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Autore: effe_95    23/06/2015    6 recensioni
Questa è la storia di diciannove ragazzi, i ragazzi della 5 A.
Questa è la storia di diciannove ragazzi e del loro ultimo anno di liceo, del loro affacciarsi a quello che verrà dopo, alla vita. Questa è la storia di Ivan con i suoi tatuaggi , è la storia di Giasone con le sue stelle da contare, è la storia di Italia con se stessa da trovare. E' la storia di Catena e dei fantasmi da affrontare, è la storia di Oscar con mani invisibili da afferrare. E' la storia di Fiorenza e della sua verità, è la storia di Telemaco alla ricerca di un perché, è la storia di Igor e dei suoi silenzi, è la storia di Cristiano e della sua violenza. E' la storia di Zoe, la storia di Zosimo e della sua magia, è la storia di Enea e della sua Roma da costruire. E' la storia di Sonia con la sua indifferenza, è la storia di Romeo, che non ama Giulietta. E' la storia di Aleksej, che non è perfetto, la storia di Miki che non sa ancora vedere, è la storia di Gabriele, la storia di Lisandro, è la storia di Beatrice che deve ancora imparare a conoscersi.
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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I ragazzi della 5 A
 

14. Sensi di colpa, Cantare e Basket


Ottobre
 
Gabriele detestava Lucano con tutto il cuore.
Erano le sette di sera dell’ultimo mercoledì di Ottobre, e lui se ne stava stravaccato sul letto con la testa sepolta nel dizionario di latino nel vano tentativo di tradurre la Pharsalia.
Guardò sconsolato le sole tre parole che aveva scritto sul quaderno e sbuffò infastidito, non riusciva proprio a trovarlo il verbo reggente di quella frase.
Si prese convulsamente la testa tra le mani e fu attraversato dal violento desiderio di stracciare la pagina di quel maledetto libro, fortunatamente per lui però, qualcuno bussò alla sua porta proprio in quel momento.
<< Avanti! >> Sbottò mettendosi seduto sul letto.
Rimase sorpreso quando Aleksej aprì la porta ed entrò richiudendosela poi alle spalle.
Il biondo aveva una pessima cera, i taglienti occhi azzurri erano accompagnati da pesanti occhiaie, le lentiggini sulle guance erano un po’ scolorite a causa del pallore ed il ciuffo ribelle, solitamente spazzolato, pendeva senza vita sulla fronte.
<< Ehi, che fai qui dentro tutto solo? >> Domandò Aleksej guardandolo stanco, aveva ancora la mano attaccata al pomello della porta senza nemmeno accorgersene.
<< Stavo cercando di tradurre Lucano, tu piuttosto, cosa ci fai qui? >> Chiese di rimando Gabriele mettendosi in piedi, Aleksej lo guardò, per poi costatare che il cugino era davvero un gran pigrone. Indossava una tuta vecchia e grigia, ai piedi portava delle pantofole invernali nere, la felpa era leggermente scolorita e i capelli castano/dorati un groviglio inestricabile. << Siamo venuti tutti in realtà. Io, mamma, papà, Ivan, Pavel, Andrea e Lisa. Stasera cenavamo da voi, te lo sei dimenticato vero? >> Commentò Aleksej mettendosi comodamente seduto sul letto, Gabriele si schiaffò una mano sulla fronte, imprecò mentalmente contro Lucano per avergli completamente fatto perdere il senso del tempo e si sfilò immediatamente la maglietta per indossare una camicia un po’ più decente.
<< Tutta colpa di questa traduzione! >> Sbottò il castano sfilandosi anche i pantaloni della tuta per sostituirli con un paio di jeans, Aleksej lanciò uno sguardo veloce al quaderno di Gabriele, per poi notare che aveva tradotto solamente le prime tre parole.
<< Hai tradotto solo tre parole? >> Chiese allibit0, mentre Gabriele si infilava frettolosamente le scarpe e faceva un gesto di non curanza con la mano.
<< Per i miei standard è anche troppo. >> Aleksej alzò gli occhi al cielo.
<< Ok, ho capito. Domani ti mando quella che ho tradotto io, va bene? >>  Gabriele gli sorrise raggiante, dandogli un pugno affettuoso sulla spalla.
<< Sei il cugino migliore del mondo! >>
<< Si, si >> Commentò Aleksej sorridendo leggermente, dopo un po’ di silenzio però, il ragazzo si estraniò completamente, perso nella stanza.
Gabriele lo osservò per un po’, rendendosi conto che il cugino sembrava essere davvero molto stanco, forse un po’ troppo.
<< Ehi Alješa, da quant’è che non dormi bene? >> Aleksej sollevò gli occhi azzurri su Gabriele e lo fissò in silenzio per un paio di secondi, poi sospirò pesantemente e si torturò le mani.
<< Da un po’ >> Si ritrovò a rispondere con apatia. << I sensi di colpa non mi fanno chiudere occhio, è ridicolo lo so, ma non posso farci nulla >> Aleksej aveva un sorriso amaro e rassegnato sulle labbra, mentre giocherellava con i fogli del quaderno e pronunciava quelle parole. Gabriele si rese conto per la prima volta che quella situazione doveva pesargli molto.
<< La soluzione sarebbe semplice, lo sai? >>
<< Lo so, ma io non posso … >>
Le parole di Aleksej vennero bruscamente interrotte dall’aprirsi violento della porta, i due ragazzi sobbalzarono come grilli quando Alessandra irruppe nella stanza con i pugni appoggiati sui fianchi e un’espressione severa sul viso.
<< Smettetela di fare gli asociali e venite immediatamente di là! >> Sbottò la ragazza agitando il dito in aria, Aleksej e Gabriele si tirarono in piedi sbuffando rumorosamente.
<< Ehi tu! Bussa la prossima volta, capito?! >> Brontolò Gabriele lanciando la felpa che indossava pochi minuti prima contro la sorella, Alessandra l’afferrò con stizza, rimandandola immediatamente al mittente.
<< Muoviti! E’ arrivata anche Katerina con i suoi genitori e i suoi fratelli! >>
A quelle parole Gabriele inciampò miseramente nella sua stessa felpa e capitombolò contro il letto, battendo con il ginocchio destro sul legno alla base, Aleksej e Alessandra lo guardarono allibiti, mentre imprecava in tutte le lingue che conosceva.
Era stato più forte di lui, non ricordava che sarebbero arrivati anche loro, e quando aveva sentito il nome di Katerina il cuore gli era saltato nel petto senza permesso.
Si rimise in piedi imprecando ancora una volta tra i denti.
<< Andiamo! >> Brontolò afferrando gli altri due per le braccia.
 
 A Beatrice tremavano terribilmente le mani.
Il copione non faceva altro che scivolarle tra le dita, a furia di arrotolarlo e  srotolarlo si era completamente deformato. Beatrice aveva imparato tutte le battute del primo atto proprio come gli aveva detto il professore, ma al momento decisivo non poté fare a meno di tremare.
<< Ehi, tutto bene? >> La mano piccola e affusolata di Italia si posò delicatamente sulla sua tremante, Beatrice sobbalzò e si voltò a guardarla, facendo affiorare un sorriso tirato sulle labbra.  << Tutto alla grande! >> Commentò troppo frettolosamente.
Italia scoppiò a ridere e le diede una pacca affettuosa sulla spalla, avrebbe voluto dirle qualcos’altro, ma Enea si mise seduto accanto a loro proprio in quel momento.
<< Hai imparato le battute Giulietta? >> Domandò lanciando uno sguardo veloce al copione tutto sottolineato di Beatrice, la ragazza sbuffò sommessamente e alzò gli occhi al cielo.
<< Potrai costatarlo tra poco, piuttosto, tu le hai imparate? >>
Enea sollevò velocemente gli occhi e li puntò su di lei, che lo scrutava di sottecchi e con aria severa, si lasciò sfuggire un sorriso un po’ sghembo e tossicchiò leggermente.
<< Se credete che io profani con la mano più indegna questa sacra reliquia, peccato degli umili del resto, le mie labbra rosse come due timidi pellegrini cercheranno di rendere morbido l’aspro contatto con un tenero bacio >> Beatrice riconobbe immediatamente la battuta pronunciata magistralmente da Enea, erano le prime parole che Romeo rivolgeva a Giulietta durante la festa dei Capuleti, al loro primo incontro.
<< Buon pellegrino, voi fate un grave torto alla vostra mano, che non ha fatto altro che dimostrare un’umile devozione. Anche i santi hanno le mani, e le mani dei pellegrini le toccano; palma contro palma: infatti è questo il bacio sacro dei pellegrini >>
Beatrice replicò prontamente, non poteva permettere che Enea apparisse così sicuro di se, anche lei aveva imparato bene le sue battute. Quando ebbe finito di recitare la sua parte, Enea le scoppiò a ridere in faccia e poi le diede un buffetto leggero sulla guancia.
<< Va bene, va bene, hai imparato la parte, ma non fare quella faccia paurosa. >> Commentò il ragazzo asciugandosi una lacrima all’angolo dell’occhio destro, Beatrice lo guardava scioccata e arrabbiata.
<< Io non faccio nessuna faccia paurosa! >> Sbottò irritata, incrociando le braccia al petto, Enea tentò inutilmente di ricomporsi e tossicchiando leggermente alzò le mani in segno di  resa.
<< Però almeno ti sei calmata, no? Non stai più tremando >>
Beatrice sussultò quando sentì quelle parole, abbandonò la posa irritata e si rese conto per la prima volta che aveva davvero smesso di tremare, Enea la guardò con un sorriso compiaciuto sulle labbra e una guancia poggiata sulla mano. Di solito a Beatrice dava fastidio essere osservata così attentamente, ma quella volta non lo trovò affatto fastidioso, non le era mai capitato prima o forse non se n’era mai resa conto, ma quando parlava con Enea tutte le sue ansie scivolavano via come trascinate dal vento.
Quella consapevolezza l’aveva lasciata così basita che non fece nemmeno in tempo a formulare una risposta decente prima che arrivasse il professore.
Alessandro Romano entrò nel teatro portando con se una ventata di gioia, aveva un sorriso a trentadue denti sul viso e non appena vide Beatrice ed Enea seduti l’uno accanto all’altra si sfregò le mani con soddisfazione.
<< Buongiorno ragazzi! Ho una comunicazione importante da farvi >> La sua voce squillante fece zittire tutti i ragazzi, e anche Beatrice ed Enea smisero di fissarsi per portare la loro attenzione su di lui. << Come vi avevo già anticipato martedì scorso, la nostra interpretazione di Romeo e Giulietta sarà un po’ particolare, questo perché … alle battute aggiungeremo anche il canto. >> Il professore terminò la spiegazione con entusiasmo, ma nessuno dei ragazzi applaudì o replicò, tutti lo fissavano con sgomento.
<< In che senso professore? >> Domandò Oscar facendosi coraggio, Alessandro sorrise in maniera rassicurante e si mise seduto a terra sul palco.
<< Nel senso che inseriremo all’interno dell’opera originale alcune delle canzoni del nuovo musical: Romeo e Giulietta, Ama e cambia il mondo. >>
Catena alzò timidamente una mano, attirando immediatamente l’attenzione del professore.
<< Professore, ma questo vuol dire che dovremmo … cantare? >>
Tutti gli altri presenti sobbalzarono quando sentirono quelle parole e si diffuse un brusio serpentino lungo tutte le file occupate, ma il professor Romano attirò nuovamente la sua attenzione puntando l’indice prima contro Enea poi contro Beatrice.
<< Esatto, anche se a cantare saranno solo i nostri Romeo e Giulietta, con una piccola parte per frate Lorenzo >> Completò il professore indicando Oscar, che aveva avuto quel ruolo da interpretare, il ragazzo non disse nulla, perché dopotutto era abituato ad esibirsi all’Olimpo, ma non appena Beatrice realizzò cosa le sarebbe toccato fare, balzò in piedi e scosse il capo.
<< No, io non so e non posso cantare! >> Sbottò esasperata, entrando nel panico più totale.
<< Tranquilla Beatrice, non c'è da preoccuparsi, io sono qui per questo >> Intervenne il professore, ma Beatrice non si sentiva affatto tranquillizzata da quel sorriso bonario o da quelle parole, fece per ribattere nuovamente, ma Enea le afferrò improvvisamente il braccio.
Però almeno ti sei calmata, no? Non stai più tremando
Beatrice non seppe mai spiegarsi perché le tornarono in mente proprio quelle parole, ma la tranquillizzarono, così tacque e si rimise seduta.
<< Perfetto >> Commentò allegro il professore << Adesso salite sul palco, proviamo la prima scena! >> La voce allegra del professore si perse in lontananza, come la mentre di Beatrice.
La ragazza lanciò un’occhiata veloce ad Enea, seduto al suo fianco con aria annoiata e lo sguardo concentrato sul palco, il cuore sobbalzò improvvisamente, e nel momento esatto in cui accadde Beatrice si portò la mano al petto e strinse forte.
No, quel cuore doveva assolutamente restare al suo posto.
 
Giasone amava immensamente il Venerdì.
Quello in particolare, perché era l’ultimo giorno di Ottobre,  l’ultimo della settimana e avevano un’ora di educazione fisica e una di religione, il che comportava almeno una bella dormita e fare dello sport, cosa che lui adorava.
Non si preoccupò troppo per l’interrogazione di matematica con il professor De Santis, sbadigliò sfacciatamente senza mettersi la mano davanti la bocca e premette il tasto play dell’ iPod. Anche quella mattina il vecchio catorcio andava lento come una lumaca, ma siccome erano solo che sette e mezza e Giasone aveva un sonno tremendo, si lasciava cullare da quel passo lento ed ondulante con piacere.
<< Buongiorno! >> Il ragazzo sobbalzò quando quella voce squillante gli perforò i timpani nonostante stesse sentendo Wake me up when september end dei Green Day a tutto volume.
Imprecò mentalmente tra i denti e lanciò un’occhiata veloce alla ragazza che gli sorrideva a trentadue denti sull’altro sedile.
La storia andava avanti più o meno da quando si erano conosciuti.
Muriel aveva preso l’abitudine di mettersi seduta accanto a lui tutte le mattine, Giasone non l’aveva affatto presa bene, quella ragazzina era fastidiosa e chiacchierona, mentre lui voleva solamente ascoltare la musica in silenzio e sonnecchiare prima di sei ore di tortura.
Purtroppo per lui, il vecchio catorcio era sempre troppo vuoto perché qualcuno potesse mettersi seduto accanto a lui, così quel posto restava sempre vuoto, almeno fino alla terza fermata, dove saliva quel terremoto vivente.
Quella mattina Muriel sembrava molto più allegra del solito, aveva i capelli corti sistemati e senza la solita gelatina, con il ciuffo raccolto da una mollettina rossa. Gli occhi taglienti erano allungati dalla matita nera e particolarmente verdi a causa della luce del sole che vi si rifletteva dal finestrino. Sulle labbra aveva un lucidalabbra leggermente rosa e portava due piccoli orecchini gialli a forma di coccinella.
Giasone aveva scoperto moltissime cose di lei in quelle settimane, perché Muriel non faceva altro che parlare e parlare per tutto il tempo. Aveva scoperto che i suoi genitori si chiamavano Nathan e Teresa Esposito, che lui era un’ingegnere e lei una professoressa. Aveva scoperto che aveva un fratello più piccolo di nome Emanuele, che il suo colore preferito era l’arancione, che non le piacevano i canditi, che era golosa di dolci, che da piccola era caduta dalla bicicletta provocandosi la cicatrice sottile che aveva sotto il mento e che aveva anche un piccolo tatuaggio, fatto di nascosto qualche mese prima.
A Giasone non interessavano affatto tutte quelle informazioni, per tutta la durata del viaggio lui spiccicava al massimo due parole grugnendo, e annuendo svogliatamente quando lo richiedeva l’occasione.
<< Ciao >> Brontolò il ragazzo spostando lo sguardo infastidito.
Stranamente però, invece della solita tiritera, quella mattina Muriel si limitò ad  infilare le mani nella tasca anteriore dello zaino e tirò fuori tre foglietti.
Glieli sventolò sotto il naso e Giasone lo trovò alquanto fastidioso, soprattutto perché lei sorrideva raggiante, con l’espressione di una persona piena di aspettative.
<< Che roba è? >> Domandò lui afferrando malamente quei tre foglietti, li scrutò con le sopracciglia aggrottate e si rese conto che erano tre biglietti d’ingresso per una partita di basket femminile. << Cosa dovrei farmene di questi? >> Continuò a chiedere, lanciando un’occhiata perplessa alla ragazza, che ancora lo fissava con un sorriso entusiasta sulle labbra carnose e lucide.
<< È un invito, no? >> Giasone provò sgomento nel sentire quelle parole, si irrigidì automaticamente e tossicchiò in imbarazzo, non credeva che Muriel fosse così ardita da chiedergli addirittura di uscire, l’aveva messo nella brutta situazione di rifiutare.
<< Ma come, non l’hai ancora capito? >> Continuò la ragazzina facendogli saltare il cuore in gola, ci mancava solo una dichiarazione d’amore all’interno di un pullman mezzo rotto.
<< Aspetta Muriel , non … >>
<< Io gioco nella squadra femminile di basket della mia scuola ! >> Replicò Muriel senza nemmeno farlo finire di parlare, talmente tanto era l’entusiasmo. << Quelli sono tre biglietti gratis per assistere alla prima partita di campionato. Puoi invitare anche due amici se ti va di venire a vederla >> Giasone rimase come uno stupido nel sentire quelle parole, tutta la rigidità del suo corpo andò piano piano sciogliendosi e gli scappò un sorriso nervoso, che sapeva un po’ di schermo per se stesso.
Fu invaso dal sollievo e guardò i biglietti con interesse.
Il basket era in assoluto il suo sport preferito, seguiva tutti i campionati possibili e ci giocava tutte le volte che poteva, il fatto che l’invito venisse da Muriel l’aveva stranito, ma dopo aver capito che non si trattava di un invito romantico, rimase seriamente colpito dalla notizia.
E così, quella ragazzina petulante giocava a basket.
<< Allora? Ci vieni? >> Chiese lei continuando a sorridere, mentre giocherellava con i pupazzetti di pezza attaccati alla cerniera dello zaino, probabilmente per celare il nervosismo. Giasone osservò ancora una volta i biglietti e si accorse che la partita era il secondo Sabato di Novembre alle sei del pomeriggio.
<< Si, ci vengo. Il basket è il mio sport preferito >>
Commentò, rivelando per la prima volta qualcosa di se a Muriel di sua spontanea volontà, lei sorrise ancora più raggiante a quella notizia.
<< Davvero? Che bello! Allora ti lascio il mio numero >> Disse presa dalla foga, afferrò velocemente una penna dall’astuccio, e immobilizzata la mano di Giasone vi incise i numeri con una calligrafia precisa e piena, firmandosi alla fine con una faccina. << Per qualsiasi problema puoi chiamarmi! Adesso vado >> Giasone la vide balzare in piedi e scendere dal vecchio rottame con la grazia di un rinoceronte.
Era scioccato, si guardò la mano macchiata dall’inchiostro e si rese conto che l’iPod era ancora acceso e per tutto il tempo di quella strana conversazione le canzoni erano andate avanti da sole.
Scosse freneticamente la testa afferrando le cuffiette, ma gli scappò anche un sorriso sulle labbra. Quella ragazza era davvero strana, ma Giasone si rese conto di cominciare a farci l’abitudine.



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Effe_95

Buongiorno a tutti :)
Per prima cosa mi scuso immensamente per il ritardo, ma ho avuto una settimana veramente pesante e ho dato anche due esami.
Per quanto riguarda il capitolo invece, spero vi piaccia.
Il musical di Romeo e Giulietta, Ama e cambia il mondo, ho avuto la possibilità di vederlo di persona, l'ho trovato bellissimo e non ho potuto fare a meno di inserire questo piccolo particolare anche all'interno della storia. Spero l'idea non sia stata troppo azzardata o ridicola o scontata.
Comunque, se non lo conoscete, vi consiglio vivamente di ascoltarne le canzoni perchè sono molto belle :)
Detto questo spero che il capitolo vi piaccia e non faccia troppo schifo.
Grazie mille a tutti come sempre.
Alla prossima spero.
 
 
 
  
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