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Autore: luckily_mellark    20/06/2015    4 recensioni
“tu vorresti andarci?” dall'altra parte dell'isola della cucina, poggiato con le braccia conserte sul marmo, mi guardava curioso
“vorrei provare un po' di normalità. Sai, il ballo, prepararsi come le ragazze mortali, e fare tutto quello che fanno dopo con i loro ragazzi.” ammisi, piegando un angolo delle labbra in un sorriso timido
“allora ci andremo. E per la parte del DOPO se ti va possiamo rimediare” mi persi nei suoi occhi meravigliosamente maliziosi, colmi di quell'entusiasmo che solo lui riusciva a dimostrare
[SPOILER BOO!!!!!!!] [PERCABETH] [piccoli accenni PiperXJason e Solangelo]
mini mini mini long.....
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jason/Piper, Nico/Will, Percy Jackson, Percy/Annabeth, Piper McLean
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Mi rigirai più volte nel letto, misi la testa sotto il cuscino, scalciai le lenzuola per riportarmele fin sopra le orecchie. Ma nulla servì a smorzare la luce del sole che inondava la camera e che filtrava dai vetri puliti della finestre. Sentivo il calore dei raggi irradiarsi sulla pelle della schiena lasciata scoperta dal pigiama arrotolato e malmesso. Evidentemente mi dovevo essere mossa parecchio quella notte. Aprendo un solo occhio allungai la mano verso la sveglia sul comodino, per accenderne lo schermo.

Erano le 8.30 di un soleggiato sabato mattina Newyorkese...

sgranai gli occhi.

DI QUEL SABATO MATTINA. Proprio quello. Quello del ballo di fine anno.

Arrossi violentemente per l'emozione e mi misi a sedere. Mancava solo l'urletto isterico e sarei stata tale e quale a quelle ochette giulive delle cheerleader della Goode High School.

Dovevo riprendere un minimo di autocontrollo.

Entro le 9.30 sarebbero arrivati Piper e Jason.

Avevano accettato l'invito la settimana precedente.... secondo gli accordi sarebbero arrivati la mattina e ripartiti di notte, dopo il ballo, con il Jet privato dei McLean. Chissà perchè, il padre di Piper non si fidava a farla dormire fuori con un ragazzone ben piazzato, biondo, con una cicatrice sul labbro e una spada d'oro imperiale al fianco. Bhe, probabilmente la spada non la vedeva esattamente com'era ma... ad essere sincera non credo che la foschia potesse mascherare una spada con un gattino di peluche, che ammettiamolo, sarebbe stato altrettanto strano e preoccupante.

Sorrisi come un'ebete e mi girai a guardare il ragazzo che dormiva beatamente affianco a me.

Ogni mattina in cui riuscivo a guardarlo dormire mi stupivo di quanto rilassato potesse essere nel sonno. Tutto quello che avevamo passato, tutte le disavventure, i drammi, e le fatiche sembravano non essere mai esistite. Il suo volto disteso mi fece venire in mente per l'ennesima volta tutte le cose belle che la vita ci aveva regalato.

Degli amici meravigliosamente leali,

delle famiglie premurose

un bel po' di posti dove sentirci a casa: San Francisco da mio padre, l'appartamento di Sally e Paul, il campo, e il mio piccolo appartamento in affitto dove passavamo la maggior parte del tempo,

e per ultimo, la vita ci aveva riservato l'amore incondizionato l'uno dell'altra. (anche se forse c'era di mezzo lo zampino di Afrodite in questo)

 

la linea dritta delle sopracciglia di Percy, il suo viso schiacciato sul cuscino di piuma e la bocca leggermente aperta risvegliarono in me quel calore che avevo avvertito la prima volta che lo avevo rivisto dopo la sua scomparsa, al campo Giove.

La bavetta che colava sull'angolo delle sue labbra invece mi portò letteralmente indietro nel tempo, ad un primo incontro un po' meno piacevole.

Ci conoscevamo da circa 6 anni e non aveva ancora smesso di sbavare nel sonno, che schifo.

Mi alzai stiracchiandomi, la lingua che umettava lentamente le labbra. Sbadigliai sonoramente, come un leone che saluta il mattino con un bel ruggito. Forse con i capelli arruffati per la dormita sarei sembrata davvero il re della savana se mi fossi guardata allo specchio.

Scesi dal letto ridacchiando, pronta per andare in bagno e svegliarmi un po' meglio.

Adoravo l'acqua sul viso, la freschezza del dentifricio alla menta in bocca, la morbidezza dei capelli appena spazzolati e la sofficità della crema idratante sulle guance.

Non che fossi un amante dei prodotti di bellezza, ma con la pace degli ultimi mesi avevo imparato a prendermi cura di me stessa un po' di più...

i mostri che ci avevano attaccato non esulavano dall'ordinaria amministrazione, motivo per cui i motivi di ferite profonde si erano ridotti notevolmente.

Il che mi fece riflettere sul motivo per cui Percy aveva cominciato ad annoiarsi a morte. C'era qualcosa nell'uccidere mostri che lo rendeva ancora più vivo di quanto non fosse normalmente. La lotta aveva sempre acceso in lui quella fiamma che da mesi ormai si stava assopendo. E io avevo ormai adottato l'obbiettivo di trovare qualcosa che la ravvivasse nuovamente.

 

Uscii dal bagno, finalmente del tutto sveglia, con lo stomaco in subbuglio sia per la fame che per l'agitazione. Non vedevo l'ora di provare il primo vero assaggio di normalità.

Da tutti i film che avevo visto, prepararsi per il ballo doveva essere davvero divertente, un po' snervante certo, ma soprattutto sarebbe dovuto essere un modo per unire ancora di più il rapporto con un amica. E io avevo scelto Piper. Mi sarebbe piaciuto invitare anche Rachel, Thalia, Hazel, Reyna, Clarisse e tutte le altre ragazze con le quali avevo buoni rapporti al campo, ma alla fine avevo dovuto prendere una decisione. Dalla quale era uscita vincitrice Piper, anche perchè era l'unica che potesse venire accompagnata dal suo fidanzato. E perchè era l'unica ad intendersene veramente di preparativi e di cose comunemente mortali.

 

Entrai in cucina, e aprii gli scaffali alla ricerca di qualcosa da sgranocchiare per colazione. L'occhio mi cadde sulle uova e sul bacon, motivo per cui decisi di preparare i pancakes con il bacon. Ah, tutto rigorosamente blu.

Insomma, aveva deciso di accompagnarmi al ballo, qualcosa di speciale se lo meritava pure no?

 

Presi la ciotola e la forchetta, cominciando a preparare la pastella.

Non che fossi un asso in cucina, ma i pancakes mi riuscivano quasi sempre particolarmente bene. Aggiunsi il colorante blu e la farina, mescolando il composto che cambiava man mano il colore, da giallognolo ad azzurro.

Quando la padella fu calda cominciai a cuocerli.

In totale per colazione avevamo 12 pancakes e 12 fette di bacon. Assolutamente non male come inizio di giornata!

 

Non avevo la minima intenzione di lasciare che quel pigrone dormisse oltre. Le 9.15 erano un orario improponibile per qualunque semidio sulla faccia della terra. Che avesse o non avesse sconfitto Gea in tutta la sua divina persona.

A passo di carica raggiunsi la camera. Era un completo disastro. I vestiti del mio fidanzato giacevano ai piedi del letto, stropicciati e abbandonati li la sera precedente. I miei invece, erano accuratamente piegati sulla sedia in angolo.

Eravamo le due facce opposte della stessa medaglia, inseparabili eppure così diversi.

Mi avvicinai al letto, sistemando calzini e magliette nel mentre, decisa a dargli il buon giorno migliore che avesse mai avuto fino ad allora.

 

“Percy è ora di alzarsi” mi sedetti sul letto, dandogli un bacio lascivo sulla guancia che cominciava ad avere i primi accenni di barba

“mmm ancora cinque minuti” non ci mise molto a girarsi dall'altra parte, tirandosi via le coperte e distendendo le labbra in una curva sensuale verso l'alto.

“Perseus Jackson è pronta la tua colazione blu” al suono del suo nome completo aprii pigramente un occhio, passandosi la lingua sui denti

“buona la colazione blu” mugugnò, allungando le braccia,

mi lasciai afferrare e trascinare sul letto sfatto che profumava di acqua marina e limone.

“me la porteresti a letto?” strofinò il naso sul mio collo, come faceva nei momenti di felicità

“non ci penso proprio Testa d'Alghe” ridacchiai, un po' per il solletico che i suoi capelli spettinati mi procuravano mentre mi baciava la spalla scoperta, un po' per l'ironia della situazione. Un semidio iperattivo che voleva restarsene a letto l'avevo sentita poche volte in vita mia.

“mmm meglio così. Allora posso mangiare te” usò un tono vagamente lascivo, mentre stringeva la presa sulla vita e affondava piano i denti nel lobo dell'orecchio, cavandomi un urletto di bocca e facendomi arrossire violentemente. Per le braghe di Poseidone, ma che stava facendo?!

“forse è meglio di no Percy” commentai “vorrei arrivare viva a questa sera”

sbuffò indignato e divertito, mentre si alzava per andare in bagno. Si tolse la maglia prima di entrarci

“devo darti un sacco di baci, visto che non ci vedremo per tutto il giorno. Quindi guai a te se ti muovi da li”

le mie guance ormai in fiamme assunsero un colore vagamente violaceo.

Non capitava spesso che il mio ragazzo si comportasse così...

mi distesi sul letto e sospirai, completamente dimentica della colazione pronta sul tavolo della cucina.

Cinque minuti dopo la porta del bagno si aprì, lasciando uscire Percy che evidentemente non aveva nemmeno provato a pettinarsi.

Si distese sul letto accanto a me, attirandomi a se con un braccio. I nostri corpi sembravano fatti apposta per combaciare alla perfezione.

Prese ad accarezzarmi i capelli dolcemente, passando le dita tra i ricci appena addomesticati dalla spazzola. Ogni tanto mi lasciava qualche bacio sulla testa

“allora Sapientona” cominciò “che vestito hai intenzione di metterti oggi?”

la realtà è che non ne avevo idea. Possedevo giusto un paio di vestiti, e non mi era parso il caso di spendere altri dollari per un vestito pomposo che non avrei mai più rimesso.

Alzai le spalle, indecisa

“non lo so. Ho il vestito azzurro che mi ha regalato papà per il compleanno” ammise, anche se non era esattamente entusiasta della scelta. Si trattava di un vestitino corto azzurro, un tubino color pastello che dubitavo avrei mai avuto altra occasione di mettere.

“mi piace l'azzurro” Testa d'alghe mi guardava mordendosi il labbro, pensieroso

“lo so” risposi, sincera. Se un giorno mi avesse detto che mi amava tanto quanto amava il blu, sarei stata la ragazza più felice della terra.

“quindi aggiudicato?” disse, una punta di curiosità nella voce, prima di avventarsi sulle mie labbra.

Intrecciai le dita ai suoi capelli neri, tirandoli appena quando scese a baciarmi il collo.

Per quanto mi piacesse, dovevamo smetterla di rotolarci a letto. Piper e Jason stavano arrivando, con ogni probabilità.

“Percy andiamo a fare colazione” ero rossa in viso, per l'ennesima volta.... o forse non avevo mai smesso di esserlo... ma la mia voce era comunque ferma. Proprio come quando, impaurita, dovevo prendere tempo contro un demone. E lui in questo momento, era il demone peggiore che avessi mai incontrato.

“eddai sapientona! Ci stiamo divertendo” mugugnò, guardandomi con quegli occhioni verde mare da cucciolo ferito.

“Percy” cercai di imprimere nei miei una parvenza di autorità

“tra poco arriveranno Piper e Jason. Non possiamo farci trovare a letto”

lo vidi arrossire e sogghignare, mentre con estrema calma prendeva a baciare la mia spalla. Quando smise, mi fece l'occhiolino

e si alzò, guardandomi dal basso verso l'alto.

Il campanello suonò in quel preciso istante

“Al Tartaro! Non potevano arrivare più tardi?” brontolò, tendendomi la mano

“per favore” supplicai “rimettiti la maglia e rifai il letto”

“maddai Annabeth! Fa caldo! E poi che male c'è se sto così?” fece di nuovo quello sguardo supplichevole, ma questa volta fui irremovibile

“non se ne parla. Vestiti. Non voglio che ti vedano così” non voglio che Piper ti veda così.

“sei gelosa per caso Chase?” risi

“certo che si, Jackson” gli feci l'occhiolino e sparii verso il salotto, per accogliere i nostri amici.

 

 

 

 

Piper era, come dire... raggiante. Nel momento esatto in cui aprii la porta mi stritolò in un abbraccio caloroso.

“ciao Annabeth!! mi sei mancata così tanto”

“ciao Pip” ero contenta anche io di vederla.

Ancora stretta nell'abbraccio mugugnai un

“ciù Jasn”

fortunatamente il biondo capì, contraccambiando con un sorriso gentile

“ciao Annabeth”

 

non appena l'aria fu tornata a riempirmi i polmoni li invitai ad entrare

“ragazzi ho preparato la colazione... Jason ti vanno i pancakes con il bacon? Per te Piper ho del tofu e della frutta”

annuirono entrambi e dopo aver lasciato i borsoni sul divano presero posto intorno al tavolo della cucina in mezzo al quale avevo preparato i piatti e le pietanze.

“come state?” servii ad ognuno tre dischi di pasta e tre fette di pancetta che inondarono subito con lo sciroppo.

“benissimo. Ma si può sapere perchè sono blu?” Jason mi guardò sospettoso, e io abbassai lo sguardo, istintivamente. I suoi occhi azzurri erano penetranti e indagatori.

“perchè all'inizio erano per me. Quindi vedete di non mangiarveli tutti ok?” Percy apparve in cucina, addosso un paio di pantaloncini corti e una maglietta logora del campo Mezzosangue.

“Percy!!!!!” la figlia di Afrodite salutò con la bocca piena

“Jackson” Jason stava addentando una fetta di bacon con fare famelico, lanciando al mio ragazzo uno sguardo accusatorio

“Grace” poi Percy si girò a guardare Piper “ciao Pip”

si sedette al tavolo, ansioso di mettere sotto i denti la colazione blu.

“e così voi due vivete assieme adesso?”

per poco non mi strozzai con il pezzo di pancetta che avevo appena messo in bocca. Ma che razza di domanda era?

“noi...” guardai Percy in cerca d'aiuto “no...”

no giusto?

“lui... è rimasto a dormire qui...” deglutii, facendo capire a chiunque che stavo mentendo. Compreso il figlio di Giove

“si certo” tossì “come no” tossì di nuovo.

 

A salvarci dall'imbarazzo fu miracolosamente la mia amica indiana

“non sai Annabeth cosa ti ho portato. Ci ho messo un po', ma alla fine ho convinto papà! Senza lingua ammaliatrice per giunta!”

“chissà perchè ho paura di saperlo” ridacchiai, alzando le sopracciglia

“eddai!! cmq oggi voi ragazzi ve ne dovete andare da questa casa. Andate dove cavolo vi pare ma noi qua abbiamo bisogno di privacy” aveva usato talmente tanta lingua ammaliatrice che per poco io stessa non presi le mie cose e uscii di casa.

I due diretti interessati annuirono convinti per un quarto di secondo, poi si resero conto dell'inganno

“Ehi! Così non vale Pip!” il biondo mise il broncio guardando la sua ragazza

“mi spiegate dove dovremmo andarcene poi?” Percy puntò su di me i suoi occhi verdi, indispettiti. Era stato avvisato, eppure non condivideva per niente l'idea

“ho chiamato tua mamma e le ho chiesto se potevate prepararvi la” accennai una smorfia d'incoraggiamento, a cui rispose alzando gli occhi al cielo.

“sei insopportabile” brontolò. Ma non ci feci troppo caso.

 

 

 

 

 

Quando i due se ne furono andati, con borsoni ed equipaggiamento al seguito, ebbi il tempo di spaventarmi sul serio per quello che aveva architettato la mora, che se ne stava comodamente seduta sul divano abbracciando la sua valigia perfettamente sistemata.

Sparecchiai la tavola e lavai i piatti, poi la raggiunsi.

Lanciai un occhiata all'orologio a muro appeso di fianco alla porta d'ingresso. Segnava le 11.30.

“ehi Pip allora mi vuoi dire cosa c'è li dentro?” mi accasciai di fianco a lei, poggiando i piedi sul tavolino da caffè in legno scuro.

“una cosa alla volta ragazza. Una cosa alla volta” i suoi occhi caleidoscopici brillavano di luce propria

“prima dobbiamo prepararci” mi fece la linguaccia e si alzò, diretta verso il bagno

“ma sono solo le 11.30. e il ballo comincia alle 20. non ti sembra che 8 ore e mezzo siano un po' troppe per vestirsi?”

ok che dovevamo anche truccarci, ma confidavo che non ci avremmo comunque messo più di 40 minuti.

“qui non si tratta solo di vestirsi bella mia. Qui si tratta di rifarsi da capo a piedi” continuava a spulciare tra i miei cassetti, guardando inorridita i miei poveri slip bianchi di cotone e i miei reggiseni sportivi.

Cominciai a sentirmi sotto-pressione

“si può sapere che stai facendo?” chiesi, piuttosto irritata dal comportamento invadente della semidea che mi stava di fronte.

Quando l'avevo conosciuta, non le importava quasi nulla di vestiti e trucco. Ma da quando avevamo sconfitto Gea, gli incontri con sua madre avevano avuto un effetto totalmente inaspettato su di lei. Aveva cominciato ad usare cosmetici e vestitini, pur rimanendo la solita, solare, altruista, intelligente Piper McLean.

“sto cercando di capire” socchiuse gli occhi, squadrandomi

“cosa?” insistetti

“cosa farti mettere questa sera” sorrise, mostrando le fila di denti bianchi e perfettamente allineati.

“io so già cosa mettermi” risposi. Avevo il vestito azzurro che avevo promesso a Percy.

“e sarebbe?” chiese, dirigendosi verso la camera da letto. “mostramelo”

Sperai che il moro avesse rifatto il letto.

Fortunatamente non mi deluse.

“eccolo” tirai fuori dall'armadio il capo color pastello avvicinandomelo al corpo per farlo vedere meglio

“che ne dici?”

“provatelo”

non so per quale motivo lo feci, o meglio, mi stava ovviamente manipolando, ma la accontentai.

Appena mi tolsi la maglia però i suoi occhi si fecero più scuri

“non penso proprio che ti metterai questo”

“perchè?”

indicò un punto sulla mia spalla, e io seguii i suoi movimenti con lo sguardo

“Per gli dei! Ma che gli è saltato in mente!” urlai, rificcandomi la t-shirt addosso.

Il livido bluastro era grande abbastanza per far parlare di se senza equivoci.

“io lo ammazzo” sibilai

“per tua informazione Annabeth” Piper rise “un succhiotto non si copre bene con il trucco”

mi appuntai mentalmente di porre fine all'esistenza del signor figlio-di-Poseidone non appena fossimo stati soli.

Grugnii infastidita, passandomi una mano davanti agli occhi

“e ora che facciamo?” chiesi, amareggiata.

“ cominciamo a farci belle ovviamente!” le treccine le dondolavano dietro le orecchie, finendo con qualche piuma dai colori vivaci. Ammiravo la sua naturale disinvoltura nell'indossare cose un tantino vistose.

“allora Annabeth” cominciò, prendendo un foglio e una penna a casaccio dalla scrivania.

Quel tavolo era forse l'unica parte perfettamente ordinata di tutta la stanza. Ci dovevo studiare, e avevo bisogno di essere precisa e meticolosa.

“facciamo una lista di quello che dobbiamo fare, così non ci dimentichiamo niente” mi guardò di sottecchi, grattandosi il mento con il tappo della biro

“penso che in 8 ore di preparativi sia altamente difficile dimenticarsi qualcosa. Ma si può sapere perchè dobbiamo cominciare così presto?” incrociai le braccia sotto il seno e mi lasciai cadere sul letto

“allora, facciamo un bell'elenco puntato come piace a te” riprese, ignorandomi completamente.

Non avevo mai detto che mi piacevano gli elenchi puntati, ma decisi di non farglielo notare. Tanto non avrebbe avuto senso.

Riprese a scrivere

“1) depilazione completa, ci vorranno circa un paio d'ore presumo“

“mmm-mmm” mugugnai...”un paio d'ore per passarsi il rasoio? Tu sei matta”

“rasoio? Tu sei matta! Io parlo di ceretta!”

solo il suono della parola Ceretta mi fece venire i brividi. Lo stesso suono delle strisce che ti strappano via anche l'anima. Oh di immortales! Non mi sarei sottoposta a quella tortura per nulla al mondo.

“non se ne parla! Fattela tu. Io resto fedele al mio rasoio. Funziona, è veloce, e indolore. Perchè devo soffrire?” sbiancai quando mi guardò con un sorrisetto sardonico stampato in faccia

“e ti crescono alberi sulle gambe dopo. Quindi è deciso. Ti fai la ceretta con me.”

“no” replicai.

“si. E smettila di pensarla come se non avessi mai tempo per te. I mostri non ti attaccheranno oggi. Hai tutto il tempo di farti bella”

“io non mi farò mai quella cosa.” la guardai, torva.

“vedremo” alzò le sopracciglia in segno di sfida.

Vedremo, figlia di Afrodite, chi vincerà questa guerra.

“riprendiamo. 2) maschera viso e capelli, circa un'ora” l'inchiostro lasciava lunghe scie sul foglio, che non mi presi però la briga di leggere per intero.

“3) pranzo, facciamo un ora”

“4) doccia”

“5) manicure e pedicure, facciamo circa un paio d'ore, visto che ne io ne te siamo proprio brave”

“6) trucco e capelli penso due ore, per lo stesso motivo di prima”

“7) prova abiti”

“8) cena”

“adesso lo vedi perchè ci serve tutto questo tempo?” mi fece notare e anche se non ero stata del tutto attenta, mi resi conto che la lista era parecchio lunga.

“ma è necessario fare tutte queste cose?” domandai, speranzosa di eliminare tutte quelle cose inutili come manicure e pedicure.

Per combattere i mostri erano inutili...

“sono indispensabili. Non eri tu quella che voleva provare ad essere come una comune mortale? Eccoti servita” sogghignò entusiasta, facendomi rimpiangere di averglielo detto. Ma ora ero in gioco, e una figlia di Atena, la migliore figlia di Atena, quella che aveva recuperato la statua sacra a sua madre, non si sarebbe tirata indietro.

Sospirai, alzandomi dal letto.

“allora cominciamo” strinsi i denti ed uscii dalla stanza.

 

 

 

Alla fine la lingua ammaliatrice ebbe la meglio. Mi ritrovai le gambe ricoperte di cera bollente in molto meno tempo di quanto mi aspettassi.

Gridai, quando la prima striscia si appoggiò sulla mia pelle

“Annabeth” lo sguardo canzonatorio di Piper mi fece smettere

“non ho ancora fatto nulla” precisò

“ah” era imbarazzante. Ma non avendo il coraggio di farlo da sola, era dovuta intervenire lei.

“ok bhe... io dicevo tanto per dir..” poi strappò.

E io urlai.

“stronza” sibilai tra i denti, facendola sbellicare dalle risate.

“fa male solo la prima, poi ti abitui” mi rassicurò, con quella voce calda, suadente.

 

E ovviamente fu una bugia.

Fece un male terribile.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Pov Percy...

 

 

 

 

Con la coda dell'occhio guardai Jason, mentre aspettavamo sul pianerottolo che mamma ci aprisse. Mi domandai che effetto gli avrebbe fatto conoscerla, e se l'avrebbe ritenuta un po' fuori dagli schemi. D'altronde lo era sempre stata. E l'adoravo per questo.

La porta prese a cigolare sui cardini e una figura magra di donna fece capolino da dietro lo stipite

“ciao mamma” sorrisi, sinceramente contento di vederla

“ciao tesoro” inarcò gli angoli della bocca verso l'alto, gli occhi chiari che risplendevano come al solito, poi la sua attenzione si spostò sul mio compagno di disavventure

“tu devi essere Jason” gli tese la mano, che lui strinse con cordialità “io sono Sally”

“piacere di conoscerla. Scusi il disturbo ma ci hanno cacciato di casa” le sorrise, facendo per primo un passo dentro l'appartamento. Io lo seguii subito dopo.

“volete qualcosa da mangiare ragazzi?”

io e il figlio di Giove ci guardammo, per una buona volta pienamente d'accordo.

“assolutamente si mamma”

lei ridacchiò e sparì in cucina.

 

“Grace tu sai cosa dobbiamo fare?” chiesi, mentre gettavo il borsone con lo smoking sul letto

“in che senso?” lui fece altrettanto.

“nel senso che non so cosa devo fare. Ho detto ad Annabeth che l'avrei accompagnata, ma non ho idea di cosa significhi. Sui film le ragazze hanno sempre dei fiori o roba del genere” alzai le spalle, e scossi la testa.

“bhe io non ne so nulla. A nuova Roma non ci sono queste tradizioni” ammise, facendo un giro per tutta la stanza, curiosando qua e la.

“dovremmo chiedere a qualcuno... il problema è...a chi?” mi presi la testa tra le mani e chiusi gli occhi, cercando di pensare a qualcuno che potesse essere in grado di aiutarmi.

Mamma no, l'aveva sempre vissuta dalla parte sbagliata.

Paul sarebbe stato un ottima scelta, peccato non fosse in casa e non avessi la minima idea di dove fosse. Probabilmente l'unica occasione che avrei avuto per vederlo sarebbe stata la sera stessa al ballo.

Pensai a Chirone, ma l'idea mi parve subito stupida. Che ne poteva sapere lui?

La maggior parte dei ragazzi del campo, in fatto di cose da adolescenti normali, ne sapeva quanto me.

Poi il colpo di genio

“Nico!” urlai, sgranando gli occhi e dandomi una sonora pacca sulla fronte.

Ero un genio. Un fantastico genio!

“Nico? Quel Nico?” Jason mi guardò scettico, un sopracciglio più alto dell'altro

“si Grace! Nico di Angelo! La prima volta che l'ho visto era al ballo dell'accademia con sua sorella”

“Hazel? Che c'entra lei adesso?” chiese, e mi ricordai che tutta quella parte di vita del figlio di Ade, lui non la poteva conoscere

“no no, Bianca. è...” ricordare faceva parecchio male, visto che era morta per salvare noi

“bhe, lascia perdere. È una lunga storia. Bianca era una cacciatrice di Artemide, poi è morta nel deserto, nella discarica di Efesto.” tagliai corto, sperando che non indagasse oltre. Non avevo voglia di raccontargli quanto fossi stato codardo a lasciarla andare al posto mio.

“ehm... ok. Quindi che si fa?”

“andiamo al campo, parliamo con Nico, seguiamo le sue istruzioni e torniamo qua in tempo per vestirci e prendere le ragazze.”

finalmente avevo un'impresa! La sensazione di avere qualcosa da fare mi riempì la testa e le vene di adrenalina

“prima mangiamo però” Jason stava annusando l'aria, e io lo imitai. L'odore di arrosto mi invase le narici

“si. Prima mangiamo”

 

 

 

 

il viaggio in macchina fino al Campo Mezzosangue fu abbastanza tranquillo e silenzioso. Nessuno dei due aveva molto da dire all'altro, quindi preferimmo tacere. Non che fosse un grosso problema, anzi.

I grattacieli di Manhattan lasciarono presto il posto alla case basse della periferia, seguite poco dopo dalle colline verdi e deserte dove le fattorie con i fienili enormi dominavano il paesaggio. Vidi il pino di Thalia in lontananza, maestoso e imponente. Il che mi fece ricordare di una cosa

“senti Jason” continuavo a guardare avanti, ma percepii che si era girato verso di me

“per favore” soppesai le parole da usare “non dire nulla di quello che hai visto questa mattina a Chirone”

“che tu ed Annabeth vivete assieme? Ok. Non preoccuparti” invece ero parecchio preoccupato. Nonostante tutto non riuscivo ancora a fidarmi del tutto di lui.

“noi non viviamo assieme” chiarii

“sono solo rimasto a dormire da lei. Suo padre le ha preso in affitto un appartamento a New York perchè non voleva che stesse da me.” raccontai, in modo che capisse come stavano realmente le cose

“presumo che si aspetti qualcosa, così come non è rimasta sorpresa mamma quando le ho detto che dormivo da Annabeth per la prima volta”

lui annuì, lasciandomi il tempo per finire. Speravo capisse la situazione, in fin dei conti lui e Piper non erano messi molto diversamente.

“Chirone però non approva, e se venisse a sapere che dormiamo assieme probabilmente mi farebbe a pezzettini” il tono scherzoso mitigava la realtà di quello che avevo appena detto.

“immagino di si”

 

parcheggiai ai piedi della collina e smontammo dall'auto, incamminandoci su per il pendio.

L'arco di pietra che delimitava il campo era più lucente del solito. Di guardia, due ragazzi di Efesto che facevo ancora fatica a riconoscere, al contrario di quanto mostrarono loro.

Ci salutarono calorosamente, e ci lasciarono passare.

 

Chirone, avvertito del nostro arrivo, ci raggiunse sul portico della Casa Grande.

I suoi zoccoli pestarono sulle travi di legno e il manto bianco della parte equina risplendeva alla luce del sole

“Perseus, Jason” ci salutò “cosa vi porta qui, questa volta?”

nel corso dell'ultimo anno, io, Annabeth e Jason avevamo fatto la spola, su e giù dal campo alla scuola, per dare una mano nella ricostruzione del campo e nel riconoscimento di nuovi semidei.

Dopo quello che ognuno di noi aveva passato l'estate precedente, parlare di una cosa frivola come il ballo di fine anno di una scuola mortale, era abbastanza imbarazzante. Fortunatamente fu il figlio di Giove a parlare

“Chirone, noi dovremmo parlare con Nico. Sai dov'è?”

“dovreste trovarlo nel campo di fragole insieme a Will” si accigliò “ è successo qualcosa?”

questa volta risposi io

“ci serve il suo aiuto per prepararci al ballo scolastico di questa sera, e lui è l'unico che ne sappia qualcosa”

“capisco. Bhe, in tal caso, meglio che lo andiate a cercare. Non avete molto tempo”

non ce lo facemmo ripetere due volte.

 

 

Vedere il figlio di Ade in un campo di fragole fu alquanto strano.

Vederlo un cimitero sarebbe stato meno inquietante.

Indossava la maglietta arancione del campo, un paio di Jeans logori e portava la spada di ferro dello Stige appesa alla cintura. Accanto a lui, un ragazzo alto smilzo e abbronzato rideva come un matto, i folti capelli biondi spazzati dal venticello primaverile.

Qualcosa mi disse che non avrei dovuto interrompere quel momento... era da tempo che Nico non rideva così.

“Nico!” Jason, evidentemente non la pensava come me.

Il ragazzino si girò, storcendo appena il capo quando ci vide.

“Jason, Percy” ci salutò con un cenno del mento, riprendendo la solito espressione seria

“ciao Nico” lo salutai “ciao Will”

“cosa vi porta qui ragazzi?” il figlio di Apollo invece mantenne la solita e inconfondibile allegria che lo rappresentava

“abbiamo bisogno di un consiglio” annunciai, continuando ad osservare Nico. I suoi occhi scuri guizzavano sempre verso l'amico.

Il sole del pomeriggio faceva apparire e sparire strani riflessi bluastri sui suoi capelli.

“sparate allora”

“sentite. Noi dobbiamo portare Piper e Annabeth al ballo della scuola, ma non sappiamo cosa fare.” ammisi, lanciando un'occhiata a Jason, che contunuò

“di solito i ragazzi mortali che cosa fanno? So che tu Nico ci sei stato a delle feste del genere”

le guance del diretto interessato si imporporarono appena, destando la mia curiosità, e quella di Will.

“si bhe.” si grattò la nuca, imbarazzato “è successo quando ero all'accademia” raccontò, come per giustificarsi.

“il fatto è che noi non sappiamo come comportarci e pensavamo che tu potessi dirci qualcosa”

lui deglutì e si mise a sedere sull'erba, imitato da tutti i presenti.

“da quello che mi ricordo, per prima cosa, si invitava una ragazza. Poi il giorno del ballo bisognava comprarle uno di quei bouquet di fiori che si mettono al polso e regalarglielo. So anche che qualcuno noleggiava delle limousine. Poi ballavano e bevevano tutta la sera e improvvisamente ad un certo punto sparivano tutti. Non ho mai indagato su cosa facessero e non mi interessa nemmeno ora.”

invece, probabilmente, quella era l'unica parte che sapevo io.

Cominciai a ridere, immediatamente seguito da Jason

“noi però lo sappiamo”

 

quando ripresi la facoltà di parlare, e di respirare normalmente, comincia a riflettere su quello che ci era stato detto.

“il problema dei fiori è facilmente risolvibile, ma la limousine resta un problema” guardai il ragazzo di Piper

“hai qualche idea tu?”

scosse la testa. “nessuna”

“io si ne ho una però” Will ci sorrise, scoprendo i denti bianchissimi contro le labbra rosee

“allora parla” lo esortai, mentre le rotelle nella mia testa imploravano perdono per il troppo lavoro

“potremmo farvi noi da autisti. Io ho la patente, l'ho presa quest'inverno e in più non bevo. A patto che ci facciate avere i biglietti per entrare”

“davvero?” feci io, al settimo cielo

“sul serio?” Jason sprizzava gioia da tutti i pori

“ma che dici?!” Nico non fece altrettanto.

I suoi occhi scuri erano spalancati per lo stupore

“eddai Nico! Sarà divertente!” Will cercò di convincerlo con lo sguardo da cucciolo, motivo per cui io mi unii a lui, sporgendo il labbro e sbattendo le palpebre...

“ti prego ti prego ti prego Nico, lasciati andare, ti divertirai” non sapevo se fosse vero o no, ma tentai comunque.

Circondato da faccioni imploranti, il figlio di Ade non mi deluse.

Borbottò un “ok” a denti stretti, fulminandoci tutti con lo sguardo.

Temetti davvero che dal terreno comparissero scheletri per trascinarmi nell'oltretomba.

 

 

 

 

Quando rimontammo in macchina, alle cinque del pomeriggio, avevamo esattamente tutto quello che ci serviva. I fiori, elegantemente preparati dai ragazzi della casa di Demetra, e non uno, ma ben due autisti che sarebbero passati alle 20 a casa di Annabeth.

“per te c'è qualcosa tra quei due?” guidavo con calma tra le strade di New York, ripensando alla spensieratezza di Nico, mentre era solo in compagnia di Solace.

“non lo so” ammise “ma quello che ho notato, è che ora Di Angelo, è molto meno stressato”

“bhe... questo è certo” feci una pausa “staremo a vedere come vanno le cose questa sera”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Pov Annabeth

 

“Piper ti manca tanto con questi capelli? Comincio ad essere stanca di stare con la testa piegata” dopo una giornata del genere, tra cremine, maschere, lozioni e chi più ne ha più ne metta, ero convinta che la normalità non fosse così tanto emozionante. Mi faceva male il collo per via della posizione scomoda alla quale ero costretta mentre la figlia di Afrodite mi acconciava i capelli. O perlomeno ci provava.

“senti, se non vogliono stare come dico io, non è colpa mia” sbottò, lanciandosi alle spalle l'ennesima forcina troppo larga per essere utilizzata

“non possiamo semplicemente lasciarli sciolti? Ci hai messo una vita per metterli in piega, penso che possa bastare così” allungai la mano e la spinsi via, alzandomi dalla sedia.

I suoi capelli lisci, acconciati in una treccia perfetta, erano decorati con un paio di piume argentate, che mettevano in risalto la sua carnagione olivastra. Gli occhi, truccati alla perfezione, sembravano più grandi e magnetici del solito.

Mi guardai allo specchio, sconsolata.

Io non sarei mai sembrata bella quanto lei, anche se, con il suo aiuto, avevo fatto enormi passi in avanti.

L'eyeliner marcato contornava il grigio dei miei occhi, facendoli sembrare tempestosi più del solito, forse anche un po' minacciosi. Le ciglia erano state allungate e piegate verso l'altro, colorate con abbondante mascara e illuminate da una punta di argento.

Gli zigomi e le guance risaltavano grazie al fondotinta e al quello che Piper aveva chiamato Blush.

Tecnicamente avevo un sacco di altra roba in faccia, ma non sapevo cosa fosse.

I capelli mi ricadevano liberi, in piccoli boccoli, sulle spalle.

Un tocco che mi ricordava chi fossi veramente.

“andiamo a vestirci? Se non ci muoviamo faremo tardi” seguii Piper in camera, dove, poggiato con cura sul letto, c'era il borsone che si era portata dietro da casa.

Lo aprì con estrema cura, gustandosi il suono della cerniera che ronzava per aprirsi. La guardai incuriosita, inclinando la testa

“si può sapere cosa c'è la dentro?”

nei suoi occhi passò una scintilla che avrebbe fatto invidia al suo ragazzo

“quello che stai per vedere, arriva per te e per la sottoscritta, direttamente dai red carpet Hollywoodiani. Ci ho messo una vita per convincere papà a lasciarmeli prendere, ma alla fine sono tutti per noi.” sghignazzò, rovesciando il contenuto della sacca.

Quattro vestiti.

Tutta questa scena, per quattro vestiti?

La guardai, accigliata.

“sei seria Pip?”

se avesse potuto mi avrebbe incenerito.

“sei una guastafeste.” mi fece una linguaccia, facendomi capire che non era davvero arrabbiata.

Sbuffai, e mi avvicinai ai capi.

“io mi prendo questo bordeaux”

l'abito che aveva scelto, senza spalline con la scollatura a cuore, le arrivava fino al ginocchio, con uno spacco profondo che le avrebbe permesso di camminare.

Era di un tessuto abbastanza leggero, eppure era ben costruito, con le stecche sul corpino e la cerniera a scomparsa sul retro. Era casto e allo stesso tempo sensuale, esattamente come lei.

“mi piace” ed era assolutamente vero.

“bhe è mio” precisò

“ma per te io sceglierei questo”

mi passò un vestito lungo, blu notte.

“provatelo” annuii, incerta. E mi diressi verso il bagno.

 

“Pip tu sei matta, se credi che mi metterò questo addosso” uscii dal bagno sollevando la gonna troppo lunga, per non pestarla.

Il vestito era esageratamente attillato. E aveva una spaventosa, enorme, gigantesca, scollatura sulla schiena profonda quanto il Tartaro.

Di Immortales, era troppo, per me.

Bello da mozzare il fiato, ma non su di me. Io ci avrei fatto una pessima figura.

Le maniche lunghe di pizzo, il vestito con lo scollo a barchetta che lasciava scoperte le clavicole, erano spruzzati di cristalli.

“perchè? Sei stupenda” Piper non capiva. Avrebbero riso di me.

“è troppo aderente e troppo corto” in effetti, da sotto il sedere il vestito si apriva in una gonna leggera, che faceva intravedere le gambe sotto la stoffa. Lo spacco vertiginoso non mi aiutava di certo.

“senti” disse “hai un fisico da paura e hai lavorato tanto, per averlo”

mi mise le mani sulle spalle,

“sono anni che ti alleni per salvare il mondo. Non credi che se per una volta ti rilassi e fai vedere che tutto questo ti ha portato ad essere una gran bella ragazza, le cose andranno bene lo stesso?”

deglutii, cercando di mettere a posto le idee. Per un momento, uno soltanto, appena messo il vestito, mi ero sentita bella. Poi erano iniziate le paranoie.

“non lo so Pip. Io devo essere pronta a combattere. Non a salire su un tappeto rosso. Forse tutto questo non fa per me” spiegai, buttando fuori tutto quello che pensavo

“tra l'altro non so dove mettere il mio pugnale”

il suo viso si illuminò

“a questo ci avevo già pensato io” disse, tirando fuori dalla sacca due fasce di pizzo

“ho pensato che se ci mettiamo queste giarrettiere, possiamo nascondere le armi sotto la gonna. Come in un film di mio papà, dove la serial killer nascondeva la pistola sotto il vestito”

mi lanciò l'elastico, mostrandomi come infilarlo. Arrossii, ma constatai comunque che ne l'arma, ne il pizzo si notavano.

 

Il suo sguardo però cadde su qualcosa che invece si notava benissimo: il mio reggiseno sportivo.

“ma cosa ti dice la testa?” rise “devi togliertelo!”

“non ci penso nemmeno” replicai.

E come sempre, sia maledetta la lingua ammaliatrice, fui costretta a tornare in bagno.

Prima o poi, gliela avrei tagliata.

 

Quando uscii mi sentii....esposta.

“mi spieghi da dove cavolo le hai tirate fuori quelle?!” il suo sguardo allibito vagava tra il mio viso e la curva del seno.

“cosa?” domandai, sentendo le guance riscaldarsi

“le tue tette! Si può sapere perchè continui ad usare quei cosi sportivi?! Poi inganni la gente! Povero Percy” scosse la testa “gli verrà un colpo a vederti così”

“io non esco vestita così” sussurrai, combattuta.

“certo che esci così. Sei stupenda. E siamo in ritardo. Per la barba di Zeus, infila quelle maledette scarpe ed esci da questa casa.” con il dito indicò l'ingresso, dall'alto dei sui tacchi

“no” mi morsi il labbro. Da una parte, mi sentivo strana, diversa. Dall'altra, una piccola parte di me, desiderava che Percy facesse quel fatidico colpo.

Ma una figlia di Atena non si dovrebbe far condizionare da cose così frivole. Dovrebbe concentrarsi su ciò che davvero conta.

“Annabeth. Sali su quelle scarpe e smettila di preoccuparti.”

La sua voce suadente, concentrata in quelle poche parole, fece sciogliere le mie preoccupazioni come ghiaccio al sole.

Sapevo di essere in balia di qualcosa che non potevo controllare, perciò, per quella sera, smisi di contrastarla.

Mi infilai le scarpe, presi la borsetta ed uscii di casa, mentre due ragazzi in smoking nero e cravatta ci aprivano le porte di una Maserati nera tirata a lucido.

Il tridente che brillava alla luce del tramonto, per le strade di Manhattan.

 

 

 

 

   
 
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