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Autore: bemyronald    26/05/2015    4 recensioni
«Senza che Hermione parve averlo premeditato, d'impulso, si mise in ginocchio e buttò le braccia al collo di Ron. Lo strinse forte, così forte da fargli mancare il fiato. Eppure era così dolce, la stretta di Hermione, quasi come se volesse cullarlo. Come se volesse, con tutta se stessa, far sì che si sentisse al sicuro. Ed era proprio così che si sentiva in quell'esatto momento. Possibile che fosse lui ad aver bisogno di sentirsi protetto?
L'aveva vista, Hermione, un attimo prima, e l'aveva trovata così indifesa.
E lui non aveva fatto nulla, non l'aveva nemmeno abbracciata.
Non l'aveva protetta.
Non credeva di aver mai provato nulla di peggiore nella propria vita.
Questo forte senso di impotenza, di inutilità, di debolezza mentale e fisica.
Così incapace.
Un singhiozzo. Un singhiozzo eruppe dalla gola di Hermione.
E fu in quel momento che anche Ron cedette, strinse gli occhi e cominciò a piangere, in silenzio»
dal terzo capitolo "Nobody said it was easy". COMPLETA 4/4
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Ron/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Come up to meet you, tell you I’m sorry,
uou don’t know how lovely you are.
I had to find you, tell you I need you,
tell you I set you apart.

 

─ CHAPTER ONE─ 

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Come up to meet you,
tell you I’m sorry

 


La familiare e sgradevole sensazione di oppressione che stringeva lo stomaco si fece sentire subito dopo che Harry gli ebbe afferrato il braccio. Solo qualche minuto prima erano in fuga dal Ministero, e un istante dopo si erano ritrovati in uno dei cubicoli di un bagno pubblico, con ancora Yaxley alle calcagna... e poi il buio li aveva avvolti. Adesso vorticavano e vorticavano ancora. Ron si concentrò sul posto da raggiungere, sicuro che lo stessero facendo anche gli altri due... numero dodici di Grimmauld Place... numero dodici di Grimmauld Place... pensava con tutte le sue forze, ma ben presto si accorse che qualcosa non andava. Sembrava che la stretta di Hermione si stesse allentando sempre di più, e lui cominciava a sentirsi soffocare. Perché durava così tanto l'attimo tra la Smaterializzazione e la Materializzazione? O forse aveva sbagliato qualcosa... quelle maledette tre D, non le aveva mai capite! Il senso di oppressione non faceva che aumentare, ogni secondo. E poi eccolo, finalmente, il numero dodici di Grimmauld Place. Solo pochi istanti, e tutti e tre avrebbero ricominciato a respirare, sollevati. Sentì nuovamente la stretta salda di Hermione, e poi l'orribile sensazione di essere strappato con forza da qualcosa, e il numero dodici sparì dalla sua visuale. E poi il buio, e di nuovo la luce.
Ron non riusciva a riflettere lucidamente, un dolore lancinante partiva dalla spalla sinistra, si sentì mozzare il respiro. Non osò voltare la testa in quella direzione, era quasi sicuro di essersi rotto il braccio, o qualcosa di peggio. Voleva chiedere aiuto, ma non riusciva ad articolare, né sentire, né vedere nulla, la vista era completamente offuscata, e il suo corpo debole scosso da forti tremiti. Per un terribile istante credette di essere solo, di aver perso sia Harry che Hermione, e che nessuno l'avrebbe aiutato. Ma poi sentì qualcuno sfilare la manica della sua camicia. Riuscì a distinguere a malapena il profilo di Hermione china su di lui, ma tutto continuava ad essere confuso, e le voci dei suoi amici più lontane che mai, irraggiungibili. Voleva resistere, rimanere lucido e cercare di capire cosa gli stesse accadendo, ma per quanto si sforzasse, quel dolore atroce ebbe la meglio e si ritrovò a scivolare in uno stato di incoscienza.
Quando riaprì gli occhi, si rese conto di trovarsi disteso sul terreno, tra le foglie, e chissà dove. 
«Come ti senti?» arrivò il flebile sussurro di Hermione. 
«Uno schifo» gracchiò Ron, che in uno slancio di coraggio decise di voltarsi per tastarsi lievemente il braccio. Con sollievo apprese di avercelo ancora attaccato alla spalla, gli faceva un male cane, ma almeno ce l'aveva. Decisero di stabilirsi lì, nei boschi dove qualche anno prima si era tenuta la Coppa del Mondo di Quidditch. Nonostante Ron fosse scettico all'idea, e dall'espressione di Harry capì che l'amico era dello stesso avviso,  giunsero alla conclusione che era praticamente impossibile che lui riuscisse a spostarsi in quello stato. In un primo momento, si sentì leggermente in colpa, ma poi dopo aver lanciato un'occhiata spaventata al suo braccio, ringraziò mentalmente l'amico per aver compreso la delicatezza della situazione. Ron si sentiva disperatamente debole, aveva bisogno di aiuto perfino per mettersi seduto, continuava a sudar freddo e pareva che le forze lo avessero completamente abbandonato. Il breve spostamento all'interno della tenda gli costò la perdita delle poche forze che ancora gli erano rimaste, una volta che Harry e Hermione l'ebbero fatto scivolare cautamente sulla piazza inferiore del letto a castello, calò le palpebre e per un bel po' si chiuse in un silenzio nel quale erano solo i suoi pensieri a disturbarlo, e scivolò in un sonno tormentato. Quando si svegliò, era calata la sera e, per un folle momento, quasi si aspettò di vedere i vecchi mobili impolverati del numero dodici di Grimmauld Place, ma sospirò tristemente quando vide la parte superiore del letto e le toghe che cigolavano ad ogni suo minimo spostamento. Non era stato solo un incubo, era tutto reale. La testa gli doleva, era sudato e sentiva uno strano calore, come se la sua temperatura corporea fosse eccessivamente alta rispetto la norma, senza contare i fastidiosi brontolii provenienti dal suo stomaco. Mosse piano il braccio sano, e il letto cigolò di nuovo attirando l'attenzione di Hermione, seduta al tavolo della minuscola cucina a pochi metri da lui.
«Come va?» chiese lei con una nota d'ansia nella voce. Chiuse il libro e si avvicinò al letto.
«Quasi rimpiango le ferite degli Schiopodi Sparacoda di Hagrid» borbottò Ron alzando il braccio sano per posarlo sugli occhi. Hermione fece una smorfia che doveva assomigliare ad un sorriso.
«Ron, dovrei controllare la ferita... per vedere in che stato è» disse dopo un po', sottovoce. «Forse... forse non dovresti ancora muoverlo ma... ma, ecco, sarebbe meglio se controllassi... Cercherò di fare molto piano, promesso...» sospirò. Ron non poté non notare un pizzico di incertezza e timore nella sua voce. 
Alzò appena il braccio dagli occhi e le sorrise debolmente.
«Va bene, ma non voglio guardare, d'accordo?» fece per alzarsi ma subito ributtò la testa sul cuscino. «Accidenti se gira tutto» mugugnò, e non riuscì a trattenere una smorfia di dolore mentre avvertiva una forte sensazione di nausea. Hermione si sedette sul bordo del letto e poggiò una mano sulla sua fronte. 
«Hai la temperatura alta... un po' di febbre, mi sa...» mormorò, in preda all'ansia. 
«Oh, fantastico, proprio quello che mi ci voleva» borbottò Ron.
«Scenderà, non ti preoccupare... intanto controlliamo prima il braccio, va bene?» Ron annuì, mentre Hermione lo aiutava a tirarsi su. Sentì di nuovo le forze venirgli meno, forti fitte al braccio e la testa come una trottola impazzita e assurdamente pesante. Ma cercò di resistere e tirò un profondo respiro mentre Hermione, con cautela, lo aiutava a sfilarsi il maglione, la maglia del pigiama e liberava il suo braccio dalle bende. Ron voltò per un attimo la testa verso di lei e vide che era arrossita leggermente, ma tornò subito a guardare davanti a sé per evitare di dover osservare il suo braccio mezzo lacerato.
«P-puoi guardare, se vuoi... ora non è così terribile...» disse Hermione dopo un po', mentre si alzava dal bordo del letto. Ron prese coraggio, e girò la testa. In effetti, non era messo proprio male, se solo pensava al dolore lacerante provato quella stessa mattina. Sapeva di aver perso molto sangue e ora riusciva a vedere uno strato di pelle fresca, non avrebbe sopportato la visione di una ferita aperta, e non ebbe comunque il coraggio di toccarsi. Hermione tornò pochi minuti dopo con un flaconcino tra le mani.
«Cos'è?» chiese Ron incuriosito, seguendola con lo sguardo mentre si sedeva vicino a lui stappando via il tappo del flaconcino.
«Gel. Sarà in grado di ricostruire il tuo braccio. Ci vorrà un po' di tempo però...» spiegò, mentre se ne versava sulle dita. «Riusciresti a... a stendere... ecco, così...» e cominciò a spalmargli il gel sulla ferita. Ron avvertì subito una sensazione di frescura, che contrastava nettamente con la sua temperatura corporea, decisamente troppo alta, ed era piacevole e fastidiosa al tempo stesso, sentiva forti pizzichi lungo tutto il braccio. Voltò la testa e prese ad osservare le mani di Hermione intente a cospargere la medicina. Si concentrò per un po' su quei movimenti lenti e delicati. Poi spostò gli occhi su di lei e cominciò a fissarla in viso, sorridendo appena alla sua espressione concentrata. E pensare che gli era sempre piaciuto osservarla mentre era concentrata, quando studiava o leggeva, non c'era un motivo preciso... semplicemente, pensava che fosse estremamente rilassante. E, be', certo, anche perché la trovava così bella quando aggrottava la fronte perché un concetto le era poco chiaro o quando strabuzzava appena gli occhi perché stupita da ciò che aveva appena scoperto o imparato. E adesso era lì che la fissava, pensò che nulla era cambiato, gli piaceva davvero guardarla. Si rilassò sotto quel suo tocco leggero, era un po' come una carezza per lui.
«Che c'è?» chiese Hermione alzando per un istante lo sguardo su di lui, senza smettere di massaggiargli il braccio. 
«Pensavo» rispose di getto Ron, arrossendo sulle orecchie e distogliendo subito lo sguardo da lei per spostarlo sulle sue mani. «Lascia una bella sensazione»
«Anche Madama Chips lo usa, aiuta davvero tanto a rimarginare le ferite aperte» cominciò a spiegare lei, come se nulla fosse, come se stessero studiando insieme nella Sala Comune. «Certo, se la tua ferita non fosse così grave, il tuo braccio starebbe già benissimo» disse, mentre la sua voce si affievolì. «Ci... ci sarebbero un paio di incantesimi che conosco e che lo aiuterebbero a rimettersi in sesto in poche ore, ma non sono tanto sicura di essere in grado di farli, e se...»
«Sei brava» sussurrò dolcemente Ron, interrompendola e tornando a guardarla. «Hai delle mani così delicate» aggiunse, e arrossì più di quanto non lo fosse già. 
«Oh, io... grazie...» disse piano Hermione, che subito avvampò.
«Comunque puoi provare qualche incantesimo» riprese Ron, distogliendo lo sguardo per un attimo. «Mi fido di te, sai?» disse e in uno slancio di coraggio, alzò nuovamente il capo per cercare i suoi occhi che subito trovò.
«Oh, grazie... ma io... no, meglio di no... hai già perso così tanto sangue e se dovessi sbagliare qualcosa, non...» s'interruppe e sospirò scuotendo lentamente il capo. Ron non aggiunse altro, comprese la sua incertezza e la sua paura, gli bastò essere certo che sapesse che lui si fidava di lei e delle sue cure.
Hermione gli avvolse delicatamente la benda attorno al braccio.
«Grazie, mi sento un po' meglio ora» disse Ron con gratitudine. Poi, lentamente, con l'aiuto di Hermione, si infilò la maglia del pigiama, escludendo il maglione pesante. Con cautela, si distese in posizione supina, e quando avvertì la testa girare portò nuovamente il braccio sano sugli occhi.
«Ti lascio riposare, va bene? Sono qui fuori» disse lei, dirigendosi verso la sedia per recuperare la sciarpa di lana. C'era qualcosa che non andava nel tono di voce di Hermione, qualcosa che a lui proprio non piaceva. Percepiva agitazione, panico, tensione. Anche lui si sentiva irrequieto, oltre che debole fisicamente, e se c'era una cosa che in quel momento non voleva, quella era essere lasciato da solo con i suoi pensieri.
«Hermione?» Ron alzò appena il braccio dagli occhi e la vide voltarsi nella sua direzione.
«Resteresti ancora un po'?» le chiese, in un sussurro.
Hermione esitò per qualche secondo sul posto, poi si spogliò della sciarpa che riposò sulla sedia e in pochi passi raggiunse il letto sul quale si accomodò. Ron scostò il braccio dagli occhi e le fece segno di stendersi, Hermione in un primo momento lo guardò, poi si distese al suo fianco. Stettero in silenzio in quella posizione per parecchi minuti: Ron con gli occhi chiusi mentre cercava di sopportare le fitte alla testa, Hermione intenta ad osservare il profilo di Ron. 
«Scusa...» bisbigliò improvvisamente Hermione, quasi senza fiato. «Mi dispiace...»
Ron voltò appena la testa verso di lei e la scosse leggermente.
«Non sapevo proprio cosa fare quando ho sentito la mano di Yaxley che mi afferrava... lui continuava a tirarmi... e le vostre mani stavano per scivolarmi via...» disse, con la voce che le tremava appena. «E tu hai perso così tanto sangue... e se non avessimo avuto con noi l'Essenza di Dittamo, cosa avremmo fatto? E se... se io non ce l'avessi fatta e avessi mollato le vostre mani? E se tu...» gli occhi le si riempirono di lacrime. Ron si sentì colpire da una nuova ondata di nausea che non aveva nulla a che fare con la febbre. Non sapeva cosa dire, continuava a fissare Hermione che cercava di asciugarsi gli occhi. Si girò su un fianco anche lui, quello sforzo lo fece sbiancare e gli costò parecchie fitte al braccio. Ma non gli importava, cercò gli occhi di Hermione che non trovò subito. 
«Ehi...» bisbigliò debolmente Ron. «Se non fosse stato per te, chissà cosa staremmo scontando a quest'ora, al Ministero. Forse saremmo stati sbattuti ad Azkaban.... o  forse saremmo morti, e Harry sarebbe tra le mani di Tu-Sai-Chi» disse, cercando di impostare un tono deciso. «Hermione, se non fosse stato per te, avrei perso un braccio o forse... be', forse sarei morto dissanguato» 
«Ma se solo fossi stata più svelta, se solo avessi...» Hermione si bloccò a metà frase, scuotendo desolatamente il capo.
«Hermione, tu ci hai salvato la vita» sbottò Ron, con un tono un po' più brusco di quello che avrebbe voluto. Hermione smise di strofinarsi gli occhi e si decise finalmente ad incontrare i suoi.
«Mi hai salvato la vita» continuò Ron, stavolta più dolcemente. «Non devi sentirti in colpa se tutto non è andato alla perfezione. Anzi, tu... tu sei stata straordinaria e... be', ora siamo qui, tutti e tre insieme, sani e salvi... e per ora tanto basta...» disse senza staccare gli occhi dai suoi, e sentendo crescere in lui un forte impulso di stringerla. Era così piccola rannicchiata vicino a lui e sembrava così vulnerabile mentre cercava di trattenere le lacrime che sapevano di angoscia e terrore. Nessuno dei due disse altro, per un interminabile istante non fecero che guardarsi, poi Hermione tirò un lungo respiro e chiuse gli occhi per un bel po'. Ron continuò ad osservarla, assorto, si sentì pervadere da un forte senso di protezione e, al contempo, da tristezza.
«Chissà dove sono i Cattermole, adesso» disse poi, colto all'improvviso da quel pensiero per la seconda volta in quella giornata. «Deve essere terribile»
«Cosa?» chiese Hermione aprendo gli occhi per guardarlo.
«Be', essere preoccupato per la propria moglie solo perché è una Nata Babbana. Oggi si sarebbe dovuto presentare al lavoro mentre lei era sottoposta ad un interrogatorio... è ingiusto...» disse a voce bassa e seria. «È orribile... quello che sta succedendo è... è folle!» sbottò, mentre Hermione lo osservava con un velo di tenerezza nel suo sguardo.
Nella famiglia di Ron, erano maghi da generazioni. Sapeva benissimo cosa fosse il rispetto, gliel'avevano insegnato i suoi genitori, e a lui il pensiero che qualcuno fosse considerato indegno di studiare la magia, non lo aveva mai minimamente sfiorato. La sua famiglia, in teoria, era al sicuro sotto questo nuovo governo, ma ciò non gli impediva di pensare a chi, invece, veniva accusato di "rubare" la magia e forse, chissà, torturato, solo perché primo mago in una famiglia di Babbani. E, ovviamente, la sua preoccupazione più grande era rivolta a Hermione. Chissà cosa sarebbe successo se fossero tornati nella nuova Hogwarts, chissà cosa sarebbe successo se li avessero trovati in fuga nel bel mezzo dei boschi della Gran Bretagna: un Purosangue traditore del suo sangue, una Nata Babbana e Harry Potter, erano proprio un bel trio. Quel pensiero lo fece rabbrividire. Non doveva pensarci, non in quel momento, non voleva che dal suo sguardo trasparissero preoccupazione e panico.
«Allora, quand'è che vuoi imparare il mio albero genealogico? Sei mia cugina, no?» fece, tentando di impostare un tono scherzoso, con scarso risultato. Tuttavia, riuscì a rivolgerle un sorriso. «Hermione Weasley, non ti piace?»
Hermione rise piano, un po' imbarazzata, ed era da un po' che non lo faceva, eppure Ron si accorse di ricordare perfettamente il suono della sua risata.
«Forse... forse dovresti tingerti i capelli di rosso, sai» e un'altra breve risata le sfuggì. Era un suono così piacevolmente familiare.
«Ne abbiamo già parlato, Ron» rispose, sorridendogli teneramente. «E poi, non te lo permetterei mai»
Ron sospirò stancamente, la sua espressione mutò di colpo.
«Perché deve essere sempre tutto così difficile, Hermione?» sussurrò in tono mesto. Hermione continuava ad osservarlo con uno strano sguardo, serio e dolce al tempo stesso. 
«Forse perché abbiamo scelto di essere amici di Harry» disse, continuando a guardarlo. Ron sostenne il suo sguardo, vi lesse tristezza, e avrebbe tanto voluto che le sue orecchie si riempissero di nuovo del suono della sua risata. Ma in quello stesso sguardo malinconico, vi colse anche comprensione e dolcezza, questo lo fece sorridere, malgrado tutto.
«È vero. Così dev'essere. Harry... Harry ha bisogno di noi» disse con decisione. Hermione annuì abbozzando un lieve sorriso che si spense subito, ma senza staccare gli occhi da quelli di Ron che, da parte sua, fu contento di fare esattamente lo stesso. Dopo qualche minuto passato in silenzio, fu Ron il primo ad interromperlo.
«Hermione?» la chiamò sottovoce.
«Che c'è?»
«Ma tu l'hai sentito prima, l'Horcrux?» gli chiese in tono ansioso. 
Quella domanda gli frullava per la testa da quasi tutto il giorno. Nel momento in cui aveva stretto tra le mani il Medaglione di Serpeverde, aveva provato una stranissima sensazione. Non avrebbe saputo spiegarla esattamente, ma era stata orribile quasi quanto l'effetto causato dai Dissennatori. Hermione annuì lentamente.
«Era... era strano, non è vero? Come se qualcosa si muovesse lì dentro... quasi come se fosse... viva...» 
Hermione avvicinò la mano al suo viso per scostargli alcune ciocche dalla fronte. Ron sgranò gli occhi per un attimo, arrossendo sulle guance, ma poi subito si rilassò.
«C'è qualcosa lì dentro, sì» fece Hermione, toccandogli leggermente le ciocche. «E hai ragione, è stata una sensazione strana»
«Spero davvero non faccia casini, quella roba lì. Dopotutto, è un pezzo dell'anima di Tu-Sai-Chi... ricordi Ginny?» e l'angoscia gli attraversò il volto. Hermione annuì debolmente, scoraggiata. Poi cominciò ad accarezzargli lentamente i capelli, fin dietro l'orecchio, e Ron notò che aveva preso a fissargli le labbra. Lui rimase immobile a guardarla, un po' perché il braccio e il mal di testa non gli permettevano di fare alcunché, un po' perché il suo tocco lo rasserenava tanto e un po' perché sapeva che se si fosse mosse di un solo centimetro per avvicinarsi a lei, si sarebbe lasciato andare all'istinto, avrebbe mollato il loro accordo, la loro promessa e, sì, l'avrebbe baciata. Perché voleva, perché lo desiderava. Erano così vicini che riusciva ad avvertire persino il suo respiro leggero sulla pelle. Avrebbe voluto farlo tante di quelle volte, aveva sempre pensato che pian piano l'avrebbe conquistata, come si deve, come una donna va conquistata. E adesso il destino li aveva chiamati, aveva affidato loro una missione, e loro avevano risposto alla richiesta silenziosa di un amico. Così, prima un tacito accordo, poi un accordo chiarito ed accettato a malincuore da entrambi.
Per Harry, solo per Harry.
Mentre la mano di Hermione continuava a sfiorargli delicatamente i capelli, Ron, guardandola, pensò a quanto tutto fosse ingiusto e difficile. Lui l'amava, Hermione. Era certo di non aver mai provato nulla del genere in vita sua. Ed ora che era sicuro dei suoi sentimenti, ora che finalmente sapeva ciò che voleva veramente, avrebbe voluto dimostrarglielo. Avrebbe tanto voluto dimostrarle qualcosa di forte, qualcosa di vero. Da molto, ormai, aveva cominciato a rendersi conto di quanto fosse forte il desiderio di sentirla vicino, di abbracciarla, di proteggerla, di perdersi sotto le sue carezze e le sue attenzioni, di baciarla. Ma si sarebbe limitato a dichiararle quelle tante, troppe cose che provava per lei, silenziosamente. 
Incertezza, instabilità, confusione. Era tutto ciò che lì circondava.
Equilibrio. Era ciò di cui avevano disperatamente bisogno. Per loro, e per Harry.
Hermione parve essere stata colta improvvisamente da un pensiero, forse lo stesso di Ron, perché dopo quelli che parvero minuti infiniti, smise di accarezzargli i capelli, distolse lo sguardo da quello di Ron e trasse un profondo respiro. Ron, spontaneamente e con molta più fatica di quanto richiedesse un breve spostamento come quello, si sporse verso di lei per posarle un delicato bacio sulla fronte. Cercò di prolungare quel contatto quanto più poté, senza badare al fatto che il suo viso fosse in fiamme e che il suo cuore battesse all'impazzata. 
Quando si allontanò da Hermione, la guardò intensamente negli occhi, e gli venne spontaneo sorridere quando anche le labbra di lei si aprirono in un sorriso.
Ron pensò, a quanto, infondo, fosse bello anche esprimersi in silenzio, purché ci fosse lei di fronte a lui, al suo fianco. 
Un rumore improvviso, accompagnato da un flebile gemito, attirò l'attenzione di entrambi.
«Harry...» bisbigliò Hermione, senza staccare gli occhi da quelli di Ron. Solo quando lui annuì, un attimo dopo, Hermione scattò in piedi. Ron la seguì con lo sguardo mentre recuperava velocemente la sciarpa e raggiungeva a passi svelti l'uscita della tenda. Sparì dalla sua visuale, e lui si sentì invadere da un senso di solitudine. 

Per Harry, solo per Harry.









Angolo di un'autrice che chiede perdono cwc

Cinque mesi, cinque mesi di assenza. Jess chiede umilmente scusa. 
Jess si è dovuta stirare le mani per questo!
Oh, davvero, chiedo scusa, soprattutto perché avevo promesso che sarei tornata... ehm presto... con questa stra-benedetta mini-long. Non starò qui a raccontarvi tutti i bei casini blablabla, adesso, purtroppo o per fortuna, sono tornata a rompervi. u.u Bene, credo di essere un po' arrugginita *ehmehm*. Allora, che cosa ne pensate di questo primo capitolo? Ci tengo molto, è quello che mi ha ispirata a continuare la storia che inizialmente doveva essere una one shot formata, appunto, da questo unico capitolo. Gli altri capitoli non sono tutti necessariamente collegati tra loro, ve ne accorgerete. Sono quattro e, lo so, sono pochi, ma credetemi se vi dico che trovo siano intensi, ci ho messo tutta me stessa e tutto l'amore che provo per i Romione e per Ron, e spero si percepisca. Questa mia voglia di raccontare dal punto di vista del nostro Ron, di alcuni giorni a caso nel periodo della ricerca degli Horcrux, nasce dal forte bisogno di mostrare a chi lo giudica crudelmente per aver abbandonato Harry e Hermione nel bel mezzo della spedizione, cosa veramente può aver provato, cosa può aver sentito. E' un ragazzo, è umano, e spesso credo che si giudichi il suo gesto con un po' troppa superficialità, dimenticandosi di provare a scavare nel profondo.
«Perché quella cosa mi fa male!» sbottò Ron, allontanandosi dal medaglione sulla pietra. 
«Non posso toccarlo! Harry, non cerco scuse per come mi sono comportato, ma su di me ha più effetto che su di te e Hermione, mi ha messo in testa delle cose, cose che pensavo comunque, ma le ha peggiorate, non riesco a spiegarlo, poi me lo toglievo e ritornavo in me, ma poi dovevo rimettermelo addosso... non posso farlo, Harry!» 

Questo dovrebbe bastare, anzi, l'intero capitolo (che io amo follemente) "La cerva d'argento" dovrebbe bastare, ma per molti non è sufficiente. u.u Spero con tutto il cuore di aver dato giustizia ai suoi pensieri, alle sue paure più profonde, alle sue parole, a ciò che sente e che ha paura di dire. Spero di aver incuriosito chi, disgraziatamente, si è trovato a cliccare su questa storia, e spero, con questo primo capitolo, di essere sulla buona strada per il perdono da parte di chi ha sempre letto, recensito, aspettato le mie storielle. Mi piacerebbe moltissimo sapere cosa ne pensate, è davvero taaanto importante per me. *w*
E... visto che siamo anche in tema consigli per gli acquisti, la sottoscritta qui vi dice di cercare La battaglia della Torre di Astronomia di Frava, perché se amate i Romione, non potete davvero perdervi questo piccolo capolavoro. Okay, ho finito. Be', allora ci si sente tra due/tre giorni massimo per il secondo capitolo, mi troverete qui (per davvero, eh u.u) a sclerare o non so che. Grazie a chi mi seguirà in questa breve avventura. *w*
Regà,
peace, love & Romione
sempre.
Jess


 
   
 
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