Capitolo 20
EPILOGO
Il figlio di Ade le
diede una pacca sulla spalla.
«Lo salveremo, Teri. Come Eles, il suo compito è di restare lì, almeno per ora»
Il corpo della ragazza rimase immobile.
Nico capì che non era preoccupata solo per Gregor.
«Teri, quello che ti è successo...Non potevi saper-»
«No» lo interruppe lei, fredda. «Lo sapevo benissimo, Nico. E lo sapevi anche
tu. Mi hai aiutata. Non devi giustificare un mostro. A proposito. Perché l’hai
fatto?»
«Sapevo che era la cosa giusta da fare. Sembravi in cerca di te stessa e ti ho
aiutata».
Nico le si parò davanti. Ora che era più alto riusciva ad affrontare meglio
quegli occhi scuri che sembravano rimproverarti sempre qualcosa, ma allo stesso
tempo faceva fatica a non attirarla a sé e baciarla. La ragazza, però, non
riuscì a guardarlo negli occhi, ma non era nemmeno tipo da abbassare la testa,
così si concentro su un albero alla propria sinistra.
«Non fare la teatrale» replicò Nico. «Ho visto come mi hai guardato mentre ti
trasformavi».
Teri spostò gli occhi su quelli del ragazzo, ma senza muovere le braccia conserte.
«E come?» chiese, con tono di sfida.
«Avevi paura»
Teri gli lanciò un’occhiata fulminante. «Io non ho pa-»
«No» la interruppe Nico. «Non per te stessa. Ho visto la consapevolezza di
stare per morire e ho visto che l’avevi già accettato. Avevi paura per Leo, per
Mel, per me. Non ho mai letto niente di simile negli occhi di Ludkar».
Il figlio di Ade le scostò una ciocca nera dalla guancia e le sorrise. Si
aspettò che la ragazza ricambiasse il sorriso, ma il suo labbro inferiore
–quello che aveva sognato così tante volte di riempire di baci- cominciò a
tremare.
«Non è finita, Nico. La mia parte da Nocturna è ancora qui e basterebbe poco
per farla scatenare di nuovo». Anche la voce tremava. Poi tossì e si schiarì la
voce. «Eder avrebbe saputo aiutarmi. Quel bastardo dovrebbe morire»
«L’hai già ucciso, Teri. Direi che sarebbe opportuno lasciarlo stare»
«No, Nico. Non è morto, non definitivamente. Ucciderlo è servito solo per
togliermi l’immortalità con il risultato che potrei ritrasformarmi e morirne»
«Che significa? Immortale? Morire?»
Teri gli prese una mano. Nico sentì il cuore cominciare a battergli così forte
da rimbombare nelle orecchie.
«Vieni, devi sapere un po’ di cose».
Quando la ragazza ebbe finito di parlare, calò un silenzio pesante.
Nico fissava il proprio anello, senza sapere esattamente cosa dire. Il cuore
non aveva smesso di battere forte nella cassa toracica. Teri aveva conservato
parte dell’udito sviluppato e si era accorta di ogni singolo battito
accellerato del cuore di Nico, soprattutto quando gli aveva preso la mano.
Quindi Eder ci aveva visto bene.
Nico si alzò di scatto e calciò l’albero dietro cui si erano nascosti.
«Perché non me ne hai parlato?!» gridò.
«L’ho promesso sullo Stige» replicò Teri, calma. «Non potevo dirtelo fino a
quando non mi fossi liberata dell’immortalità».
«E adesso moriresti per un minimo attacco di rabbia, vero?»
«No, Nico. Non minimo. Dovrei arrabbiarmi parecchio per ritrasformarmi
completamente e poi morire»
«E nostro padre è debole. Quindi non può togliere l’immortalità a quel figlio
di-»
«Ti prego, Nico. Risolveremo questa situazione insieme. Siamo abbastanza
potenti per farlo».
«Perché l’hai fatto?»
«Fatto cosa?»
«Perché hai rinunciato all’immortalità? Saresti potuta rimanere immortale e
farti i fatti tuoi»
«Vuoi sentirtelo dire, eh? Va bene».
La ragazza appoggiò una mano su quella di Nico e sentì un tuffo al cuore quando
vide il sangue affluire verso le guance del ragazzo. Non voleva che soffrisse
per lei. Meritava di essere amato a sua volta.
«L’ho fatto perché
ti amo. E amo Mel, Leo, Gregor, Eles, Ria, Niall, Pia, Chirone. Amo i miei
genitori. L’ho fatto perché anche se non sembra, ma io amo. E anche se non l’avrei mai ritenuto possibile, io ho creato
qualcosa quando ho varcato l’ingresso di questo posto. Ho creato qualcosa con voi. E non avrei mai permesso ad un
genitore assente e serial killer di distruggere tutto»
Nico la strinse forte a sé.
«Va bene. Ma tu accetterai che Viktor di addestri e ti aiuti a controllare la
tua parte Nocturna».
«Non esiste»
«Sì, che esiste. Dormirà nella nostra Cabina. Abbiamo spazio. E non passerà
giorno senza che tu avrai imparato a gestire la tua rabbia»
«Ma-»
«Shh». Nico sollevò un dito. «Tu ti fai aiutare da Viktor e poi andiamo a fare
il-»
«Nico...»
«Andiamo a sconfiggere quei bas-»
Teri gli lanciò un’occhiataccia.
«Da quando sei diventata così intransigente sulle parolacce?»
«Ade non vorrebbe che fossi così volgare».
«Uffa...»
Le risate dei due ragazzi si levarono alte nell’aria.
«Buttatela nella gabbia» sputò il ratto del Sottomondo. La dea provò ad urlare
ma fu come se milioni di aghi le si conficassero nella gola. Le due bestie la
gettarono nella gabbia come se non pesasse niente e sbatterono la porta.
Due uomini si avvicinarono alla cella come se fossero comandati a distanza.
Mossero un pezzo di legno e pronunciarono una formula che alla dea sembrò
latina, ma che non riusciva a capire bene perché era stata confusa da una
sostanza che le avevano iniettato. Si sentì un ‘tic’ e poi fu avvolta da una bolla di oscurità e non poté sentire
più niente.
Dall’altro lato il ratto sorrise.
«Ottimo lavoro».
I due ratti si inchinarono senza aggiungere altro.
«Ora fate tornare i maghi nelle loro stanze»
«Certo, nostro signore» mormorarono i due. Presero i due maghi, ancora immobili
e impassibili davanti alla cella e li trascinarono malamente verso le scale.
«Piano!» esclamò. «Piano, per favore. Sono ospiti...per quanto si accorgano di
esserlo». E gli sfuggì una risatina. Gli altri due ridacchiarono e continuarono
a trascinarli verso le scale.
«Signore...»
«Vikus, mio caro! Prego, prego, entra! Ti aspettavamo con ansia».
L’uomo non poté far a meno di percepire una grondante ironia nel tono di
Gorger.
«Signore» ripeté Vikus. «Sapete che avete la mia più completa disponibilità e
lealtà, ma non potevo fare a meno di chiedermi, perché rapire una dea inutile
come Persefone? A cosa potrà mai servire?». Si trattenne dall’aggiungere “A
decorare questo covo puzzolenti con dei tulipani?”.
Gorger si alzò in piedi e si avvicinò all’uomo. Il ratto puzzava di sangue e
zolfo.
«Ah, mio caro innocente Vikus. Per quanto potrai essermi leale non potrai mai
capire i miei piani. Sei troppo buono». Scosse la testa con fare teatrale.
«Ricordi il guerriero?» domandò. Vikus sentì un tuffo al cuore. Lo ricordava
benissimo. L’aveva aiutato e gli voleva bene come ad un nipote.
«Il guerriero, signore?»
«Ma sì, dai. Il Sopramondo». Disse quel nome come se fosse veleno.
«Oh, sì. Perdonatemi, signore, quel guerriero non si vede da queste parti da
parecchio».
Gorger annuì.
«Sì, infatti. Il mio obiettivo è farlo tornare qui. Grazie a lui potremo
risorgere, Vikus. Non vorresti vivere alla luce del sole?»
L’uomo annuì. Certo che lo voleva. Laggiù, per quante lanterne potessero usare,
era sempre buio.
«Signore, io continuo a non capire cosa c’entri la dea...»
«È tutto collegato» replicò il re dei ratti. «Il Flagello è la vittoria del Sottomondo ed è qui, con
noi e dalla nostra parte. Il guerriero è la salvezza
dei Sottomondo, ma è lì, nel Sopramondo, da quegli stupidi semidei che gli
hanno montato la testa. I Nocturni mi hanno informato che aveva un bel rapporto
con Teri Nabaci e Nico Di Angelo, figli di Ade»
«E marito di Persefone...» sussurrò Vikus. Gorger trattenne una smorfia, con
poco successo.
«Non mi interrompere, Vikus» disse. Vikus inchinò la testa in segno di scuse.
«Comunque sì. Sei un servitore molto intelligente. Come dice la Profezia, per
arrivare al Sopramondo dobbiamo conquistare prima i tre regni dei Tre Pezzi
Grossi, a partire dal più basso. Gli Inferi confinano con il Sottomondo.
Quindi, quale modo migliore per sconfiggerli che farci attaccare?»
Vikus aggrottò la fronte. «Signore, non...»
«Sì, Vikus, lo so. Non capisci. Da re generoso che sono ti spiegherò tutto. Ora
siediti».
Fischiò e un ratto tutto spelacchiato e curvo portò uno sgabello.
«No, grazie, signore...»
«Siedi!» gridò, con il viso che si deturpava in un’espressione di rabbia. Vikus
si affrettò a sedersi.
Il viso di Gorger tornò ad essere una maschera di tranquillità.
«Visto? Non è così difficile. Ho convocato una vampira assetata di vendetta,
Victoria. I nostri collaboratori maghi l’hanno aiutata ad ideare un piano per
creare nuovi vampiri».
Il cervello di Vikus tradusse automaticamente “Ho attirato con del sangue la vampira assetata di vendetta, Victoria.
I nostri schiavi maghi l’hanno costretta ad ideare un piano per creare nuovi
mostri”.
«Queste mezze morti hanno destabilizzato gli Inferi e le anime, soprattutto
quelle più vendicative, che sono sfuggite al controllo di Ade, attaccandoci.»
proseguì Gorger. «Ade si è indebolito sempre più. I suoi fratelli lo detestano.
Sua moglie è qui. Dalla sua parte ha solo due figli. Ma che potranno fare due
mezzi umani e un dio vecchietto a confronto del nostro esercito e del nostro
guerriero?»
Non era una domanda retorica. Pretendeva una risposta.
«Niente» rispose Vikus. «Signore, ma non
capisco ancora come possiate attirare il guerriero qui»
«Be’, è vero che Ade l’ha preso sotto la propria protezione. Ma sarà debole. E
tua nipote farà il resto, Vikus. Gregor lascerà volentieri un dio protettore
debole e dei fratellastri per Luxa».
Vikus trasalì.
Gorger si alzò in piedi e andò verso una porta.
«Ho tralasciato un dettaglio importante. L’esercito. Seguimi».
Vikus deglutì e si alzò in piedi.
Gorger abbassò la maniglia ed entrò. L’uomo lo seguì. L’aria della stanza era
impregnata di sangue, ancora di più dell’alito di Gorger.
«La figlia di Ade e le sue stupide amichette mi hanno aiutato in questo» disse
il ratto. «Ho scoperto che nel futuro ci sarà un dittatore che sguinzaglierà
queste creature».
Vikus si accorse che si trovavano in una caverna. Sotto i loro piedi c’erano
ratti, ragni, scarafaggi e umani, ma nessuno di loro era come li ricordava.
Avevano zanne più acuminate, occhi rossi, voci più roche e movimenti più
fluidi.
«Che cosa sono, signore?»
«Sono vampiri, demoni e contemporaneamente Nephilim e semidei. Li chiamo
ibridi»
«Ibridi» ripeté Vikus, deglutendo rumorosamente.
«E sono pronti per radere tutto il Sopramondo al suolo».
Eles si svegliò di scatto, con il fiatone.
Non riusciva a distinguere se avesse le guance bagnate per le lacrime o per il
sudore. Cercò di schiarirsi la mente.
«Liam, Gregor» chiamò. «Svegliatevi, vi prego».