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Autore: TaliaAckerman    17/05/2015    2 recensioni
L'ultimo atto della saga dedicata a Fheriea.
Dubhne e Jel si sono finalmente incontrati, ma presto saranno costretti a separarsi di nuovo. Mentre la minaccia dal Nord si fa sempre più insistente, un nemico che sembrava battuto torna sul campo di battaglia per esigere la sua vendetta. Il destino delle Cinque Terre non è mai stato così incerto.
Dal trentaquattresimo capitolo:
"Dubhne si portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e ricordò quando, al suo arrivo a Città dei Re, l'avevano quasi rasata a zero.
- Quando ero nell'Arena... - mormorò - dovevo contare solo su me stessa. Un Combattente deve imparare a tenere a bada la paura, a fidarsi solo del proprio talento e del proprio istinto. Non c'è spazio per altro.
Jel alzò gli occhi e li posò su di lei - E che cosa ti dice ora il tuo istinto?
- Sopravvivi. "
Se volete sapere come si conclude il II ciclo di Fheriea, leggete!
Genere: Azione, Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'II ciclo di Fheriea'
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I tre uomini che stavano in piedi di fronte a lei in quel momento erano degli estranei, per Dubhne. Si erano presentati come Girion Afhelor, Tate Orson e Aemay Ghar.
Curioso, ma la Combattente non si era mai interrogata sulla loro esistenza. 
Ovviamente dietro la competizione si celava il lavoro di una più ampia cerchia di persone ma gli "organizzatori" veri e propri, quegli uomini ricchi e influenti che ogni anno si premuravano di procurarsi il denaro per coprire le consistenti spese che i Giochi esigevano, erano loro. Il rifornimento di nuove armi, le tenute da combattimento... tutti affari nelle loro mani. In quel caso - e soprattutto - la vincita che spettava a chiunque avesse trionfato nell'Arena e al suo padrone.
Cinquemila york d'oro. 
In tutta la sua vita, l'ipotesi di divenire così ricca non aveva mai nemmeno sfiorato la mente di Dubhne. Neanche nei suoi sogni più folli avrebbe immaginato di ritrovarsi tra le mani una così alta somma di denaro. Denaro che si era guadagnata personalmente. 
Uccidendo delle persone. 
No. Facendo ciò che devi. Il tuo lavoro.

Appoggiata sui gomiti, la schiena che sfiorava appena il muro dietro la sua brandina, Dubhne scrutava il maestoso forziere che i tre uomini avevano appena dato l'ordine di consegnarle.
- Sono... tutti? - si informò, anche se l'emozione che l'aveva avvolta le imponeva un fastidioso groppo alla gola.
- Ma certamente - rispose uno degli uomini - Girion - facendo un passo in avanti. - Cinquemila york, sono tuoi come stabilito.
Era alto, serio, l'esempio del perfetto Uomo Reale del Nord: i folti capelli bruni, la carnagione chiara, lo sguardo leggermente rapace: Dubhne si chiese quanti anni potesse avere; di certo, teneva ben salde le redini dei Giochi Bellici da parecchio tempo. 
La ragazza ostentò il proprio sorriso più amabile e chinò il capo: non aveva alcun motivo per entrare in contraddizione con quegli uomini, quindi tanto valeva fare buona impressione. E non doveva dimenticare che, dopotutto, le stavano consegnando un immenso regalo.
- Ora siete una donna libera - proferì il secondo uomo, ma solo dal fatto che avesse deciso di rivolgersi a lei con il voi, Dubhne comprese che erano appena sconfinati nell'area della "pura formalità": in pratica, i tre organizzatori l'avrebbero istruita su cosa fare una volta uscita dall'infermeria. 
- Ovviamente potrete lasciare la capitale non appena lo desiderate - proseguì Aemay Ghar - ma in un primo momento siete tenuta a partecipare alla cerimonia di chiusura, dal momento che al termine della finale ciò è stato impossibilitato dal vostro svenimento.
Dubhne non si oppose, anzi, l'idea di tornare vincitrice nell'Arena ancora una volta la esaltò; dal momento del suo trionfo non aveva più visto Peterson Cambrel, di certo non avrebbe sciupato l'occasione di incrociarlo nuovamente per rimarcare quanto le gerarchie fossero mutate. Quanto lei stessa le avesse mutate.
- Quando si terrà la cerimonia? - domandò soltanto, al che Girion rispose tranquillamente:- Non appena vi sentirete in forze. 
Ottimo.
- Questo pomeriggio andrà bene.
Desiderava che la gente la vedesse in quel momento, in quello stato, con i segni della battaglia con Jackson ancora vividamente impressi sul suo corpo. Tutti l'avrebbero amata o odiata ancora di più.
La sua risposta non parve sorprendere i tre organizzatori.
- Dunque siamo d'accordo - sorrise Tate Orson. Poi fece cenno ad una ragazza della servitù che aveva trasportato il forziere con la ricompensa in denaro. - Lascia l'abito sulla brandina qui a fianco. 
Dubhne aggrottò un sopracciglio:- Come sarebbe a dire l'abito?
- Non possiamo certo permettervi di partecipare all'esibizione con addosso i vostri indumenti da combattimento, non trovate?
No, non trovo, avrebbe voluto rispondere la ragazza seccamente e, invece, tacque. Di certo avrebbe preferito tenere i vestiti che le appartenevano, la stessa tenuta da combattimento che l'aveva accompagnata nel difficile percorso iniziato con l'arrivo a Città dei Re. Non era mai stata una donna elegante, nemmeno quando viveva con i Farlow, e mai aveva avuto - o desiderato - l'occasione per agghindarsi come una nobile.
Nel rendersi conto che i tre ancora la scrutavano, Dubhne domandò schiarendosi la gola:- C'è dell'altro?
- Direi di no - rispose Girion, volgendosi verso gli altri due. - Abbiamo dimenticato qualcosa?
- Ah, sì. Durante la cerimonia dovrete stringere la mano a Malcom Shist e agli altri padroni, Cambrel e Pets - soggiunse Aemay. - È importante che manteniate il rispetto verso i vostri avversari.
Rispetto. Uccidere i Combattenti avversari, umiliarli e mutilarli era accettato, ma tutto ciò solo nell'arco di durata dei Giochi; al loro termine, il vincitore doveva apparire altero ma rispettoso, mostrando quasi... nobiltà d'animo? Dubhne sorrise leggermente a quel pensiero. L'ipocrisia dietro quel meccanismo era palese, eppure non le dispiaceva affatto: riconoscere i meriti del nemico poteva voler dire sottolineare ancora di più la propria superiorità.
- Non sarà un problema - rispose.
- Molto bene - concluse Girion Afhelor con un lieve battito di mani. - Non possiamo fare altro che rinnovarvi i nostri complimenti, Dubhne, Ragazza del Sangue. Godetevi la vostra libertà.
- Vi ringrazio - fece Dubhne con un sorriso che aveva del trionfante. - Lo farò, senza dubbio.
- Desiderate che il vostro premio vi sia portato a palazzo Cerman? O forse preferite che vi venga prenotata una camera in una locanda presso l'Arena?
- La mia camera al palazzo andrà benissimo, grazie - tagliò corto Dubhne. - Ma sarebbe carino se potessi disporre di qualcuno che ne sorvegli l'entrata, durante la mia assenza. Dopotutto si tratta solo di un paio di giorni. Poi lascerò la città.
Già... Ma per andare dove?
Mentre i tre organizzatori si accingevano a congedarsi con un piccolo inchinò di cortesia - al quale lei ricambiò chinando il capo - Dubhne tornò a sprofondare fra i cuscini. Se da una parte l'idea dell'evento di quel pomeriggio la eccitava, dall'altra manteneva una leggera agitazione per il discorso che avrebbe tenuto di lì a poco con quel mago, Jel.
Un mago... Dubhne non aveva mai nemmeno osato sperare di incontrarne uno. Eppure, per come la vedeva ora, non si era trattato di un evento così stupefacente. Jel era giovane - si poteva anche definire piuttosto attraente - ma nulla di più; Dubhne aveva sempre pensato - forse con ingenuità - che i maghi fossero estremamente rari e soprattutto figure altere, potenti, estranee alla vita delle persone comuni.
Jel si era dimostrato tenace e diplomatico, ma non era riuscito a nascondere il fastidio che l'alternarsi di ilarità e durezza nel tono della ragazza gli aveva procurato. Da parte sua Dubhne se ne poteva definire quasi fiera.
Sorridendo un poco si levò di dosso le lenzuola: era rimasta distesa fin troppo tempo, aveva bisogno di muoversi.
Rimpianse il fatto che il suo compagno di squadra Phil fosse stato dimesso il giorno prima, altrimenti avrebbe potuto scambiare due parole con lui.
Lievemente malferma sulle gambe, la Combattente si avvicinò alla brandina di fianco alla sua, dove quella servetta aveva deposto il suo "abito da cerimonia". Nonostante tutto, Dubhne dovette ammettere che era splendido: tessuto in morbido broccato di un color blu notte, ricamato con piccoli arabeschi grigio perla. La giovane ne prese un lembo con due dita assaporandone la fattura perfetta.
Non avrebbe potuto presentarsi nell'Arena indossando i vestiti con cui aveva vinto i Giochi, ma di certo avrebbe fatto la sua figura. 
Rimase meravigliata nel constatare che ad aggiungere grinta a quell'abito altrimenti elegantissimo vi erano due paramenti di metallo per le spalle e una spessa cintura di cuoio, insieme ad un fodero che pareva essere stato fatto apposta per la sua scimitarra.
Hanno davvero fatto le cose per bene...
Senza esitare Dubhne si sfilò la leggera tunica di lino con cui l'infermiera Kala l'aveva coperta e la gettò sul letto. Dopotutto gli altri ospiti dell'infermeria stavano riposando - chi ancora in stato di totale incoscienza - quindi non c'era da farsi scrupoli sull'apparire svestita.
- Kala - chiamò la ragazza rivolta alla donna seduta su di una seggiola in fondo alla sala. - Vieni a darmi una mano con il vestito.
Alzando le braccia per infilarle nelle maniche larghe della veste Dubhne represse a stento un gemito di dolore, mentre Kala le sistemava gli orli della gonna. L'infermiera le strinse anche le cinghie che assicuravano quelle particolare "spalline" al resto dell'abito, ma a regolarsi la cintura fu Dubhne stessa. Non la strinse molto, in quanto il taglio che Jackson le aveva inferto all'addome le doleva ancora parecchio. Si infilò anche la scimitarra nel fodero, e all'istante tornò a sentirsi invincibile.
- Nessun corsetto, mia signora? - le chiese sorridendo timidamente Kala, ma la domanda la infastidì: non era lì per apparire come una stupida principessa e pavoneggiarsi. Voleva essere bella, sì, ma non di più, esserlo in modo funzionale e freddo. Era una dannata Combattente, non avrebbe mai nascosto la sua vera natura.
- Non mi serve un corsetto, Kala.
No di certo, dal momento che non hai nulla da mettere in risalto, lì sotto...
In effetti, neanche il proprio fisico pareva essere adatto a venire valorizzato; di certo aveva poco di femminile. Le gambe toniche, i muscoli che risaltavano sulle braccia altrimenti magre. Alla ragazza pareva che persino il proprio seno fosse incredibilmente piatto, ma la cosa era funzionale al suo lavoro, o almeno lo era stata per lei. Ad una Combattente occorreva essere forte e veloce, agile, poco importava che non avesse le grazie di una comune fanciulla.
A dir la verità, Dubhne era piuttosto fiera del proprio fisico atletico.
Aveva appena finito di darsi un'ultima sistemata ai lembi delle maniche, quando la porta dell'infermeria venne spalancata.
- Dunque, Dubhne. Hai soppesato la mia richiesta?
Lo aveva conosciuto solo il giorno prima, eppure riconobbe subito la voce di Jel. Si voltò di scatto e non riuscì a non notare l'espressione di sorpresa che si era dipinta sul volto del mago nel vederla in abiti eleganti.
Jel si schiarì la voce:- Spero... Spero di non averti disturbata - disse mantenendo un tono curiosamente - o forse forzatamente - freddo.
- Nient'affatto - sorrise lei; era di umore nettamente migliore rispetto al giorno prima. - In ogni caso, sì, ci ho riflettuto. In realtà conoscevo già la mia risposta anche quando ti ho mandato via, ieri sera.
Il Consigliere assunse un'espressione contrariata.
- Questo non è un gioco - proferì serio. - Nel caso tu non l'avessi capito si tratto di una questione di estrema urgenza. Non ho per forza bisogno del tuo permesso per prendere la tua spada.
- Scimitarra a lama larga - specificò Dubhne estraendola con un movimento fluido. Aveva colto la, pur lievissima, minaccia che era trapelata dalle parole del giovane. Non le sarebbe dispiaciuto giocare ancora un po', così la puntò in direzione di Jel. Non le avrebbe fatto del male, ne era sicura, né tantomeno avrebbe utilizzato la magia contro di lei. Sembrava tentare con tutto se stesso di apparire intransigente e severo, ma Dubhne aveva capito dal primo momento che quel modo di fare non gli apparteneva particolarmente.
- Che vuoi fare, infilzare un funzionario delle Cinque Terre in missione? - chiese calmo.
- Se oserai minacciarmi ancora una volta, credo proprio di sì - ribatté Dubhne, ma questa volta si aprì in un sorriso. Rinfoderò la scimitarra. - Allora, vuoi ascoltare o no le mie condizioni, Consigliere?
- Sto aspettando proprio questo in effetti - disse lui sedendosi sulla brandina accanto a lei. La guardò stancamente:- Ebbene, di che cosa si tratta?
Dubhne esitò un istante; solo ora si rendeva conto che la questione la metteva lievemente in imbarazzo.
- Voglio... Voglio poter venire con voi, quando ripartirete da Città dei Re - disse mesta.
Jel dovette avvertire il totale cambiamento nel tono della Combattente, perché parve spiazzato. Non doveva essersi aspettato una richiesta del genere.
Dubhne lo fissò negli occhi, affrettandosi a tornare seria e sicura come sempre.
- Non ho un posto dove andare - spiegò. - Anche se ora ho il denaro, sono senza una casa, senza... uno scopo. Combattere è stato il mio lavoro, ora non so che farmene della libertà.
- Questi non sono affari miei - rispose Jel, stupendola con quel tono indifferente.
Dubhne si sarebbe aspettata maggiore empatia, maggiore comprensione. Sarebbero giunti a un comodo compromesso e lei sarebbe riuscita a trovarsi una meta almeno momentanea...
- Bene allora - fece irritata. - In questo caso siamo al punto di partenza.
- Non puoi venire con noi - ribadì Jel fermamente. - Non ne hai motivo. Noi saremo nel corteo reale, ci saranno i Consiglieri dello Stato dei Re, servitori e il Re in persona. Che ci farebbe un'assassina fra di noi?
Dubhne strinse i denti. Forse si era sbagliata a giudicare quel ragazzo come inesperto e gentile.
Evidentemente anche lui si accorse di essere risultato piuttosto indelicato, perché si corresse:- Insomma, non credo che ne trarresti alcun vantaggio. Senza offesa, ma tu non c'entri niente con la nostra causa.
Un tempo Dubhne avrebbe chinato il capo, imbarazzata, ma non ora.
- Non vi sarei nemmeno di peso, però. E nel caso incappaste in qualche complicazione, beh... Potrei esservi d'aiuto.
- Avremo già una scorta reale, grazie - la gelò il giovane. Che si stesse in qualche modo vendicando per le provocazioni mosse da lei il giorno prima era chiaro.
Anche Dubhne si abbandonò seduta sulla brandina, proprio di fianco a lui. Lo sentì irrigidirsi quando gli posò una mano sulla spalla.
- Credi che non abbia capito quanto sia importante quello che fai?
O che sostieni di star facendo. 
Jel si volse verso di lei, al che Dubhne poté scorgere un lampo di sofferenza attraversare il suo sguardo. All'istante comprese che il mago non aveva mentito su nulla: il viaggio che aveva condotto lui e la sua amica fino alla capitale doveva essergli pesato in maniera incredibile.
- Tu hai bisogno della mia scimitarra e di quella stupida Pietra, io sono disposta a lasciartela prendere. Ma devi lasciarmi venire con voi. Non chiedo altro, io so badare a me stessa.
In realtà, nemmeno lei comprendeva a fondo il motivo per cui desiderasse così tanto lasciare subito Città dei Re e partire con loro. Forse era il timore che, ora che aveva vinto i Giochi e ora che avrebbe abbandonato il mondo dei combattimenti, la sua vita si sarebbe ridotta ad andare avanti per inerzia, vuota, insoddisfacente. Aveva sperimentato cosa volesse dire rischiare la vita e poi vincere, ormai l'idea di rimanere inattiva non l'aggradava affatto. Prima avesse trovato qualcosa da fare, un posto dove andare, prima avrebbe potuto trovare qualcosa che sostituisse le emozioni provate nell'Arena.
- Non dubito delle tue capacità - rispose Jel diretto. - Ma non mi fido di te.
- Che ti aspetti, che faccia fuori il Re delle Cinque Terre?
- Hai minacciato di uccidere me appena cinque minuti fa.
- Solo perché mi avevi minacciata a tua volta - ribatté Dubhne. - Senti, non so con chi tu sia abituato a trattare, ma io sono una Combattente. Non amo farmi mettere i piedi in testa.
- Nemmeno io.
Si squadrarono ancora per qualche istante, poi Jel si rialzò passandosi i palmi sulla stoffa dei pantaloni. Pareva ci stesse riflettendo.
- Se ti dessi il permesso di venire con noi - disse il giovane lentamente. - Mi prometteresti che non causerai nessun tipo di problema? 
- Ma certo.
Jel sospirò, e Dubhne immaginò si stesse chiedendo il perché dell'aver incontrato una persona così intrattabile.
- E va bene - concluse infine il Consigliere. - Dopotutto non mi sembra una richiesta così esagerata. Ma te l'ho già detto - riassunse quel tono gelido. - Non ti azzardare a mettere in pericolo il nostro ritorno, altrimenti giuro che darò l'ordine di sbatterti in prigione, arrivati a Grimal.
- Un'altra minaccia?
Esasperato, Jel alzò gli occhi al cielo. - Ti sto facendo un gran favore, Dubhne, almeno ricambia trattandomi con rispetto. Nessuno mi obbliga ad aiutarti.
- Lo so, lo so - fece lei per tutta risposta. - Farò la brava... E così andiamo a Grimal? - aggiunse poi, interessata. - Non ci sono mai stata, come mai proprio lì?
- Non ti riguarda - la freddò il giovane aspro, al che Dubhne si decise a lasciar perdere.
Non l'avrebbe mai ammesso, ma la prospettiva di partire dalla capitale per una meta di cui non sapeva nulla la riempiva di una sorta di infantile entusiasmo. Forse, dopotutto, per i primi mesi della sua libertà sarebbe potuto essere quello il suo passatempo: viaggiare, girare quel mondo di cui sapeva ancora così poco...
- Quando partirete?
- Se ti decidi a consegnarmi quella spada, anche in giornata.
A quell'affermazione, Dubhne sperò di non essere arrossita.
- Questo non credo sarà possibile, per me.
- E perché di grazia?
- Questo pomeriggio dovrò tornare nell'Arena per la celebrazione di chiusura dei Giochi Bellici. Non so per quanto durerà ma dovrò portare con me la scimitarra. Voglio averla con me - sottolineò lei. - Poi te la lascerò portare a palazzo o dove ti pare. 
- Tutto questo è proprio necessario?
- Certo che sì - la ragazza incrociò le braccia, serafica. - Sono una celebrità, ora. La folla esige la mia presenza - ridacchiò. - E poi non credo che un solo giorno di ritardo favorirà così tanto la ribellione che tanto ti preoccupa. 
- In realtà potrebbe - replicò il mago lanciandole uno sguardo obliquo. 
Quando si renderà conto che non ho più voglia di discutere?
- Beh, ce ne faremo una ragione.
- Mi sembrava di averti detto che non ho alcun obbligo ad aiutarti...
- E va bene, hai ragione. Mi dispiace, ma ho fissato il momento della celebrazione con gli organizzatori dei Giochi in persona. Non appena avrò finito tornerò qui e ti consegnerò la scimitarra, così potrai portarla a palazzo.
Guardò il Consigliere negli occhi e, dal suo sguardo rassegnato, comprese di averla avuta vinta.
 
*** 
 
- Signore e signori!
La voce di Rodrick era sempre la stessa: gaia, fiera, orgogliosa di presentare alla capitale i gioielli del combattimento mondiale. Nonostante non vi avesse mai parlato personalmente Dubhne aveva quasi preso in simpatia il gioviale commentatore dei Giochi. Non avrebbe mai dimenticato le parole con cui l'aveva presentata agli esordi dello scontro finale contro Jackson Mallister, e ora si chiese quali parole accattivanti avrebbe scelto per celebrare la sua definitiva vittoria.
- La trentaquattresima edizione dei Giochi Bellici di Città dei Re si è conclusa alcuni giorni fa, eppure ancora non abbiamo avuto modo di celebrare in modo adeguato la nostra... stupenda vincitrice!
Ondate di esagerata soddisfazione travolsero l'anima della Combattente nel sentire quelle parole; non si sarebbe mai stancata di ricevere lodi per la tempra che aveva dimostrato, la gratificazione personale che le parole entusiastiche di Rodrick e degli altri Combattenti le procuravano era talmente alta da farle dimenticare le umiliazioni e i pericoli cui si era sottoposta prima di diventare la Ragazza del Sangue.
- È la prima donna ad aver vinto la più importante competizione di Fheriea!
Applausi scroscianti.
- È la ragazza di cui tutti parlano! Volete sapere il perché?
Dubhne respirò a fondo, alzandosi e preparandosi ad entrare nel campo di battaglia dove già l'attendevano Malcom, Peterson Cambrel, Ellison Pets e i Combattenti sopravvissuti di tutte le squadre.
Curiosamente si chiese se Jel Cambrest fosse venuto lì per assistere alla celebrazione.
Con quel suo modo esagerato di galvanizzare la folla popolare riunita, Rodrick sbraitò:- Ebbene... potete chiederglielo di persona! Ecco a voi la vincitrice della trentaquattresima edizione dei Giochi, DUBHNE! 
Sfoderando il proprio miglior sorriso radioso, ma che sperò apparisse anche fiero e combattivo, Dubhne mosse un paio di ampie falcate e varcò l'ingresso del campo.
- Signore e signori, la Ragazza del Sangue!
Beandosi dell'effetto che la sua apparizione aveva suscitato nel pubblico sulle gradinate, Dubhne vide una Claris sorridente correre verso di lei e abbracciarla.
- Sei la campionessa della capitale, Dubhne - le sussurrò, ma lei le assestò una pacca sulla spalla.
- Sai che senza il tuo aiuto non ce l'avrei mai fatta - rispose onestamente.
Era la verità, dopotutto; il sostegno di Claris nei primi giorni e non solo si era rivelato indispensabile per la sua sopravvivenza, soprattutto da un punto di vista emotivo. Se si fosse ritrovata realmente sola, Dubhne era sicura che sarebbe crollata molto prima di raggiungere il combattimento con Goresh. Già la vita di Claris era stata sconvolta dal prematuro assassinio della giovane Agnes, motivo per cui Dubhne le doveva almeno quel piccolo ma sincero ringraziamento.
Una volta che si furono separate, la ragazza oltrepassò la compagna d'armi e si mosse a grandi passi verso Malcom Shist. Era la prima volta da prima della finale che si trovava faccia a faccia con lui da sveglia. 
Sapeva che doveva il proprio successo - almeno in parte - anche all'uomo che si ergeva di fronte a lei in quel momento, ma non lo ringraziò. Gli attriti tra di loro durante la competizione erano stati troppo marcati e irritanti perché lei dimenticasse tanto in fretta.
Si limitò ad allungare la mano e accennare un sorriso.
Malcom la strinse e poi chinò il capo, non per gentilezza, più per una sorta di obbligato rispetto. Tutto sommato a Dubhne fece piacere.
La Combattente passò in rassegna con lo sguardo la schiera di guerrieri appartenenti alla sua stessa squadra. Salutò Xenja con una lieve strizzatina d'occhi, ma provò una dolorosa stretta al cuore, ancora una volta, nel non incontrare lo sguardo fermo e orgoglioso di James. L'aveva vendicato, certo, e nel modo più spettacolare e appagante possibile, ma neanche con ciò lui sarebbe tornato indietro. Lei e James non erano mai stati davvero amici, dopotutto il legame tra due Combattenti non si sarebbe mai potuto definire una semplice e spensierata amicizia eppure Dubhne si era quasi affezionata a lui, così come a Claris, Xenja, Phil, Illa.
La squadra di Ellison Pets era disposta proprio dietro quella di Malcom.
Vedendola da vicino per la prima volta, Dubhne strinse la mano alla donna come era stato stabilito dai tre organizzatori. Nonostante non vi fosse ombra di felicità sul volto della padrona di Combattenti, Dubhne vide Ellison abbozzare un sorriso di cortesia, come per riconoscere il suo merito. La sovrastava di almeno una spanna, eppure non avvertì alcun disagio. La donna era più alta e matura di lei, ma in quel momento si trovavano perfettamente sullo stesso piano. 
Dubhne rivolse cenni di rispetto all'intera squadra - che era rimasta apparentemente decimata da quell'edizione dei Giochi - e quando Illa le rivolse un gran sorriso la ragazza lo ricambiò. Avrebbe ricordato quella bambina come una delle presenze più motivanti per lei.
Alla fine, a testa alta, Dubhne oltrepassò anche la squadra di Ellison Pets e si ritrovò di fronte a Peterson Cambrel e i suoi Combattenti. Gli schiamazzi della folla parvero affievolirsi quando i suoi occhi incrociarono quelli freddi e alteri dell'uomo; accanto a lui, gli altri membri della squadra la fissavano con disappunto ed espressioni quasi feroci. I più forti erano periti tutti: Mitch, ucciso da Jackson Malker in persona, suo fratello Fargot, da Clia, Pete, Clia e infine Jackson, morti per mano di lei stessa. Morti, cancellati. Innocenti e assassini, le regole non prevedevano distinzioni; la vita di ognuno di loro era in mano alla propria abilità e alla scelta dell'avversario, la decisione di prendere una vita o di risparmiarla. 
Dubhne, senza più riuscire a sorridere, porse freddamente la mano destra perché Peterson la stringesse. L'uomo rispose a quel gesto di pura circostanza.
- Un abito blu - constatò con un sorriso sarcastico. - Davvero incantevole... ma forse il rosso sarebbe stato più azzeccato per la Ragazza del Sangue, non trovi?
Dubhne colse all'istante la provocazione. Ormai vi era abituata.
- Naturalmente - confermò senza scomporsi. - Ma il rosso, Cambrel, nasconde fin troppo bene il sangue... Preferisco che la gente veda le ferite che Jackson mi ha inferto prima che io lo finissi. Rende meglio l'idea del trionfo, non trovi?
Contrariamente a quanto si fosse aspettata, Peterson si lasciò andare ad una leggera risata. Le attraversò la mente che forse aveva in comune con lei molto più di quanto la ragazza avesse immaginato.
Evitando di soffermarsi su quello spiacevole dubbio, Dubhne gli rivolse un ultimo, lieve cenno del capo e passò oltre, ritrovandosi a pochi passi dalle gradinate.
Guardò soddisfatta la gente che la guardava dall'alto con ammirazione e capì che stavano tutti attendendo che dicesse qualcosa.
Non era mai stata brava a tenere discorsi, per cui si limitò a poche parole.
- Guardatemi attentamente - esordì ad alta voce, decisa. - Ricordatevi bene la mia immagine, il mio volto... Perché è l'ultima volta che in quest'Arena vedrete qualcuno come me.
Parole arroganti, all'insegna del puro individualismo. Non proprio modeste, ma chi più di lei se ne sarebbe potuto vantare? Aveva appena vinto in maniera eclatante i Giochi Bellici oppure no?
Pose la mano sull'impugnatura della sua fedele scimitarra, assaporando il freddo che il metallo dell'elsa trasmetteva sulla pelle, poi la estrasse con gesto dirompente e ne puntò la lama verso il cielo.
Un nuovo travolgente applauso scaturì dalle gradinate, insieme ad esclamazioni esaltate e urla d'ammirazione.
Dubhne si godette il suo momento, facendo scorrere lo sguardo sugli spalti, quasi aspettandosi di incrociare di nuovo lo sguardo con quello limpido di un giovane Consigliere vestito di scuro.
Ma di Jel, quella volta, non c'era traccia. 







 
NOTE: 

Cavoli, in questi giorni sto davvero battendo ogni record nella mia tabella di marcia ^^ Che dire, questo era il secondo capitolo, finalmente dedicato per intero a Dubhne (ed è anche piuttosto lungo, vero che sono migliorata?)
Non è stato facile entrare di nuovo nella sua testa dopo così tanto tempo, ma spero di essere rimasta Ic rispetto alla Dubhne del primo libro. La verità è che volevo esprimere quanto sia cambiata dopo i Giochi, quanto sia maturata, ma anche come - a combattimenti conclusi - sia finita anche la "magia", lasciandola in un momento non proprio semplicissimo in cui nemmeno lei sa bene quello che vuole. Spero che il risultato vi sia piaciuto. 

TaliaFederer 
  
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