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Autore: Marss    16/07/2015    3 recensioni
Sono Martina, ho 17 anni e sono la povera vittima di un noioso ed obbligatorio stage aziendale. Un intero mese di lavoro alla reception di un villaggio turistico in Basilicata. Sì, perché dovevo per forza complicarmi la vita, non potevo certo scegliere un albergo a Milano, magari anche vicino a casa!
Comunque, le cose non andranno poi tanto male. Soprattutto quando incontrerò Davide, animatore romano dagli splendidi occhi neri e dal sorriso mozzafiato...
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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ANGOLO AUTRICE: Salve a tutti! Eccomi di nuovo qui, sono finalmente riuscita ad aggiornare anche questa storia! Lo so, lo so, come al solito ci metto una vita e i capitoli non sono particolarmente lunghi o avvincenti... Mi scuso come sempre per l'estremo ritardo nella pubblicazione e prometto che proverò a scrivere più rapidamente! Spero che per voi valga sempre la pena aspettare i miei capitoli!
Vi ringrazio in anticipo per eventuali commenti, un bacione :)





 

Capitolo ventisette – Forse era amore

 


 

“Non puoi sempre alzarti e correre da quella persona che ti manca.

A volte puoi solo fartela mancare.”




 

2 luglio, ore 12.30

Un raggio di sole filtrò dalla tapparella della mia camera e arrivò fino al mio viso, facendomi strizzare gli occhi infastidita. Ero sveglia già da un po’ ormai, ma non riuscivo a trovare la forza di alzarmi dal letto, continuavo a rigirarmi sul materasso, tormentando le lenzuola e cambiando posizione ogni mezzo secondo.
La mia mente era vuota, completamente vuota.
Dialoghi, frasi, parole sussurrate avevano assillato il mio cervello per due giorni, senza tregua. Per due giorni non avevo fatto altro che piangere, ripensando ai momenti trascorsi insieme, agli sguardi reciproci, alle parole che mi sussurrava nell’orecchio. Per due giorni, il mio unico pensiero era stato Davide, il suo viso, la sua voce, la sua risata, le sue mani ed il suo tocco delicato ma deciso. Mi ossessionava la sua immagine, mi balenava davanti agli occhi in ogni momento, facendomi sussultare, facendomi mancare il fiato. Non riuscivo a fare nulla, mangiavo a stento, mi trascinavo per casa come uno zombie, passando dal letto al divano. Il mio corpo era rimasto il semplice involucro di quella che, una volta, era la mia anima.
In qualche modo riuscii ad alzarmi e ad andare in cucina. Afferrai un biscotto, giusto per mettere qualcosa sotto i denti e recuperai il cellulare. C’erano i soliti messaggi dei miei genitori, diventati iperprotettivi e super preoccupati in quegli ultimi giorni. Mia madre stava cominciando ad impazzire, non riusciva a concepire come potessi essermi buttata tanto giù per una “semplice cotta estiva”, come la definiva lei. Mi diceva spesso che dovevo smettere di pensare a Davide, ma quando cominciava con questa ramanzina, l’unica cosa a cui smettevo di pensare era lei. Come poteva pretendere che mi dimenticassi di lui da un momento all’altro? Lei non capiva, nessuno capiva.
Solo io sapevo cosa avevo provato, solo io conoscevo la forza del sentimento che mi legava a lui. Era un sentimento che spiazzava anche me, a dire la verità, ma non potevo farci nulla. Sentivo la sua mancanza sempre, costantemente. Non riuscivo ad accettare la lontananza, continuavo a pensare a lui, immaginandolo per i corridoi del villaggio, il suo splendido sorriso stampato sul viso e la divisa dell’animazione addosso. Lo immaginavo insieme agli ospiti, mentre faceva i suoi numeri di magia durante lo spettacolo serale, o mentre cercava di trascinare le persone a ballare. Speravo ardentemente che non avesse ancora trovato nessun’altra ragazza con cui intrattenersi, perché non avrei potuto sopportarlo. Non avevamo mai parlato di questa cosa, ma davo abbastanza per scontato che avrebbe “rispettato” quello che c’era stato tra noi.

C: “Buongiorno ciccia! Come stai oggi?”

Il messaggio che arrivò in quel momento mi fece sobbalzare. Era Chiara, la mia migliore amica. In quei due giorni mi era stata vicina, sempre. Aveva ascoltato i miei monologhi, i miei pianti, le mie paranoie e le mie scenate isteriche, quando la depressione mi assaliva. E pensare che erano passati appena due giorni dalla mia partenza, non osavo immaginare come sarei stata più avanti.

M: “Un po’ meglio, ho il cervello completamente vuoto. Non so se considerarla una cosa positiva o negativa sinceramente”
C: “Beh, almeno non ci pensi costantemente, è un passo avanti. Per che ora vieni qui oggi?”


I genitori di Chiara erano partiti per le vacanze, lasciandola a casa con la sorella minore, e io le avevo promesso che sarei andata da lei per quelle due settimane. La teoria era che avrei dovuto farle compagnia, ma la realtà era che sarebbe stata lei a fare compagnia a me. Stare fuori casa per un po’ mi avrebbe fatto sicuramente bene, non avrei potuto sopportare molto a lungo gli sguardi pieni di compassione dei miei genitori.

M: “Per le 15 sono da te”

Mi piazzai sul divano e accesi la televisione, sperando di distrarmi un po’. Come al solito non c’era niente di interessante da guardare, così spensi e collegai il cellulare alle casse portatili, facendo partire in riproduzione casuale la mia playlist. Avevo bisogno di rumore e musica, il silenzio mi stava uccidendo. Chiusi gli occhi e provai a liberare la mente, ma ovviamente il risultato fu piuttosto scarso.
Sbuffando, mi buttai sotto il getto gelato della doccia, poi pranzai e preparai lo zaino per andare da Chiara.
La luce del sole mi diede parecchio fastidio quando uscii di casa, poco più tardi. Due minuti dopo citofonai a Chiara, presi l’ascensore e mi ritrovai davanti alla sua porta. Venni accolta da Tigro, il suo gatto. Il rapporto tra me e i felini non era proprio dei migliori… anzi, era decisamente pessimo!
-Gatto…-gli girai attorno, cercando di evitare di pestargli la coda
-Ciao patata!- lasciai cadere a terra gli zaini e le corsi incontro, abbracciandola stretta. Non la vedevo da quando ero tornata, e mi era mancata da morire. Durante il mese in Basilicata ci eravamo sentite abbastanza spesso, l’avevo tenuta aggiornata su quasi tutti i dettagli, ma ovviamente entrambe avevamo molto da fare, io con lo stage e lei con la fine della scuola, gli ultimi impegni e le uscite con il suo ragazzo, Davide. Che coincidenza, eh?!
-Mi sei mancata da morire- le dissi, tenendola stretta.
-Anche tu, non sai quanto! Dai entra, butta pure gli zaini in camera mia.
Conoscevo casa di Chiara come la mia, andavo spesso da lei a vedere dei film o a chiacchierare, visto che abitava a soli due minuti a piedi da me. Poggiai a terra la roba e mi accasciai sul letto a scomparsa accanto a lei.
-Mi devi raccontare troppe cose, per telefono non mi hai detto tutto! Voglio i dettagli
Sorrisi davanti a quell’entusiasmo, ma poi il viso di Davide si materializzò davanti a me e l’euforia scomparve
-Una cosa alla volta… come stai?- mi chiese, accarezzandomi un braccio
-Sto di merda Chia, davvero! Non so nemmeno come spiegarlo, mi sembra che nessuno possa realmente capire quello che ho provato per lui.
-Tesoro, è normale. Era il ragazzo giusto al momento giusto, complice la situazione, il posto, il fatto di essere senza genitori e senza nessun controllo… è ovvio che tutte le emozioni siano amplificate in un contesto del genere.
-Sì ma lui… non lo so, sento che non è solo questo! Quello che ho provato e che provo tutt’ora è reale, non c’entra niente tutto il contorno. Il punto è che sono spiazzata dai miei stessi sentimenti, non riesco a capire come sia possibile innamorarsi di una persona in poco più di due settimane!
-Aspetta un secondo… ne sei innamorata?- la sua espressione quasi mi fece scoppiare a ridere
-Il problema è questo!- esclamai esasperata –non lo so! Non sono mai stata innamorata prima d’ora, non saprei definire quello che provo. So che tengo tantissimo a lui, che mi manca da morire, che penso al suo viso costantemente e che darei qualunque cosa per poter tornare indietro e prolungare lo stage.
Calò il silenzio, ognuna immersa nei propri pensieri.
-Io credo tu ti senta così perché sei appena tornata, è normale che ti manchi in questo modo. Magari col passare dei giorni la cosa si affievolirà…- disse cautamente Chiara.
Non le risposi. Sapevo che quello era il pensiero di chiunque mi stesse attorno in quel momento, ma sapevo anche che non era vero. Conoscevo la forza dei miei sentimenti, anche se non ero del tutto sicura di potergli dare un nome ben definito, ed ero certa che non sarebbe passata tanto facilmente.
Vedendomi silenziosa, la mia amica provò a cambiare argomento. Le raccontai degli altri stagisti, degli episodi buffi e delle figure da scema che, inevitabilmente, avevo fatto. Le raccontai anche di Pasquale, di quanto facesse ridere come personaggio e di quanto poco sapesse dell’amore, visto che passava da una ragazza all’altra nel giro di un istante.
Chiara mi raccontò dell’ultima settimana di scuola, dato che ero partita prima della fine, mi disse del casino che c’era l’ultimo giorno, con i ragazzi di quinta che lanciavano acqua, bevande e patatine dalle finestre, e delle macchine di chi già aveva la patente che scorrazzavano a tutta velocità per la via.
-A proposito di macchine… dovremo iniziare a pensare alla patente anche noi!- esclamai interrompendola. L’idea di prendere la patente di guida mi eccitava e terrorizzava allo stesso tempo. Mi aveva sempre affascinata il mondo dei motori, mi piaceva l’idea di poter finalmente guidare una macchina mia, di non dovere più dipendere da mio padre per andare ovunque, di poter andare a scuola senza dover prendere quei fastidiosi mezzi pubblici.
-Dobbiamo decidere con quale autoscuola. Ce ne sono un paio qui in zona, andremo a chiedere informazioni
-Potremmo cominciare a prendere anche i libri! Così quest’estate ci mettiamo a studiare e riusciamo a dare la teoria abbastanza velocemente!- la cosa mi esaltava davvero parecchio! A quel punto, non vedevo l’ora di iniziare.

Parlammo del più e del meno per il resto del pomeriggio e, come da previsione, la presenza di Chiara mi aiutò parecchio. Quella ragazza aveva il potere di farmi stare bene con una sola occhiata. Ci capivamo al volo, percepivamo subito se qualcosa non andava, senza bisogno di parole inutili. Conoscevo Chiara da un sacco di anni ormai, anche se i primi tempi non avevamo chissà quale “rapporto idilliaco”. Ma si sa, le amicizie migliori nascono sempre così!
Verso l’ora di cena rientrò Cristina, sorella minore della mia amica, uscita in mattinata per un allenamento di ginnastica artistica. La salutai allegramente, non vedevo anche lei da un sacco di tempo, poi tutte e tre ci mettemmo all’opera per preparare qualcosa di decente da mettere sotto i denti.
I risultati in realtà furono piuttosto scarsi, visto che preparammo una torta salata alle zucchine con una sola zucchina e un quintale di formaggio! Ma almeno ci eravamo sforzate, era già qualcosa. Abbandonammo i piatti e le stoviglie nel lavandino, rimandando le pulizie al giorno seguente e ci buttammo sul divano davanti al televisore. Come consuetudine, controllai il cellulare sperando di trovare un messaggio di Davide. Ma come al solito niente, calma piatta. Mi rabbuiai improvvisamente e Chiara se ne accorse, perché mi accarezzò un braccio con fare apprensivo.

Il tv non c’era niente di decente da guardare, quindi decidemmo di far partire un film.
-Direi che c’è il clima giusto per un buon horror!- dichiarò Chiara, alzandosi di scatto dal divano e andando a frugare nella sua collezione.
-Chia, lo sai che gli horror proprio non li reggo…- provai a protestare. Durante l’inverno mi aveva costretta a vedere tutta la saga di Saw l’enigmista, film splatter più che altro. Inutile dire che ne ero uscita traumatizzata, avevo passato la metà dei film con un cuscino davanti agli occhi per evitare le scene di squartamenti e sbudellamenti vari. La cosa positiva di tutto questo era che, al contrario delle mie aspettative, ero riuscita a dormire sonni abbastanza tranquilli dopo la visione. Mi sentivo fiera di me, ma questo non significava certo che avrei voluto ripetere l’esperienza con altri film del genere!
-Lo so tesoro, ma sai che a casa nostra si guardano solo horror! Quindi decidi… preferisci la serie Hostel o Final Destination?- mi chiese.
Meglio una serie in cui dei ragazzi vengono brutalmente uccisi durante un viaggio in Europa o una in cui la gente ha strane visioni della propria morte? Avevo davvero l’imbarazzo della scelta a quanto pare…
-Tra le due, il male minore mi sembra Final Destination… ma so già che me ne pentirò amaramente!- esclamai, afferrando un cuscino e preparandomi al peggio.
Il film di per sé non fu troppo traumatico, non c’erano scene particolarmente schifose, ma l’idea di avere una visione di come morirò e sapere di non avere via di scampo… di certo non metteva particolare allegria!
-Film nomarli mai eh?!- chiesi ironicamente quando partirono i titoli di coda. Chiara e Cristina avevano visto già un sacco di volte quel film, proprio non capivo cosa ci trovassero.
-Dai, fai già progressi! Hai usato il cuscino solo una volta!- mi prese in giro Chiara. Lei quasi si divertiva davanti alle scene più cruente, cosa che non riuscivo proprio a comprendere.
Rimanemmo qualche minuto ancora sul divano, poi decidemmo di andare a letto.
Lottammo parecchio con le zanzare presenti in camera, che avevano deciso di romperci le scatole proprio a quell’ora. Chiara impugnò la sua fedele racchetta e cominciò a fulminarle, chiudendo la finestra e accendendo il ventilatore per evitare che ne entrassero altre. Riuscimmo a infilarci sotto il lenzuolo e chiacchierammo ancora, ridendo come matte per ogni stupidata.
Quando però sentii Chiara dormire, potei abbandonarmi al pensiero che proprio non voleva saperne di lasciarmi in pace. Davide continuava a invadere la mia mente, il dolore che provavo per la distanza era forte e costante, a volte avvertivo quasi un senso di nausea.
Ripercorsi mentalmente la nostra prima uscita, quando mi aveva abbracciata per la prima volta, infilando il mento nell’incavo del mio collo e facendo combaciare perfettamente i nostri corpi. Sembravamo fatti per stare insieme, come due metà della stessa mela. Eravamo solo agli inizi, ma già avevo capito che non avrei più potuto farne a meno. Ripensai al primo bacio, seduti sul pavimento di quello strano complesso al di fuori del villaggio. Mi parve di sentire ancora la sensazione delle sue labbra morbide sulle mie, era una cosa che mi capitava spesso, sentire ancora la scia del suo tocco su di me, anche a distanza di tempo. Mentre ripensavo a tutto questo, lacrime silenziose presero a scendermi sul viso. Come da due giorni a quella parte, non provai a fermarle, tanto sarebbe stato inutile. Sentii i singhiozzi invadermi la gola ma tentai di bloccarli, non volevo svegliare Chiara né tantomeno assillarla per l’ennesima volta con i miei problemi.
Con una mano davanti alla bocca e gli occhi chiusi tentai di calmarmi, anche se l’unica immagine che vedevo nel buio era il viso di Davide. Valutai l’idea di andare a prendere una boccata d’aria in balcone ma avrei sicuramente svegliato Chiara e sua sorella, quindi mi rigirai nel letto, cercando di farmi passare quella specie di attacco di panico che mi stava prendendo. Perché soffrivo così tanto? Forse era amore quello che provavo, ne ero sempre più convinta. Respirai lentamente e profondamente, fino a calmarmi del tutto. Stremata, riuscii finalmente ad addormentarmi, anche se l’ultimo pensiero lo rivolsi, ovviamente, all’animatore romano che mi aveva rubato il cuore. 

  
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