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Autore: Stella cadente    20/06/2015    8 recensioni
Francia, 1482:
Parigi è una città che nasconde mille segreti, mille storie, mille volti e mille intrecci.
Claudie Frollo è un giudice donna che tiene alla sua carriera più di ogni altra cosa al mondo.
Olympe de Chateaupers è una giovane ragazza da poco al servizio del giudice e, sebbene sia spavalda e forte, si sente sempre sottopressione sotto lo sguardo austero di quella donna cinica ed esigente.
Nina è una semplice ragazza di quindici anni, confinata nella cattedrale a causa di un inconfessabile segreto..
L’arrivo di Eymeric, un giovane ramingo gitano, sconvolgerà le vite di queste tre donne, in un modo diverso per ognuna.
Ma alla fine, di quali altri segreti sarà testimone Parigi?
Genere: Fantasy, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: Gender Bender
Capitoli:
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VII.
Di racconti, riflessioni notturne e rivelazioni
 

Eymeric
 
 «E quindi la capra è paragonabile a… Dio?» chiesi confuso, lanciando un’occhiata a Djali – mi aveva seguito, non sapevo come, anche nella cattedrale. «Davvero?»
Nina annuì e riportò lo sguardo sul libro che stavamo leggendo:
«La capra è assimilata a Cristo per la vita ch’egli condusse sulla terra: quando Gesù predicava,  “parlava nobilmente e lo udivano gli uomini onesti che agivano secondo rettitudine”» citò «così le persone rette ed oneste sono alte come monti. Nel Fisiologo latino, “gli altissimi monti” sono i profeti, gli apostoli ed i patriarchi, e le “convalli”, dove la capra – Gesù – ama pascolare e brucare, sono le chiese, edificate in ogni luogo nel mondo. Infine, come la capra riconosce da lontano gli inganni dei cacciatori, così anche il Signore previde e seppe in anticipo che Giuda lo avrebbe tradito e gli disse: “con un bacio tu tradisci il figlio dell’uomo”» concluse, guardandomi poi raggiante.
«Ma in realtà è più spesso associata al Demonio» aggiunse, dopo una pausa «perché si pensa che il diavolo appaia sempre come un caprone con delle grandi corna. Almeno, questo è quello che mi ha detto Frollo.»
Quella ragazza mi aveva insegnato un sacco di cose, sebbene non avessi passato molto tempo alla cattedrale. Dopo pochi minuti avevo già sentito, sin dal primo giorno, come se le pareti di pietra della Chiesa mi si stringessero attorno ... ma d’altra parte, dovevo riconoscere anche che non sarebbe stato molto saggio uscire. Almeno per adesso.
La cosa positiva era che con Nina non avevo tempo per soffermarmi sulle mie sensazioni di oppressione. Mi aveva insegnato a leggere e a scrivere; diceva spesso che tutto quello che aveva imparato lo doveva alla signora Frollo – senza badare, ingenua com’era, al fatto che mi innervosivo solo a sentire il nome di quella donna –, che era stata la tutrice ad insegnarle tutto e che andava fiera di essere una ragazza istruita, come diceva lei.
In effetti Nina era molto intelligente. Mio malgrado, dovevo riconoscere che la signora Frollo era un pozzo di scienza, ed era palese il fatto che avesse fatto un ottimo lavoro con Nina; quella ragazzina non avrebbe potuto essere più colta, nonostante i suoi quindici anni.
Grazie a lei avevo imparato molte cose interessanti; quel giorno ci stavamo concentrando su un bestiario dalle pagine un po’ ingiallite, recuperato di nascosto dallo studio di Frollo all’interno della cattedrale.
Era incredibile quanto ci fosse da sapere. E di quante cose fossi rimasto all’oscuro fino a quel momento.
«Un giorno dovrai venire con me alla Corte dei Miracoli» affermai, entusiasta, alzando il viso dal libro e guardando Nina con un sorriso «per forza. Non vedo l’ora di presentarti tutti i miei amici. C’è mia sorella Antea, e poi c’è Clopin e… »
«Non credo di potere, Eymeric» si limitò a dire, interrompendomi.
Mi accigliai.
«Ancora con questa storia?»
«È questo il mio posto» disse solo, senza rispondere veramente alla mia domanda «Frollo ha ragione. Devo rimanere qui.»
Decisi di lasciar perdere, perché avevo visto che la ragazza aveva assunto un’aria malinconica. Inutile dire quanto fossi terribilmente curioso sul perché il giudice la teneva rinchiusa nella cattedrale, ma non volevo essere invadente: me lo avrebbe detto lei stessa, a tempo debito.
In fin dei conti, ora potevamo considerarci amici. Prima o poi la verità sarebbe salita a galla.
C’era qualcosa che ci legava e ci accomunava: il fatto di essere due reclusi, privi di una libertà desiderata disperatamente ma mai raggiungibile.
«Comunque ho temuto molto per te, ieri sera» la sua vocina interruppe i miei pensieri.
Mi allarmai subito.
«Cioè? Che vorresti dire?»
«Non preoccuparti, non è successo niente. Nessuno sa che sei qui» mi rassicurò. «Ma Frollo evidentemente lo pensa. E non ha neanche tutti i torti.»
Silenzio.
«Se non altro la sua recluta non è del suo stesso parere. Almeno per ora» continuò, con la voce venata di un’impercettibile nota di disprezzo.
La osservai con un sorriso divertito:
«Perché non mi racconti che è successo?» la incoraggiai, incrociando braccia e gambe «sono curioso.»
«Beh... » Nina sembrò indugiare un attimo. «La nuova recluta di Frollo è venuta a cercarti in piena notte. Probabilmente non te ne sei accorto.»
«No, infatti» annuii, attendendo che proseguisse.
Ci fu un momento in cui tra noi si frappose il silenzio, poi Nina continuò.
«Ha chiesto espressamente di te, e mi ha detto che era stata proprio il giudice a mandarla.»
«Aspetta» la interruppi «te l’ha detto lei?»
La ragazza annuì.
«Sì» disse poi «sono riuscita a sviarla, perché sembrava piuttosto ingenua. Ma di certo non è stupida, perciò credo che sospetti qualcosa, anche se non le ho dato ragione per farlo.»
«Come si chiamava?»
Non sapevo perché glielo avessi chiesto. Ero quasi sicuro di sapere già la risposta.
Nina mi guardò come a cercare di carpire qualcosa da quel mio strano interesse, poi disse:
«Olympe de Chateaupers.»
 
 
****
 
 
Era notte, e fino a quel momento non avevo fatto altro che pensare a quello che mi aveva detto Nina.
La nuova recluta di Frollo è venuta a cercarti in piena notte. Probabilmente non te ne sei accorto.
Si chiamava Olympe de Chateaupers.
L’avevo incontrata per la prima volta poco prima della Festa dei Folli e mi era subito piaciuta, non appena mi aveva detto che non poteva arrestarmi.
Era diversa dalle altre reclute al servizio di Frollo. Ed era carina, con quei capelli biondi e lunghi, gli occhi color cielo e quel suo atteggiamento ironico e spiritoso.
Voleva semplicemente sapere il mio nome e parlare con me.
Quella era l’ultima immagine che conservavo di lei; dopo non l’avevo più vista.
E ora sapevo che era venuta alla cattedrale, di notte, a cercarmi per consegnarmi a Frollo.
Forse non era così innocua come credevo. O forse sì, solo che non aveva il coraggio di mettersi contro di lei e lasciare i suoi doveri per iniziare a fare ciò che era giusto.
In entrambi i casi non sembrava che potessi fidarmi di quella ragazza.
Stava dalla parte di Frollo, era ovvio. E poteva essere ingenua quanto voleva, ma prima o poi mi avrebbe scoperto, se non fossi stato attento. Avrei dovuto scappare, andarmene dalla cattedrale? Non sarebbe stata una scelta astuta, ne ero perfettamente consapevole. E poi non me la sentivo di lasciare Nina.
In fin dei conti, quella ragazza mi aveva aiutato. Era stata così gentile ad ospitarmi.
Volevo portarla via da quel posto. Si ostinava a dire che stava bene così, ma vedevo che in realtà era tutt’altro. Ed io volevo farla cominciare a vivere senza limiti.
Volevo portarla alla Corte dei Miracoli, volevo farla sentire libera, come ero sempre stato io.
Mi ero affezionato terribilmente a lei, e vederla guardare Parigi con nostalgia, come un uccellino in gabbia, mi faceva male – più male di quanto mi aspettassi.
Aprii la porticina della mia stanza e scivolai fuori, facendo attenzione a non svegliare Nina che dormiva.

 
 
 
«Sai, forse dovremmo fuggire insieme, un giorno, io e te».
Nina mi guardò come se avessi detto chissà che cosa.
«Fuggire? Perché?» chiese.
«Per essere finalmente liberi. Per andarcene dove vogliamo. Io e te e basta. Fosse per me partirei anche subito. Senza vincoli, senza pregiudizi. Sarebbe bellissimo» risposi.
La mia voce aveva assunto un tono sognante. Sebbene fosse solo il mio secondo giorno nella cattedrale, desideravo con tutto me stesso la libertà che avevo perso. Anche se sapevo che era una cosa temporanea, temevo che sarebbe durato per sempre. Non sapevo per quanto ancora avrei dovuto trattenermi a Notre-Dame, e avevo paura di scoprirlo.
«Già, sarebbe fantastico» disse lei.
Ma non riuscivo a capire se lo pensasse davvero.
 
 
Avevo provato in tutti modi a chiederle che cos’era a farle così paura.
Era forse Frollo? Il mondo esterno?
In fin dei conti, era sempre stato un qualcosa di estraneo ai suoi occhi. Ma allora come si spiegava la sua contentezza alla Festa dei Folli?
Non ne avevamo più parlato; tutte le volte che cercavo di riportare alla superficie quel giorno, lei cambiava prontamente argomento.
 
«Mi racconti di qualche viaggio che hai fatto?» chiese Nina, guardandomi con quei suoi occhioni blu.
Era la sera del mio terzo giorno a Notre-Dame, e il vociare dei parigini sotto di noi ci faceva compagnia. Eravamo appoggiati al balcone in pietra in cima alla cattedrale, e guardavamo la città indaffarata, distratti, un po’ sovrappensiero.
Il sole stava tramontando, tingendo il cielo di un bell’arancione e lanciando bagliori scintillanti sulla Senna. Tutte le volte mi incantavo a guardare quel paesaggio mozzafiato: era bellissimo condividerlo con Nina.
«Beh, di recente siamo partiti da Gentilly. Un paio di anni fa ci eravamo stabiliti direttamente in un piccolo villaggio sui Pirenei di cui ora non ricordo il nome, ma pensavamo che venire a Parigi volesse dire trovare più gente, quindi più lavoro, quindi più cibo» spiegai «perciò siamo scesi a Gentilly, dove ci siamo fermati per qualche giorno, e poi siamo venuti qui.»
La ragazza mi guardava meravigliata.
«Deve essere bellissimo viaggiare» disse, con un sorriso.
«Lo è. Certo» convenni «essere gitani non è tutto rose e fiori. Devi adattarti, prendere la vita come capita, adeguarti agli imprevisti. Ma viaggiare è... assolutamente fantastico» terminai. «A pensarci, è bello cambiare, è bello incontrare nuovi popoli, vedere sempre nuove città.»
Nina non toglieva quel sorriso dalla sua faccia. Sembrava immaginarsi tutto, come se con la mente fosse in quei posti lontani di cui parlavo io. 
Poi sospirò e tornò a guardare il tramonto.
 
 
 
Avevamo parlato di tante cose, io e lei. Della vita all’aperto, di cultura, di Frollo. Aveva una visione un po’ strana del giudice di Parigi, che decisamente non corrispondeva alla mia.
Quella donna era malvagia, fredda, insensibile. O almeno, con me e con il mio popolo lo era sempre stata. Perciò non avevo ragione di “vedere anche i suoi lati buoni” come diceva Nina. A pensarci, per me neanche ce li aveva, dei lati buoni.
Come poteva Nina vedere del bello in lei?
 
 
«Non è così male» disse, guardandomi. «Almeno, se la conosci bene.»
Feci una smorfia: da quando Nina difendeva la sua severa e perfida tutrice?
«Da quand’è che la difendi?» diedi voce ai miei pensieri, leggermente indispettito.
Nina fece spallucce.
«Beh, mi ha salvato la vita.»
Rimasi stupito.
«Come può una donna così crudele aver cresciuto una ragazza come te?»
Mi sembrò di vederla arrossire, ma si ricompose subito.
«In qualche modo lo ha fatto» disse solo. «Però è strano» proseguì, sovrappensiero.
«Cosa?»
«Tu non sei come gli altri zingari» disse. «Loro sono… malvagi.»
«Chi ti ha detto questo?»
«La mia tutrice.»
Ottimo, pensai. 
«Io ti sembro malvagio?» feci un po’ stizzito, indicandomi.
«Oh, no! Non parlavo di te. Tu sei simpatico, buono e... gentile» si difese la ragazza, facendomi uno dei suoi sorrisi dolci. «Solo che…»
«Forse Frollo si sbaglia riguardo a noi due» la interruppi, riservandole poi uno sguardo affettuoso.
Sguardo che lei ricambiò.
 
 
 
«Eymeric?» mi sentii chiamare.
Mi voltai.
«Sì, sono io» dissi «non riesco a dormire» aggiunsi, vedendo la figura di Nina avvicinarsi sempre di più, coperta dalla sua camicia da notte bianca.
«Perché?» chiese, curiosa.
Preferii non dirle che era per quello che mi aveva detto lei; si sarebbe preoccupata troppo.
«Non lo so.»
La ragazza stette per un po’ vicino a me, a guardare la luna in silenzio. Ognuno di noi due era perso nei propri pensieri. Nina aveva un’aria un po’ tesa: forse neanche lei aveva dormito molto, fino a quel momento.
Guardai Parigi: mi mancava danzare lungo le strade, andarmene dove volevo quando volevo, prendermi gioco delle guardie e far divertire i bambini con i miei numeri di magia. Mi mancava essere un gitano, vivere senza confini.
In quel momento avvertii un desiderio irrefrenabile di calarmi giù, anche se era troppo alto, anche se era impossibile. Tutto, pur di evadere.
«Eymeric» la voce di Nina mi riscosse.
Mi voltai verso di lei.
«Sì?»
«Ecco… c’è una cosa che devo dirti.»
Aggrottai le sopracciglia; la ragazza sembrava terribilmente in ansia.
Silenzio. Aspettavo che continuasse, ma non arrivò nulla.
Mi fissò con un’espressione strana, poi disse:
«Vieni, seguimi.»
Non feci domande.
Capii sin da subito che stava per farmi una rivelazione importante.
 
 
 
 
Nina mi aveva condotto nel chiostro sul lato sud della cattedrale, al centro del quale c’era un grande e curatissimo prato. Sembrava più una specie di enorme giardino, in realtà: le piante dai fiori multicolori splendevano alla luce lunare, che si rifletteva anche sull’acqua scura di un lago artificiale – che a detta di Nina era stato commissionato dal Re in persona.
«Perché siamo qui?» chiesi.
Lei mi rivolse uno sguardo nervoso:
«Lo vedrai.»
«È bellissimo» feci avvicinandomi, giusto per allentare la tensione che si era creata. «Soprattutto questo» dissi, toccando appena il pelo dell’acqua di quell’immenso lago.
Lei mi rivolse un sorriso debole.
«Ti ho detto che non posso mai uscire dalla cattedrale, giusto?» mi chiese, a bruciapelo.
Annuii.
«Adesso vedrai perché» aggiunse.
E prima che io potessi aggiungere qualcos’altro, si era tuffata nel lago, riemergendone poco dopo.
Confuso, la fissai, chiedendole il significato di quel gesto con lo sguardo.
E mentre mantenevo gli occhi su di lei, vidi le sue gambe trasformarsi in una grossa, scagliosa coda di pesce di un argento abbagliante.
 




Sono quasi le due di notte e io, siccome non so cosa fare, sono qui ad aggiornare la storia.
Yeah.
Scherzi a parte, come avrete senz'altro capito, questo è un momento di svolta nella storia. Abbiamo finalmente svelato il segreto di Nina!
So che forse potrebbe sembrare presto, ma fidatevi... non lo è. Almeno, per tutte le idee che ho in mente per questa storia, non lo è.
Dunque, soffermiamoci sulla nostra Nina. Vi avevo già detto che non era esattamente uguale a Quasimodo, infatti ho voluto dare un risvolto vagamente fantasy alla storia - anche se poi non ci sarà nessun viaggio nel tempo, nessuno scontro tra entità marine o quant'altro, quindi credo che io abbia optato più per la semplice introduzione di una figura mitologica nelle vicende.
Per questo ho messo Crossover, tra gli avvertimenti: perché la figura di Nina si ispira a quella delle sirene della serie H2o - Just Add Water, anche se successivamente vedrete che sarà rielaborata.
A parte questo, comunque, per gran parte del capitolo vediamo anche nel particolare il suo rapporto con Eymeric, molto affiatato a mio parere, ed è tutto molto dolce - almeno, l'intento era quello.
Riguardo a questo capitolo in particolare sono curiosa di leggere le vostre recensioni, perché qui la storia prende una piega un po' diversa. Insomma, il fatto della sirena è un po' un azzardo, me ne rendo conto, perciò vorrei davvero sapere che ne pensate.
Come sempre vi ringrazio tutti, uno per uno. Vi voglio bene ragazzi, davvero. Grazie per continuare a spronarmi sempre.
Con affetto,
Stella cadente
  
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