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Autore: effe_95    06/06/2015    5 recensioni
Questa è la storia di diciannove ragazzi, i ragazzi della 5 A.
Questa è la storia di diciannove ragazzi e del loro ultimo anno di liceo, del loro affacciarsi a quello che verrà dopo, alla vita. Questa è la storia di Ivan con i suoi tatuaggi , è la storia di Giasone con le sue stelle da contare, è la storia di Italia con se stessa da trovare. E' la storia di Catena e dei fantasmi da affrontare, è la storia di Oscar con mani invisibili da afferrare. E' la storia di Fiorenza e della sua verità, è la storia di Telemaco alla ricerca di un perché, è la storia di Igor e dei suoi silenzi, è la storia di Cristiano e della sua violenza. E' la storia di Zoe, la storia di Zosimo e della sua magia, è la storia di Enea e della sua Roma da costruire. E' la storia di Sonia con la sua indifferenza, è la storia di Romeo, che non ama Giulietta. E' la storia di Aleksej, che non è perfetto, la storia di Miki che non sa ancora vedere, è la storia di Gabriele, la storia di Lisandro, è la storia di Beatrice che deve ancora imparare a conoscersi.
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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I ragazzi della 5 A
 

12. Spaventata, E’ troppo tardi? e Perché sono uno stronzo.


Ottobre  
 
Era già da dieci minuti che Beatrice se ne stava impalata davanti la bacheca, la penna stretta tra le dita e l’indecisione nello sguardo.
Sentiva gli altri ragazzi passare dietro di lei e chiacchierare allegramente per raggiungere le aule, i professori parlare tra di loro, mentre lei se ne stava immobile a fissare il foglio di prenotazione per il corso di teatro.
Le sarebbe bastato scrivere semplicemente il suo nome e andarsene.
Eppure provava un’indecisione insopportabile, le era sempre piaciuta l’idea di recitare, nella sua vecchia scuola non si poteva seguire un corso di teatro, non si poteva seguire nessuna attività extrascolastica, quella sarebbe stata l’occasione perfetta.
Sbuffò indispettita e finalmente tolse il tappo alla sua Bic, scrisse il nome con una calligrafia precisa, scrutò ancora una vola la lista, dove comparivano anche i nomi di alcuni dei suoi compagni di classe, e fece un sospirò profondo.
<< Cosa fa la mia racchia preferita? >> Beatrice trasalì quando sentì quella voce ad un centimetro dal suo orecchio, il fiato di Enea le accarezzava impunemente il collo scoperto e un braccio del ragazzo se ne stava mollemente appoggiato sulla sua spalla. << Oh, ti sei iscritta al corso di teatro, eh? >> Continuò lui scrutando con le sopracciglia aggrottate la lista dei nomi scritti sul foglio. Beatrice era diventata viola dalla rabbia, sospirò profondamente e scostò molto poco gentilmente il braccio di Enea allontanandosi da lui di qualche centimetro. << Questo ti crea qualche problema? >> Domandò Beatrice, scrutandolo con un’espressione adirata sul viso e le sopracciglia contratte.
Enea aveva entrambe le braccia penzoloni nel vuoto, scostò velocemente lo sguardo verso di lei e un sorriso sghembo gli attraversò le labbra, rendendogli ancora più spigoloso il viso.
Beatrice rabbrividì senza potersi controllare.
<< Quando la smetterai di guardarmi con quegli occhi, Beatrice? >>
Le domandò continuando a guardarla in quel modo, Beatrice si strinse le braccia al petto.
<< Con quale occhi? Io sono normalissima! >> Replicò distogliendo lo sguardo.
<< Tsk, ti ho già detto mille volte che quel giorno stavo scherzando! Non avevo nessuna intenzione di metterti le mani addosso, non ci penso nemmeno, per carità. Tuttavia, la tua reazione mi è sembrata alquanto esagerata! >>
Beatrice scosse freneticamente la testa, facendo ribalzare i ricci in varie direzioni, non aveva nessuna intenzione di parlarne con lui, era consapevole del fatto che la sua reazione era stata fuori luogo, avrebbe dovuto sapere che Enea non faceva altro che prenderla in giro, non le avrebbe davvero messo le mani addosso, lo sapeva, ma non era riuscita a controllarsi.
Era stato tutto più forte di lei.
<< Devo andare in classe adesso. >>
Troncò la conversazione con quelle parole, fece per dare le spalle ad Enea e lasciare l’atrio, ma il ragazzo fece uno scatto così repentino da afferrarle entrambi i polsi e bloccarla a pochi centimetri dalla sua faccia.
<< Mancano ancora venti minuti al suono della campanella. Va bene, ammetto che con te sono stato davvero uno stronzo, quindi non mi lamento delle tue reazioni così scontrose Beatrice, ma non posso accettare di far finta di niente. Tu non mi guardi come una persona che ti sta sulle palle, tu mi guardi spaventata >>
Beatrice aveva l’accelerazione cardiaca a mille, l’odore forte del dopobarba di Enea la frastornava, guardandolo da così vicino si rese conto per la prima volta che i suoi occhi azzurri erano screziati di grigio e affilati agli angoli.
Non l’aveva mai guardata con quell’aria così seria, Beatrice si rese conto che non stava affatto scherzando.
<< Mi … mi dispiace. Solo che mi hai ricordato un altro ragazzo, tutto qui >> Enea la lasciò andare di colpo, aveva un’espressione scioccata sul viso, Beatrice si massaggiò i polsi indolenziti e scostò lo sguardo. << Sono stata stupida, non avrei dovuto reagire con te in quel modo. Tu non c’entri niente, ti chiedo scusa >>.
Lo sguardo di Enea era posato su di lei, contratto, il ragazzo non aggiunse nulla, così Beatrice sospirò pesantemente e gli diede le spalle. Fece appena un passo quando lui la richiamò. << E cosa ti ha fatto questo ragazzo, Beatrice? >>.
Lei chiuse gli occhi, fece un respiro profondo e non rispose.
Enea la vide andare via senza dargli risposta, i libri stretti al petto, i capelli ricci ondeggianti sulla schiena e la postura un po’ più prostrata.
Si grattò la nuca, poi lanciò uno sguardo veloce al foglio del teatro, di cui si era dimenticato. Lo guardò per qualche secondo, poi afferrò la prima penna che trovò e segnò anche il suo nome. Enea sperò di non pentirsi di quel gesto istintivo.
Ma gli occhi di Beatrice gli si erano stampati nella testa.
 
Catena aveva creduto fino ad un minuto prima di potercela fare, ma guardando la porta chiusa della sua aula le tremarono di nuovo le gambe e il cuore le rimbalzò nel petto.
Aveva pensato di non presentarsi a scuola quel lunedì, e nemmeno il martedì e il mercoledì, aveva pensato di non andarci mai più, ma dopo aver pianto tutto il weekend rinchiusa nella sua camera, aveva anche pensato che non ne valesse la pena.
Quella mattina si era alzata piena di propositi, il primo era di presentarsi in aula come se niente fosse, il secondo era quello di ignorare Oscar per il resto della sua vita.
Guardando quella porta chiusa, con la lezione iniziata già da più di dieci minuti, Catena sentì di aver fallito miseramente su entrambi i fronti.
Fece un respiro profondo, ricacciando indietro le lacrime, sollevò la mano per bussare alla porta quando quest’ultima si spalancò all’improvviso.
La ragazza fece automaticamente un passo indietro per nascondersi, ma quando sollevò il viso e si accorse che si trattava di Oscar, il cuore le sprofondò ancora di più nel petto, non poteva essere così sfortunata.
Oscar spalancò gli occhi quando la vide, rimase impalato con dei fogli tra le mani, osservandola con la bocca leggermente spalancata e gli occhi castani ben visibili.
Catena aveva gli occhi lucidi, i capelli neri erano bloccati in un morbido codino un po’ sfatto, gli occhiali le scivolavano sul naso e la felpa che indossava era troppo larga, le maniche lunghe le coprivano le mani.
Era bellissima.
Oscar si riebbe presto dallo shock, tossicchiò leggermente nel pugno e chiuse la bocca.
<< Cosa ci fai qui fuori? >> Domandò a bassa voce, Catena abbassò gli occhi e non rispose, allungò una mano verso il pomello della porta e fece per abbassarlo, ma quando Oscar capì le sue intenzioni e si rese conto che lo aveva evitato, l’afferrò saldamente per un polso e la trascinò via con se lontana dalla 5° A.
Quando si fermarono di nuovo, Catena sentiva il cuore ballare freneticamente nel petto senza sosta, le facevano male le gambe, la cartella era scivolata malamente sulle spalle e respirava a fatica.
Appoggiò entrambe le mani sulle ginocchia e guardò Oscar con gli occhi spalancati.
Il ragazzo si trovava nella sua stessa identica posizione, i fogli che stringeva tra le mani si erano leggermente spiegazzati nella sua stretta troppo forte.
Erano arrivati nel corridoio della segreteria in meno di un minuto.
<< C- che cosa ti prende?! >> Sbottò Catena senza riuscire a controllarsi, era rossa in viso e sentiva una stizza improvvisa, senza provare più quell’imbarazzo che aveva accompagnato la sua figura fino ad un momento prima.
 Oscar trasse un respiro profondo e si ricompose immediatamente.
<< Volevo parlare con te, ma mi sono accorto guardandoti negli occhi che non me l’avresti permesso. Rapirti era l’unica soluzione >> Spiegò con ancora un po’ di fiatone, le guance di Catena divennero rosse come il fuoco, non aveva mai provato così tanti sentimenti contrastanti come in quel momento. Era arrabbiata, era imbarazzata e frustrata, la figura di Oscar su quello sgabello non faceva altro che tormentarla.
<< Ora … ora devo tornare in classe.Sono già in ritardo >> Si affrettò a replicare Catena mentre si sistemava per la centesima volta la cartella sulle spalle.
I capelli scampati al codino le scivolavano sul viso accarezzandole la pelle, Oscar strinse forte i pugni facendo diventare ancora più bianche le nocche e i fogli si rovinarono ulteriormente.
<< Oggi entrerai alla seconda ora! >> Ribatté risoluto, Catena si voltò a guardarlo e contrasse le sopracciglia arrabbiata, era la prima volta che Oscar la vedeva così viva. << Non ti lascerò finché non avrai parlato con me Catena >>
<< No, devi fare delle fotocopie, vero? Fa il tuo lavoro, io vado in classe >>
Catena sentiva una voglia matta di scappare via, non si era preparata ad affrontare una discussione, non lei che aveva osservato quel ragazzo sempre dal suo banco senza mai muovere un dito, nascosta dietro un libro. Si era rassegnata durante quel weekend, e non voleva avere un’altra umiliazione, non avrebbe permesso ad Oscar di dirle a parole quello che aveva letto nel suo sguardo all’Olimpo.
<< No! >> Scattò Oscar afferrandola per un polso, aveva le sottili sopracciglia castane contratte sul viso, i capelli gli ricadevano malamente sulla fronte. << Non ho passato tutto il weekend a scervellarmi per avere questa risposta! Non ho passato due notti in bianco per questo, dannazione! >> Catena sobbalzò quando sentì quelle parole, il cuore le arrivava in gola talmente era accelerato, ma contemporaneamente sentì anche una rabbia irrefrenabile lambirle le viscere, come non l’aveva mai provata in vita sua.
Non si sarebbe nascosta dietro nessun libro quella volta.
<< Ma come ti permetti?! >> Sbottò liberandosi dalla sua stretta ferrea << Sono io quella che  è stata beffeggiata davanti a tutti! Tu non hai la più pallida idea di come mi sia sentita. Tu mi hai solamente confusa, quella sera non avrei voluto niente da te, se non che tu non abbassasi lo sguardo come hai fatto! Niente, non ti avrei chiesto niente. >>
Sulle ultime parole la voce di Catena calò nettamente mentre si rendeva conto di quello che aveva appena detto, il petto le andava su e giù senza tregua, e nello scatto il codino le era definitivamente scivolato via liberando tutti i capelli, un torrente nero sulle spalle.
Oscar la guardò con sgomento solamente per un secondo, poi scoppiò a ridere, Catena spalancò la bocca, le lacrime che cominciavano a salirle agli occhi.
Si portò le mani sul viso e le lasciò andare.
<< Basta, non ce la faccio più >>
Al suono di quelle parole, pronunciate tra i singhiozzi, Oscar smise di ridere.
Catena aveva il volto nascosto e il corpo scosso dal pianto, e siccome non poteva vederlo, Oscar si lasció andare all’espressione più sofferente di cui era capace.
Quello che provava per Catena l’aveva tenuto nascosto per molto tempo anche a se stesso, perché quello che gli era successo in passato era troppo forte e violento da contrastare, ma parlare con Ivan e con Giasone gli aveva dato coraggio.
Doveva lasciare andare il passato e guardare al futuro.
E aveva deciso che quel futuro sarebbe stato Catena.
Fece un passo verso di lei e le afferrò i polsi, scoprendole il volto rosso e bagnato.
<< Sai … >> Cominciò a dire sorridendole divertito << … sei maledettamente bella quando ti arrabbi >> E prima che Catena potesse memorizzare bene quelle parole, appoggiò avidamente le sue labbra su quelle di lei.
Catena era rigida tra le sue braccia, ma nonostante questo Oscar riuscì ad approfondire il bacio rendendolo vero. Senza che se accorgesse, Catena si ritrovò ad intrecciare le braccia dietro le spalle di lui e a sollevarsi sulla punta dei piedi per ricambiare quel suo primo bacio.
Quando si separarono era rossa dalla vergogna, si portò le mani sulla bocca e fece un piccolo passo indietro, Oscar le sorrise leggermente, e tenendola stretta per le braccia le stampò un altro bacio sul naso, rimasto scoperto.
<< Posso parlare adesso? Quello che ho cercato di dirti prima, è che mi sono comportato male. Io … io ho sempre provato qualcosa per te, ma non riuscivo ad accettarlo. Non sapevo come comportarmi. Quella sera sono stato spaventato dalla verità dei tuoi sentimenti … per poi accorgermi che erano uguali ai miei. >> Catena rimase in silenzio, mentre Oscar la guardava con occhi tristi e un sorriso arreso sulle labbra. << Dimmi … è troppo tardi? >>
<< No … >> Non appena Catena spostò leggermente le mani per rispondere, Oscar la baciò di nuovo.
 
Miki era proprio stanca quella mattina.
Si era svegliata nel cuore della notte dopo aver sognato per l’ennesima volta quelle poche ore che aveva passato con Aleksej. Era la terza volta in soli due mesi e Miki già non lo sopportava più. Quando si svegliava, la sensazione della pressione delle mani di Aleksej sul suo corpo era forte come se lui fosse stato lì, come se le stesse ancora sfiorando la pelle con le labbra o accarezzando la schiena.
Il corpo le bruciava prepotentemente ogni volta che ci pensava e le lacrime le invadevano il viso. Anche durante quell’ultima ora di quel grigio lunedì mattina, mentre Sonia si smaltava di rosso le unghie, Miki riuscì a trattenere a stento le lacrime a quei pensieri.
Il silenzio di Aleksej era durato anche fin troppo allungo perché lei lo tollerasse ancora, le frecciatine continue di Sonia erano diventate troppo sfacciate perché lei potesse resistere più di così, eppure si dava continui pizzichi sul braccio e taceva.
Lo stomaco le faceva terribilmente male e le girava la testa con tutti quei pensieri, non riusciva nemmeno più a mangiare decentemente senza che l’amarezza le si attaccasse addosso.
Quel giorno sarebbe stato il suo ultimo tentativo per parlare con Aleksej.
Quando la campanella suonò, perse un po’ di tempo a sistemare le sue cose, lasciando che Sonia la insultasse per il suo ritardo e se ne andasse lasciandola sola.
Infilò velocemente la giacca e la cartella e raggiunse la porta con passo affrettato, dove Aleksej si stava dirigendo insieme a Gabriele, prima che lasciasse l’aula però, lo afferrò per un lembo della camicia.
<< Aleksej possiamo parl … >> Miki non finì mai quella frase, perché non appena Aleksej si girò per risponderle e scostò il braccio, un capogiro improvviso le fece perdere i sensi.
Aleksej la prese giusto prima che battesse la testa a terra, e nel delirio in cui stava scivolando, sentire le braccia del ragazzo su di se, le fece sembrare di stare ancora sognando.
Quando riaprì gli occhi si trovava nella segreteria stesa sul divanetto nero di pelle.
Sentiva il tessuto rigido del sofà attaccato alla pelle e la testa pesantissima. La sua attenzione si focalizzò principalmente sulla scrivania ormai vuota e sul sole che filtrava sfacciatamente attraverso gli spiragli della tapparella semi-abbassata.
Non aveva idea di che ore fossero e per quanto tempo fosse rimasta svenuta.
<< Finalmente ti sei svegliata. Ci hai fatto prendere un colpo, sai? >>
Miki sobbalzò quando sentì la voce di Gabriele così vicina, poi si accorse che il ragazzo se n’era stato per tutto il tempo seduto al suo fianco. Aveva le gambe distese in avanti con le caviglie incrociate e le mani nelle tasche di quei pantaloni color kaki che gli stavano benissimo. Miki lo guardò con confusione.
<< Che ore sono? >> Si ritrovò a chiedere mentre si tirava lentamente su, le girava ancora un po’ la testa, così Gabriele abbandonò la sua comoda posizione e l’aiutò prendendola per un braccio.
<< Le due e mezza, sei rimasta svenuta solo per mezz’ora. La segretaria se n’è andata per la pausa pranzo, nel frattempo sta arrivando tua madre. >> Spiegò il ragazzo scrutandola con insistenza negli occhi, Miki distolse lo sguardo e si aggiustò frettolosamente i liscissimi capelli castano chiaro dietro le orecchie.
<< E tu sei rimasto qui ad aspettare … da solo? >>
A quelle parole l’espressione di Gabriele si addolcì, Miki si pentì immediatamente di aver fatto quella domanda. Le guance le si arrossarono vistosamente e i suoi pensieri andarono verso un’unica persona e la consapevolezza che Gabriele aveva capito perfettamente a chi lei si stesse riferendo implicitamente.
<< Aleksej se n’è andato Miki >> In cuor suo Miki lo sapeva, ma non avrebbe voluto sentirselo dire, strinse convulsamente tra le mani la stoffa della sua maglietta e contrasse le sopracciglia. << Dovresti mangiare qualcosa sai, sono andato a prenderti un pacchetto di cracker >> Gabriele le porse il pacchetto con un sorriso gentile e triste allo stesso tempo stampato sulle labbra, Miki aveva ancora le sopracciglia contratte mentre lo osservava.
Non accettò i cracker e Gabriele sospirò pesantemente.
<< Credo che tua madre stia per arrivare, posso anche andare no? >> Non ottenendo una risposta, Gabriele cominciò a raccogliere tutte le sue cose, la giacca, la cartella e le chiavi della macchina. << Se posso darti un consiglio … non continuare a farti del male. >>
Miki non replicò subito, così Gabriele si avviò verso la porta senza esitare.
<< Allora perché ha fatto l’amore con me?! Perché diavolo l’ha fatto?! >>
Le parole di Miki, dette con lo strazio nella voce, fecero fermare Gabriele quando aveva la mano già stretta intorno al pomello della porta. Il ragazzo si girò giusto in tempo per vedere le dita di Miki strette convulsamente sulla stoffa della propria maglia e le lacrime solcare il volto contratto ancora dalla rabbia.
<< Mi dispiace >>
Gabriele si vergognò da morire nel pronunciare quelle stupide parole, ma non sapeva cos’altro dirle. Lasciò la stanza con l’immagine di Miki che gli dava le spalle nella mente.
Aleksej si trovava esattamente dove l’aveva lasciato, appoggiato accanto al muro con gli occhi puntati per terra. Gli lanciò un’occhiataccia e lo sorpassò senza nemmeno fermarsi.
<< Come sta? >> Lo rincorse Aleksej, Gabriele continuò a camminare impettito verso la macchina.
<< Non chiedermi mai più di dire una palla per te, chiaro?! >> Sbottò irritato al massimo, Aleksej incassò il colpo senza fiatare, dopotutto sapeva benissimo di aver fatto una cosa orribile, ma non ce la faceva ad affrontare quella cosa.
Si sentiva un mostro.
<< Sta piangendo, lo sai? >> Scattò ancora una volta Gabriele, afferrandolo per un braccio e fermandosi bruscamente per strada, mentre raggiungevano il parcheggio delle macchine.
<< Lo so >> Replicò Aleksej con un filo di voce e lo sguardo basso.
<< E allora perché non vai da lei?! >> Gabriele lo scosse per le spalle.
Aleksej fece un respiro profondo, chiuse gli occhi per qualche secondo e quando li riaprì regalò al cugino uno dei sorrisi più strazianti che avesse mai visto.
<< Perché sono uno stronzo >>.
Gabriele rabbrividì. 



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Effe_95 

Sono viva!
Ho appena trascorso una settimana infernale, ho dato due esami il 3 e il 4 e il 9 ne ho ancora un altro, quindi non so davvero come abbia fatto a postare, ma fortuna che il capitolo l'avevo già scritto e andava solo aggiustato. Comunque vi chiedo clemenza se dovessero esserci ancora degli errori, perchè l'ho fatto di fretta e tra una cosa e l'altra. Detto questo, spero che vi piaccia.
Vediamo finalmente Enea e Beatrice un po' più aperti (?) l'uno nei confronti dell' altra e spero l'idea del corso di teatro vi sia piaciuta :)
Poi, vi avevo promesso un bacio ed eccolo qui. Spero solo che non sia stata troppo azzardata come mossa, so che il segreto di Oscar non è ancora per nulla chiaro, ma ovviamente si capirà tutto più avanti.
Per l'ultima parte non credo ci sia molto da dire, Aleksej è stato cattivo lo so.
Grazie mille come sempre a tutti e alla prossima.
Sperando di essere ancora viva. 

 
  
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