman voleva riguadagnare i suoi “diritti da parente” sottratti, anche se questo significasse farlo senza esagerare. Era pur sempre una conversazione seria. «Sono rimasto sconvolto e perplesso quando ho visto il suo fascicolo. La prima volta che l'ho vista è stata in un archivio di East City, stava cercando dei documenti per conto tuo. Qualcosa nel suo volto mi sembrava famigliare, e non ho potuto fare a meno di cercare fra tutti i fascicoli il suo, dove ho trovato sia nome che foto. Non so come avrei dovuto reagire, ma mi sono sentito vuoto.»
«Vuoto?»
«Dalla promessa in poi ho vissuto come se non avessi avuto nipoti, il tutto solo per non permetterle di farsi del male. E poi si mette in testa di rischiare comunque la vita, sebbene io non avessi nulla a che fare con questa storia. A differenza tua.»
L'accusa finale non fu mascherata in nessun modo, lasciando la colpevolezza danzare attorno a Mustang, tirandogli pugni che sapevano di sensi di colpa. Però i sensi di colpa sparirono con la stessa velocità con cui erano arrivati, perché di fatto lui non aveva nulla per cui colpevolizzarsi.
«La scelta di diventare ciò che è ora è stata del Tenente. Il mio unico ruolo nella sua decisione è stato l'essere la fonte d'ispirazione.»
L'auto-complimento finale servì solo a guadagnarsi un'occhiata di sbieco, segno che la spavalderia in quel contesto non era ammessa. O, meglio, non era ammessa se il soggetto a cui erano indirizzate le allusioni era Riza; se si fosse trattato di una qualsiasi altra donna, senza alcun legame sanguigno, i due si sarebbero fatti insieme una risatina d'intesa: in fin dei conti, il fascino di Roy conquistava sempre, ma per quanto riguardava il suo talento oratorio con le signorine era gran parte merito del suo vecchio insegnate, che anche lui era stato irresistibile, prima che gli anni gli gravassero sulla faccia e sul corpo. In ogni caso, il nonnino aveva frainteso le due parole: l'ultima affermazione era un'informazione aggiuntiva formulata per compiacere il suo ego; non avrebbe mai osato parlare del suo Tenente come parlava delle sue avventure notturne.
«In ogni caso» riprese Mustang, scacciando ancora una volta i suoi pensieri. Perché in quell'ultimo periodo dedicava sempre qualche pensiero per il Tenente Hawkeye? «Una volta scoperto cosa avesse deciso il Tenente, avresti potuto dichiarare la verità.»
«Avrei infranto comunque la promessa.» rispose l'altro con un tono secco, stanco di tutte quelle ovvie domande. Aveva già preso in considerazione tutte le possibilità che il Colonnello continuava ad elencare con ostinazione, quasi desiderasse davvero di essere preso a pugni. «Ora basta con le domane. Anzi, basta con questo discorso. E bada a non proferire parola a riguardo.. nemmeno con me, mai più.»
Con un cenno del capo, Mustang annuì. Come se avesse potuto. Di certo non poteva andare da Riza a dirle “Buongiorno Tenente, sai che il Comandante Supremo è tuo nonno?”, e se avesse provato a dirlo a qualcun altro molto probabilmente non solo sarebbe stato smentito, ma avrebbe perso la sua credibilità.
«Torniamo al motivo per cui se qui, Roy. Non fare più mosse azzardate. Non esporti. Non prendere decisioni impulsive. E per l'amor del cielo, non mettere la vita dei tuoi sottoposti in pericolo per le tue egoistiche ragioni. Per il momento è tutto.. Adesso sparisci.»

Con la mente ancora turbata dalle informazioni assimilate sul Tenente, Roy sentiva il bisogno di dormire un po' per rilassarsi e non pensare. Era impaziente di sapere come il piano dei giornali, architettato strategicamente, fosse andato, sebbene ci fossero persone che non condividessero la sua impazienza. In realtà l'unica persona a non trovarsi d'accordo con lui era un nonno in incognito, perché prima di procedere nel suo piano aveva chiesto l'approvazione della sua squadra. Anche Havoc e Breda erano stati interpellati tramite una chiamata; i due si trovavano in un bar, da cui avevano telefonato il Quartier Generale per annunciare che quella sera sarebbero rientrati a Central. La chiamata arrivò direttamente a Mustang, il quale, compiaciuto del loro tempismo, aveva cercato il loro permesso di procedere.

Si diresse verso gli archivi, laddove avrebbe trovato Sheska, si sarebbe fatto dare le chiavi, e avrebbe goduto di qualche momento di riposo. Quando finalmente giunse nel suo dormitorio segreto, al posto di Sheska vi trovò un'altra donna. Anche ella porta degli occhiali, dalla rigida montatura nera che ricadevano severi sul naso, mentre gli occhi, anch'essi neri, si mantenevano concentrati su un registro pieno di numeri e calcoli. Roy conosceva quella donna, sebbene avesse scambiato con le all'incirca due parole. Se la ricordava solo perché, per quanto possibile, quando si trattava di lavoro era più inflessibile di Riza. Poteva scordarsi delle chiavi dell'archivio se le avesse dovuto chiedere a lei.
«Buongiorno, Colonnello.» disse lei senza alzare gli occhi dal suo lavoro, continuando a scrivere e calcolare come se non fosse un essere umano. «Posso aiutarla?»
«Ah, ecco.. Sheska non c'è?»
«Oggi non è venuta a svolgere le sue attività lavorative. Ha chiamato stamane per informarci che la sua salute non è in buone condizioni, e che necessita di riposo e di un medico.»
Evidentemente per quella donna le parole «No, sta male» erano passate di moda.
«Posso sapere perché necessita proprio della mia collega? Se le servono dei documenti o dei fascicoli che si trovano negli archivi può chiedere a me.»
«Se fosse così gentile da consegnarmi direttamente le chiavi, faccio da solo, grazie.»
«Negativo.» interruppe il suo lavoro e per la prima volta incatenò il suo sguardo a quello del Colonnello. I suoi occhi erano rigidi quasi quanto la sua postura. «Non mi è permesso lasciare entrare individui che non siano idonei o che non abbiano una delega. Se vuole entrare negli archivi, lo può fare solo se io vengo con lei a supervisionare.»
E le speranze sonnifere di Mustang morirono.
«No, non importa. Arrivederci.» e se ne andò, incurante del saluto di rimando che la donna gli aveva offerto. Non appena svoltò il primo angolo, sbuffò scocciato. Odiava quando le cose non andavano secondo i suoi piani, specialmente se poi gli toccava anche lavorare. Non avendo altra scelta, si rassegnò al destino e si incamminò verso il suo ufficio.

L'articolo di giornale spiccava sulla scrivania, sebbene non avesse chissà quali dimensioni. Non era niente di appariscente, e sarebbe stato tralasciato da chiunque non fosse a conoscenza del significato dietro quelle piccole parole. Ma Riza iniziava ad avere dei dubbi circa la sua decisione di assecondare il piano. Quella era una sfida pubblica, e se il Mittente l'avesse colta e accettata, nessuno avrebbe saputo come metterli in guardia dal tipo di gioco che avrebbero iniziato. Fece un profondo respiro rendendosi conto di quanto le sue preoccupazioni fossero insensate: aveva affrontato di peggio, e delle lettere anonime non avrebbero potuto distruggere il suo autocontrollo. Se qualcuno avesse voluto prenderla o provocarle lesioni, avrebbe prima dovuto assaggiare le sue adorate e micidiali Calibro 9. L'eccessiva preoccupazione era data dal fatto che solo di recente aveva superato un enorme pericolo, e i residui del trauma galleggiavano ancora in quello che era il mare che era Riza. Una donna calma, equilibrata, ma non appena arrivava la minaccia della tempesta, diventava letale e una sola delle sue micidiali onde poteva travolgere chiunque. 
Si massaggiò automaticamente la fronte, nel tentativo di alleviare il mal di testa. Era solo dell'innocuo stress. Una volta trovata la giusta pista da seguire, anche quel caso sarebbe stato risolto; e sperava di trovarla presto, quella pista, dato che il prossimo passo verso la risoluzione era un'indagine in borghese, che non sarebbe servita a molto visto come il Mittente era riuscito a compromettere le prove di Havoc e Breda.
«Tenente, a cosa pensi così intensamente?»
La ricerca del senso della vita e del Mittente fu interrotta dal suo Colonnello, rientrato in ufficio così silenziosamente che lei non se ne era accorta. O forse era entrato come aveva sempre fatto, ma lei era troppo assorta nei suoi pensieri per accorgersene.
«Oh, niente, signore.» Riza incrociò gli occhi di Roy, il cui la fissava con attenzione. Uno sguardo intenso, penetrante, talmente magnetico che era certa non lo aveva mai rivolto a nessun'altra donna con cui passare la notte. Uno sguardo che la faceva sentire nuda nonostante la rigida divisa. Iniziò a sentirsi confusa, e sperò che l'improvvisa vampata di calore che avvertì alle guance non fosse avvertimento di rossore. Quello che non poteva sapere è che in realtà lui la guardava senza staccarle gli occhi di dosso per un altro motivo, ovvero per il fatto che era ancora scosso dal segreto scoperto poco prima. Quando, finalmente, notò il Tenente arrossita, si decise a darsi un contegno e scacciare l'imbarazzo che si era creato.
«Il Comandante Supremo mi ha fatto la ramanzina sulla mia idea. A quanto pare siamo troppo esposti.» disse quindi, ancora scocciato dalla predica che aveva ricevuto e dalla quale non poteva liberarsi dormendo perché una stacanovista aveva preso il posto di Sheska.
«Posso capire, è di questo che avete parlato per tutto questo tempo?»
«Ah-ah» affermò evasivo alla domanda che in realtà lei aveva posto con noncuranza. «E il rimpiazzo di Sheska non mi ha nemmeno lasciato dormire.»
«Oh, se è per questo ha fatto bene.» scherzò il Tenente prima di passare alle cose serie. «I preparativi per l'ispezione della prima casa abbandonata sono pronti. Ha avuto ragione, l'articolo di giornale è stata un'ottima distrazione per i piani alti, nessuno sospetta che stiamo andando per conto nostro in quella vecchia villa.»
«Finalmente una notizia piacevole. Havoc e Breda sanno già cosa devono fare non appena tornati?»
«Sì, e Fury starà con loro a dargli un aiuto via radio. Ed ho già riferito a Falman tutto ciò che deve dire a tutti coloro che potrebbero notare la nostra assenza.»
Roy si concesse un sorriso trionfante. Tornare in azione con la propria squadra era una sensazione piacevole, specialmente se si provava ancora il brivido del pericolo e dell'agire di nascosto. Il suo piano gli sembrava sempre più geniale.
Guardò Riza e le fece segno di prepararsi.


Note finali:
Ogni volta che mi riprometto di pubblicare più spesso succede il contrario.
In ogni caso, spero davvero di non avervi annoiato con la storia del malinconico nonnino. Anche perché non è nemmeno tutta, tanto che pensavo di scriverci uno spin-off/one-shot per far capire come sono realmente andate le cose. E per quanto riguarda l'ispezione della casa abbandonata, fidatevi, ne vedrete delle belle ;)
Non prometto di pubblicare il prossimo capitolo il prima possibile perché potrebbe anche passare un mese senza che io faccia niente. Ops.
Beh, alla prossima, e grazie a tutti coloro che continuano a leggere ciò che la mia mente si ostina a produrre <3
Bye! :)

   
 
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