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Autore: _Trixie_    23/05/2015    7 recensioni
[Seguito di Quattro volte in cui Emma e Regina furono felici e la quinta in cui non lo furono e Quando un cuore si spezza.]
«Io e Regina abbiamo un figlio da proteggere. Pensavamo sarebbe stato meglio andarcene, tornare a Storybrooke, se questo fosse stato ciò che Henry desiderava. Dopo quello che abbiamo saputo non lo lasceremo in un mondo pericoloso come questo, senza di noi. Ma quando non ci sarà più motivo di temere della sua vita, sarà lui a decidere se ci vorrà accanto o meno» rispose Emma.
Regina sospirò e chiuse gli occhi. Emma aveva ragione, ma non c’era motivo di parlarne in quel momento.
«Ma questo è il tuo mondo, tesoro, è la tua casa» rispose Biancaneve con un filo di voce.
Emma scosse la testa.
In quel momento, il grido di una donna squarciò l’aria.
Genere: Angst, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Altri, Emma Swan, Henry Mills, Regina Mills
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'This is your heart, can you feel it?'
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Epilogo
Sette mesi dopo
 
Per ricominciare una vita
 


 
Regina si era offerta di far sparire quella cicatrice con la magia, ma Henry aveva preferito tenerla.
Segnava il lato destro del suo volto, dall’attaccatura dei capelli fino alla mandibola, e gli ricordava ogni giorno cosa volesse dire essere bruciati dall’amore.
Se l’era procurata nell’incendio del castello, tenendo tra le braccia il corpo di Oliver.
Henry vi passò le dita, guardando il proprio riflesso nello specchio.
Sospirò, poi sorrise, scacciando i brutti ricordi e il passato.
Quello sarebbe stato un grande giorno.
 

«Mi sto cacando addosso».
«Emma!» esclamò sua madre, scandalizzata.
Ruby si limitò a ridere, mentre Ethel guardò confusamente la sorella.
«Se non sai tenerla fino a quando non sei sul vasino, Emma, devi portare il pannolino».
Ruby, dopo un istante di esitazione, prese a ridere più forte, quasi latrando. La sua ragazza, Epicari, tentò almeno di contenersi.
Emma guardò entrambe in cagnesco.
«Ethel, tesoro, Emma non deve davvero andare in bagno. È solo un brutto modo di dire che non devi assolutamente imparare» spiegò Biancaneve, sistemando una delle ciocche bionde della figlia più grande e fissandola con un pettine insieme alle altre.
«Perché non posso mai imparare nulla, di quello che dice Emma?» domandò di nuovo la bambina.
Biancaneve esitò.
Dopo la battaglia, Regina e Emma le avevano confidato cosa sospettavano riguardo a Ethel. Durante le prime settimane, Biancaneve non aveva fatto altro che pensare a conigli dal pelo morbido e unicorni, in presenza della figlia minore, ma infine Regina era riuscita a spiegare  a Ethel come controllare e contenere la propria abilità e ai suoi genitori, a come erigere una barriera tra i loro pensieri e quelli di Ethel.
Ora la bambina, che era abituata ad avere libero accesso a ogni pensiero altrui, aveva preso a fare domande insistenti su qualsiasi cosa, e l’unica che sembrava avere abbastanza pazienza da rispondere a ogni perché, quando, come e dove, sembrava Regina, che persino dopo ore passate a parlare con Ethel, riusciva a conservare la propria sanità mentale.
Biancaneve, invece, era in grado di resistere solo fino all’ora di pranzo.
«Ethel, tesoro, perché non vai a vedere cosa fa zia Regina?» suggerì sua madre. «Ti accompagneranno Ruby e Epicari, ti va?»
«Zia Ruby, fai il lupo?» domandò Ethel speranzosa, correndo verso la ragazza e prendendole la mano.
Ruby rise, poi annuì.
Fece per trasformarsi, ma Biancaneve la fermò.
«In corridoio, Ruby, per favore. Non vorrei che schizzi di bava o pelo rovinino il vestito di Emma».
«D’accordo, ma quando Emma vedrà Regina, quel vestito non rimarrà asciutto tanto a lungo».
«RUBY LUCAS!» urlò Biancaneve, con gli occhi sgranati.
«Perché non rimarrà asciutto? Perché Emma si farà la pipì addosso? A Emma serve proprio, un pannolino».
«Non ho bisogno di un pannolino!» si intromise Emma, a metà tra l’isterico e l’esasperato.
«Bene, d’accordo, forse è meglio andare» intervenne Epicari, prendendo Ethel in braccio e trascinando Ruby fuori dalla stanza. «A dopo».
Ethel e Ruby salutarono con la mano, prima di chiudersi la porta alle spalle.
Biancaneve e sua figlia rimasero in attesa per qualche istante, fino a quando non sentirono il passo pesante di un lupo allontanarsi e le risate di Ethel che si aggrappava al pelo di Ruby mentre era sulla sua groppa, per non cadere.
Alla sorellina di Emma piaceva farsi scorrazzare in giro così da Ruby e amava terrorizzare gli altri bambini del castello.
E dal momento che la fortezza era ancora in ricostruzione al castello c’erano più bambini del normale, visto che ai figli di cuochi, maggiordomi, camerieri e stallieri si erano aggiunti quelli di costruttori, fabbri e vetrai.
Ad ogni modo, solo una metà del castello era stata terminata, dopo che era stata distrutta dall’incendio appiccato da Mangiafuoco e, per questo motivo, Biancaneve avrebbe voluto rimandare quel giorno.
Ma né Emma né Regina aveva voluto sentire obiezioni, a riguardo.
Avevano scelto una data e, in quella data, si sarebbero sposate.
Alla fine, Biancaneve aveva acconsentito e ora si ritrovava a sistemare i capelli della figlia in un elegante chignon. Semplice, ma adatto a una sposa.
Con cura, la donna sistemò anche l’ultimo fiore bianco - i fiori della loro casata - tra le ciocche della figlia, poi sospirò.
«Ho finito» disse.
Aveva la voce spezzata.
«La mia bambina sta per sposarsi» singhiozzò Biancaneve.
 «Mamma, ti prego, non metterti a piangere adesso. La cerimonia deve ancora iniziare!» sbottò Emma. «E io sono terrorizzata. Regina potrebbe averci ripensato. Forse avevi ragione. Non c’è motivo di affrettare le cose, no? Perché sposarsi ora? Possiamo aspettare che la costruzione del castello sia terminata».
Biancaneve scosse la testa e si schiarì la gola, prima di afferrare le mani di Emma tra le proprie.
«Avreste potuto aspettare, è vero, ma il fatto è che nessuna delle due voleva più rimandare questo momento» disse la donna, con un sospiro. «Tuo padre dice che sei troppo giovane, per sposarti, ma lui aveva vent’anni in meno di te, quando mi sposò, quindi… Tutto ciò che conta è l’amore. Tu ami Regina?»
«Cazzo, sì».
Biancaneve sospirò.
«Allora va tutto bene. È giusto essere spaventati. State iniziando una nuova vita insieme e il futuro spaventa sempre, ma va tutto bene».
«Lo so che è dura accettare che io abbia scelto Regina, mi-»
«No, Emma, non è dura. All’inizio è stato uno shock, certo, ma ho visto di cosa siete capaci insieme e di cosa siete capaci l’una per l’altra. Sono felice di affidarti a lei».
Emma sorrise e deglutì, ricacciando indietro il groppo che le si era formato in gola.
«Grazie, mamma» disse infine, alzandosi in piedi e abbracciando l’altra donna.
«State dimostrando al mondo che l’amore può ogni cosa, Emma. Non devi ringraziarmi».
La ragazza sorrise.
«Sei sempre la solita».
«Anche tu, Emma. E, a proposito, potresti evitare parole poco eleganti, durante la cerimonia?»
 

La tenda accanto a Tremotino prese fuoco e l’uomo fece roteare gli occhi, spegnendo il piccolo incendio con uno schiocco delle dita.
«Tua madre non era tanto agitata, quando si è sposata».
«Mia madre non aveva nemmeno un cuore» gli ricordò Regina, «io invece ne ho due».
«Giusta osservazione, cara» concesse Tremotino.
«Non posso sposare Emma».
«Perché no?» chiese pazientemente l’uomo, con un sospiro. Preferiva quando Regina scaricava la tensione incendiando qualunque cosa le capitasse sotto tiro, piuttosto che parlarne, ma in quel momento Tremotino non vedeva alcuna via d’uscita.
«Perché…» Regina esitò. «Perché lei è Emma».
Tremotino la guardò perplesso, poi sospirò.
Donne.
«Non è la ragione per cui la sposi? Perché lei è Emma».
«Non cambiare le carte in tavola, Tremotino!» sbottò Regina, con rabbia.
L’uomo alzò un sopracciglio.
Sul serio, non ci stava capendo nulla.
Si mise le mani nei capelli e sospirò.
Regina prese a camminare avanti e indietro, l’ampia gonna di tulle che frusciava ad ogni passo.
Tremotino la seguì con gli occhi per un paio di secondi, irritato dal suo andirivieni, prima di raggiungerla e afferrarla per le spalle.
«Regina, lei è Emma».
«Lo so come si chiama la donna che sto per sposare, non c’è-»
«Regina, per l’amor del cielo stai zitta un attimo» la interruppe Tremotino con fermezza.
La donna sbuffò e alzò gli occhi al cielo, prima di incrociare le braccia davanti al petto e guardarlo imbronciata.
Quella donna aveva terrorizzato il regno per anni, aveva combattuto guerre, aveva lanciato una Maledizione terribile, era morta e poi era ritornata nel mondo dei vivi, aveva salvato il proprio figlio da un incendio e ora era lì, a mettere il broncio all’Oscuro Signore, terrorizzata nel giorno del suo matrimonio.
Tremotino si chiese come avrebbe fatto ad arrivare alla fine di quella giornata.
«Regina, quella ragazza si è fatta letteralmente andata e ritorno dall’Inferno, solo per te. E tu ti sei… beh, ti sei uccisa per lei. Dacci un taglio con queste lagne».
«Non parlarmi come se-»
«Come se fossi una figlia adolescente e ingestibile? Allora smettila di comportarti come tale».
Regina lo guardò ancora per qualche secondo, prima di sbuffare e voltarsi, per darsi un’ultima occhiata allo specchio.
«D’accordo» disse infine, passando davanti all’uomo e pestandogli di proposito un piede. «Ora dobbiamo andar-»
«Zia Regina!» esclamò Ethel in quel momento, entrando nella stanza senza nemmeno bussare. «Emma si è cacata addosso!»
La bambina corse tra le braccia della donna in abito bianco, seguita a ruota da un piccolo dai capelli rossi che si aggrappò alla gamba di Tremotino, sorridendo.
L’uomo prese in braccio Aiden.
Regina spalancò la bocca, poi spostò lo sguardo su Ruby e Epicari, che si erano affacciate alla porta. Ruby sogghignò, prima di spiegare.
«Non letteralmente. È solo terrorizzata» disse.
«Ci ha… ripensato?» domandò Regina, con un filo di voce.
«Oh, no, no» si affrettò a precisare Ruby. «Ha paura che tu abbia cambiato idea».
«Che assurdità, una cosa del genere non potrebbe mai passarmi per la testa!» esclamò Regina.
Tremotino le lanciò un’occhiata di sbieco, chiedendosi cosa succedesse alle donne il giorno del loro matrimonio, ma fortunatamente venne distratto da Aiden.
«La mamma mi ha chiesto se va tutto bene».
«Certo, tesoro, il papà ha tutto sotto controllo, qui» rispose l’Oscuro Signore, scompigliando i capelli di suo figlio.
Dopo la battaglia, Belle non era riuscita a guardare negli occhi suo marito per molte settimane.
Avevano trascorso notti intere a parlare, al buio, di quello che era successo con Marvos.
«Come puoi amarmi dopo quello che ho fatto?» domandava la ragazza in continuazione, singhiozzando.
«Come ti ho amata in tutto questo tempo, Belle, non è cambiato nulla» rispondeva pazientemente Tremotino, accarezzandola e asciugando le lacrime dal suo volto.
Per quanto lui la amasse e le stesse vicino, però, l’uomo sapeva che Belle aveva bisogno di parlarne con qualcuno per cui l’omicidio non fosse un modo come un altro per risolvere una discussione.
Trascorrere del tempo con Biancaneve aveva aiutato sua moglie molto più di quanto Tremotino avesse mai immaginato, e pian piano Belle aveva iniziato a piangere di meno e, persino, a guardarsi allo specchio.
A volte, la notte, aveva degli incubi terribili, che scuotevano il suo intero corpo, ma la vicinanza del marito bastava a tranquillizzarla.
La questione di Aiden era stata ancora più difficile da risolvere di quella di Belle ed era stata Regina a convincere Tremotino a non usare la Lancia di Achille.
«Potrebbe non provare più alcun sentimento per il resto della sua vita, Tremotino. Non puoi condannare tuo figlio a questo destino» gli aveva detto, «deve esserci un altro modo. Lascia che controlli tra i vecchi libri di Cora».
Avevano trovato un incantesimo che faceva al caso loro nello stesso volume che conteneva l’incantesimo che aveva consentito a Regina di redimere il proprio cuore e finire poi sull’Isola di Euridice.  
Permetteva di proteggere il cuore di una persona dalle sensazioni più violente, così da attenuarle. Per uno come Aiden, per il quale i sentimenti di tutti finivano con il riflettersi nella sua anima, sarebbe stato l’ideale.
A volte, tuttavia, accadeva ancora che il bambino si mettesse a piangere o a ridere inspiegabilmente a causa dei limiti dell’incantesimo che, per quanto potente fosse, non era in grado di arrestare le emozioni più eccessive, ma per la maggior parte del tempo, era un bambino come tutti gli altri.
E di questo Tremotino sarebbe sempre stato grato a Regina.
Aiden circondò il collo del padre con le sue piccole braccia.
«E allora perché il tuo cuore fa tum-tum così forte?» gli bisbigliò.
Tremotino sorrise.
«Perché sono felice per zia Regina. Ma non dirglielo, ok? E nemmeno alla mamma. Sarà il nostro segreto» rispose in un sussurro l’uomo.
Aiden annuì, convinto, agitando i riccioli rossi.
«Credo che sia ora di andare, tesoro» disse proprio in quel momento Epicari, guardando Ruby, che annuì vigorosamente.
Tremotino mise a terra il figlio e gli diede una pacca sulla spalla, prima che questo prendesse Ethel per mano per tornare con lei verso la porta.
Regina trattenne a stento un sorriso, guardando come Ruby si perdesse completamente nello sguardo di Epicari.  
Le due ragazze si erano conosciute il giorno stesso della battaglia e, da quel che Regina ricordava, non si erano più separate.
Dopo aver aiutato a riorganizzare il castello e a costruire ripari di accoglienza per la sua gente, molte persone erano tornate a Storybrooke e gli abitanti, donne e bambini, che si erano rifugiati nella piccola cittadina del Maine durante la guerra, erano tornati nella Foresta Incantata.
Emma e Regina erano rientrate a Storybrooke non appena era stato possibile.
E anche Henry era andato con loro.
Dopo la battaglia, il ragazzo non aveva parlato per giorni, con nessuno. Si era isolato, aveva smesso di mangiare, di bere e di dormire.
Non era stato facile, per nessuno di loro.
Per Emma era stato come guardare sé stessa in uno specchio, per Regina era stato come vedere i frutti di quello che aveva fatto.
Ma alla fine, Henry era andato da loro.
Piangeva, ma la sua voce era risuonata forte e sicura.
«Torniamo a casa» aveva detto.
Anche Emma e Regina si erano messe a piangere.
Erano ritornate nella Foresta Incantata solo perché Biancaneve aveva insistito sul fatto che due persone con il loro lignaggio si dovessero sposare in un castello e, su quell’unico punto, Regina si era trovata d’accordo con lei.
«Regina» la chiamò Tremotino, per la terza volta.
La donna scosse la testa.
Ruby, Epicari, Ethel e Aiden se ne erano andati.
«Regina, dobbiamo andare» disse Tremotino, porgendole il braccio.
La donna deglutì, prese un sospiro profondo e il mazzo di fiori che era posato su un cuscino lì accanto. Annuì.
«Andiamo» disse poi, afferrando il braccio dell’uomo perché la accompagnasse all’altare, da Emma Swan.
 

«La nostra bambina si sposa» piagnucolò David, facendosi abbracciare dalla moglie.
«Lo so, tesoro, lo so» lo consolò Biancaneve, dandogli gentili pacche sulla spalla.
Emma si schiarì la voce.
«Papà» disse, con la voce tremante. «Credo sia ora di andare. Non voglio far aspettare Regina».
«Non sono pronto per questo giorno» rispose David, tirando su con il naso.
«Papà».
«Scusa, hai ragione. Sono un uomo fatto e finito, gli uomini non piangono» rispose David, sciogliendosi dall’abbraccio della moglie e porgendo il braccio a Emma. «Sei pronta, tesoro?»
«Sì» rispose Emma, «sono pronta da una vita».
 

Avevano deciso che Henry sarebbe stato il loro testimone di nozze e avrebbe portato loro le fedi all’altare.
Il ragazzo se ne stava ritto, orgoglioso e sorridente, a poca distanza dal Cappellano di Corte, che avrebbe officiato la cerimonia.
Emma, sul fondo della navata, deglutì non appena si rese conto di quante persone fossero effettivamente presenti in quella sala enorme, completamente rivestita di marmo e con vetri colorati alle finestre.
C’era anche Abigail, nelle prime file, con il neonato erede al trono tra le braccia.
Era vestita d’oro e nero. Emma dubitava che avrebbe mai smesso il lutto per la morte del padre, del marito e del piccolo Oliver.
Persino Henry portava ancora un nastro di stoffa nera in ricordo di Oliver e sul fatto che mai l’avrebbe tolto, Regina e Emma erano più che concordi.
Al di fuori della sua famiglia, di Abigail, dei nani e dei pochi abitanti che aveva conosciuto a Storybrooke, Emma, comunque, non riconobbe nessuno degli invitati che la guardavano sorridendo.
Vogliamo un matrimonio intimo, Biancaneve, aveva detto a sua madre. Già, evidentemente non l’aveva avuta vinta.
Nemmeno sul diadema.
Emma non avrebbe voluto indossare alcun diadema, ma, nonostante questo, ora ne aveva uno che brillava sulla sua testa e la ragazza aveva il terrore di muovere il capo e farlo cadere.
David fece una lieve pressione sulla sua mano e Emma capì che dovevano muoversi e raggiungere l’altare. La ragazza mosse un passo, poi un altro.
Aveva insistito per recarsi all’altare prima di Regina, che aveva acconsentito, ma non aveva detto a nessuno il motivo della sua decisione.
Il fatto era che Emma aveva paura di inciampare.
Insomma, cadere lunga distesa il giorno del proprio matrimonio era una di quelle cose che la signorina Swan sarebbe stata più che capace di fare.
Così aveva chiesto a Regina di recarsi all’altare per seconda, per due motivi. In questo modo, Emma non sarebbe stata distratta dalla bellezza della donna che stava per sposare, diminuendo le probabilità di inciampare e, seconda ragione, se anche fosse inciampata, Regina non sarebbe stata lì per vederla.
Emma lo considerava un ottimo piano.  
«Attenta al gradino» bisbigliò David e, Emma, con stupore, si rese conto di essere già di fronte all’altare.
Afferrò il vestito con la mano libera, alzandone appena l’orlo e salì il primo gradino, poi il secondo e il terzo.
Non era inciampata, era ancora in piedi.
Sempre sottobraccio a David, Emma si voltò.
Regina era sulla porta, in fondo alla navata.
Fu in quel momento che Emma comprese la falla nel suo piano.
Regina era così bella, quel giorno, come ogni giorno, che la ragazza all’altare temette di svenire di fronte a tutti quanti.
 

Emma aveva un vestito stretto, che seguiva dolcemente la linea del suo corpo, per poi allargarsi verso il fondo.
Era bianco, con perle e cristalli ricamati in complicati arabeschi sulla gonna e sulla parte superiore, ma quello che attirava immediatamente l’attenzione era la schiena di Emma, lasciata nuda dal vestito e messa in risalto dal pizzo bianco e finemente lavorato che la incorniciava.
La ragazza non portava il velo, ma solo il piccolo diadema di argento e diamanti. Tra i capelli, aveva i fiori simbolo della casata della sua famiglia.
Quando Regina la vide, credé di essere sul punto di svenire.
«Se ti azzardi a farlo, ti lascio cadere a terra» le bisbigliò Tremotino, mentre muovevano il primo passo verso l’altare. «Ancora non capisco perché tu mi abbia costretto a farlo».
«Perché tu lo volevi» rispose Regina, sorridendo. Aveva imparato a parlare muovendo le labbra in modo impercettibile quando era ancora una bambina. Cora le aveva detto che quell’abilità le sarebbe stata molto utile in futuro e, anche se Regina ai tempi l’aveva considerato solo un gioco, in effetti era una tattica cui era ricorsa innumerevoli volte.
«Non essere ridicola, cara».
«Hai detto a Henry che mi avresti voluta come tua figlia».
«Sì, ed eri morta. Si dicono molte cose, quando le persone muoiono».
«Ora non essere tu ridicolo. Lo sappiamo entrambi che non hai mentito».
«Meglio che tu taccia, cara, prima che decida di farti inciampare».
La donna sorrise e strinse la mano di Tremotino che, suo malgrado, sorrise a sua volta.
 

L’orlo del vestito di Regina era coperto di cristalli neri, che si inerpicavano lungo la gonna e sul corpetto, in linee sottili e discontinue.
Brillavano, così come la pesante corona d’argento e gli orecchini con pietre nere incastonate, ma quello da cui Emma rimase abbagliata, fu lo sguardo della donna.
Emma le sorrise.
Era felice, così felice che temette di perdere il controllo della propria magia - della loro magia - tanto era la forza con cui questa turbinava e scorreva nelle loro vene.
E il fatto era che, non solo Emma era felice, ma vedeva la propria felicità riflessa nel volto della donna che amava.
Lo sentivano nei loro cuori.
Non si erano nemmeno preoccupate di cercare una soluzione a quel loro problema perché, in fin dei conti, non era affatto un problema.
Si amavano, volevano trascorrere insieme il resto della loro vita ed erano abbastanza codarde e egoiste da non voler vivere un solo giorno senza l’altra.
Avere un solo cuore non era poi tanto male.
Regina raggiunse i gradini e li salì ad uno ad uno, sostenuta da Tremotino.
Emma riteneva che la donna non avrebbe potuto scegliere una persona migliore, per accompagnarla all’altare. Era stato Tremotino che, forse senza nemmeno rendersi conto di quello che stava facendo, aveva intrecciato i loro nomi e il loro destino.
Regina aveva lanciato la Maledizione, Emma l’aveva spezzata.
E ora Emma e Regina stavano per sposarsi.
Era giusto che a fare le veci del padre di Regina fosse Tremotino.
Il Cappellano si schiarì la gola e guardò David.
«Chi concede questa donna in sposa a questa donna?» chiese, con voce chiara e possente, che riecheggiò in tutta la sala.
«I-Io, il padre» rispose l’uomo, emozionato, guardando la figlia negli occhi a lungo, per poi fare un cenno a Regina.
David fece un passo indietro e lasciò il braccio di Emma.
«E chi concede questa donna in sposa a questa donna?» domandò nuovamente il Cappellano, questa volta rivolto a Tremotino.
«Io, onorato di avere questo privilegio, come se fossi il padre» rispose l’Oscuro Signore, lasciando il bracco di Regina e facendo a sua volta un passo indietro.
Ciascuna delle due donne intrecciò le proprie dita a quelle dell'altra. 
 

Henry era ritto accanto a loro. Su un cuscino erano posati due anelli identici, gli stessi cerchietti che Tremotino aveva incantato e che avevano permesso a Emma e Regina di trovarsi sull’Isola di Euridice.
Era stata di Henry l’idea di usare quei ciondoli come fede nuziale.
«Dovevano essere un ricordo di quello che avevate perso per sempre» aveva detto il ragazzino, «ora saranno il simbolo di cosa significa amare, amare per davvero».
Emma fu la prima, a pronunciare la promessa di matrimonio.
Sciolse l’anello di Regina dai nastri che lo tenevano legato al cuscino, poi afferrò la mano sinistra della donna di fronte a lei e infilò l’anello esattamente all’altezza dell’unghia dell’anulare di Regina.
La voce di Emma tremava appena, ma non si trattava di incertezza, no. Semplicemente credeva così profondamente e in modo così assoluto in quelle parole, che il peso del loro significato era come un nodo nella sua gola. 
«Regina, vorrei poterti dire che ho capito che saresti stata la donna della mia vita non appena ti ho vista, ma sappiamo entrambe che mentirei. Non capisco mai nulla, quando si tratta di te, se non che ti amo.
Il fatto è, Regina, che mi sono innamorata di te giorno dopo giorno, scoperta dopo scoperta. Ti ho conosciuta, un pezzo di anima alla volta, e mai il mio amore ha smesso di crescere.
Non chiedermi come sia possibile, ma i secondi passano, il tempo scorre, e io ti amo sempre un istante in più.
E non importa cosa accadrà domani, io sarò sempre al tuo fianco.
Per questo io, Emma Swan, accolgo te, Regina Mills, come mia sposa.
Prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, in salute e malattia, in ricchezza e povertà; di amarti e di onorarti, tutti i giorni della mia vita.
Accetta questo anello come simbolo del mio amore».
Emma infilò con delicatezza l’anello al dito di Regina, che sorrise, con gli occhi umidi, prima di sciogliere anche l’altro cerchietto di metallo dai nastri del cuscino e afferrare la mano sinistra della ragazza.
Nonostante lacrime di gioia minacciassero di scivolare lungo le sue guance, la voce di Regina era chiara, forte e distinta. Poche volte, in vita sua, si era sentita tanto sicura della scelta che stava per compiere e, ognuna di queste, aveva coinvolto Henry, Emma o entrambi.
«Ho visto molti luoghi, ho visitato molti reami e sono stata in molti mondi, Emma, ma in nessuno di questi ho trovato una persona che fosse incredibile e straordinaria quanto te.
Ti ho cercata per tutta la mia vita, ti ho aspettata, ti ho allontanata solo per rincorrerti poco dopo, perché con te ogni cosa trova il proprio posto e so che il mio è al tuo fianco.
Ti chiamo Amore, ti chiamo Felicità, ti chiamo Emma e per me non fa alcuna differenza, perché non potrei mai avere una sola di queste cose, senza le altre.
Per questo io, Regina Mills, accolgo te, Emma Swan, come mia sposa.
Prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà; di amarti e di onorarti, tutti i giorni della mia vita.
Accetta questo anello come simbolo del mio amore».
Regina infilò l’anello al dito di Emma, con mani tremanti.
«Per i poteri conferitimi da questo Regno, io vi dichiaro moglie e moglie» disse il Cappellano, «può baciare la sposa».
Emma e Regina si guardarono, tanto intensamente da sentirsi nude, anima e corpo, di fronte all’altra e con tanto ardore da non accorgersi nemmeno del fragoroso applauso in cui esplose la sala non appena le loro labbra si sfiorarono per suggellare il loro amore in quel bacio.
E in quel momento entrambe capirono, con assoluta certezza, di essere esattamente dove volevano essere, con la persona giusta, nel momento giusto.
Forse, non era il Lieto Fine che si erano aspettate, ma era il loro Lieto Fine e lo avevano ottenuto combattendo per il loro amore, con sacrifici e rinunce.
Qualche menestrello, un giorno, cantando nelle taverne La ballata della Principessa che amò una Regina, dirà forse che a causa di tutto il dolore che causarono e dovettero sopportare, il loro fu quasi un Lieto Fine, ma certo non potrà negare che vissero per sempre felici e contente.
 




NdA
Quindi… È finita.
E, come ha detto la mia beta Cla: “Non hai fatto morire né una né l’altra, il che è a fucking record”, e credo che questa sua frase riassuma alla perfezione tutto quanto.
Beta che, comunque, ringrazio tanto tanto tanto per la pazienza e i betaggi e i commenti e whatever. <3 (Lo sai che non sono brava in queste cose).
Ringrazio le buone anime di coloro che hanno letto e sopportato i ritardi di pubblicazione. Scusate, ma sono un disastro in termini di tempismo >.<
E chiunque abbia deciso/deciderà di lasciare una recensione.
E nulla. Ho finito anche qui :3
A presto, con un’altra storia!
Trixie. 



 
 
   
 
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