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Autore: effe_95    20/07/2015    8 recensioni
Questa è la storia di diciannove ragazzi, i ragazzi della 5 A.
Questa è la storia di diciannove ragazzi e del loro ultimo anno di liceo, del loro affacciarsi a quello che verrà dopo, alla vita. Questa è la storia di Ivan con i suoi tatuaggi , è la storia di Giasone con le sue stelle da contare, è la storia di Italia con se stessa da trovare. E' la storia di Catena e dei fantasmi da affrontare, è la storia di Oscar con mani invisibili da afferrare. E' la storia di Fiorenza e della sua verità, è la storia di Telemaco alla ricerca di un perché, è la storia di Igor e dei suoi silenzi, è la storia di Cristiano e della sua violenza. E' la storia di Zoe, la storia di Zosimo e della sua magia, è la storia di Enea e della sua Roma da costruire. E' la storia di Sonia con la sua indifferenza, è la storia di Romeo, che non ama Giulietta. E' la storia di Aleksej, che non è perfetto, la storia di Miki che non sa ancora vedere, è la storia di Gabriele, la storia di Lisandro, è la storia di Beatrice che deve ancora imparare a conoscersi.
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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I ragazzi della 5 A
 
19.Vorrei, Braccialetto e Power forward.

Novembre
 
Miki non ne poteva più.
Non riusciva a concentrarsi sulla lezione di italiano in nessun modo, vedeva la professoressa agitarsi nel vano tentativo di coinvolgerli nella lettura del Paradiso della Divina Commedia, ma le parole le sfuggivano e la mente vagava completamente altrove.
Si trovava in quella situazione da quando aveva risposto in maniera brusca ad Aleksej.
Quella volta Miki non avrebbe voluto fare una cosa del genere, era stata sopraffatta dalla frustrazione e da una discussione avuta pochi minuti prima con Sonia, probabilmente non avrebbe trovato il coraggio di dire quelle cose se non fosse stata nervosa.
Lasciò cadere la penna sul quaderno e si strinse forte i capelli tra le mani, appoggiando i gomiti sul banco.
<< Giorgi, non si sente bene per caso? >> La voce stridula della professoressa di italiano la strappò dai suoi pensieri, Sonia lanciò uno sguardo a Miki e la trovò pallida come un lenzuolo, con ancora le mani strette tra i capelli.
<< Non molto professoressa >> Mormorò Miki portandosi una mano sullo stomaco, la professoressa Cattaneo le lanciò uno sguardo un po’ accigliato, poi fece per aprire la bocca e dire qualcosa quando Aleksej si alzò in piedi.
<< La porto dalla preside professoressa, così potrà chiamare a casa e farsi venire a prendere da qualcuno >> Disse prontamente il ragazzo afferrandola per le spalle, avevano gli occhi di tutta la classe puntati su di loro, Sonia osservò la scena con lo stomaco che ribolliva dalla rabbia repressa, perché le mani di Aleksej sulle spalle di Miki erano estremamente gentili.
<< Si, va bene, suppongo che lei possa permetterselo >> Brontolò la professoressa, Aleksej lanciò uno sguardo veloce a Gabriele, che gli fece l’occhiolino, e accompagnò una Miki instabile verso la porta.
Quando si furono lasciati la classe alle spalle ed ebbero raggiunto la prima finestra disponibile, Miki si attaccò con le mani al davanzale e respirò l’aria gelida di Novembre a pieni polmoni. Aleksej la guardò per un po’, poi si appoggiò con la spalla sul muro e incrociò le braccia al petto. << Beh … mi dispiace di averti toccata >> Cominciò lui distogliendo lo sguardo, Miki invece si voltò per guardarlo in faccia, le lentiggini erano accarezzate dal sole freddo di Novembre e le sopracciglia leggermente aggrottate.
Non toccarmi!
Ricordò immediatamente le sue parole, si morse il labbro inferiore e tornò a volgere lo sguardo oltre la finestra, verso il cortile vuoto e il cielo grigio attraversato dalle nuvole.
<< Puoi anche andartene se vuoi, tra poco starò meglio >>
Non era nella sua natura essere cattiva, ferire gli altri, eppure si rendeva conto che con Aleksej non aveva altra scelta, che non avrebbe dovuto permettergli di farle ancora del male.
Chiudersi in se stessa sarebbe stata la soluzione migliore per non soffrire.
<< No, voglio … vorrei aspettare qui con te >> Commentò Aleksej appoggiandosi con la schiena sul muro, aveva ancora le braccia incrociate al petto, Miki si girò a guardarlo e lo trovò che la fissava, con i suoi intensi occhi azzurri screziati di grigio.
<< Aleksej … sono io a non volerti qui. >>
L’espressione del ragazzo sembrò non mutare affatto nel sentire quelle parole, ma Miki lo vide stringere convulsamente le mani intorno al maglione, facendo diventare le nocche completamente bianche.
<< Lo so, ma io … >>
<< Basta! >>
Aleksej rimase con il braccio proteso in aria e la bocca semiaperta, si erano voltati l’uno verso l’altra nell’esatto istante in cui avevano cominciato a parlare. Miki aveva le mani premute sulle sue stesse braccia spasmodicamente e lo guardava afflitta.
<< Miki … voglio solo parlare con te >> Mormorò Aleksej abbassando le braccia.
<< No! Adesso è tardi per parlare, perché dovrei lasciartelo fare? Perché dovresti parlare quando ne hai voglia tu?! Mi hai trattato come una pezza tutte le volte che ho provato a farmi avanti! Adesso non … >> Le parole le morirono in bocca quando Miki si rese conto di aver cominciato a gridare, attirando l’attenzione di altri ragazzi che stavano passando nel corridoio. Si portò una mano sulla bocca e scosse la testa, era letteralmente scoppiata, dicendo tutto quello che avrebbe voluto dire da moltissimo tempo.
<< Ti prego >> Sussurrò Aleksej, cercando in tutti i modi di non farsi sfuggire la voce dopo la sfuriata di Miki << Non voglio niente da te >>
<< Perché tutto quello che potevo darti te lo sei già preso, no? >>
Tutti i buoni propositi di Aleksej andarono in frantumi nel sentire quelle parole, sentì un brivido risalirgli lungo tutta la schiena fino alla punta dei capelli, una stretta allo stomaco lo costrinse a stringere forte le mani.
<< Era … era per questo che non volevo parlare con te! Perché … perché mi vergognavo da morire di me stesso >> Commentò con un sorriso nervoso, spostando gli occhi altrove perché non riusciva più a reggere il suo sguardo. << Insomma, come avresti potuto perdonarmi dopo quello che ho fatto?! >>.
<< E tu perché non l’hai lasciato decidere a me Aleksej? Perché? >>
Aleksej si ritrovò ammutolito per la seconda volta nel giro di nemmeno un minuto, le rivolse nuovamente lo sguardo e tacque, affogando in quegli occhi azzurri che non la smettevano di scrutarlo, analizzarlo, incolparlo.
<< Ho fatto sesso con Sonia la sera stessa che mi hai rifiutato. >> Le ricordò lui.
<< Lo so >> Ribatté immediatamente lei.
<< Ho fatto sesso con la tua migliore amica >>
<< Non è la mia migliore amica. Io la odio e lo sai >>
Miki e Aleksej rimasero a fissarsi negli occhi per dei minuti che sembrarono interminabili, poi la ragazza sospirò pesantemente e fece un passo verso di lui.
<< So tutto quello che hai fatto Alješa. Sei tu che non sai niente >> Replicò lei facendo un altro passo verso di lui << Non sai che volevo parlare con te per dirti che andava tutto bene, che non ero arrabbiata, ne disgustata. Che ti perdonavo. >>
<< Ma come avresti potuto farlo?! Io ho … >>
<< Insomma Aleksej! >> Lo interruppe lei bruscamente << L’ho capito benissimo che ti sentivi in colpa, perché ti conosco da una vita! Volevo solo dirti di non preoccuparti >>
Tra i due ragazzi calò un silenzio di tomba, Aleksej aveva il cervello in confusione totale, avrebbe tanto voluto tirarsi un ceffone da solo.
<< Sei venuto a letto con me, va bene. E’ successo, non fa nulla. Te ne sei pentito, non capiterà mai più. Era questo che volevo dirti >>
Aleksej sussultò nel sentire quelle parole.
<< Ma io non mi ero pentito >> Miki aggrottò le sopracciglia << Non mi ero pentito di quello, mi ero pentito di non averti chiesto il permesso, di Sonia … non di quello! >>
Nel sentire quelle parole, Miki si rese improvvisamente conto dell’enorme equivoco in cui entrambi erano caduti, scoppiò a ridere senza ritegno, portandosi una mano sulla bocca, Aleksej la guardò stupito, ancora incapace di dire nulla, ma poi, quando la risata  di Miki fu sostituita da calde lacrime, allungò le braccia e le prese le mani.
<< Mi perdoni? >> Sussurrò lui, Miki sentiva il bisogno disperato di asciugarsi le lacrime cadute sul suo viso, ma al contempo non voleva togliere le mani da quelle di Aleksej.
<< Ti perdono >>.
 
Gabriele odiava le bugie.
Non sopportava dirle, ne sentirle dagli altri, ma quella sera non aveva avuto altra scelta.
Fingere quel mal di testa cronico era stata l’unica soluzione per non stare in salotto con tutti gli altri. Mentre se ne stava sdraiato sul suo letto, con la testa nascosta sotto il cuscino, sentì dei passi affrettati percorrere il corridoio e le voci giungergli ovattate.
<< Dov’è Gabriele? >> Avrebbe riconosciuto quella voce ovunque, roca e graffiante, la voce di Katerina. Era esattamente quello il motivo per cui mentiva, perché sua madre aveva avuto la brillante idea di invitare a cena Aleksej e la sua famiglia, ma anche quella di Katerina.
E Gabriele era più che intenzionato a non vederla.
<< Rinchiuso nella sua camera con una forte emicrania. >> La voce di sua sorella Alessandra giunse ancora più ovattata, perché Gabriele seppellì maggiormente le orecchie nel cuscino.
<< Emicrania? Davvero?! >> Aleksej sembrava leggermente contrariato invece, aveva alzato un po’ il tono di voce, da quando aveva parlato con Miki era tornato d’ottimo umore.
<< Già, prima è passata la mamma e ha detto che stava dormendo >> Continuò a spiegare Alessandra con voce vellutata per non svegliarlo.
Gabriele sospirò pesantemente e cambiò la posizione del cuscino.
<< Avrà passato troppo tempo davanti alla Play Station come suo solito. A proposito, deve assolutamente prestarmi quel gioco di cui avevamo parlato! >> Quello invece era Jurij, il fratello gemello di Katerina, Gabriele aveva sempre avuto un ottimo rapporto con lui, perché avevano praticamente gli stessi gusti e pochissima attitudine per lo studio.
<< No, quello deve prestarlo prima a me! >> La voce burbera di suo cugino Ivan, il fratello quindicenne di Aleksej, gli perforò i timpani nonostante il cuscino, Gabriele trattenne a stento un grugnito, se fosse stato davvero addormentato, si sarebbe svegliato di sicuro.
<< Potreste gentilmente abbassare la voce? Così lo sveglierete >> Le parole di Pavel invece, suo cugino di tredici anni e fratello di Aleksej e Ivan, lo raggiunsero come il canto di un usignolo gentile. Pavel era sempre stato l’angelo della famiglia Ivanov.
<< Pavel ha ragione, sgombrate su! >> Suo zio Yulian interenne bruscamente nella conversazione con la sua solita grazia, facendo possibilmente più chiasso di tutti i suoi figli e nipoti messi insieme. Gabriele sospirò rumorosamente e dopo qualche minuto di silenzio assoluto, quando il corridoio era rimasto deserto, cadde in una sorta di dormiveglia.
Aveva i pensieri leggermente annebbiati, e fu per quel motivo che una mezz’oretta dopo non si accorse affatto della porta che veniva aperta e richiusa nel massimo silenzio.
A svegliarlo completamente però, fu il peso di un corpo che saliva sul suo letto senza alcun ritegno, Gabriele spalancò improvvisamente gli occhi e saltò su a sedere, trovandosi faccia a faccia con Katerina, i loro nasi erano ad un centimetro di distanza.
<< Dannazione Katerina! Vuoi farmi venire un infarto?! >> Sbottò immediatamente il ragazzo, indietreggiando verso la testiera del letto. Katerina si lasciò cadere seduta sul materasso, era bellissima anche nella penombra della camera, con i capelli biondi legati in una treccia, le sopracciglia aggrottate e le labbra carnose increspate in una smorfia.
<< Vedo che l’emicrania ti è passata! >> Lo rimbrottò lei, incrociando le braccia al petto, Gabriele si lasciò scappare un sospiro lungo e rumoroso.
<< Sei impazzita? Sai cosa succede se ti trovano sul mio letto? >>
Katerina alzò gli occhi al cielo e scosse la testa.
<< Ho detto che andavo nel bagno. >>
Gabriele fece un altro movimento indietro e si schiaffò una mano sulla fronte, esasperato, il profumo al cocco della ragazza lo stava mandando fuori di testa, e tutto lo sforzo fatto per starle lontano sembrava assolutamente vanificato.
<< E’ una scusa troppo banale, ti farai scoprire immediatamente! >>
<< Beh, non me ne frega niente! Volevo vederti assolutamente, sai? >>
Gabriele trovò ben poco da ribattere dopo quelle parole, si lasciò andare all’ennesimo sospiro della giornata e afferrò velocemente le mani di Katerina, accarezzandogliele.
Non avrebbe dovuto farlo, ne lasciarsi trasportare da quelle emozioni, ma le afferrò saldamente i polsi e con un movimento fulmineo trascinò quelle esili braccia verso di se, adagiandole poi sulle sue spalle, affinché lei potesse cingergli il collo.
Stava per darle un bacio quando si accorse del braccialetto, solitamente Katerina non indossava gioielli, né collane, né orecchini e tantomeno bracciali.
<< Quello cos’è? >> Domandò Gabriele osservando fisso l’oggetto, Katerina spostò le braccia un po’ a disagio, facendo un passettino all’indietro, quella reazione incuriosì tremendamente Gabriele, che l’aveva vista poche volte in imbarazzo.
<< Un bracciale >> Gabriele si spazientì immediatamente per quella risposta.
<< Questo l’avevo capito da solo! Chi te l’ha regalato? >> Katerina si morse il labbro inferiore, poi forzò un sorriso.
<< Un ragazzo … frequenta il terzo anno. >>
<< Che cosa?! >> Gabriele si rese conto troppo tardi di aver urlato, entrambi i ragazzi ammutolirono e trattennero il fiato nella speranza che nessuno avesse sentito ed entrasse precipitosamente in camera trovandoli in una posizione piuttosto equivoca.
Passarono alcuni minuti di assoluto silenzio, poi Gabriele sospirò rincuorato.
<< Non urlare, idiota! >> Lo rimbeccò Katerina dandogli un piccolo pugno sulla spalla.
Gabriele la guardò in cagnesco ed incrociò le braccia al petto.
<< Cos’è questa storia che accetti regali dagli altri maschi? >>  Aveva un’aria così imbronciata che Katerina fece fatica a trattenere le risate, Gabriele le sembrava bellissimo nella penombra della stanza, con i capelli arruffati e gli occhi assottigliati e sospettosi.
<< L’ho fatto per depistare gli altri su di noi >> Spiegò lei con sufficienza, come se la cosa dovesse essere ovvia, Gabriele grugnì nervosamente e alzò gli occhi al cielo.
<< Non devi depistare nulla Katerina, perché ti ho già spiegato che … >>
<< Ah si? Allora vorrà dire che accetterò l’invito di questo ragazzo ad uscire! >>
Gabriele grugnì a quelle parole come se qualcuno l’avesse colpito dietro la nuca, si sentiva la persona più incoerente del mondo in quel momento, perché razionalmente sapeva di doverglielo lasciar fare, ma il cuore non voleva assolutamente accettarlo.
<< Non ti azzardare >> Si ritrovò a brontolare, Katerina scoppiò a ridere in una risata cristallina da adolescente, gli afferrò il viso tra le mani e lo baciò a timbro, lasciandogli il sapore del lucidalabbra al cocco. Gabriele rabbrividì e le afferrò il viso per baciarla ancora una volta, ma non ci riuscì perché fu interrotto da una voce squillante.
<< Che cosa state facendo? >>
I due ragazzi trasalirono, immobilizzati sul letto, Gabriele stringeva ancora il volto di Katerina tra le mani, lei aveva gli occhi sgranati dalla paura.
Simone, il fratello più piccolo della ragazza, di appena cinque anni, li guardava con un sorrisetto sulle labbra e la piccola manina ancora appoggiata alla porta.
<< Simone! Che cosa ci fai qui? >> Domandò Katerina, scendendo velocemente dal letto per raggiungere il bambino.
<< Volevo venire a dare un bacio alla bua di Gabriele, così gli passava e veniva a giocare con me >> Spiegò Simone, giocherellando con il bordo del suo gilè, Gabriele sorrise di riflesso quando sentì quelle parole, si alzò a sua volta dal letto e decise che per quella sera poteva smetterla di mentire sul mal di testa.
<< Sai, Simo, ho proprio bisogno di quel bacio >> Si chinò e prese il bambino in braccio, che immediatamente gli stampò un bacio rumoroso sulla fronte. << Ecco, adesso è proprio passato >> Simone rise divertito da quelle parole e batté le mani entusiasta.
Katerina aveva a sua volta un bel sorriso sghembo sulle labbra carnose.
<< Hai vinto tu stasera >> Brontolò Gabriele lanciandole un’occhiata imbronciata, Katerina ridacchiò radiosa, mentre si attaccava al suo braccio.
 
Giasone non vedeva Muriel dal giorno della partita.
Ed erano passati esattamente cinque giorni da quell’evento, così si sorprese quando la vide salire sul vecchio catorcio. Se ne stava imbacuccata in un piumino grigio, aveva una sciarpa rossa che le copriva le labbra e si trascinava dietro, oltre la cartella, anche il borsone per gli allenamenti. I capelli corti erano raccolti ai lati da un paio di forcine a forma di gufo e come orecchini portava sue piccoli palloni da basket.
Giasone aspettò pazientemente che la ragazzina si mettesse seduta accanto a lui, ma Muriel gli passò accanto senza nemmeno voltasi a guardarlo e si sistemò più avanti, accanto al finestrino.  Lui rimase allibito da quel comportamento, si sporse un po’ in avanti per vedere se Muriel avesse le cuffiette dell’ iPod nelle orecchie e fosse distratta, era già capitato una volta, Giasone non si sarebbe stupito, ma non era così.
La scrutò con disappunto, poi si rese conto che era quello che aveva sempre voluto fin dall’inizio, che Muriel lo lasciasse in pace con quella voce petulante e tutte le domande inopportune. Incrociò le braccia al petto e spostò lo sguardo fuori dal finestrino, imbronciato, si sarebbe goduto il silenzio in santa pace.
Giasone riuscì a durare solamente due minuti.
Afferrò velocemente la cartella, si alzò e raggiunse la più piccola, mettendosi seduto con poca grazie e producendo molto rumore, accanto a lei.
Muriel si girò a guardarlo sorpresa, aveva ancora la mano sul quale aveva poggiato la guancia sollevata in aria.
<< Non ti fai viva da un bel po’, sai? >> Fu la prima cosa che Giasone le disse, guardandola con le braccia incrociate e un’espressione contrariata, Muriel fece spallucce.
<< Ho avuto molte cose da fare >> Giasone trovò molto irritante quella risposta vaga, Muriel l’aveva abituato alle chiacchiere e alla chiarezza.
<< Beh, perché stamattina non ti sei seduta accanto a me come sempre? >>
<< Non ti ho visto, ero sovrappensiero >> Muriel tenne lo sguardo fisso sul finestrino per evitare che Giasone scoprisse la sua bugia, lei l’aveva visto benissimo, il suo sguardo si era posato su di lui ancora prima che l’occhio lo vedesse davvero.
Da quando l’aveva visto parlare in quel modo così complice con Livia, Muriel si era sentita profondamente a disagio. Aveva scoperto che il primo ragazzo di cui si era innamorata non la considerava nemmeno una donna, Giasone la vedeva solamente come una ragazzina di quindici anni troppo maschiaccia e infantile.
<< Beh, e che mi dici del messaggio che ti ho inviato? >>
Nel sentire quelle parole, Muriel si girò di scatto verso di lui accigliata, ricordava molto bene il modo in cui gli aveva lasciato il suo numero di telefono, scrivendoglielo su una mano, ma Giasone non l’aveva mai chiamata, ne le aveva mandato un messaggio per lasciarle a sua volta il suo recapito telefonico.
<< Non ho ricevuto nessun messaggio >> Giasone trovò molta sicurezza nella voce di Muriel, si accigliò a sua volta e sfilò velocemente il cellulare dalla tasca del giubbotto.
<< Non è vero! Guarda, l’ho scritto … >> Brontolò sommessamente aprendo la casella dei messaggi << Hai visto? >> Sbottò puntando lo schermo luminoso verso la ragazza, Muriel lo scrutò accigliata e poi incrociò le braccia al petto.
<< L’hai mandato al tuo amico Ivan >> Si limitò a commentare, mentre tratteneva a stento una risata, Giasone la guardò indignato.
<< Non è possibile! >> Strepitò contrariato, poi controllò meglio il mittente e si rese conto che in effetti Muriel aveva ragione, il nome del destinatario era inequivocabile: Ivan il Terribile. << Cavolo! >> Imprecò il biondo chiudendo bruscamente il cellulare, Muriel si lasciò scappare un risolino divertito, con l’umore nettamente migliorato.
Giasone aveva pensato di inviarle un messaggio, era già un passo avanti.
<< Non ridere! >> La rimbeccò immediatamente lui, spintonandola sulla spalla, Muriel si asciugò frettolosamente gli angoli degli occhi e alzò le mani in segno di resa.
<< Va bene, va bene, ma è difficile non farlo >> Giasone le lanciò uno sguardo di sbieco e incrociò le braccia al petto con fare autoritario.
<< Beh, ho una notizia da comunicarti comunque >> Muriel rimase profondamente incuriosita da quelle parole, cercò di ridarsi un contegno e si voltò a guardarlo con i grandi occhi verdi curiosi. << In questi giorni ho parlato spesso con Livia, la tua coach … >> A quelle parole Muriel sentì una stretta terribile alla bocca dello stomaco, improvvisamente non voleva più sentirlo. << E mi ha chiesto una mano per allenare la squadra. Quindi, dalla settimana prossima sarò anche io il tuo coach … >>
Muriel si gelò completamente nel sentire quelle parole.
<< Ma non puoi! Sei di un’altra scuola, no? >> Quella non era esattamente la reazione che Giasone si era aspettato, da Muriel avrebbe voluto grida di gioia esagerate, e la stessa ragazzina avrebbe sicuramente reagito così, se non fosse stata assalita dalla paura di vedere passare troppo tempo insieme Livia e Giasone.
<< Ehi, guarda che invece si può fare! E’ vero che sono di un’altra scuola, ma siccome noi non abbiamo una squadra di basket posso benissimo allenare la tua! Perché non siamo in competizione in alcun modo >>
La spiegazione di Giasone non faceva una grinza, Muriel non seppe cos’altro ribattere, poi si accorse che il vecchio rottame era arrivato alla sua fermata, si alzò frettolosamente in piedi e raggiunse velocemente le porte.
<< Ci vediamo domani … mia piccola power forward* >>.


__________________________________
Effe_95

power forward: ala forte o grande in inglese. 

Salve a tutti :)
Sapete cosa vi dico? Non sono per nulla soddisfatta di questo capitolo.
Ho come la sensazione di averlo scritto male e di non aver dato il massimo, sono molto indecisa soprattutto per quanto riguarda la parte di Aleksej e Miki, mi ha dato davvero del filo da torcere. Non so se sono riuscita a rendere chiare le cose, i sentimenti di entrambi.
Devo dire che il caldo asfissiante non mi ha aiutato un granché.
Per le altri due parti, spero di aver fatto qualtomeno un lavoro decente.
Volevo già avvisarvi da adesso che il prossimo capitolo sarà un po' particolare, succederà qualcosa che sconvolgerà completamente Igor e vedremo un approfondimento su Cristiano e Sonia, insomma, si potrebbe quasi definire il capitolo degli antagonisti xD
Scopriremo anche perchè Sonia è fatta così.
Scusatemi per le note così lunghe, e per questo capitolo così scadente.
Grazie mille come sempre a tutti per il sostegno.
Alla prossima spero.

 
  
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