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Autore: Lorelie Black Lestrange    23/06/2015    3 recensioni
Che cosa sarebbe successo se Bellatrix si fosse salvata nella battaglia ma avesse perso comunque Lord Voldemort?
Sarebbe rimasta la stessa? Oppure il barlume del cambiamento l'avrebbe travolta?
Tutto è partito dall'idea "No Bella, tu non puoi morire per mezzo di Molly" ed alla fine intrecciare una storia in cui si affrontano le conseguenze della guerra, un rapporto mancato con Rodolphus, le sorelle Black torneranno unite come prima?
Andromeda dovrà affrontare la perdita, Narcissa ricucire l'affetto, Bellatrix la determinazione di una guerriera sconfitta, Rodolphus l'amore.
Una long in tema What if in cui si mescolano i risultati di una lunga guerra, ai sentimenti e al richiamo del passato.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Narcissa Malfoy, Rabastan Lestrange, Rodolphus Lestrange, Un po' tutti | Coppie: Bellatrix/Voldemort, Lily Luna/Lysander, Lucius/Narcissa, Rodolphus/Bellatrix, Ted/Andromeda
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo
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Capitolo 2 , Occhi


Rodolphus Lestrange era seduto al tavolo Serpeverde della Sala Grande, i gomiti poggiati sulla superficie irregolare, la testa fra le mani, lo sguardo basso divagava nella memoria.

Era sempre stato il suo posto quello: abbastanza vicino da poter ascoltare quello che voleva, abbastanza lontano da occhi indiscreti. Lei si sedeva dall'altra parte, in corrispondenza delle grandi vetrate. Quante volte aveva usato la scusa del panorama quando invece voleva soltanto ammirarla?
 
Ne ricordava perfettamente ogni espressione, quel modo buffo di giocare con le sopracciglia senza che se ne accorgesse, la gamba sinistra che tamburellava leggermente, talvolta scontrandosi con la sua e tingendone il viso di color rosso porpora. Gli piaceva il modo in cui mangiava, giocando prima col cibo per poi portarlo con eleganza alla bocca. Parlava tanto con lui che era così taciturno ed egli si sentiva onorato che, fra tutti quanti, l'avesse designato come amico.

 Riusciva a ricordare l'esatta piega del sorriso, l'impercettibile modo di arricciare il naso, le dita sottili che correvano fra i capelli corvini. Arrivava poi il momento in cui, fra una ciotola di porridge e una porzione di uova, si perdeva nell'abisso dei suoi occhi. Conosceva alla perfezione la sfumatura che andava dal marrone scuro fino al nero e li osservava con avidità, come se attraverso essi potesse comprendere il suo mistero.

Ricordava ogni cosa, anche il minimo particolare, eppure non sapeva dire quando si era innamorato di lei, né perché.

Rabastan l'aveva rimproverato spesso per quell'amore, deriso il più delle volte.

"Io e Travers avevamo scommesso: lui diceva sarebbe rimasta stanotte. Invece a quanto pare è già uscita" gli risuonarono le parole della notte del suo matrimonio quando era andata via per una "missione" per conto di Voldemort.

 Aveva voluto ignorare le congetture, negarle come per convincere se stesso. La realtà, invece,  gli si era presentata servita su un piatto d'argento, cruda, apra, dolorosa. Il pianto di sua moglie e le sue urla gli avevano attanagliato la mente, riusciva ancora a sentirli. Il messaggio muto, ma chiaro, "Io non ti amo" risuonava come una cantilena.

 Afferrò un panino dal tavolo, lo avvolse con meticolosa cura in un tovagliolo, fece per metterlo nello zaino.

"Stai cercando di scappare?"

Sussultò, per un attimo gli era sembrata lei.

 "Meda, quanto tempo!" le disse

Ella gli si sedette accanto come facevano tanti anni prima. Osservò attentamente il cognato, l'espressione stanca, la barba sfatta, le occhiaie violacee.  

"Sono invecchiato, lo so" aggiunse con un sorriso debole.

"Non cambiare discorso, Lestrange" lo rimproverò lei, scherzosamente.

Sembravano anni addietro, con le cravatte verde e argento al collo, il libro di Trasfigurazione aperto fra le ciotole di zuppa e il pollo arrosto. L'espressione di Rodolphus si fece più dura e, in un attimo, la magia di quei ricordi svanì interamente.

"Si, voglio allontanarmi il prima possibile" ammise.

"Rod, non puoi scappare dalle tue colpe" gli rispose seria.

 "L'unica colpa che ho è di aver amato troppo, non sono quello che deve pagare per la guerra, stavolta" disse.

Andromeda si incupì, abbassò gli occhi che cominciarono a riempirsi di lacrime amare. Ancora l’immagine di sua figlia davanti, ancora il desiderio di vendicarla.

"Allora vattene! Lascia che la responsabilità degli eventi non se la prenda nessuno. Mi raccomando di' al Wizengamot che hai agito sotto la Maledizione Imperius o magari di' proprio che hai fatto tutto per la donna che ami!" le parole le uscirono dalla bocca cariche di veleno.

Si sentiva svuotata, l'accusa le aveva tolto le ultime energie non aveva niente a cui aggrapparsi, non poteva affrontare la consapevolezza della perdita. Il piccolo Teddy giocava ignaro con Harry Potter e i suoi amici, era in parte sollevata che avesse trovato una "famiglia" pronta ad accoglierlo. Eppure lei non ci riusciva, si sentiva spettatrice di un’esistenza vuota alla quale non poteva più prendere parte.

 Braccia forti le cinsero la vita, appoggiò la testa sulla sua spalla, il corpo profondamente scosso dal dolore.

 "Ti chiedo perdono, per tutto" disse Rodolphus "Hai ragione, devo prendermi le mie responsabilità e ti chiedo scusa, non posso fuggire. Non credo esista il perdono per quelli come me, mi piace pensare che una parte di te un giorno lo accetterà" aggiunse.

"Non sono arrabbiata con te, Rod. Lo so che non hai preso propriamente parte a questa guerra e, per quanto possa sembrare assurdo, comprendo le tue ragioni e accetto le tue scuse da questo momento" gli disse dolcemente.

"Grazie" le disse guardandola negli occhi ambrati.

Andromeda si sentì meglio, l'abbraccio, le scuse, quello sguardo, l'avevano risollevata.

 "Non saresti mai partito" affermò " La ami troppo" aggiunse staccandosi dalle sue braccia e asciugandosi le lacrime.

Si alzò e si incamminò verso il nipote, fermandosi a osservare la sorella che dormiva in mezzo alla sala. Avvertì nuovamente Rodolphus accanto.

"Hanno tutti paura di spostarla forse?" chiese lei sussurrando.

 "Non li biasimo" sorrise stanco.

 Egli si abbassò prendendola in braccio come una bambina. Il suo sguardo si soffermò sull'espressione serena, sulla finta innocenza che traspariva da quel sonno.

Andromeda li guardava e, in una frazione di secondo, il ritratto di Bellatrix si sostituì a una piccola Nymphadora addormentata sul divano davanti alla TV, Ted a prenderla in braccio con la stessa apprensione del cognato con sua sorella. Ricacciò indietro le lacrime, si raddrizzò e fece per andarsene.
 
"Mi accompagneresti nei sotterranei?" le chiese Rodolphus.

 Lo guardò perplessa, voleva forse ucciderla?

"Non mi perdonerà mai se la faccio dormire nel letto di qualche Grifondoro" le disse sorridendo.

Andromeda ricambiò il sorriso, divertita. Lo seguì nei corridoi, fra gli sguardi di disapprovazione generali, scesero nei sotterranei quasi deserti. Ricordava la sensazione opprimente che aveva provato entrandovi il primo giorno, quella mancanza di luce l'aveva inquietata, non si meravigliava che coloro che avevano preso parte alle battaglia preferissero dormire altrove.

Trovarono la porta spalancata, la sala comune in disordine, deserta, la luce del Lago Nero che filtrava fioca dalle vetrate. Percorsero la familiare strada verso i dormitori femminili, raggiunsero l'esatta porta e, per un momento, Andromeda vi vide scritto "Bellatrix Black" in cima a quei nomi, ma fu solo un lampo.

Il passato, si disse, ritorna sempre.

La adagiarono sotto le coperte del letto in corrispondenza della finestra, il più bello, quello che era sempre stato della sorella. Rimasero per un attimo a fissarla, in balia dei ricordi. Si riscossero entrambi nello stesso momento.

"Devo andare" sussurrò Andromeda

"Posso conoscere il piccolo Teddy? Mi dicono che ha gli stessi occhi della nonna" le disse dolcemente.

Lo prese per mano, chiusero piano la porta e ritornarono alla luce, ai festeggiamenti, al presente.












Mi ero dimenticata di aggiungere il mio commento a questo capitolo :D. Comunque qui siamo ancora in una fase statica, non succedono cambiamenti ed è introspezione dei due personaggi a fare da protagonista.
Rodolphus viene spesso rappresentato come un debole, una marionetta nelle mani di Bellatrix ma io ho voluto descriverlo diversamente. Egli non accetta il rapporto di sua moglie con Voldemort tanto da negarlo più; per convincersi che per convincere gli altri.
Per quanto riguarda Andromeda, non prova nulla nei confronti di Rod. Quello che sente è semplicemente un profondo legame di amicizia, come se il tornare ad Hogwarts l’avesse riportata in quegli anni. Anche il rapporto con Bellatrix risente dei ricordi (ma anche del fatto che stia dormendo) nel prossimo capitolo si sveglierà e a voi l’immaginazione… 
   
 
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