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Autore: piccolo_uragano_    28/05/2015    2 recensioni
“Perché ogni volta che c’è in giro Lord Voldemort facciamo figli io e te, Martha?”
Martha accennò un sorriso. “Perché ogni volta che io e te facciamo figli c’è in giro Lord Voldemort, Sirius?”
Remus trattenne una risata. “Ed è per questo che sono vent’anni che ti ripeto che è quella giusta.”
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Non è una di quelle storie tutte miele e amore in cui Sirius trova la sua perfetta metà e vissero tutti felici e contenti. Martha darà a Padfoot del filo da torcere, insegnandogli ad amare e a restare.
(Si parte dal 1976 fino a poco dopo la battaglia di Hogwarts; in teoria è finita, dopo anni, ma in pratica.....)
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, I Malandrini, Lily Evans, Nuovo personaggio | Coppie: James/Lily, Remus/Ninfadora
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica, Più contesti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ti amo più di ieri e meno di domani.'
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Sirius fissava il soffitto senza vederlo, mentre Peter ripassava disperato Pozioni per il giorno dopo e Remus leggeva un libro Babbano, ma nessuno pensava davvero a nulla, sennò a dove diavolo potesse essere James, soprattutto visto che Rose aveva detto loro che gli era stata affidata Martha, e aveva quasi sputato in faccia a Sirius nel pronunciare il nome di sua sorella. Lily, intanto, aveva parlato con Remus, ma nemmeno lei aveva idea di dove potessero essere.  Peter si era lamentato del fatto che fosse James a tenere della tasca la Mappa del Malandrino, e aveva ipotizzato che potessero essere nella Stanza Vai e Vieni, o Stanza delle Necessità, ma Sirius aveva detto che James non avrebbe mai portato la ragazza del suo migliore amico nella Stanza delle Necessità, e nessuna aveva avuto cuore di ricordargli che lei non era più la sua ragazza.
“Sirius, dobbiamo parlare.” Disse la voce di James dopo un po’.
Lui si mise a sedere di scatto. “Dove sei stato fino ad adesso?” gli ringhiò contro.
“Con Martha in un parco Babbano.” Rispose Ramoso, stringendosi nelle spalle.
“Come … come hai fatto a portarla fuori dal castello?”
“Stanza delle Necessità. Le ho detto di pensare ad un bel posto in cui le sarebbe piaciuto scappare.”
Sirius si allontanò, per guardarlo in cagnesco. “Come sta?” chiese, dopo un po’.
James sorrise. Poco prima di salutarla, in Sala Comune, le aveva chiesto di rimanere intera fino a quando non si fossero visti di nuovo. Lei aveva risposto che ci avrebbe tentato, e poi aveva accennato un sorriso. Lui le aveva baciato la fronte con aria fraterna, apprezzando il tentativo di un sorriso che sembrava più una smorfia.
“Sta sotto un treno.” Rispose. “Si può sapere cosa ti è saltato in mente, Felpato? Perché a me risulta che stamattina tu avessi paura che fosse lei a lasciarti, dopo la discussione con la Evans … ti ha preso a cuscinate chiedendoti come potessi essere tanto idiota da pensare una cosa del genere, o sbaglio?”
“Stare con me la mette in pericolo.” Tagliò corto Sirius, evitando lo sguardo di James.
“Intendi per i Black?”
“E chi altri?”
“Sirius, quante volte te lo devo dire?” sbuffò James, lasciandosi cadere sul letto. “Non importa a nessuno di loro! Tu sei mio fratello, ora, sei figlio dei miei genitori e bla bla bla!”
“Gliel’ho detto anche io, James.” Disse Remus.
Sirius si lasciò cadere sul suo letto, sottendo il viso nei cuscini, borbottando qualcosa.
“Non abbiamo capito.”
Sirius, in tutta risposta, urlò in modo isterico, e poi non diede più segni di vita.


Martha si lasciò cadere sul letto, ignorando Lily Evans seduta sul suo, accanto a lei. Nascose il viso nel cuscino, desiderando di sparire. Probabilmente, James e Sirius stavano già ridendo, parlando della nuova fantastica ragazza di Felpato.
Lily alzò gli occhi dal suo libro di Pozioni per osservare i resti della sua amica, andata in pezzi.
Probabilmente è lì con loro a ridere, pensò Martha. James aveva solo il compito di tenermi lontana da tutti per un pomeriggio, e si è inventato quella maledette Stanza della Necessità così che io non potessi vedere quanto sono felici quei due insieme. Senza rendersene contò, ricominciò a piangere. Un altro pianto senza fondo, senza fine, senza meta. Lo scopo era quello di far uscire il dolore, ma non ci stava riuscendo, non ci stava riuscendo per niente. Come aveva potuto credere che lui l’amasse? Era sempre stato famoso per non essersi mai legato, per non avere mai avuto una storia più lunga di una notte, per non aver mai mantenuto un dannato impegno. E lei non era che una povera illusa, che aveva pensato davvero di avere in tasca il suo cuore e che sarebbero stati insieme più o meno per sempre. Stupida, stupida Martha.
Forse, ad un certo punto, riuscì ad addormentarsi, ma fu un sonno tormentato da incubi, incubi di bei ricordi. Sentì chiaramente che qualcuno si era appena seduto sul suo letto, svegliandola, e decise di ignorarne la presenza, pregando che quella persona pensasse che lei fosse morta, e la lasciasse in pace. “Abbiamo uno strano concetto del ‘rimanere intera’, eh?” chiese una voce inconfondibile, dopo qualche minuto di silenzio.
“Vattene, Potter.” Borbottò lei.
“Nemmeno per sogno, Redfort.”
“Le ragazze andranno in crisi isterica vedendo James Potter nel dormitorio femminile.”
“Può darsi, ma qui non c’è nessuno.”
In quel momento, decise che poteva alzare lo sguardo. Gli occhi erano ancora più gonfi e tristi di prima, sebbene lui non credeva fosse possibile. Il dormitorio era effettivamente vuoto. Con una breve occhiata alla sveglia Babbana che stava sul comodino, si accorse che era ora di cena.
“Dovremmo scendere a mangiare, sai.” Le ricordò James.
“Non mi va di vedere Felpato.” Borbottò Martha, mettendosi a sedere.
“Bene!” esclamò lui. “Perché ti ho procurato una fantastica pizza Babbana, con quella cosa che ci avete fatto bere …”
“Coca Cola?”
“Ecco, quella.” Rispose lui, togliendo dalla tasca del mantello due lattine di Coca Cola e due tranci di pizza.
“Ramoso, come … come hai fatto?”
Lui le strizzò l’occhio con aria complice. “Segreto dei Malandrini.”
Lei addentò la sua pizza. “ ‘ino ‘amattina ero la ragazza di ‘pato.” Borbottò, a bocca piena.
“Okay, te lo meriti. Abbiamo scoperto dove stanno le cucine.”
“Mh.”
“E ‘ti ‘rano di ‘ente.”
“Di Silente?”
“Mh. Lui ha una passione per la cucina Babbana. E per la pizza italiana, suppongo.”
“Mh.” Rispose lei, mentre entrambi erano ormai a metà pasto. “Non ti chiederò come sta Felpato, perché so che sta bene. Ti chiedo solo … è felice?”
Lui la osservò. Si sbagliava, Sirius non stava bene. Se ne sarebbe accorto anche Xeno Lovegood, solo incrociandolo. Aveva l’espressione di un condannato a morte, il sorriso di un pazzo e il tono di un bugiardo.
“Ti dirò la stessa cosa che ho deciso di dire a lui, Martha. Tu sei mia sorella, lui è mio fratello, non posso schierarmi. Non ti dirò ciò che lui mi dice e non dirò a lui ciò che mi dici tu.”
“Mh.” Sorseggiò la Coca Cola. “E io che speravo di avere i particolari piccanti sulla sua nuova ragazza.”
“Spero che la Coca ti vada di traverso.”
Martha finse di guardarlo male. “Potrei sfrattarti dal mio letto, per questa cosa che hai appena detto.” Aveva ancora il suo umorismo, ma aveva perso il sorriso.
“Scherzi?  E dimenticarti del povero Ramoso che ti ha portato la cena in camera?”
Lei scosse la testa. “Okay, l’hai vinta tu.”
“Per questa volta, e solo per questa volta, sei perdonata, ma devi promettermi che domani verrai a lezione.”
Lei sbuffò. Il mondo le sembrava fatto solo di cose negative. “Che palle, James. Domani abbiamo Difesa contro le Arti Oscure, e lavoro con Lily, poi abbiamo Storia delle Magia, e poi …” si bloccò. Pozioni. Pozioni, la sua materia preferita.
“Pozioni. Dai, almeno ti diverti un po’.”
Si rimise sdraiata sul letto, imbronciata, pensando che non si sarebbe mai più davvero divertita a Pozioni, se non avesse potuto scambiarsi sguardi d’intesa con Sirius, e se non avesse potuto ridere liberamente quando lui avesse fatto saltare in aria il calderone di qualche Serpe. Le mancava davvero, le mancava più di quanto il suo stupido orgoglio le permettesse di ammettere, ed era solo il primo giorno che passava senza di lui. Qualcosa dentro di lei, le ricordò che i giorni senza di lui sarebbero stati talmente tanti che, ad un certo punto, non sarebbe più nemmeno stata in grado di contarli. Lei lo amava, lo amava al punto di essere disposta a perdere Lily, di passare il Natale con sua madre in una casa di Auror, lo amava al punto che gli aveva messo in mano il suo cuore, e lui ne aveva fatto una Pluffa. Non se lo sentiva più, il cuore. Forse non c’era davvero più, ce l’aveva in tasca Sirius, e lui non se ne ricordava.
“James?”
“Si?”
“Pensi che lui mi abbia amata, anche solo per un attimo?”
Lui finì la sua Coca Cola e poi le osservò la schiena. Era più che sicuro che l’amasse più di sé stesso, e che fosse per questo che l’aveva lasciata. Quel sentimento lo terrorizzava, al punto da essere disposto a rinunciarvi.
“Si.” Ripeté lui. Alla fine, era vero. L’aveva amata e l’avrebbe sempre amata.


La Torre di Astronomia era uno dei posti preferiti di Rose Redfort. Anzi, forse era in assoluto il suo preferito, e questa era una delle altre cose che aveva in comune con Remus. Sedersi lì le dava pace, serenità.  Guardare il castello dall’alto schiariva i pensieri, e lei di pensieri da schiarire ne aveva fin troppi. Si sedette lì e iniziò a pensare a quanto tutto quello che avevano costruito stesse andando in frantumi. Se Sirius aveva lasciato Martha, loro avevano perso il legame con i Malandrini. E lei ne aveva bisogno. Aveva bisogno dello strano legame che si stava creando con loro, e aveva bisogno delle chiacchierate infinite con Remus. Ne aveva bisogno per non badare a ciò che aveva attorno, e attorno a lei c’erano fin troppe brutte cose.
“Ah, sei tu.”
Si girò di scatto, anche se non ne aveva bisogno. La voce di Remus Lupin l’avrebbe riconosciuta un po’ ovunque. Come lo guardò, lui fece per andarsene.
“No, ti prego, resta.” Gli disse.
“Io … pensavo fossi arrabbiata.”
Lei alzò le spalle. “Si. Con Sirius.”
“Intendevo … pensavo che fossi arrabbiata con me.”
Lei sorrise. “Non essere sciocco, Remus. Non avrò mai un solo valido motivo per essere arrabbiata con te.”
“Anche se ho un grande segreto?” I suoi occhi avevano paura, paura della verità. Sapeva che lei sospettava qualcosa del suo piccolo problema peloso. Più volte lo aveva invano incitato a fidarsi di lei, ma lui era rimasto irremovibile. La pura verità era che non si sentiva all’altezza di quel legame, non si sentiva all’altezza della splendida ragazza che stava seduta per terra davanti a lui, e non si sentiva all’altezza dell’affetto che lo circondava.
“Non m’importa. Sto bene con te, e non m’importa. Quindi, per favore, siediti qui accanto a me.”
Lui ci dovette pensare per qualche secondo. Non le importava, aveva detto. Non le importava che fosse un mostro, che la sera prima avesse quasi ucciso i suoi amici, non le importava che lui non sarebbe dovuto nemmeno essere lì. A piccoli passi, si avvicinò a lei, e la guardò, incantandosi per la millesima volta per la sua bellezza.
“Fai finta che non sia cambiato niente.” Gli sussurrò.
“Che cosa dovrebbe essere cambiato?”
“Sirius e Martha si sono lasciati, e …”
Fu interrotta dalla semplice e genuina bellezza del suo sorriso. “Se pensi che questo mi basti per rompere quest’amicizia con te, ti sbagli. E lo stesso vale per James e Peter. Sirius no, per lui sarà più difficile. Però, sai, non basta questo a rompere tutto, una volta che hai legato con i Malandrini.”
Lei sorrise, ed illuminò tutto quanto. “Non ti perderò?” i suoi occhi erano pieni di speranze.
“Non mi perderai. Non ci perderemo.”
“Promettimelo, Remus Lupin.”
Si persero l’uno negli occhi dell’altra, come se al mondo esistessero solo loro, mentre la notte stellata avvolgeva Hogwarts, che si innalzava possente sotto i loro piedi. La guardò, traendo piacere e pace da ogni singolo angolo del suo viso perfetto, e si rese conto che sarebbe stato inutile non promettere: era davvero così. Certi legami, quando nascono, non tramontano mai.
“Te lo prometto, Rose Redfort.”


“Spiegami perché lo hai fatto.”
“Devi decidere da che parte stare, James.”
“No. Tu sei mio fratello, Sirius, e hai fatto in modo che lei diventasse una sorella per me, quindi non … non starò da nessuna delle parti, voglio solo capire perché diamine tu abbia fatto una simile stronzata.”
“Non giudicare le mie scelte, Ramoso.”
“E allora tu spiegamele, Felpato.”
“L’ho fatto per lei.”
James si mise le mani nei capelli come una ragazzina isterica. “Sarà la millesima volta che lo ripeti, Sirius! Non è una spiegazione plausibile, dannazione!”
“La uccideranno.” Sibilò Sirius.
A James si gelò il sangue nelle vene. Stavano seduti sui divanetti della Sala Comune. James guardava Sirius, mentre Sirius guardava il fuoco, che gli colorava il viso di un rosso scoppiettante, ma lui era freddo, distante e tremendamente impaurito. Era notte fonda, ma nessuno dei due aveva intenzione di dormire. Non fino a quando non avessero trovato una risposta per le loro infinite domande.
“Chi?”
“La mia famiglia. La uccideranno, se sta con me.”
James si alzò, ponendosi tra lui e il fuoco. “Io. Io, James Potter, mio padre, Charlus Potter, e mia madre, Dorea Black Potter, ecco, noi siamo la tua famiglia, e io sono stanco di ripetertelo.”
Sirius lo ignorò. Continuò ad osservare il fuoco, senza vederlo davvero, con un’ombra cupa negli occhi grigi. “Regulus Black, il mio ex-fratello, mi ha detto che la mia ex-famgilia aveva intenzione di uccidere la mia ragazza, perché una come lei non si dovrebbe mai legare a un Purosangue e bla bla, ed è per questo che l’ho lasciata, ed è per questo che sto dicendo che l’ho fatto per lei, perché le ho salvato la vita, anche se lei non se ne rende conto.”
James si passò le mani sul viso con fare nervoso. Si girò e guardò il fuoco, per poi tornare a guardare Sirius. “Stupido cane pulcioso.” Disse, con rabbia. “Non hai pensato che, ammesso che ciò che dice Regulus sia vero, la uccideranno comunque, perché comunque lei è stata con te? La tua mente canina non era arrivata al concetto che il passato non si cancella, e questo i Black lo sanno?”
Sirius si bloccò. Come aveva potuto essere tanto stupido da non vederla in quel modo?
Ci voleva James, dopotutto. Ci voleva sempre James, per farti vedere l’altra faccia della medaglia. Ci voleva sempre James, per cambiare punto di vista. E ci voleva James, per decidere cosa fare. Eppure, Sirius era talmente testardo da essere convinto di avere fatto il meglio, per Martha. Di avere fatto ciò che, un giorno, le avrebbe salvato la vita. Ne era convinto, si, perché era testardo, orgoglioso e arrogante, e ammettere di avere preso la decisione sbagliata, semplicemente, non era tra le possibilità.
“James, è meglio così. È meglio così per tutti. Noi riavremo la nostra vita di sempre, senza ragazze tra i piedi, lei riavrà Lily, saranno loro e Rose, e  … tutto tornerà come prima.”
James si portò le mani sui fianchi e scosse la testa, con aria quasi divertita. “Sei un vero idiota. Come puoi pensare che tutto possa tornare come prima, dopo il legame che abbiamo creato con quelle tre? Come puoi pensare che tutto possa tornare come prima, dopo che ti sei innamorato?”
Innamorato. Sirius assaporò quella parola come se si trattasse di un vino. Aveva detto poche volte innamorato, gli era più facile dire ti amo. Forse richiedeva meno impegno, in qualche modo, ma innamorato non gli veniva proprio, come parola.
“James, è proprio perché la amo che le sto salvando la vita.”
“Non le salvi la vita, uccidendola dentro. Non le salvi la vita, togliendovi l’unica valida ragione che avete per combattere. Sei la sua bussola, il suo ossigeno. E lei è la ragione della tua felicità. Non puoi lasciare che finisca così, non puoi farlo, perché vuol dire arrendersi, e tu non ti arrendi mai!”
“C’è sempre una prima volta, James.”
“Ti permetterò di arrenderti solo quando saremo morti, Sirius Orion Black. E, per tua informazione, non ho intenzione di morire tanto presto.” Poi, a grandi passi, salì le scale ed entrò nel dormitorio maschile, lasciando Sirius a confrontarsi con un mare di pensieri.


Martha si trascinò giù dal letto con aria stanca, dopo un sonno senza sogni. Per un secondo pensò di dare il buongiorno a Lily, che stava per uscire dal dormitorio con la suo chioma rossa fiammante, ma il suo solito, dannato orgoglio da Grifondoro la fermò.  Una vocina nella sua testa le ricordò simpaticamente che Sirius l’aveva lasciata, e lei ebbe il chiaro impulso di tornare nel letto, ma, di nuovo, il suo orgoglio, delle stesse dimensioni dell’ego di James, glielo impedì. Non si era messa il pigiama, si era addormentata così come l’aveva lasciata James, con la solita promessa di provare a rimanere intera fino al suo ritorno. Prese una matita e si raccolse i capelli, notando sua sorella Rose nello specchio.
“Sembri uno zombie.”
“Buongiorno a te, Rose.”
Rose sorrise come solo lei sapeva fare, e scosse la testa. I suoi capelli erano, come sempre, dannatamente perfetti, la sua frangia perfettamente pettinata, il suo trucco copriva le occhiaie ed evidenziava le labbra carnose. La cravatta era allacciata in modo perfetto, la gonna era tenuta a vita alta, perché non era da Rose non mostrare le gambe, e stringeva i libri per le lezioni della mattina come se non pesassero affatto.
“Scendi con me?” chiese, alla sorella.
Martha, invece, era pallida, con le occhiaie, la divisa stropicciata e i capelli raccolti dalla solita matita. Alle ballerine obbligatorie preferiva le Converse Babbane, e nessuno aveva mai osato dirle nulla. La cravatta era allentata (“perché mi soffoca!” diceva sempre), la camicia slacciata e stropicciata, mentre il ciondolo della famiglia Black illuminava quel viso spento.
Erano così diverse ma così simili. Scesero le scale del dormitorio senza dire una parola, e arrivarono in Sala Grande più presto del solito. Martha seguì Rose, ignorando i posti ancora vuoti del Malandrini, e ignorando anche Lily.
“Ciao!” squittì Alice Prewett. “Sono Alice, Alice Prewett.”
Martha dovette guardarsi attorno un paio di volte prima di rendersi conto che, si, stava parlando con lei, e che le stava tendendo la mano. Aveva dei capelli castani cortissimi, sparati in aria, che la facevano sembrare un po’ un folletto, e poi aveva stampato in faccia un sorriso a trentadue denti che Martha, in quell’istante, giudicò odioso.
“Martha Redfort.” Disse, stringendole la mano.
“Mi dispiace per il tuo ragazzo.”
Martha annuì in modo gentile, cercando di rivolgere a quelle ragazza un sorriso, mettendosi a sedere accanto a sua sorella. Cosa avrebbe dovuto dire? Dispiace molto anche a me? Cosa si diceva in quei casi?
Non ebbe il tempo per rispondersi, perché in quel momento, i Malandrini varcarono la soglia della Sala Grande.
Sirius e James si bloccarono nel vedere Martha, ognuno in un modo diverso. Sirius sembrò trasformarsi in una statua di ghiaccio, mentre James le corse incontro sorridendo, con uno di quei suoi sorrisi ottimisti.
“Oggi è un nuovo giorno e il sole splende!” esclamò, baciandole la guancia.
“Non fumare di prima mattina.” Replicò fredda Martha.
“Insomma, Redfort, cercavo di farti sorridere!”
Martha piegò le labbra in una smorfia sofferente.
“Oh, fa niente. Comunque. Sei tutta intera?”
“Credo di si.”
“Hai dormito?”
“Si.”
“Stai mangiando?”
“Si.”
“Sei pronta per oggi?”
“Oh, intendi per lavorare con la mia ex migliore amica a Difesa Contro le Arti Oscure o per passare sei ore con il mio ex ragazzo?”
La sentirono tutti. Per Sirius, la parola ‘ex’ fu come un coltello nel petto. Gli sembrò di non riuscire a respirare, ma era bravo a non mostrare emozioni. Continuò a discutere con Peter degli Scacchi dei Maghi, mangiando dei biscotti, ignorando lo stomaco chiuso e la voglia di spiegare tutto.
“Martha Redfort e il buon umore. Posso sedermi?”
“Credo che dovresti dedicarti ai tuoi Malandrini, James.”
James la guardò, capendo che non era sarcastica nel dirlo. Aveva davvero proposto di pensare prima ai Malandrini, e lo aveva fatto perché era una delle poche persone al mondo ad aver capito lo strano legame tra loro. Le baciò di nuovo la guancia, salutò Rose ricordandole gli allenamenti serali e raggiunse i tre Malandrini, ridendo con loro. Martha cercò di non guardarli, ma l’indifferenza con cui Sirius mangiava quei biscotti le chiuse lo stomaco, costringendola ad abbandonare a metà la tazza di caffè latte.
“Ti da fastidio lavorare con me?” chiese Lily, rivolgendole per la prima volta la parola.
Lei la guardò. “No, Evans è a te che dovrebbe dare fastidio.” Rispose seccata, alzandosi.  “Ci vediamo a pranzo, Rose.” Le disse, accarezzandole una spalla.
Rose annuì e la guardò sparire dentro il pesante portone della Sala Grande, mentre lei e Regulus Black si lanciarono un’occhiata di odio glaciale.
“Non l’ho mai vista così.” Sussurrò Rose, leggendo il Profeta.
“In parte è colpa mia.” Sospirò Lily.
“Con te si può sempre rimediare.” Con un cenno del capo, indicò Sirius, quattro posti alla sua desta.
“Già. Non sarò mai importante come lui, alla fine.”
“Lily, non …”
“Non fa niente, ho afferrato. Vado anche io, ciao Rose.”
Rose la salutò con un cenno della mano, mentre si avvicinava a Remus Lupin con aria colpevole.


Martha stava seduta al suo solito posto, mentre l’aula si riempiva poco a poco. Estrasse dalla borsa il quaderno viola rilegato in pelle, e aprendolo, trovò uno dei primi scherzi di Sirius.
Questo quaderno è della mia ragazza, prova anche solo a pensare a lei e ti ritroverai appeso per le orecchie alla Torre di Astronomia. SOB.
Fece quel sorriso che era più una smorfia. Alla fine, le rimanevano dei bei ricordi. Ma nessun ricordo avrebbe mai reso giustizia ai suoi baci, a quegli occhi che si perdevano nei suoi e al suo modo di guardarla come se fosse la creatura più bella di sempre. Al solo pensiero che non si sarebbe più sentita così, desiderò sparire, ma non fece in tempo nemmeno a pensarlo, perche Remus Lupin si sedette accanto a lei.
“Lunastorta?” chiese, stupita. Intanto, anche gli altri Malandrini si sistemarono.
“Lily lavora con Alice, Peter lavora con Frank Paciock, così io lavoro con te. Ho dovuto battere James a carta sasso forbice, per guadagnarmi il posto accanto al tuo.” Disse lui, in un sorriso semplice e gentile.
“Sono onorata.” Rispose lei. “Dicono che ripasseremo i Patroni.”
“Credo che siano voci confermate.” Rispose lui, indicando la lavagna. Infatti, scritto con la scrittura elegante della professoressa Podds, spiccava la scritta expecto patronum.
Martha fece un verso a metà tra uno sbuffo e un sorriso.
“Non ti va?”
“Non ho pensieri felici.” Rispose lei, guardandolo, rendendosi conto di essere tremendamente sincera.
“James e il primo impatto con la pizza, pensa a questo.”
Lei accennò di nuovo quel sorriso sghembo, scuotendo la testa, poi tornò a guardare Remus. “Il tuo Patronus è un lupo?” chiese con sguardo perplesso.
“Che ragazza perspicace.”
Martha lo spintonò con aria amichevole. “Sono corsa nella Stramberga Strillante per impedirti di uccidere una persona innocente, ricordatelo.”
“Me lo rinfaccerai a vita, non è vero?”
“Assolutamente si.” Disse, tirando su la manica della camicia per fare vedere le bende. “Rimarranno le cicatrici dei chiodi, sai?”
“Mi dispiace.” Il suo sguardo aveva davvero un che di colpevole. A Martha fece quasi pena.
“Non … non devi. È stato un piacere salvare Mocciosus.”
Remus accennò un sorriso, mentre Martha pensò che, in realtà, le cicatrici dei chiodi erano colpa di Felpato, che si era buttato tra le braccia di un Lupo Mannaro davanti a lei. Ma le cicatrice lasciate da Sirius erano ben altre, non avevano bende, e, soprattutto, sanguinavano in modo tremendamente doloroso.
La professoressa Podds (una bassa, bionda ex Tassorosso terribilmente ottimista) entrò in aula, mettendo tutti a tacere.
“Buongiorno, ragazzi miei. Come avrete potuto notare, oggi vorrei fari ripassare i Patroni. Non perché io dubiti delle vostre capacità, ma perché credo che siano cose che è bene tenere pronte. Ci siamo?”
i suoi capelli erano raccolti in una treccia fatta fin troppo bene, mentre i suoi occhi scuri vagavano da una persona all’altra. Con un colpo di bacchetta, fece sparire i tavoli, mentre i libri e i quaderni fluttuavano verso gli zaini, lei chiese agli alunni di sistemarsi in fila indiana davanti a lei. Quel giorno, i Serpeverde non c’erano, quindi, sarebbe toccato a loro venti Grifoni del sesto anno.
Le prime della fila furono Alice e Lily.
“Allora, signorina Prewett. Dimmi, come si evoca un Patrono?”
Lei scrollò le spalle. “Pensieri felici!” squittì.
“Perfetto! Pensi di essere in grado di darci una dimostrazione?”
Alice si concentrò, e dopo poco riuscì ad evocare una lince elegante che prese a correre per l’aula. Lily incantò tutti con la sua fenice, Brianna Clark evocò il suo cavallo con voce squillante e Frank Paciock sorprese tutti con un leone. Peter Minus dovette provare due o tre volte, ma, alla fine, un topolino si unì agli altri Patroni. Alexis Watson evocò un gatto, il suo gemello Austin un coniglietto che metteva allegria.
James non ci mise più di un secondo ad evocare un ricordo felice: agitò la bacchetta e pronunciò convinto l’incantesimo, dando vita ad un elegante cervo. Martha si chiese se lui fosse davvero così cervo, in forma di Ramoso, ma non ebbe il tempo di trovare una risposta, visto che era il turno di Sirius. Dovette concentrarsi per trovare un ricordo felice, ma, alla fine, riuscì ad evocare il suo cane, con stupore di tutti.  Sarah Grey evocò un’aquila, e Leah Patel diede vita ad un toro che avrebbe messo paura, se non avesse avuto uno sguardo estremamente dolce ed innocuo.
Era fatta, era arrivato il turno di Martha. Arrivata davanti all’insegnante, sospirò.
“Non posso farlo, professoressa.” Disse, con un tono privo di emozioni.
“Perché no?” domandò lei, sorpresa. Le sorelle Redfort le aveva sempre dato moltissima soddisfazione.
“In questo momento non ho pensieri felici.” Comunicò lei, con tono freddo.
“Okay, allora, chi è il tuo compagno?”
Martha indicò Remus, alle sue spalle.
“Perfetto, signor Lupin, è tuo compito aiutare la tua compagna, la signorina Redfort, quando si trova in difficoltà.”
Remus si fece avanti con aria timida, e le sussurrò all’orecchio “Pensa a James che piange per Titanic, o alla notte di Capodanno, Martha.”
La notte di Capodanno. Aveva ballato con Sirius, aveva bevuto, aveva fatto scoprire a Sirius e James la vodka Babbana, aveva giocato con loro a chi beveva più velocemente, e aveva vinto, rimanendo comunque la più sobria, aveva ballato, ballato e ballato, poi era salita sul palco e aveva cantato, senza mai smettere di guardare Sirius e perdersi nel suo sguardo fiero di lei. James aveva scoperto di non reggere la vodka Babbana, aveva aggredito Benjamin che ci aveva provato con Lily, avevano ballato Accidentally in love, poi James, sempre più ubriaco, si era intrufolato nella camera di Martha e Sirius e si era piazzato nel bel mezzo del letto, ridendo senza un motivo apparente, e mentre Lily urlava che le sue mutande di pizzo erano sparite, lui le aveva tirate fuori dalla tasca dei jeans e se le era messe in testa come fossero un capellino con aria maliziosa, per poi crollare addormentato e russare come un treno, mentre lei si soffocava dalle risate, cercando di ignorare il fatto che in tutto questo lui avesse sempre tenuto in mano il cubo di Rubik che non era mai riuscito a completare.
Ecco, pensò. Il cubo di Rubik, e James che non riesce a risolverlo.
Expecto Patronum!” disse, ma dalla sua bacchetta non uscì altro che una nube argentata.
“Puoi riprovare, se ti va. Signor Lupin, puoi aiutarla.”
Una voce si fece spazio tra le altre al centro della stanza.
“Martha!” urlò James. Le si avvicinò. “Cosa succede?”
“Non … non ricordo di essere stata felice senza di lui, James.” Gli confessò lei, sottovoce, con la bacchetta ancora a mezz’aria. Sfortunatamente, Sirius sentì, e non riuscì a non guardarla, a non guardare come la stava riducendo.
“Ma non è vero, Martha.” Replicò James, con il suo solito sorriso. “Pensa a quel parco Babbano. Non sei stata felice, lì?”
Lei annuì indecisa, cercando di ritrovare la sensazione di assoluta libertà e spensieratezza di quella giornata. Sua madre portava un vestito a fiori e le aveva messo nei capelli una margherita.
Expecto Patronum!” ripeté, e questa volta, dalla sua bacchetta uscì un cane, un grosso cane argentato, identico a quello di Sirius ma che si muoveva per la stanza con aria più aggraziata, che sconvolse tutti.
“No, no, è impossibile.” Disse lei, fredda. “Il mio patrono è una rana.”
“Signorina Redfort, da quanto tempo non evoca un Patrono?”
Lei non ci dovette nemmeno pensare. “Dai G.U.F.O., lo scorso giugno.”
“E, mi dica, è cambiato qualcosa nella sua vita dallo scorso giugno?”
Era cambiato tutto. Aveva litigato con suo padre, legato con i Malandrini, scoperto che Remus era un Lupo Mannaro e che gli altri erano Animaghi, avuto una storia con Sirius Black finita il giorno prima, se ne era perdutamente innamorata, aveva legato di nuovo con sua sorella, litigato con Lily, salvato Piton dal piccolo problema peloso di Remus, ed era stata Cruciata tre volte il giorno di Natale. “Si.” Rispose. “Sono cambiate molte cose.”
“Beh, i Patroni possono cambiare in seguito a sentimenti d’amore o d’affetto nuovi, sconvolgimento emotivi … le cause sono molte, sai? Il mio stesso Patrono è cambiato, assumendo la stessa forma di quello di mio padre, dopo la sua morte. Non c’è nulla di male, e trovo che il collegamento tra il tuo Patrono e quello del signor Black sia molto curioso.”
I due cani argentati si stavano rincorrendo felici per l’aula. Decise di non guardare Sirius, non avrebbe retto. Fu lui ad uscire dalla stanza, sbattendo la porta, mentre il suo cane spariva e quello di Martha restava solo, guardandosi intorno e cercando Felpato. Lei era così, era esattamente come il suo Patrono. Lei era la signora Felpato, e la ragione della sua felicità se n’era andata, senza dare spiegazioni, sbattendole la porta in faccia. Se fosse stata certa di averne una, avrebbe potuto sentire la sua anima cadere in mille pezzi, di nuovo. Ma la parte bella, felice e colorata della sua anima se n’era appena andata, sbattendo la porta, ricordandole che le cose belle durano poco.


“Hai intenzione di mangiare, Martha?”
La voce di Rose la riportò alla realtà. Erano in Sala Grande, davanti a lei un piatto di pasta al sugo e sua sorella la osservano in cerca di risposte. I Malandrini stavano seduti al loro posto, e Sirius le dava le spalle per guardare Ramoso, mentre James la osservava. Lily la ignorava con freddezza allarmante e Rose la fissava come se fosse un vaso di vetro sul ciglio di un burrone.
“No.” Sussurrò. Si alzò e, scusandosi con Rose, si alzò e se ne andò, cercando di ignorare la certezza che Sirius la stesse guardando.
La guardava e stava uno schifo, perché non era più sua, perché non avrebbe più potuto toglierle quella matita dai capelli per scherzare, vederla sorridere, prenderle la mano e darle il bacio della buonanotte. Se non aveva lei, in qualche modo, non aveva più sé stesso, o meglio, la parte migliore di lui. Lei era la sua felicità, e non sarebbe più stato felice. Ma qualcuno, forse un quadro, gli aveva detto di lasciare andare chi si ama. Lui l’amava e l’aveva lasciata andare, ma lei ne era quasi morta.
“Sei un vero idiota.” Gli disse James, seguendo il suo sguardo.
“Si, lo hai già detto.”
“Lo ripeterò fino a quando non tornerai da lei in ginocchio.”
“Aspetta e spera, Ramoso.” Replicò Sirius, sorseggiando succo di zucca.
“Oh, a proposito.” Esclamò James. “EVANS!”
“No, Potter.” Rispose Lily, qualche posto più in là. “Non mi va di uscire con te.”
James, con un sorriso beffardo, tornò a guardare il suo piatto di pasta. Pochi secondi dopo, alzò lo sguardo verso Sirius, che lo guardava con fare sospetto.
“Fino a quando non tornerai da lei in ginocchio.” Ripeté James.
“Stai attento a non scottarti col fuoco, James. È una brutta faccenda.” Detto questo, si alzò e se ne andò, con lo sguardo divertito di James sulla schiena. 



Rieccoci :3 ringrazio vivamente le ventisei persone che seguono la mia storia, le due che l'hanno aggiunta alle preferite e le dodici che l'hanno aggiunta alle ricordate. Ringrazio gossip_girl per aver recensito lo scorso capitolo, e come sempre Draco394, che anche se è presa da altro mi sta sempre vicina. Ho scritto uno spin-off di 108 parole su questa long, se vi va, dateci uno sguardo, il titolo è "Io detesto Sirius Black." Nessuna pretesa, solo un piccolo uragano a casa con l'influenza. 
So che questo capitolo è più corto dell'altro, ma prometto che il prossimo arriverà presto e sarà grandioso. E poi, comunque, dopo il Patrono di Martha che cambia e il "non ho intenzione di morire tanto presto" di James (mi piangeva il cuore mentre lo scrivevo, considerando che morirà quattro anni dopo), mi sembrava un capitolo più che completo. >< 
Ecco, spero  vi sia piaciuto e spero di conoscere il vostro parere. 

Fatto il misfatto, 
C.

 
   
 
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