Capitolo XIII
Il
venerdì di quella convulsa settimana elettorale Claudia
aveva fatto
la dichiarazione di rinuncia al seggio con relativa spiegazione,
appena accennata, dei gravi motivi di salute che l'avevano portata a
quella decisione.
Lo aveva fatto tramite poche righe scritte a
margine di un'intervista ad un importante quotidiano nazionale, nella
speranza che la notizia passasse quasi inosservata, ma com'era
prevedibile le cose andarono diversamente e, in breve, tutta l'Italia
aveva saputo di ciò che le stava accadendo.
Numerosi erano stati
i messaggi di solidarietà da parte di esponenti di forze
politiche
anche lontana dalla sua e lo stesso calore umano era arrivato dagli
elettori.
Solo
alcuni cittadini pieni di risentimenti verso il governo precedente e
troppo sfrontati nell'uso dei social network avevano approfittato
della situazione per insultare e augurare del male alla donna.
Erano
stati casi isolati e lei non ci aveva dato peso, ringraziando invece,
tramite un portavoce, colore che le avevano espresso
vicinanza.
Qualche collega a lei più vicino le aveva anche
scritto privatamente, tramite mail o telefonino, per sapere qualcosa
in più, ma Claudia, seppur grata di quell'interessamento,
aveva
lasciato intendere che preferiva vivere la malattia nel privato della
famiglia, volendosi staccare del tutto dalla politica e da chi ne
faceva parte, anche quando queste erano persone a cui era legata.
Da
quando si era scoperta ammalata voleva intorno solo i suoi cari e
qualche amico, ad esempio Isabella.
Oppure Roberto e Andrea, il
padre e figlio gestori del ristorante in cui era andata spesso quando
si trovava ad Ostia.
I
due le avevano telefonato la sera stessa della sua dichiarazione, e,
anche se dubbiosa perché il suo male era lo stesso che aveva
portato
via la loro moglie e madre, gli aveva detto con precisione quello che
le stava capitando.
Per i due era stato ovviamente un doppio
colpo, ma subito le avevano detto che poteva contare assolutamente su
di loro, in un certo senso anche vista l'esperienza che purtroppo
avevano già avuto con la malattia.
- E fatti coraggio, Claudia.-
Gli aveva detto Andrea mentre la salutava a fine chiamata. - Mamma
era molto più grande di te e aveva altri problemi di salute,
senza
contare che la medicina, in questi anni, ha fatto numerosi passi in
avanti, ma credo che questo tu lo sappia meglio di me.-
Aveva
provato anche lui a rassicurarla, benché sapesse che lei,
forte di
carattere come si era sempre mostrata, non aveva di certo bisogno di
quelle parole.
Ma la dolcezza con cui Claudia lo aveva ringraziato
era riuscita a farlo sentire almeno un poco utile in quella
situazione assurda che rendeva tutti spettatori impotenti del dramma
di una donna e della sua famiglia.
Chiudendo la telefonata, seduta
sul divano del salone, era stata presa da uno strano sconforto, e
Davide non aveva potuto fare a meno di notarlo.
- Stai bene,
amore?- Le aveva chiesto allarmato.
Per lui ogni attimo era un
possibile momento in cui la malattia poteva avere il sopravvento
sulla vita della sua amata, e non si sarebbe perdonato altre
disattenzioni nei suoi confronti, non dopo tutte quelle settimane
preziose perse a credere ai suoi falsi “sto bene, stai
tranquillo”.
- Sì, sto solo pensando ad Andrea. Sua mamma è
morta a causa della mia stessa malattia e...- Fece una pausa. Quel
“mia malattia” rendeva tutto più reale,
più di quanto non lo
facessero i risultati delle analisi o i sintomi stessi.
Fu il
marito a riprendere le fila del discorso. - Sì, purtroppo lo
so. Ma
non sarà il tuo caso; sei giovane, a parte questo in salute.
Tu per
prima hai parlato di prognosi favorevole, e non credo che mi
mentiresti su una cosa del genere.-
La donna rise. - Dire che
tolto il cancro godo di buona salute è una bella metafora di
come
siamo tutti convinti che la malattia sarà solo una
parentesi, e me
lo auguro davvero. Pure Andrea ha fatto i tuoi stessi commenti sul
fatto che io sia giovane e tutto il resto, è solo che, non
lo so, è
come se già so che mi sentirei in colpa nei suoi confronti
se mi
salvassi, e lo stesso sentimento credo lo proverei nei confronti di
tutti quelli che non ce l'hanno fatta. Lo so, è un pensiero
assurdo,
ma non riesco a togliermelo dalla testa.-
Davide si sedette al suo
fianco e la strinse a sé.
- Non dico di saperlo con certezza,
perché non è il mio mestiere e non ci sono mai
passato, anche se
Dio solo sa quanto vorrei stare male al posto tuo, ma forse
è
normale una sensazione simile. Però non devi pensarla
così, tu non
hai colpe se guarisci, e sono sicuro che Andrea la pensi allo stesso
modo. È sicuramente vero che lui avrebbe preferito che sua
madre
guarisse, quando si è ammalata, ma credo anche che il suo
desiderio
ora sia vedere te in salute.-
Claudia si accoccolò tra le braccia
del marito. - Come farei se non avessi te al mio fianco?- Gli
sussurrò.
L'uomo le accarezzò dolcemente i capelli, e nel farlo
gli venne tristezza pensando che ben presto lei li avrebbe
perduti.
Sarebbero caduti come foglie d'autunno lasciando il suo
capo nudo, scoperto, vulnerabile proprio com'era il suo fragile corpo
in quel periodo.
Era sabato sera, il ricovero era previsto per la
mattina seguente e le terapie, in linea di massima, le avrebbe
iniziate al più tardi il martedì.
Non c'era più tempo da
perdere, e a dimostrarlo vi erano la debolezza con cui si muoveva,
parlava e sorrideva, debolezza che spaventava ogni minuto di
più le
persone che aveva attorno.
Il signor Oreste, quel pomeriggio,
aveva portato il nipotino ai giardinetti per lasciare i due coniugi
da soli prima della ospedalizzazione di Claudia.
Sarebbe stato lui
ad accompagnarla poi in ospedale, lasciando il piccolo Guido col
padre, nella speranza che egli potesse stargli accanto se ve ne fosse
stato bisogno.
Il nonno e il bambino erano tornati a casa sul
tardi, verso l'ora di cena, portando con loro delle pizze e un
piccolo dolce nella speranza di distrarre almeno un poco la famiglia
in quella sera così triste.
Ancora una volta Guido fu fatto
dormire coi genitori, sempre attaccato a sua madre.
Quando lei si
era risvegliata la domenica era rimasta a lungo a guardare riposare
il figlio e il marito, come se volesse fissarsi con forza
quell'immagine nella mente, in modo tale da aver quell'ultimo loro
ricordo qualsiasi cosa fosse accaduta.
Poi si preparò, e lo fece
col bambino che le trotterellava intorno senza stancarsi né
allontanarsi mai.
Andò avanti così dal momento in cui si erano
svegliati fino all'ultimo abbraccio che lei gli diede sulla porta di
casa mentre il nonno già attendeva sul pianerottolo con la
valigia
in mano.
- Quando torni, mamma?- Le chiese con gli occhi lucidi
il bambino.
- Appena sto meglio, amore mio, appena sto meglio.-
-
Ma perché non puoi prendere le medicine a casa?-
- Perché sono
delle medicine particolari che mi devono dare in ospedale, altrimenti
rimarrei davvero a casa insieme a te.-
I dolori alla schiena,
esattamente come tutti gli altri sintomi, non si erano affievoliti in
quei giorni, se possibile avevano addirittura fatto il contrario, e
la donna dovette lasciare che fosse Davide a prendere in braccio il
figlio per metterlo alla sua altezza.
- Lo so che sei triste,
tesoro, lo sono tanto anche io. Ma sei un bravo bambino, e sono certa
che te la saprai cavare anche senza di me.-
Gli diede un bacio
sulla guancia e l'uomo lo fece scendere, salutando poi la moglie con
un lungo e doloroso abbraccio.
Per arrivare alla macchina, un
poco distante dal portone del suo stabile, Claudia ebbe più
volte
bisogno dell'aiuto del padre per superare pezzi di marciapiede
sconnessi, e quando furono nell'auto, mentre lui metteva in moto, si
lasciò andare ad un'amara constatazione. - Fino a qualche
giorno fa
camminavo ancora abbastanza bene, addirittura guidavo. Non so
perché,
ma da venerdì ad oggi è come se la situazione
fosse precipitata.-
il signor Oreste cercò di concentrarsi sulla strada che
aveva
davanti per non pensare al dramma che poteva celarsi dietro le parole
della figlia, ma, visto che stare in silenzio non era il modo giusto
per affrontare quel viaggio, tentò almeno un poco di farla
sorridere. - Non essere negativa, è meglio adesso che una
settimana
fa, non trovi?-
- Hai ragione papà, come al solito.-
- Credo
di non averti mai sentito dire una cosa simile da quando sei al
mondo, lo sai?-
- Si vede che sto proprio male, allora.- Rise la
donna, e lui si convinse che forse solo quello era il modo per
affrontare una malattia tanto grave; riderci sopra, mostrare che la
voglia di vivere era più forte di tutto il resto.
Arrivarono
all'ospedale verso le undici, puntuali per l'ora in cui Francesco
aveva chiesto all'amica di presentarsi per l'accettazione.
Era
insolito che un ricovero programmato avvenisse di domenica, ma il
medico aveva scelto quel giorno proprio affinché ci fosse
meno
confusione.
Inoltre, per un puro caso, la suddivisione dei turni
nei vari reparti faceva sì che fossero presenti anche un
paio di
colleghi a cui l'oncologo voleva chiedere un consulto, in particolare
un ortopedico di cui si fidava molto e a cui voleva mostrare le
radiografie della colonna vertebrale di Claudia, preoccupato dai
rischi che ella poteva correre.
Fu una giornata lunga e faticosa
sia per la figlia che per il padre.
Nel limite del possibile,
dopotutto era un giorno festivo, lei fu sottoposta a nuove analisi, e
per il signor Oreste attendere fuori dagli ambulatori fu pesante,
soprattutto quando dovette rispondere alle diverse telefonate del
genere che domandava informazioni sulle condizioni della moglie.
Soltanto verso le sei di sera, ora in cui nell'ospedale veniva
servita la cena, la donna fu portata in quella che sarebbe diventata
la sua stanza.
Era una camera con due letti, ma quello di Claudia
era l'unico occupato.
Subito le venne da sperare che quella
situazione si protraesse il più a lungo possibile. Non tanto
per una
questione di privacy, essere in ospedale nelle sue condizioni e
chiedere riservatezza le pareva quasi paradossale, ma soprattutto
perché il letto accanto al suo occupato significava un altro
malato
di tumore, un'altra famiglia toccata, provata e forse anche distrutta
da quel dramma.
Suo padre raggiunse il reparto diversi minuti
dopo e rimase nuovamente impietrito davanti all'ingresso, capendo che
con buone probabilità avrebbe avuto quel sussulto tutti i
giorni
fino alla guarigione di sua figlia.
Nella
stanze lei stava cenando a letto, come se già si fosse
abituata a
quella che sarebbe stata la sua vita da quel momento in poi, ma
quello che colpì più di tutto il signor Oreste fu
vederle entrare
nel naso due tubicini di plastica che, lo sapeva pur non essendo
medico, servivano a farla respirare meglio.
- Claudia...- Riuscì
solo a dire avvicinando una sedia al letto e mettendosi al suo
fianco.
- Tranquillo, papà, l'ossigeno mi fa bene, aiuta i miei
polmoni a lavorare malgrado siano ridotti male a causa delle
metastasi.- Spiegò lei cercando la mano del padre sopra le
lenzuola.
- Lo so, ma...- L'uomo non si sentiva in grado di dire frasi di
senso compiuto, in quel momento, era troppo preso dal dolore.
Finito
di mangiare Claudia si sistemò per bene nel letto, e l'uomo
l'aiutò
a mettersi comoda.
- Saranno almeno vent'anni che non mi rimbocchi
le coperte, sai papà?- Rise lei mentre il signor Oreste
finiva di
sistemare con ordine il risvolto del lenzuolo.
- Ogni tanto la
vita ci porta a riscoprire abitudini che pensavamo perdute per
sempre.- Commentò lui baciandole la fronte.
Quello di rimboccarle
le coperte era stato un gesto improvviso e spontaneo rinato davvero
per caso dopo tanto tempo, forse perché in quel letto la
figlia gli
appariva piccola, di nuovo bambina.
Dietro di lui fece rumore
l'anta in metallo dell'armadietto dove Claudia aveva riposto i suoi
effetti personali, e questo gli fece tornare in mente una domanda che
aveva da quella mattina.
- Ma cosa ti sei portata dietro? Stamane
la tua valigia pesava parecchio, figlia mia.-
- Nulla di
particolare, ma ho dovuto fare scorta di pigiami. Domattina mi
sveglierò fradicia del mio sudore, e così
sarà tutte le mattine
ancora a lungo. Inutile dire che non posso passare le giornate con
addosso il pigiama bagnato, e dunque la valigia è piena
praticamente
solo di quelli. -
L'uomo annuì e rimase per qualche secondo in
silenzio prima di chiederle se avesse sentito il marito e il figlio
in quella lunga giornata.
- Sì, prima di cena. Davide voleva
passare in ospedale domattina, ma ho preferito dirgli di non cambiare
la routine di Guido e quindi di vivere la giornata in modo normale
per poi passare in serata.-
- Quindi domani sera porto Guido da me
o passo a guardarlo a casa vostra, giusto?-
Claudia sospirò.
Aveva
capito benissimo il senso di quella domanda, e fece il possibile per
rispondere senza ferire il padre. - Oppure può andare da
Gianluca,
se tu non te la senti di allontanarti da qui. Sempre ammesso che ti
facciano restare. Ma cerca di capire fin da ora che non puoi vivere
sempre in ospedale al mio fianco, papà. Non è
solo un fatto di
regolamenti, io lo dico soprattutto per te. Hai bisogno di stare
tranquillo se vuoi aiutarmi, e la tranquillità la vivi anche
tornando a casa, almeno tu che puoi.-
- Già...-
Sapeva che le
cose sarebbero andate in quel mondo, ma da quando la figlia gli aveva
detto di essere ammalata lui a malapena riusciva a chiudere gli occhi
la notte per la paura di svegliarsi la mattina dopo e scoprire che
lei non c'era più.
Un attimo dopo sentirono bussare alla porta
già aperta della camera.
- Si può?- Domandò Francesco
sorridendo.
- Vieni, entra. Sei ancora qui? Credevo fossi già
andato a casa.- Rispose Claudia.
L'uomo si avvicinò al letto
dell'amica e, ottenuto il tacito consenso del signor Oreste, si
sedette sulle coperte accanto a lei.
- Non andavo via senza
salutarti e sapere come stavi. Non è un fatto di
favoritismi, sei
una mia carissima amica e credo che interessarmi alle tue condizioni
sia il minimo.- Poi volse lo sguardo verso il vassoio della cena
vuoto. - Il cibo degli ospedali lascia molto a desiderare, lo so, ma
sono contenta che tu sia riuscita a mangiare tutto almeno stasera.
Sei sottopeso di diversi chili e recuperare qualcosa, visto anche il
difficile percorso di cure che dovrai affrontare, non può
farti che
bene.-
- Ne sono consapevole.- Sorrise lei. - E ti prometto che
farò il possibile per mangiare tutto almeno quando
sarò in
condizioni di farlo.- Rispose facendo riferimento agli effetti della
terapia.
Poi indicò, con un gesto del capo, suo padre.
- Io
non sono una bambina e questo non è un reparto pediatrico,
dunque...- Lasciò cadere la frase come sempre faceva quando
il
discorso le pesava.
- Per stasera può restare, ma da domani temo
che dovrai stare da sola almeno la notte, Claudia. Non è per
me,
figurati, ma ci sono infermire che credo siano state addestrate da
ex-SS.- Spiegò il medico.
Fu allora che il signor Oreste
parlò.
- E se peggiorasse? Se ci fossero giornate in cui sta
tanto male e ci fosse il rischio che di notte peggiori ancora...?-
Parlò in preda all'ansia, riflettendo solo dopo sul fatto
che quelle
parole potessero ferire le figlia.
Lei, difatti, lo guardò
stranita e poi commentò con un pizzico di ironia.
- Me la tiri,
papà?- Sorrise stanca. - Però ha ragione,
Francesco.- Aggiunse
cercando di nuovo lo sguardo del medico. - È innegabile che
ci
saranno momenti difficili, e se di notte stessi male io per prima
vorrei qualcuno di caro vicino. Nel limite del possibile, è
chiaro.-
- State tranquilli, vi capisco e farò il possibile
perché lei
possa stare con sua figlia ogni volta che vuole e ce n'è
bisogno.-
Claudia ringraziò l'amico con lo sguardo e si rivolse
nuovamente a suo padre. - Vedi? Ti conviene sperare di non stare con
me la notte, perché significa che sto bene.-
Spiegò.
Il medico
li lasciò soli poco dopo, e Claudia, che ancora conosceva il
suo
lavoro, si accorse dell'occhio con cui la guardava, una sorta di
visita fatta solo tramite lo sguardo.
Non disse nulla, in fondo
quella era la situazione; Francesco era un oncologo e lei una malata
di cancro, lui era il suo medico e quello era il suo mestiere.
Rimase
sola con suo padre affianco, silenzioso come sempre lo avrebbe visto
in quei giorni.
Continuò lei a tenergli e accarezzargli la mano,
al contrario di quello che sarebbe dovuto essere, e l'uomo se ne
accorse.
- Sembra che tu stia consolando me, bambina mia, eppure
credo che dovrebbe essere il contrario, scusami.-
- Non sei il
primo a dirmelo, ma non è così. È un
momento difficile per tutti,
ed è giusto che chiunque ne abbia bisogno venga consolato,
rincuorato.-
Lui rimase ancora in silenzio, mentre la donna fece
un leggero sorriso quando, guardando il cellulare, vide il messaggio
della buonanotte di Davide e Guido, una foto del piccolo che le
mandava un bacino.
Gliela avevano inviata a quell'ora perché il
magistrato immaginava che la moglie si sarebbe addormentata presto e
infatti, malgrado fossero appena passate le sette, la donna accusava
già una fortissima stanchezza.
L'ossigeno che respirava tramite
quei tubicini le dava un minimo di conforto, ma questo non faceva che
aumentare la certezza di come la malattia la stesse massacrando.
Se
si fosse lasciata visitare prima forse non sarebbe arrivata a quel
punto, nessuno lo diceva più benché tutti lo
pensassero ancora, ma
a lei non importava, quei pensieri lasciavano il tempo che trovavano,
la cosa fondamentale era iniziare le cure e lottare.
Lo faceva più
per i suoi cari che per se stessa, non lo avrebbe mai detto a nessuno
ma se fosse stata sola avrebbe riflettuto a lungo sul curarsi o meno,
non sarebbe stata immediatamente decisa a subire le torture delle
terapie se non avesse avuto nessuno per cui vivere.
Ma
non era sola, e dunque doveva combattere contro il male nel modo in
cui tutti si aspettavano da lei, perché nessuna sofferenza
avrebbe
giustificato l'abbandonare i suoi cari.
Suo padre, suo marito, suo
figlio, tutti si aspettavano che lei guarisse, che non smentisse la
forza d'animo che tutti erano soliti attribuirle.
Il pensiero
corse al suo bambino.
- L'unica cosa di cui posso essere felice è
che sia io a stare male e mio figlio, non saprei che fare se al posto
mio ci fosse lui...- Sospirò, ma subito dopo si accorse
della
terribile gaffe.
Fece per dire qualcosa e venne anticipata dal
signor Oreste. - Già... mi sarebbe piaciuto avere la tua
stessa
fortuna, quella di stare male al posto di uno dei mie
figli...-
Claudia si sentì avvampare per la vergogna.
- Scusa
papà, è che...-
- È che ora sei una donna, più madre che
figlia, ed è normale che il tuo primo pensiero sia lui. Ma
vorrei
davvero essere al posto tuo.-
La donna lo guardò negli occhi con
uno sguardo terribilmente dolce.
- Sono ancora una figlia, papà,
e se tu stessi male io soffrire tanto, tantissimo. Non possiamo
scegliere ciò che ci accade, ma possiamo scegliere come
reagire. Tu
cerca di essere in felice perché sei in salute, io lo sono
perché
chi amo sta bene e vedrai che a breve saremo feliciti tutti
perché
starò bene anche io.- Gli sorrise leggera.
L'uomo strinse forte
la mano di quella figlia che aveva cresciuto da solo e non disse
più
nulla.
Solo quando fu certa che ella si fosse addormentata lasciò
scivolare qualche lacrima sui suoi lineamenti provati dal tempo e dai
dolori di una vita intera.
E sperò che davvero, il primo
possibile, il suo pianto diventasse di gioia.